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Immigrazione

Craxi prevedeva la catastrofe migratoria in atto. Dalla sua tomba in Tunisia ora parte l’invasione

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Bettino Craxi aveva previsto la catastrofe migratoria in corso, e possiamo dire che già perseguisse una lucida politica per impedire che accadesse.

 

L’ex premier e leader del Partito Socialista Italiano nel 1989 era stato nominato Rappresentante del Segretario Generale ONU per la questione del debito del Terzo Mondo. Luca Josi, ragazzo che gli fu vicino e che negli anni gli ha dedicato libri e sforzi, riporta che, a Venezia con Gianni De Michelis, Craxi avrebbe parlato con chiarezza dello scenario che si stava prospettando, scrive su Dagospia.

 

«Le popolazioni sono soggette a un tasso di incremento demografico che è ancora molto alto. Sono iniziate correnti emigratorie e immigratorie che in assenza di un accelerato processo di sviluppo che abbracci tutta la riva sud del Mediterraneo sono destinate a gonfiarsi in un modo impressionante».

 

«E saranno delle tendenze inarrestabili e incontrollabili. Paesi con popolazioni giovanissime i quali vanno naturalmente verso le luci della città se noi non accenderemo un maggior numero di luci in quei paesi» prevedeva l’ex primo ministro italiano.

 

«In realtà le grandi Nazioni ricche del mondo non compiono o non sono ancora in condizione di compiere lo sforzo che viene considerato necessario per ridurre queste distanze. Le distanze sono assai grandi, sono abissali ed è questa, ripeto, la questione sociale del nostro secolo».

 

Il secolo era ancora il XX. Ora nel XXI, la scena è divenuta assai più chiara. Possiamo dire che forse, il piano era esattamente quello opposto a quello di Craxi: impedire lo sviluppo dell’Africa – con la decolonizzazione selvaggia, con la rapacità delle multinazionali, con il sostegno a dittatori tribali pure cannibali – per spingere quanta più popolazione africana possibili in Europa, dove sostituire gli autoctoni, o meglio, nelle parole del conte Kalergi, «meticciarli».

 

Le luci in Africa non sono state mai accese per programma: e nonostante il Continente Nero disponga di ogni ricchezza possibile.

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Il discorso di Craxi, secondo quanto riportato, sarebbe stato pronunciato il 14 febbraio 1992. Tre giorni dopo vi fu l’arresto di Mario Chiesa, cioè l’inizio di quel periodo della storia repubblicana mai davvero del tutto spiegato: Tangentopoli.

 

L’esito di quella «rivoluzione giudiziaria» sapete qual è: la dissoluzione dei Partiti del dopoguerra, tranne uno, sul quale il padrone del vapore, liberatosi dell’equivoco sovietico dopo il crollo del Muro, sembrava voler puntare tutto.

 

Soprattutto, Tangentopoli significa la fine di Craxi, la perdita di ogni potere dell’uomo che lavorava apertamente per la sovranità nazionale (Sigonella docet) e per lo sviluppo dell’Africa, di modo da proteggere dallo tsunami migratorio in corso.

 

Craxi si esiliò in Tunisia: bella nemesi storica, visto che è il Paese da cui partono ora le barchette che hanno invaso Lampedusa. La Tunisia di Ben Alì – cacciato via dalla Primavera Araba iniziata, ma guarda un po’, proprio da lì – fu una sua idea, la strappò ai francesi che vi avevano piazzato un presidente pazzo, Bourghiba.

 

«Non toccate l’impero francese» disse il capo dei servizi segreti francesi ad un alto funzionario dei nostri servizi. Le rappresaglie che Parigi fece contro il nostro Paese potrebbero essere indicibili. E la fine dell’«impero francese» in Africa è sotto i nostri occhi proprio ora. Dobbiamo temere la guerra sanguinaria che può esplodere a brevissimo in Niger, Mali, Burkina Faso – e magari pure in Gabon e in Algeria, financo in Sudan – e dell’ulteriore finestra che si apre per la catastrofe migratoria.

 

A quel punto, non saranno 6.000, ma 600.000, 6 milioni, forse 60 milioni – in un arco di tempo brevissimo. Prendete l’Ucraina: si stima che, in brevissimo, la guerra abbia creato per l’Europa qualcosa come 6 milioni di rifugiati, più altri 8 milioni di sfollati interni. L’Ucraina ha 43,79 milioni di abitanti: provate voi a pensare cosa può produrre una guerra panafricana.

 

A quel punto, non solo Lampedusa, non solo Pantelleria… tutta la Sicilia sarà invasa in modo irrecuperabile, così come tante città, campagne italiane, dove i microghetti diverranno macroghetti, e la tensione dell’esistenza quotidiana diverrà intollerabile.

 

È certo una bella immagine: quei sorridenti ragazzi africani in età militare, che filmano la traversata per una diretta Facebook o per un video su TikTok mentre ballano, cantano, fanno il dito medio allo spettatore (cioè, noi), partono proprio dalla tomba di Craxi – perché l’Italia lo fece morire lì, nell’esilio e nella crudeltà da infliggere a chiunque si metta di traverso al grande piano mondialista.

 

La ferocia di questo quadro è sconvolgente. Ma statene certi: siamo solo all’inizio.

 

Roberto Dal Bosco

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Immigrazione

Orban promette di sfidare le «scandalose» quote di migranti dell’UE

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Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha annunciato che il suo paese non adempirà agli obblighi europei sull’accoglienza dei migranti a partire dal prossimo anno, accusando Bruxelles di aver sferrato «un attacco assurdo e ingiusto» contro l’Ungheria.   Il Patto UE sulla migrazione e l’asilo, approvato lunedì e previsto in vigore da luglio 2026, stabilisce che ciascun Stato membro partecipi in proporzione alla popolazione e al PIL. Lo scopo è ridurre il carico sui paesi più esposti – Cipro, Grecia, Italia e Spagna –, come ha precisato la Commissione Europea.   I governi dovranno ospitare un numero prefissato di migranti provenienti dagli hotspot o versare 20.000 euro per ciascun rifiuto.   «Finché l’Ungheria avrà un governo nazionale, non metteremo in atto questa decisione scandalosa», ha postato martedì su X Orban, da sempre oppositore delle politiche migratorie di Bruxelles.

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La Commissione ha inoltre classificato Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia e Polonia tra i paesi esposti a una «significativa pressione migratoria». L’Ungheria, però, non figura in questa lista.   Orbsn ha contestato l’idea che il suo paese sia immune dalla crisi migratoria, definendola «completamente slegata dalla realtà». Ha ricordato che ogni anno decine di migliaia di individui tentano ingressi illegali, intercettati dalle guardie di frontiera e dal sistema di barriere ungheresi.   Nel giugno 2024, la Corte di giustizia dell’UE ha condannato l’Ungheria a una multa forfettaria di 200 milioni di euro, più 1 milione di euro al giorno, per il mancato rispetto delle norme comunitarie sull’asilo.   Il mese scorso Orban aveva ribadito che preferirebbe versare la sanzione giornaliera di 1 milione di euro piuttosto che aprire le porte ai migranti irregolari, asserendo che pagare è «meglio che vivere nella paura» e garantendo ai cittadini un’estate di vacanze in sicurezza. I mercatini natalizi sono stati bersaglio di attacchi jihadisti in vari episodi di rilievo negli ultimi anni.   L’UE affronta da oltre vent’anni un’intensa pressione migratoria. L’impegno dei Paesi NATO europei nel collasso di Libia e Siria, unito al loro appoggio all’Ucraina nel confronto con la Russia, ha indotto milioni di individui a dirigersi verso l’Unione.  

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Immagine di Belgian Presidency of the Council of the EU 2024 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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Immigrazione

Trump: persone «deboli» guidano un’Europa «in decadenza»

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha bollato l’Europa occidentale come un insieme di Stati «in decadenza» diretti da capi di governo «deboli», rimproverando i loro esecutivi per la gestione fallimentare dei flussi migratori e per l’incapacità di contribuire alla risoluzione della crisi ucraina.

 

In un colloquio concesso a Politico e reso pubblico martedì, Trump ha dipinto l’élite politica del Vecchio Continente come inadeguata e intrappolata in un eccesso di «correttezza politica».

 

«Penso che siano deboli», ha sentenziato riguardo ai vertici della zona, proseguendo: «L’Europa non sa cosa fare».

 

Sollecitato sul contributo dell’Europa occidentale ai negoziati per la pace in Ucraina, il tycoon ha replicato che i suoi dirigenti «parlano troppo», lasciando intendere che, se persistono nel credere a una vittoria di Kiev, possono proseguire nel finanziamento illimitato.

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Il presidente statunitense negato di nutrire autentici avversari nel continente, vantando legami cordiali con la maggioranza dei suoi leader, ma ha asserito di saper distinguere «i buoni leader», «i cattivi leader», «quelli intelligenti» e «quelli stupidi».

 

«Anche se ve ne sono di davvero stupidi», ha chiosato Trump.

 

L’imprenditore ha argomentato che le strategie sull’immigrazione stanno trascinando vari Paesi verso il tracollo. «Se continua così, secondo me l’Europa non esisterà più, molti di quei paesi non saranno più sostenibili», ha pronosticato. «La loro politica sull’immigrazione è un disastro. Quello che stanno facendo con l’immigrazione è un disastro».

 

Trump accusato numerosi governi europei di autorizzare ingressi «senza controlli e senza essere controllati» e di ostinarsi a non espellere gli immigrati irregolari.

 

«Vogliono essere politicamente corretti… e non vogliono rimandarli da dove sono venuti», ha spiegato Trump, che ha lodato l’approccio di Ungheria e Polonia alla difesa dei confini, contrapponendole ad altre nazioni europee – in special modo Germania e Svezia –, che a suo avviso hanno smarrito il dominio sui movimenti migratori.

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Immigrazione

Trump definisce gli immigrati somali «spazzatura»

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Il presidente statunitense Donald Trump ha espresso contrarietà all’accoglienza di immigrati somali negli Usa, invitandoli a rimpatriare nella loro terra d’origine – l’Africa orientale, «a stento una nazione» – e a «mettere ordine laggiù».   Le sue parole si inseriscono in un più ampio affondo contro la comunità somalo-americana, in particolare nel Minnesota, sede della più numerosa diaspora somala negli Stati Uniti. L’uscita segue la determinazione di Washington di sospendere le procedure di asilo, in replica alla sparatoria di due militari della Guardia Nazionale nei pressi della Casa Bianca la settimana scorsa.   Nel corso di una sessione governativa martedì, Trump ha bacchettato gli immigrati somali, tra cui la deputata democratica Ilhan Omar, accusandoli di «non recare alcun beneficio» alla società americana.   «Se proseguiamo a importare rifiuti nella nostra Patria, imboccheremo la strada del declino. Ilhan Omar è immondizia, è immondizia. I suoi amici sono immondizia», ha tuonato, aggiungendo che la Somalia «è un fallimento per un valido motivo».  

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«Queste non sono persone che lavorano. Non sono persone che dicono: “Andiamo, forza. Rendiamo questo posto fantastico”. Queste sono persone che non fanno altro che lamentarsi» ha tuonato il presidente USA. «Quando vengono dall’inferno e si lamentano e non fanno altro che lagnarsi non li vogliamo nel nostro Paese. Lasciamo che tornino da dove sono venuti e risolvano la situazione».   Omar, nata in Somalia e naturalizzata statunitense, è la prima donna di origini africane a sedere al Congresso, eletta nel quinto distretto del Minnesota e membro della «squad» progressista democratica, spesso in rotta di collisione con i repubblicani.   Come riportato da Renovatio 21, Trump l’aveva già bollata come «feccia» a settembre, dopo che era scampata per un soffio a una mozione di censura alla Camera per commenti sprezzanti sull’attivista conservatore Charlie Kirk, assassinato. Aveva pure rilanciato illazioni su un presunto matrimonio con il fratello per ottenere «illecitamente» la cittadinanza americana.   In un messaggio su X diramato martedì, Omar ha tacciato di «inquietante» l’«ossessione» del presidente \nei suoi confronti. «Spero ottenga l’assistenza di cui abbisogna urgentemente», ha commentato.  

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La Somalia versa in una cronica instabilità e minaccia terroristica da decenni, alimentata dal gruppo qaidista Al-Shabaab e da altre frange estremiste. Molti somali approdarono negli USA negli anni Novanta, in piena guerra civile. Altri ancora arrivarono con Obama. La scorsa settimana, Trump ha annunciato l’intenzione di estromettere i somali dal programma di Temporary Protected Status (TPS), che autorizza immigrati da nazioni in crisi a soggiornare e lavorare negli USA, denunziando «brigate» di rifugiati somali che «hanno invaso» il Minnesota, «un tempo uno Stato magnifico», seminando terrore e facendo evaporare miliardi di dollari.   Il governatore del Minnesota Tim Walz – da Trump etichettato come un capo «ritardato» per non aver «mosso un dito» contro il fenomeno – ha stigmatizzato la revoca del TPS come «discriminatoria e lesiva».   La comunità somala negli Stati Uniti, stimata tra 150.000 e 200.000 persone, è una delle più grandi diaspore somale al mondo. Lo Stato del Minnesota ospita la popolazione più numerosa, con circa 86.000 Somali, concentrati a Minneapolis, soprannominata «Little Mogadishu», o Piccola Mogadiscio. Altre comunità significative si trovano a Columbus (Ohio), Seattle (Washington) e San Diego (California). La migrazione, iniziata negli anni Novanta per la guerra civile in Somalia, è stata guidata da opportunità lavorative e supporto di agenzie di reinsediamento.

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Immagine di pubblico dominio Cc0 via Flickr
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