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Che gioco fanno Stati Uniti e Germania?

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Renovatio 21 pubblica questo articolo di Réseau Voltaire. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

Sotto i nostri occhi, la Germania, che ha perso la fornitura di gas russo e potrà recuperarne nella migliore delle ipotesi un terzo dalla Norvegia, s’impantana nella guerra in Ucraina. È diventata crocevia delle azioni segrete della NATO, che a conti fatti agisce a suo danno. L’attuale conflitto risulta particolarmente impenetrabile se si trascurano i legami tra Straussiani USA, sionisti revisionisti e nazionalisti integralisti ucraini.

 

 

La guerra in Ucraina funziona come un’esca. Calamita la nostra attenzione e ci fa dimenticare il conflitto più ampio di cui è parte. Di conseguenza, non capiamo cosa accade sul terreno di scontro e non percepiamo correttamente il modo in cui il mondo si sta riorganizzando, in particolare i mutamenti del continente europeo.

 

Tutto è iniziato con l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca. Si è circondato di collaboratori che aveva conosciuto durante la vicepresidenza: gli straussiani (1). Una piccola setta che cambia casacca politica, democratica o repubblicana, secondo il partito del presidente in carica. I membri, quasi tutti ebrei, sono seguaci dell’insegnamento orale di Leo Strauss: sono convinti che gli uomini sono cattivi per natura e le democrazie fragili. Peggio: non sono state in grado di salvare il popolo ebraico dalla Shoah e non saranno mai capaci di farlo. Credono che gli ebrei potranno sopravvivere solo imponendo una dittatura di cui dovranno mantenere il controllo. Negli anni Duemila elaborarono il Project for a New American Century. Auspicavano una «nuova Pearl Harbor» per colpire tanto profondamente gli statunitensi da riuscire a imporre la loro visione del mondo: di qui gli attentati dell’11 settembre 2001.

 

Sono informazioni scioccanti nonché difficili da accettare. Tuttavia sono corroborate da molte ricerche considerate affidabili. In particolare, la progressione degli Straussiani dal 1976 – anno di nomina di Paul Wolfowitz (2) al Pentagono – a oggi è una pesante conferma delle peggiori preoccupazioni. In Europa gli straussiani non sono conosciuti, ma lo sono i giornalisti che li appoggiano. Vengono designati «neoconservatori». Bisogna convenire che gli intellettuali ebrei mai hanno sostenuto questa piccola setta ebraica.

 

Riprendiamo il racconto. A novembre 2021 gli straussiani mandarono Victoria Nuland a ingiungere al governo russo di allinearsi alle loro posizioni. Il Cremlino rispose proponendo un Trattato a garanzia della pace, ossia contestando non solo il progetto straussiano, ma anche la cosiddetta politica di sicurezza degli Stati Uniti (3). Il presidente Vladimir Putin ha contestato l’allargamento della NATO a Est, che minaccia la Russia, nonché gl’incessanti attacchi e distruzioni di Stati da parte di Washington, soprattutto nel Medio Oriente Allargato.

 

Gli straussiani hanno reagito provocando deliberatamente la Russia allo scopo di farla uscire dai gangheri. Hanno spronato i nazionalisti ucraini a bombardare i compatrioti del Donbass e a preparare un attacco simultaneo in Donbass e in Crimea (4). Mosca, che non contava sugli Accordi di Minsk e sin dal 2015 si preparava a uno scontro mondiale, ha ritenuto fosse il momento opportuno. 300 mila soldati russi sono entrati in Ucraina per «denazificare» il Paese (5). Il Cremlino ritiene, a buon diritto, che i nazionalisti integralisti, che durante la seconda guerra mondiale si allearono ai nazisti, ne condividano tuttora l’ideologia razzista.

 

Quel che scrivo è di nuovo scioccante. I libri di riferimento dei nazionalisti ucraini non sono mai stati tradotti nelle lingue occidentali, compreso il Nazionalismo di Dmytro Dontsov. Se nessuno sa cosa fece Dontsov durante la seconda guerra mondiale, tutti conoscono i crimini dei suoi discepoli Stepan Bandera e Jaroslav Stetsko, entrambi totalmente devoti al cancelliere Adolf Hitler. Agevolarono, nonché talvolta vi sovrintesero, l’assassinio di almeno 1,7 milioni di compatrioti, di cui un milione di ebrei. Di primo acchito, come ha dichiarato il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, si fatica a crederli alleati degli straussiani e del presidente ebreo Zelensky. Ma il primo ministro israeliano, Naftali Bennett, ha immediatamente preso posizione contro i nazionalisti integralisti ucraini (6). Ha addirittura consigliato il presidente Zelensky di dare una mano ai russi a ripulire il Paese. I rapporti di forza spiegano come il successore di Bennett, Yair Lapid, pur condividendo le idee di Bennett e rifiutando di fornire armi all’Ucraina, faccia un discorso atlantista. Tuttavia è bene non dimenticare che Paul Wolfowitz presiedette a Washington un importante congresso con ministri ucraini in cui s’impegnò a sostenere la lotta dei nazionalisti integralisti contro la Russia (7).

 

Tuttavia i legami tra nazionalisti integralisti ucraini e sionisti revisionisti dell’ucraino Vladimir Jabotinsky sono storici. Nel 1921 negoziarono un accordo per unirsi alla lotta ai bolscevichi. A causa della lunga sequela di pogrom già perpetrati dai nazionalisti ucraini, la rivelazione dell’accordo provocò, al momento dell’elezione di Jabotinsky nel Comitato direttivo dell’Organizzazione Sionista Mondiale, il rifiuto unanime da parte della diaspora ebrea. Il polacco David ben Gurion, che prese le redini della milizia di Jabotinsky in Palestina, definì quest’ultimo «fascista» e «forse nazista». Successivamente Jabotinsky andò in esilio a New York, dove lo raggiunse un altro polacco, Bension Netanyahu, padre di Benjamin, che ne divenne il segretario particolare (8).

 

Dopo la seconda guerra mondiale la guida intellettuale Dontsov e gli assassini per antonomasia, Bandera e Stetsko, furono recuperati dagli anglosassoni. Dontsov, malgrado i trascorsi di amministratore dell’Istituto Reinhard Heydrich (9), andò in esilio in Canada, poi negli Stati Uniti; Bandera e Stetsko invece andarono in Germania a lavorare per la radio anticomunista della CIA (10). Dopo l’assassinio di Bandera, Stetsko divenne copresidente, insieme a Chiang Kai-shek, della Lega Anticomunista Mondiale, ove la CIA riunì i dittatori e i criminali preferiti, tra cui Klaus Barbie (11).

 

Riprendiamo il filo del discorso. Gli straussiani non sanno che farsene dell’Ucraina. A loro interessa il dominio del mondo, dunque l’indebolimento degli altri protagonisti della scena mondiale: la Russia [la Cina] e gli europei. È quanto scriveva nel 1992 Wolfowitz, definendo queste potenze «rivali», cosa che non sono (12).

 

I russi non si sbagliano. Infatti hanno inviato in Ucraina pochissime truppe: un terzo di quelle ucraine. È quindi stupido interpretare la loro lentezza un insuccesso; in realtà le forze vengono risparmiate in vista dello scontro diretto con Washington.

 

Gli straussiani hanno fatto pressione per il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream. Al contrario di quanto certuni pensano, il loro fine non è distruggere l’economia russa, che ha altri clienti, ma l’industria tedesca, che dal gas non può prescindere (13).

 

Di norma Berlino avrebbe dovuto reagire all’attacco del sovrano. Invece no! Ha fatto il contrario. Dall’ingresso in Cancelleria di Olaf Scholz il governo ha istituito un sistema per «armonizzare le notizie» (14), cui sovrintende la ministra dell’Interno, la socialdemocratica Nancy Faeser.

 

Dal 24 febbraio 2022, ossia dall’applicazione da parte delle forze armate russe della risoluzione 2202 del Consiglio di Sicurezza, tutti i media russi che si rivolgono a un pubblico occidentale sono stati vietati dalle «democrazie». In Germania citare la risoluzione 2202 e condividerne l’interpretazione russa è considerato «propaganda».

 

È stupefacente vedere i tedeschi affondare con le proprie mani le istituzioni. Nel XX secolo, la Germania, che sino alla prima guerra mondiale era stata faro della scienza e della tecnica, in pochi anni diventò un Paese irrazionale, autore dei peggiori crimini. Nel XXI secolo, titolare dell’industria più competitiva a livello mondiale, la Germania ha perso di nuovo la ragione, senza motivo. I tedeschi sanciscono da soli il proprio declino a vantaggio della Polonia, nonché quello dell’Unione Europea a vantaggio dell’Iniziativa dei Tre Mari (Intermarium) (15).

 

Dal canto loro gli straussiani utilizzano i privilegi che la Germania gli ha concesso: le basi militari USA dispongono di un’extraterritorialità completa e il governo federale non ha facoltà di limitarne l’attività. Infatti nel 2002, quando si oppose alla guerra degli Straussiani in Medio Oriente, il cancelliere Gerhard Schröder non poté impedire al Pentagono di utilizzare le istallazioni in Germania come retrobase per l’invasione e la distruzione dell’Iraq.

 

Ed è in Germania, in Renania-Palatinato, che si è riunito il Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina. I delegati della cinquantina di Stati invitati, dopo essere stati taglieggiati per fornire a Kiev un grande quantitativo di armi, sono stati edotti sul Concetto Operativo di Resistenza (Resistance Operating Concept – ROC). Si tratta di ripristinare per l’ennesima volta le reti stay-behind, attivate alla fine della seconda guerra mondiale (16). Furono create dalla CIA statunitense e dal MI6 britannico, in seguito furono assorbite dalla NATO. Gli ex nazisti e i nazionalisti integralisti ne costituirono la principale componente.

 

Si tratta di creare un governo [ucraino] in esilio e organizzare sabotaggi, sul modello di quanto fecero durante la seconda guerra mondiale Charles De Gaulle e il prefetto Jean Moulin. Otto C. Fiala vi ha aggiunto le manifestazioni non-violente, collaudate dal professor Gene Sharp nel blocco dell’Est, successivamente nelle “rivoluzioni colorate” (17).

 

Ricordiamo che, contrariamente a quanto asseriva, Gene Sharp ha sempre lavorato per l’Alleanza Atlantica (18). La prima azione palese dello stay-behind ucraino è stato il sabotaggio del ponte di Crimea, sullo stretto di Kerch, dell’8 ottobre.

 

 

Thierry Myessan

 

 

 

NOTE

1)  «È agli Straussiani che la Russia ha dichiarato guerra», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 7 marzo 2022.

2)  «Paul Wolfowitz, l’âme du Pentagone», di Paul Labarique, Réseau Voltaire, 4 ottobre 2004.

3)  «La Russia vuole costringere gli USA a rispettare la Carta delle Nazioni Unite», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 4 gennaio 2022.

4) I piani di questo attacco sono stati rivelati dal ministero della Difesa russo. Si possono leggere qui sul nostro sito.

5) «Una banda di drogati e neonazisti», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 7 marzo 2022.

6)  «Israele sbalordito dai neonazisti ucraini», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 8 marzo 2022.

7) «Ucraina: la seconda guerra mondiale non è finita», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 26 aprile 2022.

8) Cfr. Voltaire, attualità internazionale , n°8, p.3, 30 settembre 2022.

9) Ukrainian nationalism in the age of extremes. An intellectual biography of Dmytro Dontsov, Trevor Erlacher, Harvard University Press (2021).

10) Stepan Bandera: The Life and Afterlife of a Ukrainian Nationalist: Facism, Genocide, and Cult, Grzegorz Rossoliński-Liebe, Ibidem Press (2015).

11) «L’internazionale criminale: la Lega anticomunista mondiale», di Thierry Meyssan, Traduzione Alessandro Lattanzio, Rete Voltaire, 3 luglio 2016.

12) «US Strategy Plan Calls For Insuring No Rivals Develop» Patrick E. Tyler e «Excerpts from Pentagon’s Plan : “Prevent the Re-Emergence of a New Rival”», New York Times, 8 marzo 1992. «Keeping the US First, Pentagon Would preclude a Rival Superpower» Barton Gellman, The Washington Post, 11 marzo 1992.

13) «Gli Stati Uniti dichiarano guerra a Russia, Germania, Olanda e Francia», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 4 ottobre 2022.

15) La Polonia e l’Ucraina”, “[Il sabotaggio della pace in Europa-article217462.html]”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 14 e 28 giugno 2022.

16) Resistance Operating Concept (ROC), Otto C. Fiala, Joint Special Operations University Press, 2020.

18) A proposito della rete stay-behind in generale, si legga Gli eserciti segreti della Nato, Daniele Ganser, Fazi editore. Sulla rete stay-behind in Francia «Stay-behind : les réseaux d’ingérence américains», di Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 20 agosto2001.

19)  L’Albert Einstein Institution: la versione CIA della nonviolenza”, di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 4 giugno 2007.

 

 

 

 

Articolo ripubblicato su licenza Creative Commons CC BY-NC-ND

 

 

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Geopolitica

Banca francese dichiarata complice di genocidio

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Una giuria federale degli Stati Uniti ha giudicato la banca francese BNP Paribas colpevole di aver contribuito al genocidio in Sudan, riconoscendo che le sue attività hanno sostenuto il governo durante un conflitto che ha causato migliaia di morti e milioni di sfollati nel Paese africano.

 

La sentenza, pronunciata venerdì a Manhattan, conclude anni di contenzioso relativo alle operazioni della banca che hanno violato le sanzioni statunitensi contro il Sudan. La causa civile, avviata nel 2016 da rifugiati sudanesi negli Stati Uniti, si è concentrata sulle transazioni effettuate da BNP Paribas tra il 2002 e il 2008, che hanno trasferito miliardi di dollari attraverso il sistema finanziario statunitense per conto di enti statali sudanesi. Ciò ha permesso al regime dell’ex presidente Omar al-Bashir di mantenere le entrate petrolifere e importare rifornimenti mentre le forze di sicurezza e le milizie alleate perpetravano violenze di massa.

 

Il caso si è incentrato sul Darfur, dove dal 2003 le forze governative e le milizie Janjaweed hanno colpito le comunità non arabe. Secondo le Nazioni Unite, il conflitto ha causato oltre 300.000 morti e circa 2,5 milioni di sfollati.

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Il tribunale ha ordinato a BNP Paribas di versare 20,45 milioni di dollari di risarcimento a tre querelanti sudanesi.

 

«Questo verdetto rappresenta una vittoria per la giustizia e la responsabilità… I nostri clienti hanno perso tutto a causa di una campagna di distruzione alimentata dai dollari americani, che BNP Paribas ha facilitato e che avrebbe dovuto bloccare», ha dichiarato Bobby DiCello, avvocato dei querelanti.

 

Un portavoce di BNP Paribas, seconda banca europea, ha contestato la sentenza, sostenendo che il Sudan disponeva di altre fonti di finanziamento e che le azioni della banca non hanno direttamente favorito gli abusi. «Questo esito è chiaramente errato e ci sono solide basi per fare ricorso, poiché il verdetto distorce la legge svizzera di riferimento e ignora prove rilevanti che la banca non ha potuto presentare», ha dichiarato il portavoce, secondo Reuters.

 

Nel 2014, BNP Paribas si era già dichiarata colpevole negli Stati Uniti per accuse penali legate a transazioni per Sudan, Iran e Cuba in violazione delle sanzioni, pagando una multa di circa 8,97 miliardi di dollari.

 

Il verdetto giunge nel contesto di un conflitto brutale tra le forze armate sudanesi e dei paramilitari delle Forze di Supporto Rapido (RSF), che nel 2019 hanno deposto il Bashir con un colpo di stato, guidando un fragile governo di transizione prima di entrare in conflitto nell’aprile 2023.

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Come riportato da Renovatio 21, due anni fa Global Witness, una ONG, in un rapporto aveva accusato sessanta tra le principali banche e investitori dell’UE di alimentare la violenza in Sud Sudan, dove l’ONU ha ripetutamente denunciato omicidi diffusi, stupri sistematici e sfollamenti forzati di civili.

 

Secondo le accuse le banche europee, tra cui le tedesche Allianz e Deutsche Bank, nonché l’italiana Intesa Sanpaolo, avrebbero investito oltre 700 milioni di euro in due società legate a violazioni dei i diritti umani nel paese africano senza sbocco sul mare, ha affermato in un rapporto l’organizzazione internazionale no-profit Global Witness.

 

La ONG aveva  inoltre elencato la società bancaria internazionale francese Crédit Agricole Group tra i principali finanziatori accusati. Global Witness ha quindi sostenuto che, nonostante le sanzioni statunitensi, le due maggiori compagnie petrolifere internazionali che operano in Sud Sudan, la China National Petroleum Corporation (CNPC) e la società statale malese Petronas, continuano a essere finanziate da investitori dell’UE.

 

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Immagine di Steve Evans via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 2.0

 

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Geopolitica

Kushner: Hamas sta agendo in buona fede, Gaza sembra «nuclearizzata», Trump crede che Israele sia «fuori controllo»

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Hamas sembra agire in buona fede e cercare di onorare l’accordo di Gaza con Israele, mediato dagli Stati Uniti, ha affermato Jared Kushner, genero del presidente Donald Trump.   Kushner, una delle figure chiave dietro l’accordo di cessate il fuoco, ha rilasciato queste dichiarazioni in un’intervista al programma 60 Minutes della CBS andato in onda domenica. Alla domanda se ritenesse che il gruppo militante palestinese «avesse agito in buona fede» e «stesse seriamente cercando i corpi» degli ostaggi israeliani che aveva accettato di restituire, Kushner ha risposto affermativamente.   «Per quanto abbiamo visto da quanto ci è stato comunicato dai mediatori, sono ancora lontani. Potrebbero crollare da un momento all’altro, ma al momento li abbiamo visti cercare di onorare l’accordo», ha detto.   Quando gli è stato chiesto come Trump avesse reagito dopo aver appreso del tentato assassinio israeliano il mese scorso, Kushner ha risposto: «Trump aveva la sensazione che gli israeliani stessero perdendo un po’ il controllo».   Nell’intervista con 60 Minutes Witkoff ha dichiarato che Trump non era a conoscenza del fatto che Israele stesse pianificando di tentare di uccidere i leader di Hamas. Tuttavia, i funzionari israeliani hanno contestato questa versione, sostenendo che Trump era stato informato almeno ore prima dell’attacco e non aveva spinto Israele a sospendere l’operazione.    

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Hamas non è riuscita a restituire tutti gli ostaggi deceduti a Israele, sostenendo di non essere in grado di localizzarli a causa della distruzione generalizzata inflitta a Gaza dalle operazioni israeliane. Israele ha affermato che il gruppo sta deliberatamente prolungando il processo di scambio.   Washington ha lavorato attivamente per accelerare lo scambio e «spingere entrambe le parti ad essere proattive… invece di incolparsi a vicenda per i guasti», ha affermato Kushner.   Kushner e un’altra figura chiave nel processo di mediazione, l’inviato speciale di Trump Steve Witkoff, sono arrivati in Israele lunedì per discutere la fase successiva dell’attuazione dell’accordo di cessate il fuoco a Gaza. I due erano sul palco ad una cerimonia di piazza per il ritorno degli ostaggi quando la folla ha fischiato Netanyahu e inneggiato al presidente USA cantando «Thank You Trump». Domenica, Israele ha accusato Hamas di aver violato il cessate il fuoco nella città di Rafah, nel Sud di Gaza, effettuando numerosi attacchi aerei su quelli che ha definito «obiettivi terroristici» e uccidendo più di 40 persone in tutta Gaza, secondo le autorità sanitarie locali. Hamas ha negato di aver violato il cessate il fuoco, mentre i media hanno indicato che l’incidente di Rafah è stato causato dall’impatto di un veicolo del genio israeliano con una munizione inesplosa.   Dopo gli attacchi, Israele ha dichiarato di essere tornato a «far rispettare il cessate il fuoco» nell’enclave palestinese.   Come riportato da Renovatio 21, lunedì, il ministro della Sicurezza Nazionale israeliano Itamar Ben-Gvir ha chiesto la rottura della tregua, sostenendo che il ritorno di tutti gli ostaggi sopravvissuti fosse sufficiente. «Ora dobbiamo tornare in guerra, dobbiamo agire immediatamente contro Hamas», ha dichiarato il ministro in un discorso televisivo.   Kushner, che in passato aveva parlato del valore immobiliare della riviera di Gaza, durante l’intervista alla TV americana ha comparato l’attuale condizione di Gaza al sito di esplosione di una bomba atomica.  

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«Sembra come se una bomba nucleare sia stata fatta esplodere in quell’area» ha detto il genero di Trump. «Ho visto queste persone tornare, e ho chiesto all’esercito israeliano “dove stanno andando”? Guardando in giro sono tutte rovine. “Stanno tornando nella zona dove era la loro casa, dove metteranno su una tenda».   «È triste perché dici a te stesso: non hanno nessun’altro posto in cui andare».   A domanda precisa, Kushner ha comunque risposto che non si è trattato di genocidio. Anche lo Witkoff ha negato: «assolutamente no. C’era una guerra che veniva combattuta».  

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La Svezia invita i cittadini ad adottare la «modalità guerra»

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I cittadini degli stati europei membri della NATO devono prepararsi a un possibile conflitto con la Russia, ha dichiarato il ministro della Difesa svedese Pal Jonson in un’intervista a RedaktionsNetzwerk Deutschland (RND) pubblicata domenica.

 

Le parole del Jonson arrivano mentre l’UE intensifica gli sforzi per una rapida militarizzazione. Bruxelles ha descritto la Russia come una minaccia immediata, una narrativa che Mosca ha respinto, considerandola un diversivo politico per distogliere l’attenzione dalle crisi interne dell’Europa.

 

«Per mantenere la pace, dobbiamo prepararci sia mentalmente che militarmente alla possibilità di una guerra», ha detto il ministro. «Serve un cambiamento di mentalità: dobbiamo adottare una modalità di guerra per scoraggiare, difendere e preservare la pace con determinazione».

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L’aumento della spesa per la difesa risponde alle richieste del presidente statunitense Donald Trump, che ha esortato i membri europei della NATO ad acquistare più armamenti americani, anche per l’Ucraina. Il Jonsone ha difeso tali acquisti, spiegando che l’Europa «semplicemente non dispone o non è ancora in grado di produrre» i sistemi necessari. «L’Ucraina ha bisogno di queste risorse rapidamente», ha aggiunto. «Se l’Europa ne è sprovvista, è ragionevole ottenerle dagli Stati Uniti».

 

La Commissione Europea ha presentato la scorsa settimana un piano che definisce l’obiettivo di incrementare l’approvvigionamento congiunto di armi ad almeno il 40% entro il 2027. Il documento ha evidenziato la necessità di «investire di più, insieme e a livello europeo», citando i cambiamenti strategici globali verso altre regioni tra «alleati tradizionali».

 

Come riportato da Renovatio 21, pochi giorni fa il Consiglio svedese per l’agricoltura ha annunciato la creazione di riserve di emergenza di cereali e altri beni essenziali per garantire ai cittadini l’accesso a cibo sufficiente «in caso di crisi grave e, nello scenario estremo, di guerra». Il governo ha destinato circa 57 milioni di dollari nel bilancio 2026 per finanziare l’iniziativa.

 

In pratica, ai cittadini svedesi è stato detto di fare scorte e prepararsi ad un assetto di sopravvivenza, e non è la prima volta, e non è il solo Paese..

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Come riportato da Renovatio 21, già a fine 2024 era emerso che Svezia e Finlandia avevano pubblicato informazioni in cui consigliano le loro popolazioni su come prepararsi a una possibile guerra o ad altre crisi inaspettate.

 

Sempre al termine dell’anno passato, un rapporto UE pubblicato dall’ex presidente finlandese Sauli Niinisto invitava i cittadini europei ad iniziare ad accumulare scorte di beni sufficienti per tre giorni, per essere pronti a fronteggiare potenziali disastri, tra cui un conflitto nucleare. A marzo il governo francese ha annunciato di voler distribuire un «manuale di sopravvivenza» a ogni famiglia per preparare i cittadini ad eventi catastrofici, tra cui la guerra. Tre anni fa la Polonia aveva avviato un programma di distribuzione di pastiglie di iodio ai soccorritori, a cominciare dai vigili del fuoco regionali (i quali a loro volta possono distribuirle alla popolazione generale) in caso di un possibile disastro radioattivo presso la più grande centrale nucleare d’Europa.

 

La Germania, su chiaro esempio ucraino, sta valutando di preparare alla guerra già i bambini delle scuole.

 

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Immagine di NATO North Atlantic Threaty via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic

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