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Che gioco fanno Stati Uniti e Germania?

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Renovatio 21 pubblica questo articolo di Réseau Voltaire. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

Sotto i nostri occhi, la Germania, che ha perso la fornitura di gas russo e potrà recuperarne nella migliore delle ipotesi un terzo dalla Norvegia, s’impantana nella guerra in Ucraina. È diventata crocevia delle azioni segrete della NATO, che a conti fatti agisce a suo danno. L’attuale conflitto risulta particolarmente impenetrabile se si trascurano i legami tra Straussiani USA, sionisti revisionisti e nazionalisti integralisti ucraini.

 

 

La guerra in Ucraina funziona come un’esca. Calamita la nostra attenzione e ci fa dimenticare il conflitto più ampio di cui è parte. Di conseguenza, non capiamo cosa accade sul terreno di scontro e non percepiamo correttamente il modo in cui il mondo si sta riorganizzando, in particolare i mutamenti del continente europeo.

 

Tutto è iniziato con l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca. Si è circondato di collaboratori che aveva conosciuto durante la vicepresidenza: gli straussiani (1). Una piccola setta che cambia casacca politica, democratica o repubblicana, secondo il partito del presidente in carica. I membri, quasi tutti ebrei, sono seguaci dell’insegnamento orale di Leo Strauss: sono convinti che gli uomini sono cattivi per natura e le democrazie fragili. Peggio: non sono state in grado di salvare il popolo ebraico dalla Shoah e non saranno mai capaci di farlo. Credono che gli ebrei potranno sopravvivere solo imponendo una dittatura di cui dovranno mantenere il controllo. Negli anni Duemila elaborarono il Project for a New American Century. Auspicavano una «nuova Pearl Harbor» per colpire tanto profondamente gli statunitensi da riuscire a imporre la loro visione del mondo: di qui gli attentati dell’11 settembre 2001.

 

Sono informazioni scioccanti nonché difficili da accettare. Tuttavia sono corroborate da molte ricerche considerate affidabili. In particolare, la progressione degli Straussiani dal 1976 – anno di nomina di Paul Wolfowitz (2) al Pentagono – a oggi è una pesante conferma delle peggiori preoccupazioni. In Europa gli straussiani non sono conosciuti, ma lo sono i giornalisti che li appoggiano. Vengono designati «neoconservatori». Bisogna convenire che gli intellettuali ebrei mai hanno sostenuto questa piccola setta ebraica.

 

Riprendiamo il racconto. A novembre 2021 gli straussiani mandarono Victoria Nuland a ingiungere al governo russo di allinearsi alle loro posizioni. Il Cremlino rispose proponendo un Trattato a garanzia della pace, ossia contestando non solo il progetto straussiano, ma anche la cosiddetta politica di sicurezza degli Stati Uniti (3). Il presidente Vladimir Putin ha contestato l’allargamento della NATO a Est, che minaccia la Russia, nonché gl’incessanti attacchi e distruzioni di Stati da parte di Washington, soprattutto nel Medio Oriente Allargato.

 

Gli straussiani hanno reagito provocando deliberatamente la Russia allo scopo di farla uscire dai gangheri. Hanno spronato i nazionalisti ucraini a bombardare i compatrioti del Donbass e a preparare un attacco simultaneo in Donbass e in Crimea (4). Mosca, che non contava sugli Accordi di Minsk e sin dal 2015 si preparava a uno scontro mondiale, ha ritenuto fosse il momento opportuno. 300 mila soldati russi sono entrati in Ucraina per «denazificare» il Paese (5). Il Cremlino ritiene, a buon diritto, che i nazionalisti integralisti, che durante la seconda guerra mondiale si allearono ai nazisti, ne condividano tuttora l’ideologia razzista.

 

Quel che scrivo è di nuovo scioccante. I libri di riferimento dei nazionalisti ucraini non sono mai stati tradotti nelle lingue occidentali, compreso il Nazionalismo di Dmytro Dontsov. Se nessuno sa cosa fece Dontsov durante la seconda guerra mondiale, tutti conoscono i crimini dei suoi discepoli Stepan Bandera e Jaroslav Stetsko, entrambi totalmente devoti al cancelliere Adolf Hitler. Agevolarono, nonché talvolta vi sovrintesero, l’assassinio di almeno 1,7 milioni di compatrioti, di cui un milione di ebrei. Di primo acchito, come ha dichiarato il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, si fatica a crederli alleati degli straussiani e del presidente ebreo Zelensky. Ma il primo ministro israeliano, Naftali Bennett, ha immediatamente preso posizione contro i nazionalisti integralisti ucraini (6). Ha addirittura consigliato il presidente Zelensky di dare una mano ai russi a ripulire il Paese. I rapporti di forza spiegano come il successore di Bennett, Yair Lapid, pur condividendo le idee di Bennett e rifiutando di fornire armi all’Ucraina, faccia un discorso atlantista. Tuttavia è bene non dimenticare che Paul Wolfowitz presiedette a Washington un importante congresso con ministri ucraini in cui s’impegnò a sostenere la lotta dei nazionalisti integralisti contro la Russia (7).

 

Tuttavia i legami tra nazionalisti integralisti ucraini e sionisti revisionisti dell’ucraino Vladimir Jabotinsky sono storici. Nel 1921 negoziarono un accordo per unirsi alla lotta ai bolscevichi. A causa della lunga sequela di pogrom già perpetrati dai nazionalisti ucraini, la rivelazione dell’accordo provocò, al momento dell’elezione di Jabotinsky nel Comitato direttivo dell’Organizzazione Sionista Mondiale, il rifiuto unanime da parte della diaspora ebrea. Il polacco David ben Gurion, che prese le redini della milizia di Jabotinsky in Palestina, definì quest’ultimo «fascista» e «forse nazista». Successivamente Jabotinsky andò in esilio a New York, dove lo raggiunse un altro polacco, Bension Netanyahu, padre di Benjamin, che ne divenne il segretario particolare (8).

 

Dopo la seconda guerra mondiale la guida intellettuale Dontsov e gli assassini per antonomasia, Bandera e Stetsko, furono recuperati dagli anglosassoni. Dontsov, malgrado i trascorsi di amministratore dell’Istituto Reinhard Heydrich (9), andò in esilio in Canada, poi negli Stati Uniti; Bandera e Stetsko invece andarono in Germania a lavorare per la radio anticomunista della CIA (10). Dopo l’assassinio di Bandera, Stetsko divenne copresidente, insieme a Chiang Kai-shek, della Lega Anticomunista Mondiale, ove la CIA riunì i dittatori e i criminali preferiti, tra cui Klaus Barbie (11).

 

Riprendiamo il filo del discorso. Gli straussiani non sanno che farsene dell’Ucraina. A loro interessa il dominio del mondo, dunque l’indebolimento degli altri protagonisti della scena mondiale: la Russia [la Cina] e gli europei. È quanto scriveva nel 1992 Wolfowitz, definendo queste potenze «rivali», cosa che non sono (12).

 

I russi non si sbagliano. Infatti hanno inviato in Ucraina pochissime truppe: un terzo di quelle ucraine. È quindi stupido interpretare la loro lentezza un insuccesso; in realtà le forze vengono risparmiate in vista dello scontro diretto con Washington.

 

Gli straussiani hanno fatto pressione per il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream. Al contrario di quanto certuni pensano, il loro fine non è distruggere l’economia russa, che ha altri clienti, ma l’industria tedesca, che dal gas non può prescindere (13).

 

Di norma Berlino avrebbe dovuto reagire all’attacco del sovrano. Invece no! Ha fatto il contrario. Dall’ingresso in Cancelleria di Olaf Scholz il governo ha istituito un sistema per «armonizzare le notizie» (14), cui sovrintende la ministra dell’Interno, la socialdemocratica Nancy Faeser.

 

Dal 24 febbraio 2022, ossia dall’applicazione da parte delle forze armate russe della risoluzione 2202 del Consiglio di Sicurezza, tutti i media russi che si rivolgono a un pubblico occidentale sono stati vietati dalle «democrazie». In Germania citare la risoluzione 2202 e condividerne l’interpretazione russa è considerato «propaganda».

 

È stupefacente vedere i tedeschi affondare con le proprie mani le istituzioni. Nel XX secolo, la Germania, che sino alla prima guerra mondiale era stata faro della scienza e della tecnica, in pochi anni diventò un Paese irrazionale, autore dei peggiori crimini. Nel XXI secolo, titolare dell’industria più competitiva a livello mondiale, la Germania ha perso di nuovo la ragione, senza motivo. I tedeschi sanciscono da soli il proprio declino a vantaggio della Polonia, nonché quello dell’Unione Europea a vantaggio dell’Iniziativa dei Tre Mari (Intermarium) (15).

 

Dal canto loro gli straussiani utilizzano i privilegi che la Germania gli ha concesso: le basi militari USA dispongono di un’extraterritorialità completa e il governo federale non ha facoltà di limitarne l’attività. Infatti nel 2002, quando si oppose alla guerra degli Straussiani in Medio Oriente, il cancelliere Gerhard Schröder non poté impedire al Pentagono di utilizzare le istallazioni in Germania come retrobase per l’invasione e la distruzione dell’Iraq.

 

Ed è in Germania, in Renania-Palatinato, che si è riunito il Gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina. I delegati della cinquantina di Stati invitati, dopo essere stati taglieggiati per fornire a Kiev un grande quantitativo di armi, sono stati edotti sul Concetto Operativo di Resistenza (Resistance Operating Concept – ROC). Si tratta di ripristinare per l’ennesima volta le reti stay-behind, attivate alla fine della seconda guerra mondiale (16). Furono create dalla CIA statunitense e dal MI6 britannico, in seguito furono assorbite dalla NATO. Gli ex nazisti e i nazionalisti integralisti ne costituirono la principale componente.

 

Si tratta di creare un governo [ucraino] in esilio e organizzare sabotaggi, sul modello di quanto fecero durante la seconda guerra mondiale Charles De Gaulle e il prefetto Jean Moulin. Otto C. Fiala vi ha aggiunto le manifestazioni non-violente, collaudate dal professor Gene Sharp nel blocco dell’Est, successivamente nelle “rivoluzioni colorate” (17).

 

Ricordiamo che, contrariamente a quanto asseriva, Gene Sharp ha sempre lavorato per l’Alleanza Atlantica (18). La prima azione palese dello stay-behind ucraino è stato il sabotaggio del ponte di Crimea, sullo stretto di Kerch, dell’8 ottobre.

 

 

Thierry Myessan

 

 

 

NOTE

1)  «È agli Straussiani che la Russia ha dichiarato guerra», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 7 marzo 2022.

2)  «Paul Wolfowitz, l’âme du Pentagone», di Paul Labarique, Réseau Voltaire, 4 ottobre 2004.

3)  «La Russia vuole costringere gli USA a rispettare la Carta delle Nazioni Unite», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 4 gennaio 2022.

4) I piani di questo attacco sono stati rivelati dal ministero della Difesa russo. Si possono leggere qui sul nostro sito.

5) «Una banda di drogati e neonazisti», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 7 marzo 2022.

6)  «Israele sbalordito dai neonazisti ucraini», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 8 marzo 2022.

7) «Ucraina: la seconda guerra mondiale non è finita», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 26 aprile 2022.

8) Cfr. Voltaire, attualità internazionale , n°8, p.3, 30 settembre 2022.

9) Ukrainian nationalism in the age of extremes. An intellectual biography of Dmytro Dontsov, Trevor Erlacher, Harvard University Press (2021).

10) Stepan Bandera: The Life and Afterlife of a Ukrainian Nationalist: Facism, Genocide, and Cult, Grzegorz Rossoliński-Liebe, Ibidem Press (2015).

11) «L’internazionale criminale: la Lega anticomunista mondiale», di Thierry Meyssan, Traduzione Alessandro Lattanzio, Rete Voltaire, 3 luglio 2016.

12) «US Strategy Plan Calls For Insuring No Rivals Develop» Patrick E. Tyler e «Excerpts from Pentagon’s Plan : “Prevent the Re-Emergence of a New Rival”», New York Times, 8 marzo 1992. «Keeping the US First, Pentagon Would preclude a Rival Superpower» Barton Gellman, The Washington Post, 11 marzo 1992.

13) «Gli Stati Uniti dichiarano guerra a Russia, Germania, Olanda e Francia», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 4 ottobre 2022.

15) La Polonia e l’Ucraina”, “[Il sabotaggio della pace in Europa-article217462.html]”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 14 e 28 giugno 2022.

16) Resistance Operating Concept (ROC), Otto C. Fiala, Joint Special Operations University Press, 2020.

18) A proposito della rete stay-behind in generale, si legga Gli eserciti segreti della Nato, Daniele Ganser, Fazi editore. Sulla rete stay-behind in Francia «Stay-behind : les réseaux d’ingérence américains», di Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 20 agosto2001.

19)  L’Albert Einstein Institution: la versione CIA della nonviolenza”, di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 4 giugno 2007.

 

 

 

 

Articolo ripubblicato su licenza Creative Commons CC BY-NC-ND

 

 

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Geopolitica

L’incontro Trump-Zelensky è stato «pessimo». Accenni al tunnel eurasiatico-americano

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L’incontro di venerdì alla Casa Bianca tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj è stato descritto come «teso», con Zelensky che non è riuscito a ottenere la consegna dei missili a lungo raggio Tomahawk. Lo riprota la testata Axios, citando fonti informate.

 

Trump ha comunicato allo Zelens’kyj che non intende fornire i Tomahawk «almeno per il momento», hanno rivelato due fonti a conoscenza dell’incontro. I colloqui, durati circa due ore e mezza, sono stati definiti da una fonte come «non facili» e da un’altra come «difficili». A momenti, la discussione è diventata «un po’ emotiva», secondo il rapporto.

 

«Nessuno ha alzato la voce, ma Trump è stato fermo», ha dichiarato una fonte ad Axios. L’incontro si è concluso bruscamente quando Trump avrebbe detto: «Penso che abbiamo finito. Vediamo cosa succede la prossima settimana», probabilmente riferendosi ai colloqui imminenti tra Russia e Stati Uniti.

 

Parlando successivamente con i giornalisti, lo Zelens’kyj ha evitato di rispondere a domande sulle forniture di Tomahawk, limitandosi a dire che gli Stati Uniti «non desiderano un’escalation».

 

Trump ha sottolineato che per Washington «non è semplice» fornire i missili, poiché gli Stati Uniti devono preservare le proprie scorte per la difesa nazionale. Ha anche riconosciuto che autorizzare Kiev a condurre attacchi in profondità in Russia potrebbe portare a un’escalation del conflitto.

 

Mosca ha avvertito che fornire missili all’Ucraina «non cambierebbe la situazione sul campo di battaglia», ma «comprometterebbe gravemente le prospettive di una soluzione pacifica» e danneggerebbe le relazioni tra Russia e Stati Uniti.

 

Lo Zelens’kyj ha cercato per settimane di ottenere i missili Tomahawk, con una gittata massima di 2.500 km, insistendo che l’Ucraina li avrebbe utilizzati solo contro obiettivi militari per aumentare la pressione sulla Russia e favorire un accordo di pace. Tuttavia, il leader ucraino ha minacciato blackout nelle regioni di confine russe e a Mosca. Funzionari russi hanno anche suggerito che Kiev intenda usare i missili per «attacchi terroristici».

 

Durante i momenti con la stampa, il presidente ha prodotto una scena imprevedibile quando ha parlato della discussione avuta con Putin di un tunnel tra l’Alaska e la Siberia, chiedendo quindi allo Zelens’kyj cosa ne pensasse. L’ex attore ha risposto con tempi comici «non sono felice di questa cosa», sorridendo. «Non credo che gli piaccia» ha detto Trump ridendo.

 

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Il progetto di tunnello sotto lo stretto di Bering, che tocca le isole Diomede, esiste da molto tempo.

 

Il concetto di un collegamento tra i due continenti (un ponte o tunnel chiamato «Kennedy-Khrushchev World Peace Bridge») è emerso durante la Guerra Fredda, con proposte già nel 1905 dall’Impero Russo e nel 1904 da magnati ferroviari americani. Nel 2007, la Russia ha pianificato un tunnel da $65 miliardi come parte di una rete ferroviaria trans-siberiana. Nel 2011, funzionari russi hanno sostenuto un tunnel da 100 km per collegare Yakutsk a Komsomolsk-on-Amur, estendendolo all’Alaska. Nel 2015, si è parlato di una collaborazione Russia-Cina per un ponte stradale con oleodotti.

 

Il 16 ottobre 2025, Kirill Dmitriev, inviato per gli investimenti del presidente russo Vladimir Putin e CEO del Fondo Russo per gli Investimenti Diretti (RDIF), ha proposto il «Putin-Trump Tunnel» su X (ex Twitter), rivolgendosi direttamente a Elon Musk e alla sua Boring Company, l’azienda che crea tunnelli stradali. Il Dmitriev lo ha descritto come un «simbolo di unità» per collegare le Americhe all’Eurasia.

 

Dmitriev ha rivelato che uno studio di fattibilità è iniziato sei mesi fa (aprile 2025), con RDIF che ha già esperienza in ponti come quello Russia-Cina.

 

Con i suoi 112 chilometri di lunghezza, si tratterebbe del tunnel più lungo del mondo. Un costo stimato sarebbe di 65 miliardi, ma riducibile, per una durata di lavore di meno di otto anni.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’incontro Trump-Zelens’kyj è seguito a una telefonata tra Trump e Putin, dopo la quale entrambe le parti hanno espresso l’intenzione di organizzare un vertice a Budapest, in Ungheria, nel prossimo futuro.

 

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Trump e Putin si telefonano: «può portare alla pace»

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Giovedì il presidente russo Vladimir Putin ha avuto una conversazione telefonica con il presidente statunitense Donald Trump, come confermato dal portavoce del Cremlino Demetrio Peskov.   Circa 40 minuti prima della conferma russa, Trump aveva annunciato sulla sua piattaforma Truth Social di essere impegnato in una chiamata «in corso» e «prolungata» con Putin.   Il colloquio tra i due leader si è tenuto in un contesto di crescenti tensioni tra Mosca e Washington, a seguito della proposta di Trump di fornire all’Ucraina missili Tomahawk a lungo raggio, in grado di colpire in profondità il territorio russo, in vista del suo incontro programmato con Volodymyr Zelens’kyj per venerdì.   Mosca ha criticato duramente questa possibile decisione, avvertendo che annullerebbe la fiducia diplomatica costruita tra Russia e Stati Uniti senza alterare la situazione sul campo.   Fornire tali armi a Kiev spingerebbe Mosca ad adottare contromisure necessarie, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Peskov.   La telefonata rappresenta il primo contatto tra Putin e Trump dal loro incontro di persona ad Anchorage, in Alaska, a metà agosto. Mosca ha riferito che, dopo il vertice, le comunicazioni con Washington si sono notevolmente ridotte. Tuttavia, i funzionari russi hanno sottolineato che il processo avviato in Alaska «non è terminato» e che lo «spirito di Anchorage» rimane «vivo».

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Trump ha dichiarato che il colloquio con Putin potrebbe condurre a un accordo di pace per il conflitto ucraino. Le tensioni tra Stati Uniti e Russia si sono intensificate a causa delle possibili forniture di missili Tomahawk all’Ucraina, e i negoziati di pace sono rimasti in stallo. Trump ha descritto la conversazione, durata due ore e mezza, come «molto produttiva», suggerendo che un accordo di pace potrebbe essere imminente.   «Ho trovato che fosse una chiamata eccellente, molto produttiva… Pensiamo di poter fermare [il conflitto]», ha detto. «Questa potrebbe essere una chiamata così fruttuosa che alla fine… vogliamo raggiungere la pace».   In precedenza, Trump aveva scritto su Truth Social che durante la telefonata erano stati compiuti «grandi progressi» e aveva annunciato che lui e Putin avevano concordato di organizzare un vertice bilaterale a Budapest, in Ungheria.   Il presidente USA ha riferito ai giornalisti che l’incontro si terrà probabilmente entro due settimane, dopo i colloqui tra il Segretario di Stato americano Marco Rubio e il ministro degli Esteri russo Sergio Lavrov, oltre all’incontro di Trump con il leader ucraino Volodymyr Zelens’kyj a Washington, previsto per venerdì. L’ultimo vertice Putin-Trump, svoltosi ad Anchorage, in Alaska, ad agosto, non aveva prodotto risultati concreti, ma giovedì Trump ha dichiarato di aver «posto le basi» per un processo di pace più ampio.   Riguardo alle possibili consegne di missili Tomahawk a Kiev, Trump non ha né confermato né smentito i piani, sottolineando però che, pur disponendo di «molti» missili, gli Stati Uniti ne hanno bisogno per la propria sicurezza e «non possono esaurire» il loro arsenale.   Secondo Yury Ushakov, consigliere di Putin per la politica estera, durante la telefonata il presidente russo ha avvertito Trump che l’invio di Tomahawk a Kiev non cambierebbe l’andamento del conflitto, ma potrebbe «compromettere gravemente le prospettive di una soluzione pacifica» e danneggiare le relazioni tra Russia e Stati Uniti.   Ushakov ha sottolineato che Putin ha riaffermato l’impegno di Mosca per una «risoluzione politico-diplomatica pacifica», descrivendo la discussione come «molto concreta ed estremamente franca», aggiungendo che i preparativi per il prossimo vertice Putin-Trump inizieranno immediatamente, con Budapest in fase di valutazione come sede.   Il primo ministro ungherese Vittorio Orban ha poi scritto su X di aver discusso con Trump, confermando che i preparativi sono già in corso.  

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Budapest si prepara ad ospitare il vertice Putin-Trump

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L’Ungheria e la Russia hanno avviato discussioni sui preparativi per il vertice tra il presidente russo Vladimir Putin e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, previsto a Budapest, ha annunciato il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto.

 

In un post su Facebook pubblicato venerdì, Szijjarto ha riferito di aver avuto una conversazione telefonica con Yury Ushakov, principale consigliere di Putin per la politica estera, confermando che «i preparativi sono in pieno svolgimento».

 

Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha dichiarato di aver parlato al telefono con Putin venerdì. Szijjártó ha aggiunto che il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov e il Segretario di Stato americano Marco Rubio si incontreranno più tardi nella stessa giornata.

 

Szijjarto ha sottolineato che l’Ungheria è pronta a garantire la sicurezza dei colloqui tra Russia e Stati Uniti, che si concentreranno sul conflitto ucraino, e che Budapest accoglierà Putin con rispetto, assicurandogli libertà di movimento da e per il Paese.

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Giovedì Orban aveva annunciato che Budapest è pronta a ospitare l’incontro tra i due presidenti, definendolo «una grande notizia per i popoli amanti della pace nel mondo» e descrivendo l’Ungheria come «un’isola di pace».

 

L’incontro tra Trump e Putin è stato annunciato per la prima volta dal presidente statunitense giovedì, dopo una telefonata tra i due leader, la prima in quasi due mesi, durata oltre due ore secondo il Cremlino e la Casa Bianca. Trump ha definito la conversazione «molto produttiva», sottolineando che «sono stati compiuti grandi progressi».

 

Anche il Cremlino ha confermato il vertice programmato, con Ushakov che ha dichiarato che i preparativi sarebbero iniziati «senza indugio». Ha precisato che Budapest era stata proposta come sede dell’incontro da Trump e che Putin aveva subito appoggiato l’idea.

 

L’ultimo incontro tra Putin e Trump si era tenuto a metà agosto in Alaska, incentrato sul conflitto in Ucraina e sul rilancio delle relazioni tra Russia e Stati Uniti. È stato il loro primo faccia a faccia dal 2019. Entrambi i leader avevano definito il vertice produttivo, pur senza registrare progressi significativi.

 

Sebbene i contatti tra Mosca e Washington siano successivamente diminuiti, Lavrov ha dichiarato all’inizio di questa settimana che il processo avviato in Alaska «non è concluso» e che le due nazioni hanno ancora «molto da fare».

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