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Bunker militare segreto israeliano piazzato in un quartiere popolato di Tel Aviv

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L’esercito israeliano mantiene un bunker militare segreto sotto il complesso residenziale Da Vinci, nel centro di Tel Aviv, identificato come «Site 81». Lo riporta un articolo della testata di giornalismo d’inchiesta The Greyzone.

 

Quando l’Iran ha lanciato missili su Tel Aviv il 13 giugno 2025, uno dei proiettili ha colpito la torre nord del complesso Da Vinci, che si trova direttamente sopra o molto vicino al bunker. L’area è stata subito messa sotto stretto controllo dalle autorità israeliane per impedire riprese o indagini giornalistiche.

 

Secondo quanto scrive il sito diretto da Max Blumenthal (sedicente ebreo non sionista), il bunker è un centro di comando e controllo elettromagneticamente schermato, gestito congiuntamente da Stati Uniti e Israele. Le prove includono foto geolocalizzate, e-mail trapelate e documenti di appalto statunitensi.

 

In passato si era parlato di un’espansione del bunker fino a 6.000 m², ma la sua collocazione precisa era rimasta un segreto. Le immagini mostrano che il sito si trova sotto la torre Da Vinci, accanto alle strutture militari «Kannarit» dell’aeronautica israeliana.

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Il testo sostiene inoltre che Israele, costruendo un’installazione militare così sensibile in un contesto abitato, stia usando la popolazione civile come «scudo umano» — un’accusa che ribalta quella di cui Israele spesso accusa i suoi avversari.

 

«Israele censura aggressivamente le informazioni relative alle sue strutture militari e di intelligence urbane, accusando allo stesso tempo i suoi avversari di ricorrere agli “scudi umani”, una pratica di protezione di obiettivi militari con la popolazione civile, vietata dal diritto internazionale umanitario» scrive la testata. «Le email trapelate di un ex Capo di Stato Maggiore militare israeliano indicano inoltre che il Sito 81 è un importante nodo di comando e controllo».

 

«Il Jerusalem Post ha anche riferito che un missile iraniano che ha colpito le Torri Da Vinci era “a due passi dall’ufficio di Netanyahu”, allora noto come “Edificio 22″» continua The Greyzone. «L’ufficio del Primo Ministro ha iniziato i lavori di ristrutturazione poche settimane dopo la Guerra dei Dodici Giorni del 2025 tra Israele e Iran, e si dice che sia stato danneggiato durante l’attacco».

 

Emergono anche legami commerciali e finanziari tra società israeliane e il complesso edilizio Da Vinci, e una corrispondenza fra ex ufficiali militari israeliani e contractor statunitensi che farebbe riferimento all’uso di «Site 81» come nodo di comando.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso Israele aveva arrestato il giornalista di The Greyzone Jeremy Loffredo per un articolo sull’attacco iraniano su Tel Aviv. Loffredo, che è ebreo, sarebbe stato secondo i colleghi picchiato, bendato e portato in una base militare israeliana».

 

Loffredo si era recato a Tel Aviv e ha rintracciato il punto in cui un missile iraniano ha colpito «a meno di 1.000 piedi» (300 metri) dal quartier generale del Mossad, l’agenzia di Intelligence israeliana, situato in un quartiere residenziale. Da allora il suo profilo X è stato bloccato.

 

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Immagine di Chenspec via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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L’esercito britannico ha commesso crimini di guerra in Afghanistan

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Le forze speciali britanniche operanti in Afghanistan hanno ripetutamente giustiziato sospetti detenuti senza conseguenze disciplinari, malgrado la piena consapevolezza del fenomeno ai vertici della catena di comando. Lo ha rivelato un ex alto ufficiale nel corso dell’inchiesta pubblica indipendente tuttora in corso.   La testimonianza, resa nota lunedì insieme ad altre tre deposizioni, fa parte dell’indagine pluriennale sulla condotta delle United Kingdom Special Forces (UKSF), in particolare delle SAS, nella provincia di Helmand tra il 2010 e il 2013.   L’ufficiale, identificato solo con il codice N1466 ed ex vicecapo aggiunto delle operazioni presso il quartier generale UKSF, ha riferito di gravi segnalazioni interne secondo cui un’unità adottava la prassi di «eliminare sistematicamente uomini in età da combattimento, a prescindere dalla minaccia effettiva rappresentata».   Il testimone ha evidenziato l’anomalia ricorrente nei resoconti operativi: il numero di afghani uccisi superava regolarmente quello delle armi sequestrate. Ha inoltre definito «poco credibili» le versioni ufficiali secondo cui i prigionieri, una volta ammanettati, avrebbero improvvisamente impugnato armi o granate, giustificando così la loro uccisione.   «Siamo di fronte a crimini di guerra… parliamo di detenuti riportati sul luogo dell’operazione e giustiziati con il pretesto che avessero opposto resistenza», ha dichiarato N1466.

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L’ex ufficiale ha aggiunto che più direttori delle forze speciali erano informati della situazione e avevano tentato di insabbiare il caso, liquidandolo come semplice rivalità tra reparti – versione che, a suo dire, «non reggeva al confronto con le prove».   «Non ci siamo arruolati nelle UKSF per sparare a bambini nei loro letti o per uccisioni indiscriminate. Questo non è comportamento speciale, non è attività d’élite, non è ciò che rappresentiamo», ha concluso.   Un secondo testimone ha riferito che le unità afghane addestrate dagli occidentali si erano rifiutate in più occasioni di operare accanto alla squadra britannica incriminata, un rifiuto definito «indicativo di un problema concreto e grave». Un terzo ufficiale ha sostenuto che le evidenze emerse costituiscano «solo la punta dell’iceberg» e che le operazioni NATO, caratterizzate da estrema violenza, abbiano completamente fallito l’obiettivo di conquistare «i cuori e le menti» della popolazione locale.   Il Regno Unito partecipò all’invasione dell’Afghanistan del 2001 a guida statunitense e ritirò le proprie truppe insieme agli altri contingenti NATO nel 2021.  

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Immagine di PO(Phot) Sean Clee/MOD via Wikimedia pubblicata su licenza Open Government Licence version 1.0 (OGL v1.0).
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Gli USA stanno provando gli attacchi aerei contro il Venezuela

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Negli ultimi giorni gli Stati Uniti hanno effettuato prove di bombardamenti aerei programmati per il Venezuela.  Lo riporta il Wall Street Journal, basandosi sulle dichiarazioni di un alto esponente del dipartimento della Difesa e su registri di tracciamento aerei.

 

Il presidente Donald Trump ha additato il regime di Caracas come orchestratore di gang «narcoterroristiche» e sabato ha decretato la serrata dello spazio aereo venezuelano nei confronti di «tutte le compagnie di volo, gli aviatori, i corrieri di narcotici e i mercanti di vite umane».

 

Tale intimidazione si inquadra in un potenziamento delle unità navali americane nel Mar dei Caraibi, dove, per disposizione di Trump, dal settembre scorso sono stati neutralizzati oltre 20 natanti sospettati di contrabbando di stupefacenti, con un bilancio di decine di vittime.

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Sempre stando al WSJ, Trump ha confidato al leader venezuelano Nicolás Maduro, nel corso di una chiamata riservata della settimana scorsa, di valutare l’ipotesi di destituirlo qualora non si dimettesse.

 

Nessuna delle controparti ha avvalorato l’esistenza del colloquio, e Trump in precedenza aveva smentito intenti di rovesciamento armato di Maduro. Ad agosto, Washington ha elevato la taglia per la cattura di Maduro a 50 milioni di dollari.

 

Sabato, la diplomazia venezuelana ha rigettato l’ultimatum sugli aeroplani, tacciandolo di «minaccia colonialista» e di illegittimità ai sensi del diritto internazionale. Maduro ha elevato le forze armate a massima prontezza e ha avviato più manovre, giurando di opporsi a qualsivoglia incursione.

 

Le autorità di Caracas hanno confutato le imputazioni di complicità con i cartelli e hanno argomentato che Trump stia strumentalizzando la lotta al narcotraffico per perseguire un ribaltamento del governo.

 

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Macron pronto a reintrodurre il servizio militare volontario

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Il presidente francese Emmanuel Macron si appresta a lanciare questa settimana un nuovo programma di servizio militare volontario. Lo riporta il quotidiano parigino Le Figaro. L’iniziativa, proposta per la prima volta a luglio dal capo dell’Eliseo in risposta alla «minaccia duratura» russa, mira a rafforzare la difesa nazionale in un contesto di crescenti incertezze globali.   Secondo il Figaro, il piano prevede un impegno volontario di dieci mesi con retribuzione mensile tra i 900 e i 1.000 euro, aperto a giovani di 18 anni di entrambi i sessi. Non sono stati forniti dettagli su come si distinguerebbe dal servizio attuale, composto solo da professionisti e volontari dopo la sospensione della leva obbligatoria nel 1997 sotto Jacques Chirac.   «In un mondo di incertezze e tensioni crescenti… la Francia deve continuare a essere una nazione forte con un esercito forte», ha ribadito Macron sabato a margine del G20 in Sudafrica.   Le fonti governative citate dal Figaro stimano fino a 50.000 partecipanti annui, con costi stimati intorno ai 2 miliardi di euro l’anno. L’impegno segue iniziative analoghe in altri Paesi UE dopo l’escalation del conflitto ucraino nel 2022.

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La Polonia ha introdotto un servizio base volontario e retribuito; la Germania ha approvato un modello che potrebbe evolvere in coscrizione selettiva se i volontari calassero (con una grottesca lotteria annessa); i Paesi Bassi dibattono sul ritorno della leva obbligatoria. Lettonia e Croazia l’hanno già ripristinata, mentre la Danimarca l’ha estesa alle donne. Il Belgio ha invitato due settimane fa 149.000 adolescenti al servizio volontario. La Svezia vuole innalzare l’età minima per il richiamo militare a 70 anni.   Il generale Fabien Mandon, capo di Stato maggiore delle forze armate, ha recentemente osservato che la Francia non può ignorare questa tendenza europea, con molti vicini «pronti a reintrodurre il servizio nazionale».   Come riportato da Renovatio 21, il Mandone negli scorsi giorni ha destato scalpore dichiarando che il popolo francese dovrebbe essere pronto a «perdere i propri figli».  

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