Guerra cibernetica
Arriva l’attacco cibernetico globale. Come da programma
Mercoledì scorso in rete è apparso un video che pare preludere al grande attacco cibernetico totale di cui da tanto tempo si parla.
Nel filmato caricato in rete tre gruppi di hacker prendevano l’impegno di tirare giù l’intera rete informatica del sistema bancario europeo.
Si tratterebbe con probabilità del più grande attacco cyber della storia. Sarebbero coinvolti, secondo quanto detto, hacker affiliati con i gruppi KillNet, Anonymous Sudan e REvil.
Il messaggio è recapitato in video dalla oramai classica maschera di Guy Fawkes usata da Anonymous, e da altri due individui mascherati che rappresentano gli altri due gruppi hacker.
Pro-Russian hacktivist group KillNet, Anonymous Sudan, and REvil announced their plans to take down the entire European banking system within the next 48 hours.
"This is not a DDoS attack, the games are over. No money, no weapons, no Kiev regime — this is the formula for the… pic.twitter.com/to5RhxDif6
— Ian Miles Cheong (@stillgray) June 14, 2023
«Noi siamo Anonymous Sudan. Oggi siamo una minaccia per tutte le banche europee. Le banche europee presto saranno testimoni del più grande attacco cibernetico nella storia recente del mondo. Preparatevi. Perché quando colpiremo, sarà troppo tardi per fare ammenda» dice il primo segmento del video. «Molte banche europee saranno bersagliate e colpite senza pietà».
«Il mondo è impazzito. La ragione di questo è il danaro» dice il personaggio mascherato del secondo segmento, affiliato, secondo la scritta, al gruppo REvil. «Se Dio comanda la Russia, chi comanda l’Europa? Giusto! Il sistema bancario! Niente danaro, niente problemi! REvil ha sufficiente familiarità con l’infrastruttura finanziaria europea. Ci vediamo presto…»
«Questo non è un attacco DDoS. I giochi sono finiti. Facciamo appello a tutti i gruppi attivi perché si coinvolgano in attività distruttive contro il sistema bancario europeo. Niente danaro, niente armi, niente regime di Kiev. Questa è la formula per la morte del nazismo e funzionerà» dice il personaggio mascherato che dovrebbe rappresentare il gruppo KillNet. «Entro 48 ore lanceremo questa compagnia globale. Niente vi salverà e questo non è un avvertimento. Vi sto solo informando. Non avete mai visto problemi del genere in precedenza. Noi siamo KillNet».
Ad guardare il video, quindi, si dovrebbe desumere gli hacker sarebbero da considerarsi «filo-russi» poiché il loro messaggio esortava le nazioni a smettere di dare denaro e armi all’Ucraina, citando la cifra nazista presente a Kiev.
Tuttavia, è ovviamente impossibile verificare la fonte, e le sue intenzioni. Attribuire ogni colpa agli «hacker russi», come noto, è uno sport praticato oramai da quasi un decennio da istituzioni e giornali occidentali.
Il video è circolato nella rete russa, per poi essere ripostato su Twitter dal giornalista indipendente Ian Miles Cheong.
Il giorno dopo è stata data notizie che varie agenzie del governo americano erano state attaccate ciberneticamente. L’intera portata dell’attacco è rimasta poco chiara mentre la US Cybersecurity and Infrastructure Security Agency ha indagato sulla violazione. «Ci siamo» ha commentato Cheong.
L’incidente è solo uno dei tanti recenti attacchi informatici che hanno preso di mira varie università e governi statali statunitensi, che erano stati attribuiti ad un altro gruppo hi hacker russi chiamato CLOP.
Come riportato da Renovatio 21, anche un gruppo di hacker cinesi chiamato Volt Typhoon poche settimane fa avrebbe attaccato infrastrutture elettroniche delle forze armate americane nel Pacifico, in un’operazione dove forse l’obiettivo finale era prendere le misure per Taiwan.
Martedì scorso era andato offline il colosso del cloud computing mondiale, Amazon Web Services, AWS, la divisione di data center e servizi informatici del conglomerato di Jeff Bezos.
Una quantità impressionanti di grandi aziende multinazionali (McDonald’s, Nike, Autodesk) e testate di spessore mondiale (NBC, Associated Press, lo stesso Washington Post, che è di proprietà di Bezos) si servono di AWS. Non solo: AWS negli anni ha vinto lucrosi appalti anche per la CIA e il Pentagono. Le cronache accennano rapidamente ad un problema tecnico.
Costa sta accendo?
Qualcuno tira fuori ancora i russi, puntando ai discorsi sempre più falchi di Medvedev. «Se procediamo dalla comprovata complicità dei Paesi occidentali nel far saltare in aria i Nord Streas, allora non abbiamo vincoli – nemmeno morali – rimasti per impedirci di distruggere le comunicazioni via cavo sul fondo dell’oceano dei nostri nemici”, ha detto pochi giorni fa l’ex presidente russo su Telegram.
Gli Atlantici avevano abboccato da ancora prima. A maggio il capo dell’Intelligence della NATO David Cattler aveva avvertito di un rischio crescente di un simile Scenario. «Ci sono crescenti preoccupazioni che la Russia possa prendere di mira cavi sottomarini e altre infrastrutture critiche nel tentativo di interrompere la vita occidentale, per ottenere influenza contro quelle nazioni che stanno fornendo sicurezza all’Ucraina», aveva detto il capo delle spie atlantiche ai giornalisti, omettendo bizzarramente tra i motivi della possibile ritorsione la questione Nord Stream.
«I russi sono più attivi di quanto li abbiamo visti da anni in questo dominio», aveva dichiarato il Cattler, notando un ritmo più elevato di pattugliamenti russi in tutto l’Atlantico e nel Mar Baltico e nel Mare del Nord. «La Russia sta mappando attivamente le infrastrutture critiche alleate sia a terra che sul fondo del mare».
Sappiamo che l’intera architettura materiale di Internet è effettivamente piuttosto fragile. Negli oceani vi sono circa 400 cavi sottomarini che trasportano più del 95% del traffico internet. Il Cattler quella volta aveva aggiunto un’etichetta col prezzo: «Complessivamente, trasportano ogni giorno transazioni finanziarie per un valore stimato di 10 trilioni di dollari, quindi questi cavi sono davvero un perno economico».
Renovatio 21 aveva scritto un articolo, mesi fa, per parlare della guerra alle grandi infrastrutture iniziata con il bombardamento terrorista del Nord Stream. La sostanza del pezzo, che ha riscosso un certo successo e qualche commento sognante («magari si tornasse agli anni Novanta!» ha scritto qualcuno) è che con l’aumento della tensione internazionale, lo shutdown di Internet sarà inevitabile. I cavi sottomarini che costituiscono la rete possono essere rotti così come è stato distrutto il gasdotto.
I satelliti di Musk possono poco – perché esistono le armi ASAT, cioè le armi anti-satellite, e russi e cinesi da tempo si lamentano delle costellazioni Starlink, e concepiscono programmi per la loro eventuale distruzione.
«Quindi preparatevi a perdere internet. Questo sito compreso» scrivevamo.
Ebbene, aggiungiamo qui che, come la guerra in corso in Ucraina, non è detto che proprio un crollo di Internet non sia nei piani dei padroni del mondo.
Lo shock economico, per economie che oramai sono totalmente dipendenti da Internet, sarebbe esiziale per qualsiasi Paese. Tuttavia abbiamo capito che, dal megaterrorismo stile Torri Gemelle al lockdown globale COVID, il mondo moderno e i suoi pupari amano assai il trauma come strumento di direzione delle cose.
Potrebbe essere il turno, quindi, del terrore internazionale in versione telematica.
«Tutti noi sappiamo, ma dedichiamo un’attenzione non sufficiente, al pauroso scenario di un grande attacco cibernetico che porterebbe al completo stop alle forniture energetiche, ai trasporti, ai servizi ospedalieri, alla società nel suo insieme. La crisi del COVID-19 sarebbe vista come un piccolo disturbo rispetto ad un grande cyber attack» abbiamo sentito dire Klaus Schwab in un video di un anno fa.
Come avvenuto per il COVID, anche qui sono spuntate in grande spontaneità le esercitazioni del caso. Ecco le simulazioni del grande grash informatico globale. La più famosa si chiamava Cyber-Poligon.
Chi segue Renovatio 21, non solo riconosce il pattern, ma sa che blackout informatici localizzati, tali da bloccare intere industrie fondamentali come quelle dei trasporti, sono comparsi in sequenza negli scorsi mesi: ricorderete il blocco degli aeroporti, avvenuto nelle Filippine, in Canada, in qualche città tedesca e soprattutto negli USA, dove l’11 gennaio di quest’anno ad ogni aereo dello spazio americano è stato impedito il decollo. Non succedeva dall’11 settembre 2001.
L’intero sistema aeronautico americano (25 mila aerei per 2,3 milioni di persone al dì) era andato down. Dissero, anche lì, che era un problema tecnico. Qualcuno di malizioso, tuttavia, notò che in quei giorni il prezzo dei Bitcoin era salito… lo Stato USA aveva comprato criptomonete per pagare un ransomware?
No, non sappiamo nulla. È la cifra principale del mondo cibernetico considerato militarmente: non puoi avere certezza definitiva di chi abbia attaccato, e perché. Il digitale è il regno del false flag. Non puoi sapere cosa realmente stia accadendo: la nebbia della guerra, con la cibernetica, diventa impenetrabile.
Tuttavia vediamo dove questo può portare. Un’era della scarsità, anche per internet. Una riprogettazione della rete, con espunzione di ciò che non aderisce alla narrativa centrale – i canali russi sono già censurati, si può fare di più, anche le bandire gli utenti dei social o i social stessi (Telegram, ad esempio: quanto durerà?)
Una ridefinizione sistemica, compatibile con la vera trasformazione in atto: piattaformare gli Stati e i super-Stati, trasformare i cittadini in utenti, sostituire i diritti con «accessi» e «premi» decisi dall’alto, abolire il contante tramite il danaro programmabile – euro digitale, dollaro digitale, sterlina digitale etc – che sarà lo strumento di controllo definitivo della società, la matrice che avrà potere su ogni comportamento umano.
Il green pass, esteso ad ogni minuto della vostra esistenza.
Non è quindi improbabile che spacchino Internet – o provochino sino a farsela spaccare – per poi darvene una nuova, con tutte le caratteristiche che servono al vostro futuro, che è, come sapete, una nuova schiavitù.
Solve et coagula: il motto alchemico che tanto piace ai massoni, valido anche ai tempi di Internet, dove questa è oramai connessa totalmente alla vostra quotidianità.
Distruggeranno la nostra vita per dirci che ce ne daranno un’altra. Tuttavia, non è detto che a questo processo sopravvivremo tutti – sapete, non gli serviamo più, non in questa quantità.
Di fatto, quelli che arriveranno dall’altra parte della collina, ad una certa bisognerà pure che inizino a fare i conti.
No?
Roberto Dal Bosco
Guerra cibernetica
Paesi NATO valutano la guerra cibernetica contro Mosca
Stati europei dell’Alleanza Atlantica stanno esaminando l’opportunità di lanciare azioni cibernetiche offensive coordinate contro Mosca, come indicato da due alti esponenti governativi dell’UE e tre addetti diplomatici. Lo riporta Politico.
La testata ha precisato che le cancellerie d’Occidente stanno ponderando soluzioni cibernetiche e di altra natura come replica ai supposti «assalti ibridi» perpetrati dal Cremlino.
La titolare della diplomazia lettone Baiba Braze ha confidato a Politico che la NATO è chiamata a «mostrarsi più incisiva nell’offensiva cibernetica» e a sincronizzare con maggiore efficacia i propri apparati di Intelligence. «Non sono le dichiarazioni a trasmettere un monito, bensì le azioni concrete», ha puntualizzato.
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Sul finire del 2024, l’Alleanza Atlantica aveva annunciato l’avvio di un innovativo polo unificato per la difesa cibernetica all’interno della propria sede belga, previsto in funzione entro il 2028. S
I partner della NATO avevano in precedenza attribuito alla Russia l’infiltrazione di server istituzionali, l’interferenza sui segnali GPS di velivoli e l’intrusione di droni nei loro cieli territoriali. Il governo russo ha rigettato le imputazioni come belliciste, qualificando invece le restrizioni e gli apporti occidentali a Kiev come «aggressione ibrida».
A giudizio di RED Security, nel corso di quest’anno gli strike informatici contro la Federazione Russa sono cresciuti del 46%. Tra gli episodi di spicco, a luglio ha avuto luogo la violazione del database dell’Aeroflot, l’aviolinea nazionale russa, attribuita da due collettivi pro-ucraini.
Come riportato da Renovatio 21, nelle ore successive all’attacco contro la compagnia aerea di bandiera russa, il Roskomnadzor ha bloccato lo strumento di misurazione delle prestazioni di Internet Speedtest, gestito dalla società statunitense Ookla, citando minacce all’infrastruttura digitale nazionale.
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Guerra cibernetica
Internet down in tutto il mondo a causa del crash del sistema di Cloudfare
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Guerra cibernetica
Orban: gli ucraini sono dietro il furto dei dati personali dei cittadini dell’UE
Dietro il furto e la fuga di dati personali di 200.000 ungheresi ci sono individui ucraini e un partito di opposizione ungherese, ha dichiarato il premier magiaro Vittorio Orban, definendo la situazione un «grave rischio per la sicurezza nazionale» che richiede un’immediata indagine statale.
Le accuse, formulate in una dichiarazione video di lunedì, seguono le notizie diffuse dai media ungheresi secondo cui un database con i nomi, gli indirizzi e i recapiti degli utenti che avevano scaricato l’app di organizzazione Vilag del partito Tisza è stato brevemente pubblicato online alla fine della scorsa settimana.
Il partito pro-UE e il suo leader Peter Magyar rappresentano la principale opposizione al governo Orban, che accusa l’UE di interferire nella politica interna del Paese.
«Un grave scandalo ha scosso la vita pubblica ungherese. I dati personali di 200.000 nostri connazionali sono stati pubblicati online senza il loro consenso», ha dichiarato Orban. «In base alle informazioni attuali, questi dati sono stati raccolti dal partito Tisza».
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Il primo ministro di Budapesto ha affermato che un’analisi del database ha dimostrato che «anche individui ucraini erano coinvolti nella gestione dei dati» e ha ordinato ai funzionari della sicurezza nazionale di condurre l’indagine.
Sia il partito Tisza che il suo leader hanno negato qualsiasi coinvolgimento ucraino nello sviluppo dell’app. Magyar ha affermato domenica – senza fornire prove – che l’app del partito era stata presa di mira da «hacker internazionali… che sono ovviamente supportati dai servizi segreti russi».
Tuttavia, un articolo del quotidiano ungherese Magyar Nemzet ha ipotizzato che i dati trapelati provenissero dalla piattaforma Vilag, osservando che le prime voci corrispondevano ad account di sviluppatori e tester, alcuni con identificativi dello stato ucraino.
Orban, un critico convinto del sostegno militare occidentale all’Ucraina, ha ripetutamente affermato che l’UE e Kiev stanno cospirando per influenzare la politica ungherese e portare al potere il partito Tisza, sostenuto da Bruxelles, nelle elezioni del 2026.
Affermazioni simili sono state riprese all’inizio di quest’anno dal Servizio di Intelligence estero russo (SVR), secondo cui la Commissione Europea stava «studiando scenari di cambio di regime» in Ungheria.
Bruxelles intende portare Magyar al potere nelle elezioni parlamentari del 2026, «se non prima», ha affermato l’SVR, aggiungendo che Bruxelles starebbe impiegando significative «risorse amministrative, mediatiche e di lobbying», mentre i servizi segreti ucraini farebbero il «lavoro sporco».
Come riportato da Renovatio 21, il ministro magiaro Szijjarto ha dichiarato che l’Unione Europea sta tentando di rovesciare i governi di Ungheria, Slovacchia e Serbia perché danno priorità agli interessi nazionali rispetto all’allineamento con Bruxelles.
A inizio ottobre Orban ha ribadio apertis verbis che i leader dell’UE sembrano intenzionati a trascinare il blocco in un conflitto con la Russia.
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Come riportato da Renovatio 21, il mese scorso Orban ha avviato una petizione contro il cosiddetto «piano di guerra» dell’UE, avvertendo che il sostegno continuo all’Ucraina sta spingendo il blocco verso un confronto diretto con la Russia.
Il primo ministro ad agosto aveva accusato il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj di aver minacciato gli ungheresi aggiungendo che l’Ucraina non può entrare nell’Unione Europea con la forza attraverso estorsioni, attentati e intimidazioni. In estate gli attacchi ucraini all’oleodotto Druzhba («Amicizia») di questo mese hanno ripetutamente interrotto i flussi verso Ungheria e Slovacchia, suscitando rabbia in entrambi i Paesi dell’UE.
Durante un’intervista a Tucker Carlson nell’agosto 2023, il premier ungherese Vittorio Orban aveva dichiarato significativamente che Ungheria e Serbia erano pronte ad entrare in guerra contro chiunque facesse saltare il loro gasdotto.
Come riportato da Renovatio 21, nelle scorse settimane è stata data alle fiamme nella zona di confine una chiesa cattolica ungherese, sui cui muri è stato scritto in ucraino «coltello agli ungheresi».
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