Politica
Approvata la risoluzione per l’impeachment di Macron

La proposta di mettere sotto accusa il presidente francese Emmanuel Macron ha superato un importante ostacolo procedurale in parlamento e passerà in commissione per l’esame.
La coalizione Nouveau Frony Populaire (NFP), che ha ottenuto il maggior numero di seggi all’Assemblea Nazionale nelle elezioni legislative di quest’estate, ma non abbastanza per ottenere la maggioranza, ha annunciato la misura all’inizio di questo mese, dopo che Macron ha snobbato la sua candidata a primo ministro, Lucie Castets.
Oltre 80 deputati dell’NFP avevano firmato la proposta, soddisfacendo il requisito costituzionale di ottenere il sostegno di almeno il 10% dei 577 membri del parlamento. Lunedì, la petizione dell’NFP è stata approvata con una votazione di 12-10 nell’Ufficio dell’Assemblea nazionale, l’organo di gestione parlamentare.
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«Ottime notizie», ha dichiarato su X Jean-Luc Melenchon, leader del più grande partner della coalizione, La France Insoumise (LFI). «Rifiutare il risultato del voto universale non resterà senza conseguenze per Macron».
Une grande nouvelle. Le NFP valide la transmission à la commission des lois de la résolution en vue de la destitution du Président de la République. Le refus de la décision du suffrage universel ne sera pas resté sans conséquence pour Macron. La dignité du peuple souverain est…
— Jean-Luc Mélenchon (@JLMelenchon) September 16, 2024
In un messaggio successivo, il Melenchon dichiara che «la destituzioni di Macron è iniziata», chiamando manifestazioni «in tutta la Francia per farla avanzare» il 21 settembre.
«Nessuna democrazia può mettere da parte ciò che il popolo decide».
La destitution du président Macron est commencée.
Le 21 septembre, nous nous rassemblons partout en France pour la faire avancer.
Aucune démocratie ne peut mettre de côté ce que le peuple décide.
👉 https://t.co/qz9KZY8j58 pic.twitter.com/ri0mjl5gLP
— Jean-Luc Mélenchon (@JLMelenchon) September 17, 2024
La petizione ora passa al Comitato Legale, dove dovrà essere esaminata. L’Assemblea è tenuta a inserirla nell’ordine del giorno entro due settimane dalla conclusione del comitato, quando ciò accadrà.
Se la risoluzione dovesse entrare nell’ordine del giorno del Parlamento, sarebbe la prima volta nella storia della Quinta Repubblica che l’Assemblea nazionale discuterebbe la revoca del capo dello Stato, hanno osservato i media francesi.
In realtà, per mettere sotto accusa Macron ci vorrebbe un voto dei due terzi dell’Assemblea nazionale, ovvero 385 membri. Tutta l’opposizione messa insieme ha solo 364 seggi, tuttavia. Se in qualche modo venisse approvata, la risoluzione andrebbe al Senato, dove richiederebbe 232 voti.
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Macron ha forgiato un’alleanza tattica con l’NFP nel secondo turno delle elezioni legislative di luglio, quando sembrava che il populista di destra del Rassemblement Populaire (RN) della Le Pen potesse trionfare. Di conseguenza, l’NPF è arrivato primo con 180 seggi, seguito dal blocco di Macron con 159, mentre il numero di legislatori del RN è stato ridotto a 142. I repubblicani (LR), che si erano divisi sul sostegno al RN, hanno vinto solo 39 seggi.
Inizialmente il presidente aveva scelto di mantenere Gabriel Attal come primo ministro con un mandato tecnico, prima di nominare Michel Barnier di LR il 5 settembre.
Come riportato da Renovatio 21, la scelta del Barnier aveva causato manifestazioni di massa una settimana fa.
Il mese scorso, Macronha respinto la candidata NFP Lucie Castets per l’incarico, nonostante la coalizione avesse ottenuto il maggior numero di seggi alle elezioni parlamentari di luglio.
Come riportato da Renovatio 21, il neopremier Barnier, ex commissario europeo, aveva teorizzato uno stop all’immigrazione per «tre o cinque anni».
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Immagine di Agência Senado via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
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Orban dice che l’UE potrebbe andare al «collasso» e chiede accordi con Mosca

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Politica
Il passo indietro di Ishiba: nuovo capitolo nella lunga crisi del centro-destra giapponese

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il primo ministro giapponese ha annunciato ieri le dimissioni dopo settimane di tensioni con i membri del Partito Liberaldemocratico, in difficoltà di fronte alla perdita di consenso tra gli elettori conservatori. Diversi candidati si sono già fatti avanti segnalando la volontà di succedere a Ishiba nella presidenza del partito, ma resta il nodo della guida del governo senza la maggioranza in parlamento.
A meno di un anno dal suo insediamento, il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba ha annunciato ieri le dimissioni, aprendo una nuova fase di incertezza politica. La decisione è una conseguenza delle crescenti pressioni all’interno del suo stesso partito, il Partito Liberaldemocratico (LDP), che alle ultime elezioni ha subito significative sconfitte, arrivando a perdere la maggioranza in entrambe le Camere.
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Ishiba si è assunto la responsabilità per i pessimi risultati dell’LDP alle elezioni della Camera dei Consiglieri a luglio e ha sottolineato che le sue dimissioni servono a prevenire un’ulteriore spaccatura all’interno del partito. Già a luglio, il quotidiano giapponese Mainichi aveva per primo riportato che Ishiba si sarebbe dimesso, basandosi su informazioni raccolte tra il premier e i suoi più stretti collaboratori.
Le prime indiscrezioni indicavano che i preparativi per la corsa alla presidenza dell’LDP sarebbero iniziati entro agosto. Ishiba, tuttavia, aveva pubblicamente smentito queste notizie e nelle sue affermazioni aveva sottolineato l’importanza di portare a termine le trattative sui dazi con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che aveva imposto il primo agosto come scadenza ultima.
Nel suo discorso di ieri, Ishiba ha spiegato che l’annuncio delle dimissioni a luglio avrebbe indebolito la posizione del Giappone: «chi negozierebbe seriamente con un governo che dice “ci dimettiamo”?», ha detto.
Ishiba ha poi cercato di placare le pressioni interne all’LDP minacciando di sciogliere la Camera dei Rappresentanti e indire elezioni anticipate, una mossa che ha esacerbato le divisioni e spinto il principale partner di coalizione, il partito Komeito, a ritenere inaccettabile la decisione. Secondo l’agenzia di stampa Kyodo, l’ex primo ministro Yoshihide Suga e il ministro dell’Agricoltura Shinjiro Koizumi entrambi tenuto colloqui con il premier sabato, evitando una scissione all’interno del partito e aprendo la strada all’annuncio delle dimissioni di ieri.
Ora l’attenzione si sposta sulla scelta del prossimo leader dell’LDP, che potrebbe assumere anche la carica di primo ministro se ci fosse una qualche forma di sostegno o di accordo anche con le opposizioni. Tra i principali contendenti ci sono membri del partito che avevano già sfidato Ishiba in passato, tra cui Sanae Takaichi, ex ministra per la sicurezza economica, che ha ricevuto il 23% dei consensi in un recente sondaggio di Nikkei. Takaichi fa parte dell’ala conservatrice e ha una forte base di sostegno tra i fedelissimi dell’ex primo ministro Shinzo Abe, di cui è considerata l’erede, soprattutto per quanto riguarda le politiche economiche, che potrebbero favorire una ripresa dei mercati azionari. Takaichi ha inoltre la reputazione di andare d’accordo con il presidente Donald Trump.
Anche Shinjiro Koizumi, attuale ministro dell’Agricoltura e figlio dell’ex leader Junichiro Koizumi, è un altro papabile candidato, dopo essere riuscito ad abbassare i prezzi del riso appena entrato in carica. Il sondaggio di Nikkei ha registrato un 22% dei consensi nei suoi confronti.
Altri membri del partito hanno segnalato la volontà di candidarsi, tra cui Yoshimasa Hayashi, attuale segretario capo del Gabinetto e portavoce principale del governo Ishiba, che si è classificato quarto nella corsa per la leadership del partito del 2024. Tra gli altri contendenti figurano Takayuki Kobayashi, un altro ex ministro per la sicurezza economica che gode di un maggiore sostegno all’interno dell’ala centrista, e Toshimitsu Motegi, ex segretario generale dell’LDP e il più anziano tra i candidati con i suoi 69 anni.
L’LDP oggi si trova in una posizione di forte debolezza. Molti elettori conservatori alle ultime elezioni hanno preferito il partito di estrema destra Sanseito anche a causa dell’allontanamento di Ishiba dall’ala conservatrice.
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Secondo un sondaggio di Kyodo, condotto prima che fossero riportate le dimissioni di Ishiba, l’83% degli intervistati ha dichiarato che un chiarimento pubblico del partito sulle ultime sconfitte non avrebbe comunque aumentato la fiducia degli elettori. È chiaro, quindi, che il compito del prossimo presidente di partito sarà quello di ripristinare la credibilità del centrodestra.
Chiunque verrà scelto si troverà davanti a un’importante decisione: se indire elezioni anticipate per cercare di riconquistare la maggioranza alla Camera bassa o rischiare di perdere il potere del tutto. Quest’ultima scelta rischierebbe di aprire una nuova fase di instabilità politica senza precedenti, che richiederebbe la ricerca di sostegno anche tra i partiti dell’opposizione per approvare le leggi e i bilanci.
Secondo diversi commentatori, il prossimo leader dovrà prima di tutto godere di una genuina popolarità sia all’interno che all’esterno del partito per affrontare sfide come l’invecchiamento della società, la forza lavoro in calo, l’inflazione e i timori che gli Stati Uniti possano abbandonare il loro ruolo di garanti della sicurezza nella regione asiatica.
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Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
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Politica
Il governo francese collassa

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