Politica
Anche i tifosi del Liverpool fischiano la Corona britannica: «f*****o alla famiglia reale, date da mangiare ai poveri»

I tifosi del Liverpool hanno fischiato a gran voce l’inno nazionale prima dello scontro di Premier League con il Brentford sabato, soffocando l’inno nazionale «God Save the King» («Dio salvi il Re», quanto mai centrale nei giorni dell’incoronazione) con il canto ripetuto «Liverpool-Liverpool-Liverpool».
Mentre il Regno Unito celebrava l’incoronazione del re Carlo III, anche i tifosi del Liverpool – come avevano fatto in maniera piuttosto determinata i tifosi del Celtic Glasgow, hanno espresso sonoramente la loro mancanza di rispetto per la monarchia.
Quando entrambe le squadre si sono schierate ad Anfield, lo stadio del Liverpool, le prime note dell’inno sono state sepolte sotto una marea montante di fischi, a cui è seguita l’incitazione ripetuta al «Liverpool», di modo da oscurare l’inno alla Nazione e a re Carlo.
Liverpool fans booing the national anthem this evening. ????✊
— The Left Wing Society (@LeftWingSociety) May 6, 2023
I tifosi scouser (come vengono in linguaggio colloquiale chiamati gli abitanti della città situata sul Mare d’Irlanda) hanno l’abitudine di lunga data di fischiare durante l’inno, che gli esperti hanno attribuito alle tendenze politiche di sinistra della città, alla sua numerosa popolazione irlandese e al disgusto generale dei suoi residenti per l’establishment.
Liverpool fans booed the national anthem. pic.twitter.com/kczUdlj73w
— Mukhtar (@I_amMukhtar) May 7, 2023
In un incidente che aveva fatto notizia a livello nazionale, i tifosi del Liverpool avevano fischiato l’inno allo stadio londinese di Wembley quando il principe William ha assistito alla finale di FA Cup (la principale coppa del calcio inglese) lo scorso anno.
Liverpool fans boo the national anthem before kickoff #LIVBRE pic.twitter.com/oo2W4hXQHy
— CapitalLivNews (@CapitalLivNews) May 6, 2023
In una dichiarazione prima della partita, la squadra del Liverpool FC ha affermato che, insieme a tutti gli altri club in campo sabato, la Premier League gli aveva chiesto di suonare l’inno prima del calcio d’inizio per celebrare la «storica occasione» dell’incoronazione di Re Carlo III.
Block 305 at Anfield boos the national anthem. Forza Liverpool pic.twitter.com/7djfg5Vv7E
— H (@HazLFC97) May 6, 2023
«Ovviamente è una scelta personale il modo in cui quelli di Anfield sabato celebrano questa occasione e sappiamo che alcuni tifosi hanno opinioni forti al riguardo», concludeva il comunicato.
Queste opinioni forti erano evidenti quando il Liverpool ha giocato contro il Fulham mercoledì, e il pubblico di Anfield ha cantato, «Fuck the Royal Family, feed the poor»: «vaffanculo alla famiglia reale, date da mangiare ai poveri»
“F#%k the Royal Family, Feed the Poor.”
Liverpool fans at Anfield on the day of King Charles’ coronation.
— Men in Blazers (@MenInBlazers) May 6, 2023
I tifosi lidpulians, quindi, non si sono fatti mancare nemmeno il canto «you can shove your coronation up your arse», proprio quello sentito dalle parti dei colleghi scozzesi del Celtic: «puoi infilarti la tua incoronazione su per il».
#Liverpool fans x #KingsCoronation coronation… #LFC #LIVFUL
FULL VLOG ????
???? https://t.co/XWDEtbl8dt pic.twitter.com/NUac3g9HLh— camEB (@camEB_) May 3, 2023
I cori o degli ultras lidpuliani hanno indispettito il giornalista britannico TV Piers Morgan, un tempo in forze alla CNN americana, che si è indignato. In rete circolano dunque foto di Piers Morgan con Ghislaine Maxwell, la dama inglese di Jeffrey Epstein, il cui amicissimo principe Andrea era ovviamente presente all’incoronazione in quanto fratello del re.
You should come to liverpool…im sure you'd be made very welcome….bring some of your close freinds too…..prick pic.twitter.com/04TQsBOtdu
— ???????????????? ???????????????????? (@mattcross2) May 7, 2023
Mentre migliaia di sostenitori e dozzine di dignitari stranieri si sono riuniti a Londra per la cerimonia di incoronazione sabato, centinaia di manifestanti antimonarchici hanno tenuto una manifestazione a Trafalgar Square.
Almeno sette di questi manifestanti sono stati arrestati con l’accusa di aver complottato un «disturbo pubblico» e centinaia di cartelli e striscioni sono stati sequestrati dalla polizia.
Immagine screenshot da Twitter
Politica
Elezioni in Bolivia, il Paese si sposta a destra

Domenica si è svolto in Bolivia il ballottaggio per le elezioni presidenziali, che ha visto contrapporsi due candidati di destra: il senatore centrista Rodrigo Paz Pereira e l’ex presidente conservatore Jorge Quiroga.
I risultati preliminari indicano che Paz ha ottenuto il 54,6% dei voti, mentre Quiroga si è fermato al 45,4%. Sebbene sia prevista un’analisi manuale delle schede, è improbabile che il risultato definitivo differisca significativamente dal conteggio iniziale, basato sul 97% delle schede scrutinate.
Le elezioni segnano la fine del ventennale dominio del partito di sinistra Movimiento al Socialismo (MAS), che ha subito una pesante sconfitta nelle elezioni di fine agosto. Il presidente uscente Luis Arce – che ha recentemente accusato gli USA di controllare l’America latina sotto la maschera della «guerra alla droga» – non si è ricandidato, e il candidato del MAS, il ministro degli Interni Eduardo del Castillo, ha raccolto solo il 3,16% dei voti, superando di poco la soglia necessaria per mantenere lo status legale del partito.
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Nel primo turno, la destra ha dominato: Paz ha ottenuto il 32,1% dei voti e Quiroga il 26,8%. Il magnate di centro-destra Samuel Doria Medina, a lungo favorito nei sondaggi, si è classificato terzo con il 19,9% e ha subito appoggiato Paz per il ballottaggio.
Entrambi i candidati hanno basato la loro campagna sullo smantellamento dell’eredità del MAS, differendo però nei metodi. Paz ha promesso riforme graduali, mentre Quiroga ha sostenuto cambiamenti rapidi, proponendo severe misure di austerità per affrontare la crisi.
Il MAS non si è mai ripreso dai disordini del 2019, quando l’ex presidente Evo Morales fu deposto da un colpo di Stato subito dopo aver ottenuto un controverso quarto mandato. In precedenza, Morales aveva perso di misura un referendum per modificare la norma costituzionale che limita a due i mandati presidenziali e vicepresidenziali. Più di recente, Morales ha accusato tentativi di assassinarlo ed è entrato in sciopero della fame, mentre i suoi sostenitori hanno dato vita ad una ribellione. Il Morales, recentemente accusato anche di stupro (accuse che lui definisce «politiche»), in una lunga intervista aveva detto che dietro il suo rovesciamento nel 2019 vi erano «la politica dell’impero, la cultura della morte» degli angloamericani.
Il colpo di Stato portò al potere la politica di destra Jeanine Áñez, seconda vicepresidente del Senato. Tuttavia, il MAS riconquistò terreno nelle elezioni anticipate dell’ottobre 2020, mentre Áñez fu incarcerata per i crimini commessi durante la repressione delle proteste seguite al golpe.
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Il passaggio storico è stato definito da alcuni come la prima «guerra del litio», essendo il Paese ricco, come gli altri Stati limitrofi, della sostanza che rende possibile la tecnologia di computer, telefonini ed auto elettriche.
Come riportato da Renovatio 21, un tentato colpo di Stato vi fu anche l’anno scorso quando la polizia militare e veicoli blindati hanno circondato il palazzo del governo nella capitale La Paz.
Sotto il presidente Arce la Bolivia si era avvicinata ai BRICS e aveva iniziato a commerciare in yuan allontanandosi dal dollaro.
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Politica
Sarkozy sarà messo in cella di isolamento

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Politica
Netanyahu intende candidarsi per un altro mandato

Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano con il mandato più lungo, ha annunciato che si candiderà nuovamente alle elezioni parlamentari di novembre 2026. Durante il suo recente incarico, ha affrontato critiche e apprezzamenti per la controversa riforma giudiziaria, la gestione della crisi degli ostaggi di Hamas e la guerra a Gaza.
In un’intervista rilasciata sabato a Channel 14, Netanyahu ha confermato la sua intenzione di correre per un nuovo mandato, dichiarandosi fiducioso nella vittoria. Leader del partito di destra Likud, ha guidato il governo dal 1996 al 1999 e dal 2009 al 2021, tornando al potere nel dicembre 2022 dopo il collasso della coalizione di governo.
Netanyahu ha rivendicato di essere «l’unico in grado di garantire la sicurezza di Israele», sottolineando i suoi legami con il presidente USA Donald Trump. Ha adottato una linea dura contro Hamas e ha condotto una guerra aerea di 12 giorni contro l’Iran a giugno.
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Attualmente sotto processo per tre accuse di corruzione, dalle quali si difende negando ogni addebito, Netanyahu ha anche promosso una riforma per limitare i poteri della Corte Suprema, suscitando proteste di massa.
Come noto, le proteste contro Netanyahu, che si sospettava fossero organizzate con spinte dei servizi e pure dell’amministrazione Biden erano arrivate persino a circondare casa sua, sono immediatamente cessate dopo il 7 ottobre. Tuttavia, altre proteste si sono susseguite a partire dai famigliari degli ostaggi, la gestione dei quali da parte del governo USA è stata duramente criticata.
Come riportato da Renovatio 21, ad un evento di piazza per il rilascio degli ostaggi la folla ha fischiato il nome di Netanyahu inneggiando poi a Donald Trump.
Un recente sondaggio di Channel 12 indica che, se le elezioni si tenessero oggi, il Likud conquisterebbe 72 seggi, confermandosi il partito più forte nella Knesset. La sua popolarità è cresciuta dopo il cessate il fuoco con Hamas, mediato a livello internazionale, e il rilascio degli ostaggi.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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