Bioetica
Alfie, genitori perplessi raccolgono firme
Lanciamo una raccolta di firme per manifestare il nostro disappunto per le dichiarazioni del Direttore del reparto di Pediatria di Reggio Emilia, dottor Sergio Amarri, in merito al caso del piccolo Alfie Evans. Qui sotto trovate il testo che verrà inviato con le firme.
Fateci pervenire una mail con oggetto: #ReggioEmilia
all’indirizzo mail: genitoridelnoer@gmail.com
indicando nel testo: Nome – Cognome – Indirizzo di residenza
In data 29 aprile scorso, Telereggio ha realizzato un’intervista al dottor Sergio Amarri, Direttore della Pediatria dell’Arcispedale Santa Maria Nuova. Lo stesso video dell’intervista, con un annesso articolo in forma scritta, è stato poi riportato sul sito di Reggionline.it.
Come genitori, come nonni e, non ultimo, come cittadini, vorremmo esprimere tutta la nostra disapprovazione rispetto a quanto sostenuto dal dottor Amarri. Ci colpisce molto sapere che il Direttore di un reparto così importante come quello pediatrico dica – e riportiamo ciò che è stato scritto sul summenzionato sito – che i colleghi inglesi «hanno fatto quello che dovevano, e se c’è stato un errore forse c’è stato nel poco coinvolgimento della famiglia. Si poteva spostare? Sarebbe potuto migliorare? Non sono d’accordo, si sarebbe solo prolungata l’agonia».
Ci sentiamo sconvolti da quanto affermato: come si può parlare di «fasi finali della vita» per fare riferimento ad Alfie? Il bambino, ripetiamo, non era un malato terminale.
Queste considerazioni, oltre che contrarie a ciò che una gran sequela di medici e pediatri hanno detto sul caso di Alfie, non tiene conto di dettagli molto importanti, spostando così l’attenzione su un piano di cose non corrispondente alla verità dei fatti.
Viene da chiedersi come il dottor Amarri possa parlare di agonia che sarebbe stata prolungata, senza menzionare l’agonia che ha dovuto passare Alfie morendo di stenti. O quella del bambino che lo ha preceduto, il piccolo Isaiah Haastrup morto l’8 marzo scorso dopo 7 ore di tremenda agonia da quando gli staccarono la ventilazione.
In effetti sembra quasi che il dottor Amarri parli di un caso che non conosce bene, visto i particolari che all’apparenza gli sfuggono: il bambino inglese, innanzitutto, non stava soffrendo; non era un vegetale ma era in uno stato di coma vigile – e lo si può vedere dai tanti video in rete dove il piccolo compie movimenti non di riflesso ma di azione vigile; la malattia che lo ha colpito non ha una diagnosi ben precisa; dopo essere stato staccato dalla ventilazione, per 9 ore senza nutrizione e idratazione, non è morto ma ha ricominciato a respirare da solo nonostante non si sia mai tentato uno svezzamento dal ventilatore e nonostante sia stato lasciato quasi a morire di fame, alimentato dalla sola soluzione glucosata per via endovenosa.
Siamo davanti ad una situazione agghiacciante, dove il bambino viene visto da ospedale e tribunali come un peso per la sola «colpa» di essere ammalato e, di conseguenza, la sua vita viene dichiarata «futile»
Alfie Evans non si trovava davanti ad un rischio di morte imminente, e lo ha dimostrato non con le chiacchiere o con le ipotesi, ma con i fatti. Su quali presupposti il Direttore di Pediatria di Reggio parla di agonia che si sarebbe prolungata, dal momento che Alfie non era un malato terminale e nessuno ha potuto certificare che stesse soffrendo?
Il problema è un altro, e riguarda il modo di fare medicina al giorno d’oggi.
Il dottor Amarri parla infatti anche di casi reggiani, con bambini gravemente malati e «professionisti che affiancano i genitori anche nelle drammatiche decisioni nelle fasi finali della vita del bambino».
Anche in questo caso, ci sentiamo sconvolti da quanto affermato: come si può parlare di «fasi finali della vita» per fare riferimento ad Alfie? Il bambino, ripetiamo, non era un malato terminale.
È stato fatto diventare «malato terminale» non prestando a lui quelle cure – idratazione, alimentazione vera tramite PEG e non con destrosio o glucosio via endovenosa, e la ventilazione rivelatesi non sostitutiva ma di supporto – necessarie per continuare a vivere.
Chiediamo a tutti i medici di usare con massima sobrietà la frase «cure sproporzionate»: la frase fa scattare immediatamente l’idea di «accanimento terapeutico», e ci sono forze in Italia che usano l’accanimento terapeutico come grimaldello per avallare l’eutanasia di Stato.
Siamo davanti ad una situazione agghiacciante, dove il bambino viene visto da ospedale e tribunali come un peso per la sola «colpa» di essere ammalato e, di conseguenza, la sua vita viene dichiarata «futile» (parola del giudice dell’High Court, Anthony Hayden).
Il dottor Amarri conclude affermando che «i medici sono obbligati a rispettare il parere della famiglia quando chiede di interrompere le cure, ma sono obbligati a comunicare alla famiglia quando le cure sono sproporzionate».
Ancora una volta la domanda sorge spontanea: nel caso di Alfie, quali sarebbero state le cure sproporzionate? Il bambino, come già accennato, ha dimostrato di riuscire a respirare da solo o con l’aiuto di un po’ di ossigeno. Dopo parecchi giorni ha ceduto per incuranza, non di certo per cure sproporzionate le quali, piuttosto, non gli sono state affatto concesse.
Anche la richiesta degli ospedali italiani per accogliere Alfie e fornirgli assistenza, non vengono considerate positive dal dottor Amarri, che si dice «perplesso». Si badi che stiamo parlando di equipe mediche di professionisti, non di persone che hanno interessi a fare sterili ed inutili polemiche.
Tre condizioni per poter propriamente parlare di accanimento terapeutico: «Se il trattamento non è efficace per il suo scopo; se il trattamento risulta futile, per esempio se la ventilazione non ossigena; se il trattamento causa più sofferenza che sollievo». Alfie Evans era escluso da ognuna delle tre ipotesi
Chiediamo a tutti i medici di usare con massima sobrietà la frase «cure sproporzionate»: la frase fa scattare immediatamente l’idea di «accanimento terapeutico», e ci sono forze in Italia che usano l’accanimento terapeutico come grimaldello per avallare l’eutanasia di Stato.
L’enorme errore, a nostro avviso, è di considerare la qualità della vita in base alla possibilità di guarire o meno da una determinata malattia. Questo è grave perché non pone più la medicina e l’amore verso il malato attraverso un «prendersi cura della persona», ma tramite l’unica possibilità contemplata, cioè la guarigione, la reversibilità della malattia. Se questa non può avvenire, allora tutto è dato come perso e inutile.
Il concetto di «accanimento terapeutico» deve essere fondato su criteri oggettivi ben precisi, non su sensazioni. A spiegarlo è il Prof. Carlo Petrini, responsabile dell’unità di bioetica dell’Istituto Superiore di Sanità, definendo le tre condizioni per poter propriamente parlare di accanimento terapeutico: «Se il trattamento non è efficace per il suo scopo; se il trattamento risulta futile, per esempio se la ventilazione non ossigena; se il trattamento causa più sofferenza che sollievo».
Alfie Evans era escluso da ognuna delle tre ipotesi: il trattamento serviva per dare supporto vitale ad Alfie; il trattamento non risultava futile giacché la ventilazione ossigenava a sufficienza; il trattamento non causava affatto sofferenza da quanto ci è dato saperci e anche da quanto ammesso dall’equipe medica dell’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool.
Per concludere: riteniamo che informazioni e opinioni riportate da persone che rivestono una determinata ed importante autorità, come quella certamente ricoperta dal dottor Amarri, debbano essere ponderate e pensate non una e non due, ma almeno cento volte. Il rischio è quello di dare voce, a nostro avviso, a posizioni che non tengono conto di molti risvolti, senza i quali è impossibile prestare un servizio oggettivo e fondato all’informazione pubblica.
Sentire l’affermazione che i colleghi inglesi «hanno fatto quello che dovevano» ci preoccupa fortemente per il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti. Auguriamo all’Italia di non imitare mai la deriva etico-giuridica della Gran Bretagna
Arrivare alla conclusione che i medici inglesi abbiano agito bene, sbagliando solo a non coinvolgere la famiglia, è ampiamente riduttivo: non è solo la relazione con i genitori ad essere stata messa in discussione, ma anche l’etica medica, la deontologia professionale e, infine, non certo per importanza, il punto di vista morale con cui si è giudicata la situazione decidendo di porre fine alla vita di un bambino innocente come «vita inutile».
Auspichiamo che l’ospedale di Reggio-Emilia ed in particolare il suo reparto di Pediatria diretto dal dottor Amarri, si ponga degli interrogativi e rifletta su quanto sostenuto da noi cittadini.
Sentire l’affermazione che i colleghi inglesi «hanno fatto quello che dovevano» ci preoccupa fortemente per il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti. Auguriamo all’Italia di non imitare mai la deriva etico-giuridica della Gran Bretagna.
Bioetica
Il Quebecco si muove per riconoscere il «diritto» all’aborto nella proposta di costituzione
Il Quebecco ha proposto una legge per sancire un apparente «diritto» all’aborto nella bozza di costituzione della provincia canadese.
Il 9 ottobre, l’Assemblea nazionale del Quebecco ha presentato il disegno di legge n. 1, Legge costituzionale del 2025 sul Quebec, che mira a stabilire una costituzione per il Quebec che dia priorità ai valori della provincia, tra cui la cosiddetta «libertà» di aborto.
«Ora dobbiamo andare oltre», ha dichiarato il primo ministro François Legault all’Assemblea Nazionale. «Il Quebecco ha scelto di restare in Canada, ma ha anche scelto di affermare il suo carattere nazionale e distintivo».
«È giunto il momento di affermare, in modo chiaro, l’esistenza costituzionale della nazione del Quebecco», ha proseguito. «La Costituzione riunirà tutte le nostre regole, tutti i nostri valori fondamentali in un’unica legge. Diventerà la legge di tutte le leggi».
La proposta di legge costituzionale comprende diversi emendamenti contrari alla vita, tra cui l’inserimento delle leggi sull’aborto e sull’eutanasia nella costituzione provinciale. La legge è stata approvata con 71 voti favorevoli e 30 contrari. «Lo Stato protegge la libertà delle donne di abortire», promette l’articolo numero 29.
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Il Quebecco ha recentemente confermato il suo sostegno all’aborto quando la Corte superiore provinciale ha stabilito che le “zone bolla” delle strutture per l’aborto sono incostituzionali, ma «giustificate».
Attualmente, la legge del Quebec impedisce l’attività di advocacy pro-life entro un raggio di 50 metri da qualsiasi struttura o sede di un’attività che offre di eseguire il feticidio. Tra le attività vietate rientrano anche scoraggiare una donna dall’aborto od offrire risorse alternative per aiutare la madre a tenere il bambino.
Inoltre, la legge promette di prendere di mira i malati e gli anziani attraverso l’eutanasia. La legge si impegna a garantire che «qualsiasi persona le cui condizioni lo richiedano abbia il diritto di ricevere cure di fine vita», un termine che include il ricorso all’eutanasia. Da notare come l’anno scorso era emerso uno studio sul Quebecco che rivelava che più di uno su dieci bambini abortiti nel secondo trimestre nasce vivo, ma solo il 10% sopravvive più di tre ore.
Allo stesso tempo, il Quebecco, una provincia notoriamente liberale, ha il tasso più alto di suicidio assistito in Canada.
La provincia ha registrato un aumento del 17% dei decessi per eutanasia nel 2023 rispetto al 2022, con il programma che ha causato la morte di 5.686 persone. Questa cifra elevata rappresenta un impressionante 7,3% di tutti i decessi nella provincia, collocando il Québec in cima alla lista a livello mondiale. Di conseguenza, si è avuto anche il rivoltante record per la predazione degli organi, con la triplicazione dei trapianti da vittime di eutanasia.
Come riportato da Renovatio 21, ad agosto l’Ordine dei medici del Quebecco ha dichiarato che l’eutanasia è un «trattamento appropriato» per i bambini nati con gravi problemi di salute. L’eutanasia per i neonati era stata sostenuta dai medici quebecchesi ancora tre anni fa, mentre è discussa apertamente l’eliminazione eutanatica dei malati di demenza.
Gli sforzi quebecchesi si iscrivono in un contesto globale in cui, come per un silenzioso ordine dipanato in tutta la Terra, vari Paesi a trazione progressista sta cercando di costituzionalizzare l’aborto, sulla scorta di quanto fatto da Emanuele Macron in Francia due anni fa.
Come riportato da Renovatio 21, anche il governo spagnuolo sta lavorando per sancire il diritto al feticidio nella Costituzione.
Un anno fa a Brusselle è stato approvato il progetto di inclusione dell’aborto nella Carta Europea. L’anno precedente gli eurodeputati avevano chiesto che il feticidio divenisse «diritto fondamentale».
Altri Paesi non marciano nella stessa direzione, Cinque giorni fa il Parlamento Olandese ha respinto una risoluzione che dichiarava l’aborto come «diritto umano», idea alla base di tanti progetti di enti transnazionali
Due mesi fa la Repubblica Domenicana ha riconfermato il divieto totale di aborto.
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Bioetica
Morte cerebrale, trapianti, predazione degli organi, eutanasia: dai criteri di Harvard alla nostra carta d’identità
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Ambiente
Studi sui metodi per testare le sostanze chimiche della pillola abortiva nelle riserve idriche
I funzionari governativi USA stanno valutando se sia possibile sviluppare metodi per rilevare le sostanze chimiche contenute nella pillola abortiva nelle riserve idriche degli Stati Uniti, in seguito all’iniziativa del gruppo Students for Life. Lo riporta LifeSite.
Quest’estate, i funzionari dell’Agenzia per la Protezione Ambientale americana (EPA) hanno incaricato gli scienziati di determinare se fosse possibile sviluppare metodi per rilevare tracce di pillole abortive nelle acque reflue. Sebbene al momento non esistano metodi approvati dall’EPA, è possibile svilupparne di nuovi, hanno recentemente dichiarato al New York Times due fonti anonime.
La divulgazione fa seguito alla richiesta di 25 membri repubblicani del Congresso USA che hanno chiesto all’EPA di indagare sulla questione.
«Esistono metodi approvati dall’EPA per rilevare il mifepristone e i suoi metaboliti attivi nelle riserve idriche?», chiedevano i deputati in una lettera del 18 giugno. «In caso contrario, quali risorse sono necessarie per sviluppare questi metodi di analisi?»
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I legislatori hanno osservato che il mifepristone è un «potente bloccante del progesterone» che altera l’equilibrio ormonale e potrebbe «potenzialmente interferire con la fertilità di una persona, indipendentemente dal sesso».
Dopo l’annullamento della sentenza Roe v. Wade, Students for Life aveva rilanciato una campagna per indagare sulle tracce di pillole abortive e sui resti fetali nelle acque reflue. Il gruppo ha affermato che il mifepristone e i resti fetali potrebbero potenzialmente danneggiare gli esseri umani, gli animali e l’ambiente.
Nel novembre 2022, i dipendenti di Students for Life si sono lamentati del fatto che le agenzie governative non controllassero le acque reflue per individuare eventuali sostanze chimiche contenute nelle pillole abortive e hanno deciso di assumere i propri «studenti investigatori» per analizzare l’acqua.
La campagna era fallita sotto l’amministrazione Biden. Nella primavera del 2024, undici membri del Congresso, tra cui il senatore Marco Rubio della Florida, attuale Segretario di Stato, scrissero all’EPA chiedendo in che modo il crescente uso di pillole abortive potesse influire sull’approvvigionamento idrico.
Secondo due funzionari, l’EPA ha scoperto di non aver condotto alcuna ricerca precedente sull’argomento, ma non ha avviato alcuna nuova indagine correlata.
Kristan Hawkins, presidente di Students for Life, ha annunciato venerdì: «tre presidenti democratici hanno promosso in modo sconsiderato l’uso della pillola abortiva chimica. Ora l’EPA sta finalmente indagando sull’inquinamento causato dalla pillola abortiva».
«Ogni anno oltre 50 tonnellate di sangue e tessuti contaminati chimicamente finiscono nei nostri corsi d’acqua», ha continuato su X. «Spetta al presidente Trump e al suo team ripulire questo disastro».
A giugno un rapporto pubblicato da Liberty Counsel Action indicava che più di 40 tonnellate di resti di feti abortiti e sottoprodotti della pillola abortiva sono infiltrati nelle riserve idriche americane.
«Come altri farmaci noti per causare effetti avversi sul nostro ecosistema, il mifepristone forma metaboliti attivi», spiega il rapporto di 86 pagine. «Questi metaboliti possono mantenere gli effetti terapeutici del mifepristone anche dopo essere stati escreti dagli esseri umani e contaminati dagli impianti di trattamento delle acque reflue (WWTP), la maggior parte dei quali non è progettata per rimuoverli».
Non si tratta della prima volta che vengono lanciati gli allarmi sull’inquinamento dei fiumi da parte della pillola abortiva RU486, detta anche «pesticida umano».
Come riportato da Renovatio 21, le acque di tutto il mondo sono inquinate da fortemente dalla pillola anticoncenzionale, un potente steroide usato dalle donne per rendersi sterili, che viene escreto con l’orina con effetto devastante sui fiumi e sulla fauna ittica. In particolare, vi è l’idea che la pillola starebbe facendo diventare i pesci transessuali.
Danni non dissimili sono stati rilevati per gli psicofarmaci, con studi sui pesci di fiume resi «codardi e nervosi».
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Nonostante i ripetuti allarmi sul danno ambientale dalla pillola, le amministrazioni di tutto il mondo – votate, in teoria, all’ecologia e alla Dea Gaia – continuano con programmi devastatori, come quello approvato lo scorso anno a Nuova York di distribuire ai topi della metropoli sostanze anticoncezionali. A ben guardare, non si trova un solo ambientalista a parlare di questa sconvolgente forma di inquinamento, ben più tremenda di quello delle auto a combustibile fossile.
Ad ogni modo, come Renovatio 21 ripeterà sempre, l’inquinamento più spiritualmente e materialmente distruttore è quello dei feti che con l’aborto chimico vengono espulsi nel water e spediti via sciacquone direttamente nelle fogne, dove verranno divorati da topi, pesci, insetti, anfibi e altri animali del sottosuolo.
Su questo non solo non si trovano ambientalisti a protestare: mancano, completamente, anche i cattolici.
Come riportato da Renovatio 21, l’OMS poche settimane fa ha aggiunto la pillola figlicida alla lista dei «medicinali essenziali». Il segretario della Salute USA Robert Kennedy jr. aveva promesso una «revisione completa» del farmaco di morte (gli sarebbe stato chiesto dallo stesso Trump) ma negli scorsi giorni esso è stato approvato dall’ente regolatore FDA.
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