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Arcivescovo armeno arrestato: accusa di colpo di Stato

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Un importante esponente della Chiesa apostolica armena (AAC) è stato arrestato con l’accusa di colpo di Stato dopo essersi consegnato volontariamente alle autorità, mentre si aggrava il conflitto tra il primo ministro Nikol Pashinyan e l’opposizione.

 

La polizia ha fatto irruzione nella sede della Chiesa apostolica armena, la più grande del Paese, nella città di Vagharshapat, provocando gravi scontri tra chierici, membri della chiesa e forze dell’ordine.

 

Sebbene i manifestanti pro-Chiesa fossero riusciti a bloccare i precedenti tentativi di arrestare l’arcivescovo Mikael Adjapahyan, il religioso ha scelto di recarsi a piedi all’edificio del Comitato investigativo (CI) e di costituirsi. In precedenza, le autorità avevano tentato di arrestare Adjapahyan con l’accusa di aver tentato un colpo di Stato, accuse che il religioso ha negato.

 

Diversi manifestanti pro-Chiesa sono stati arrestati e la Corte internazionale di giustizia ha annunciato di aver avviato un procedimento penale per ostacolo alla giustizia.

 


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Il governo di Yerevan è in disaccordo con l’AAC da mesi, poiché quest’ultima è emersa come il principale promotore delle proteste di massa contro l’accordo di Pashinyan di consegnare diversi villaggi di confine all’Azerbaigian, con cui l’Armenia ha delle controversie di confine.

 

Mentre Pashinyan ha descritto la mossa come un modo per ricucire i precari rapporti tra le due ex repubbliche sovietiche, molti armeni l’hanno vista come un tradimento degli interessi nazionali. Con l’inasprirsi della situazione, mercoledì le autorità armene hanno arrestato Bagrat Galstanyan, un alto esponente del clero e uno dei principali leader delle proteste, con l’accusa di terrorismo.

 

Negli scorsi giorni è stato anche arrestato il miliardario russo-armeno Samvel Karapetyan, che aveva espresso sostegno all’AAC. Karapetyan è accusato di aver incitato al rovesciamento dello Stato.

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Politica

Sia il presidente che il rivale rivendicano la vittoria elettorale in Guinea-Bissau

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La Guinea-Bissau è in attesa di un clima di forte tensione dopo che sia il presidente uscente Umaro Sissoco Embaló sia il suo principale avversario, Fernando Dias, hanno proclamato la vittoria alle elezioni presidenziali di domenica, senza attendere i risultati ufficiali.   Dias ha dichiarato ai media dalla sede della sua campagna nella capitale dell’Africa occidentale, Bissau, che il suo scrutinio parallelo gli attribuiva oltre il 50% dei voti.   «Abbiamo vinto al primo turno. Vorrei congratularmi con il popolo guineano per l’alta affluenza, che dimostra la stanchezza e il desiderio di cambiamento», ha affermato.   Il candidato dell’opposizione ha inoltre avvertito contro «tentativi di manipolazione» nel processo elettorale, assicurando che non tollererà interferenze nello spoglio.   In replica, il portavoce della campagna di Embaló, Oscar Barbosa, ha sostenuto in una conferenza stampa distinta che il presidente in carica aveva già trionfato e che «non ci sarà ballottaggio».

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«Invitiamo gli avversari a evitare annunci che potrebbero screditare il processo elettorale», ha aggiunto.   Queste rivendicazioni contrastanti emergono in un contesto di campagna elettorale agitata in un Paese con una storia di colpi di Stato. Diversi leader dell’opposizione, tra cui Domingos Simões Pereira del PAIGC (Partito Africano per l’Indipendenza della Guinea e Capo Verde, che guidò la decolonizzazione dal Portogallo nel 1974), sono stati esclusi dalla corsa.   Da allora il PAIGC ha appoggiato Dias, 47enne del PRS (Partito per il Rinnovamento Sociale).   Si andrà al secondo turno se nessun candidato supererà il 50% dei suffragi. La Commissione Elettorale Nazionale ha registrato un’affluenza superiore al 65% e prevede di annunciare i risultati provvisori giovedì.   Embaló aspira a essere il primo leader guineano in trent’anni a ottenere la rielezione. Durante il suo primo mandato, iniziato a febbraio 2020, ha fronteggiato vari tentativi di golpe. I critici lo accusano di aver infranto norme costituzionali per perpetuarsi al potere. La sua carica è stata al centro di una dura controversia all’inizio dell’anno, quando l’opposizione ha sostenuto che sarebbe scaduta il 28 febbraio.  

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Immagine di Vice-Presidência da República via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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Sahra Wagenknecht: UE in «isolamento diplomatico»

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L’Unione Europea dovrebbe proporre la revoca delle sanzioni alla Russia per superare il suo «isolamento diplomatico» e riacquisire peso nel negoziato per la pace in Ucraina: lo ha dichiarato la politica tedesca di lunga data Sahra Wagenknecht.

 

In un post su X pubblicato giovedì, ha osservato che il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul non era neppure al corrente dell’elaborazione, da parte degli Stati Uniti, di un piano per risolvere il conflitto ucraino. Venerdì il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa ha aggiunto che «non ha senso» commentare la proposta americana, poiché non è stata condivisa con Bruxelles.

 

«È una vergogna che gli europei si siano cacciati in un tale isolamento diplomatico», ha commentato Wagenknecht riguardo all’esclusione dell’UE dal processo negoziale.

 

La leader, che ha lasciato la guida del suo partito Alleanza Sahra Wagenknecht all’inizio di questo mese, ha aspramente criticato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen per la presunta sollecitazione rivolta agli Stati membri affinché coprano i bisogni finanziari e militari di Kiev per il 2026 e il 2027, stimati in 135,7 miliardi di euro. Si tratta di un «oltraggio ai contribuenti tedeschi ed europei», ha tuonato.

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La Wagenknecht ha ribadito che il conflitto ucraino è «impossibile da vincere» e che, anziché continuare a finanziarlo, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, von der Leyen e gli altri vertici del blocco «dovrebbero finalmente appoggiare i negoziati di pace».

 

«Per riottenere influenza sui colloqui, gli europei occidentali dovrebbero offrire la fine delle sanzioni e la ripresa delle relazioni energetiche con la Russia», ha suggerito.

 

Venerdì Wadephul ha precisato di ritenere la proposta USA non un «piano definitivo», ma piuttosto «un elenco di temi da discutere con urgenza tra Ucraina e Russia». L’Alto rappresentante UE per la politica estera Kaja Kallas ha invece insistito sul fatto che qualsiasi intesa «deve coinvolgere l’Ucraina e gli europei».

 

Interpellato sulla bozza americana, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha replicato: «Ci sono alcune idee da parte statunitense [per risolvere il conflitto ucraino], ma al momento non si discute nulla di specifico». Ha tuttavia ribadito che Mosca resta desiderosa di una soluzione diplomatica alla crisi.

 

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Immagine di Fernar Cornellà via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

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Il rapper dei Fugees condannato a 14 anni di carcere per donazioni illegali dall’estero a Obama

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Pras Michel, ex membro dei Fugees e fondatore del trio hip-hop di qualche fuggevole successo negli anni Novanta, è stato condannato a 14 anni di carcere per il suo coinvolgimento in una maxi-frode internazionale da miliardi di dollari, che ha dirottato milioni nella campagna di rielezione di Barack Obama nel 2012.   Secondo il Guardian, il 52enne è stato ritenuto colpevole nel 2023 di riciclaggio di denaro e violazioni al finanziamento elettorale, nell’ambito di uno scandalo di influenza straniera orchestrato dal finanziere malese Low Taek Jho. A Washington DC, una giuria federale lo ha condannato per 10 capi d’imputazione, tra cui cospirazione e attività come agente non registrato di un governo estero. Il processo ha visto la testimonianza dell’attore Leonardo DiCaprio e dell’ex procuratore generale Jeff Sessions.   I pm del Dipartimento di Giustizia avevano chiesto l’ergastolo per il rapper, accusandolo di aver «tradito il suo Paese per denaro» e di aver «mentito senza scrupoli né sosta per realizzare i suoi piani». La sentenza, hanno sostenuto, «deve riflettere l’ampiezza e la gravità dei suoi crimini, la sua indifferenza ai rischi per la nazione e l’enormità della sua avidità».   Low Taek Jho ha sottratto miliardi dal fondo sovrano malese 1MDB per investire in immobili di lusso, opere d’arte e produzioni hollywoodiane negli USA, tra cui The Wolf of Wall Street.   Michel è stato accusato di aver facilitato il flusso occulto di fondi verso la campagna di Obama tramite società di comodo, per mascherarne le origini illecite.   Inoltre, gli viene imputato di aver cercato di bloccare un’inchiesta del Dipartimento di Giustizia su Low, di aver alterato prove e di aver deposto il falso in tribunale. Si presume che Low si sia rifugiato in Cina.   Nell’agosto 2024 Michel ha invocato un nuovo processo per presunti errori procedurali, ma la richiesta è stata rigettata.   Come riportato da Renovatio 21, dopo aver ricevuto altri 100 milioni di dollari dal Low, il Michel avrebbe fatto pressioni sull’amministrazione Trump per chiudere le sue indagini sul finanziere e sulla sua presunta appropriazione indebita di miliardi di dollari da 1MDB, e ha esortato la Casa Bianca a estradare il controverso miliardario finanziere cinese Guo Wengui per volere di Pechino. Guo è un dissidente che vive in USA da anni. È su un suo yacht che è stato arrestato Steve Bannon l’anno scorso; sempre Guo accusa il Vaticano di intascare miliardi ogni anno dalla Cina, e sta lanciando un aste per sperma e ovuli da donatori non vaccinati.   Tuttavia, il rapper ha negato che i 100 milioni di dollari provenissero da Low e ha insistito sul fatto che ha sostenuto l’estradizione di Guo solo «perché pensava che fosse un criminale», sostenendo che non gli era mai stato detto che doveva registrarsi come agente straniero per fare pressioni sul presidente.   Dopo la previa condanna nel 2023, il Pras aveva sostenuto la sua innocenza durante tutto il processo e prevedeva di presentare ricorso, secondo il suo avvocato David Kenner. «Non è finita», aveva detto il avvocato all’Associated Press.   Il gruppo rap-reggae-R&B dei Fugees, di cui la componente più nota era la cantante Lauren Hyll, raggiunse il successo con la canzone Killing Me Softly. Il nome del gruppo deriva dalla parola refugees, «rifugiati», in quanto tutti i membri sono di originari di famiglie da Haiti, lo sfortunato Paese considerato il più povero e problematico, e financo «maledetto», di tutta la Terra.

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