Spirito
Cardinale francese pronto a eleggere un cristiano ortodosso
Il cardinale Philippe Barbarin è uno degli otto cardinali francesi. Fu creato cardinale nel 2003, mentre era arcivescovo di Lione. A 74 anni, sarà uno dei cinque cardinali francesi ad entrare mercoledì prossimo in conclave per eleggere il futuro papa. Ha rilasciato un’intervista a Paris Match, pubblicata il 30 aprile 2025. Alcune delle risposte sono a dir poco sorprendenti.
Interrogato sulle possibilità del cardinale Jean-Marc Aveline, il cardinale Barbarin ha ammesso che il nome dell’arcivescovo di Marsiglia non circola nelle discussioni tra cardinali. Riconosce addirittura che «la sua nazionalità francese potrebbe costituire un ostacolo», poiché la Francia è percepita come una nazione con tendenze egemoniche. Aggiunge che il cardinale François Bustillo sta suscitando sempre più interesse tra gli elettori del Sacro Collegio.
L’intervistatore cerca di stabilire se ci siano possibili tensioni all’interno del collegio elettorale. L’ex arcivescovo di Lione preferisce chiamarle «sensibilità diverse», ma la questione viene piuttosto elusa. Quanto all’elezione di un papa di origine africana, il cardinale Barbarin la ritiene realmente possibile. Ma preferirebbe che non fosse americano.
Contrariamente all’opinione di altri cardinali, egli ritiene che «preferiremmo eleggere qualcuno che abbia meno di 70 anni». La ragione da lui addotta è «le notevoli sfide [che la Chiesa deve affrontare] e che richiederanno probabilmente un pontificato di una certa durata per attuare una visione coerente».
Interrogato sul profilo del futuro papa, il cardinale Barbarin afferma con fermezza che «il nuovo papa dovrà possedere due qualità fondamentali: essere un vero pastore e un solido teologo», perché dovrà essere «vicino al popolo di Dio» e dovrà «essere un dottore della fede il cui insegnamento conta». Indica Giovanni Paolo II come modello.
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Un Papa «dei cristiani ortodossi»?
L’intervistatore, che sembra aver preparato bene il suo caso, pone la seguente domanda: «durante il precedente conclave lei ha detto: “e perché non eleggere un papa tra i cristiani ortodossi?” Ci credete ancora?» La risposta lascia senza parole.
«Penso che oggi si stia sviluppando nella Chiesa una vera apertura ecumenica», esordisce. «Ci stiamo rendendo conto che non possiamo più permetterci di rimanere intrappolati nelle nostre tradizionali compartimentazioni». – Il disprezzo per la tradizione è segno di un evidente modernismo.
Prosegue ricordando la visita del Patriarca (ortodosso) di Costantinopoli a Lione, grazie alla quale ha potuto sviluppare «una vicinanza e un dialogo fruttuoso con i nostri fratelli ortodossi». E continua: «Ecco perché credo che un papa proveniente dall’Ortodossia costituirebbe uno straordinario segno di unità per la cristianità». Allucinante… è un cardinale della Santa Chiesa che parla.
E prosegue: «Una tale personalità avrebbe certamente la saggezza e la sensibilità teologica necessarie per assumere questa funzione con discernimento». – Uno scismatico che ha solo nozioni incomplete sulla dottrina cattolica, sulla sua tradizione e che non ha la fede cattolica, ecco chi potrebbe guidare la Chiesa di Cristo, secondo il cardinale Barbarin. Siamo lontani dal «teologo solido».
Ammette tuttavia che «questa prospettiva resta improbabile nell’immediato futuro», perché «rimaniamo ancora troppo spesso prigionieri delle nostre abitudini istituzionali e della nostra riluttanza storica». Bisogna ricordare che per poter essere eleggibili alla carica di Papa, bisogna essere cattolici. Aggiungiamo che devi essere maschio e avere almeno 18 anni.
Il fatto che un cardinale possa esprimersi in questo modo è senza dubbio una delle manifestazioni più eclatanti della crisi che scuote la Chiesa. La domanda è posta con franchezza: il cardinale Barbarin ha fede?
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di Peter Potrowl via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported
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Due nuovi «santi» venezuelani riaccendono le tensioni tra Chiesa e Stato
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Spirito
Omelia relativista di Papa Leone XIII: «nessuno possiede tutta la verità»
Papa Leone XIV ha dichiarato che «nessuno possiede la verità assoluta» e che «nessuno è escluso» dalla Chiesa, durante la sua omelia domenicale del 26 ottobre, pronunciata in occasione della messa giubilare per i gruppi sinodali e gli organismi partecipativi.
Le sue parole, che potrebbero essere interpretate come relativistiche rispetto alla proclamazione della fede unica della Chiesa cattolica, hanno sconvolto moltissimi.
L’amore è la «regola suprema della Chiesa». «Nessuno è chiamato a comandare», ma «tutti sono chiamati a servire»; nessuno deve «imporre le proprie idee», tutti sono invitati all’ascolto reciproco; e «nessuno è escluso» poiché «tutti siamo chiamati a partecipare».
«Nessuno possiede la verità tutta intera, tutti dobbiamo umilmente cercarla, e cercarla insieme»: un’affermazione scioccante per chi è il vicario di colui che è la Via, la Verità e la Vita..
Essere Chiesa sinodale significa riconoscere che la verità non si possiede, ma si cerca insieme, lasciandosi guidare da un cuore inquieto e innamorato dell’Amore.
Leone ha enfatizzato il concetto di Chiesa «sinodale», termine spesso usato dal suo predecessore, Papa Francesco, pur rimanendo vago nel significato. «Le équipe sinodali e gli organi di partecipazione sono immagine di questa Chiesa che vive nella comunione», ha aggiunto oscuramente il romano pontefice.
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«Dobbiamo sognare e costruire una Chiesa umile. Una Chiesa che non sta dritta in piedi come il fariseo, trionfante e gonfia di sé stessa, ma si abbassa per lavare i piedi dell’umanità; una Chiesa che non giudica come fa il fariseo col pubblicano, ma si fa luogo ospitale per tutti e per ciascuno; una Chiesa che non si chiude in sé stessa, ma resta in ascolto di Dio per poter allo stesso modo ascoltare tutti».
«Impegniamoci a costruire una Chiesa tutta sinodale, tutta ministeriale, tutta attratta da Cristo e perciò protesa al servizio del mondo» ha esortato il sommo pontefice con linguaggio sempre più tecnico e cervellotico.
Sebbene nessun individuo possegga la pienezza della verità, la Chiesa cattolica, in quanto Corpo mistico di Cristo guidato dallo Spirito Santo, ha sempre sostenuto di essere la custode del deposito della fede, ossia la verità rivelata da Dio.
I commenti di papa Leone appaiono ambigui e potenzialmente relativistici, poiché non ha chiarito la distinzione tra i membri fallibili della Chiesa, che possono errare nella comprensione della verità, e la Chiesa stessa, che custodisce e proclama l’unica vera fede.
Le parole di Prevost sembrano andare contro il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Il Magistero della Chiesa si avvale in pienezza dell’autorità che gli viene da Cristo quando definisce qualche dogma, cioè quando, in una forma che obbliga il popolo cristiano ad un’irrevocabile adesione di fede, propone verità contenute nella rivelazione divina, o anche quando propone in modo definitivo verità che hanno con quelle una necessaria connessione» (CCC, I dogmi della fede, 88).
La Sacra Scrittura parla della «casa di Dio, che è la chiesa del Dio vivente, colonna e base della verità» (1Tim 3,15).
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Immagine di Edgar Beltrán via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Miseria dell’ora legale, contro Dio e la legge naturale
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