Connettiti con Renovato 21

Spirito

Papa Donaldo I, perché no? In arrivo potrebbe esserci un pontificato ben più allucinante

Pubblicato

il

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha pubblicato un’immagine generata dall’Intelligenza Artificiale che lo ritrae in abiti papali, pochi giorni dopo aver scherzato sulla possibilità di diventare il prossimo papa. Molti si sono detti offesi, turbati, indignati dal post di The Donald.

 

L’immagine, condivisa sabato sulla sua piattaforma Truth Social, ritrae Trump in abiti papali bianchi, con un crocifisso dorato e una mitra, l’indice destro alzato al ciel: papa Donaldo I, raffigurato in un ritratto di saldo realismo.

 

Il post segue i commenti rilasciati da Trump ai giornalisti all’inizio di questa settimana. «Mi piacerebbe diventare papa, sarebbe la mia prima scelta», aveva detto in risposta alle domande sui potenziali successori di papa Francesco, scomparso il 21 aprile.


Sostieni Renovatio 21

Il presidente USA ha poi elogiato il cardinale Timothy Dolan di New York definendolo «molto bravo», sebbene gli osservatori vaticani ritengano improbabile l’elezione di un papa americano. Dolan, oggetto di una frecciatine in queste ultime ore da parte dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, pare comunque non aver gradito, facendo sapere che non si può prendersi gioco così – eppure è quello che si è visto varia volte, come alla tradizionale evento del cattolicesimo neoeboraceno chiamato Al Smith Dinner, dove tante volte ha riso rubizzamente a fianco del Donaldo.

 

Il presidente e la first lady Melania Trump hanno partecipato ai funerali di papa Francesco a Roma il 26 aprile, che hanno segnato il suo primo viaggio internazionale dal suo ritorno in carica a gennaio. Qui Trump ha avuto un’altra trovata iconica, facendo apparecchiare tra i marmi della navata di San Pietro due seggiole per parlare con Zelens’kyj della pace in Ucraina.

 

Come noto, Trump e Papa Francesco hanno una storia di scontri verbali, soprattutto su immigrazione e questioni sociali, Bergoglio arrivò a descrivere come «non cristiano» il muro anti-migranti ipotizzato da Trump durante la campagna elettorale per le presidenziali del 2016. Durante il suo secondo mandato, Trump ha introdotto rigide politiche sull’immigrazione, tra cui deportazioni di massa, che hanno suscitato critiche da parte del Vaticano. Eccezionale quando poi il Vaticano bergogliano reagì all’attentato a Trump in Pennsylvania, epperò senza nominarlo.

 

In una lettera inviata quest’anno ai vescovi cattolici degli Stati Uniti, Bergoglio – il papa dell’invasione terzomondiale massiva in tutto l’Occidente – aveva definito la repressione una «grave crisi» che lede la dignità dei migranti e ha messo in guardia dal dipingere le persone senza documenti come criminali.

 

 

Ora, è bene sfatare un mito: chiunque può essere eletto papa. Il papa non è scelto necessariamente tra i cardinali – come invece credono alcuni, che magari hanno visto troppo volte i film ignoranti tratti dai libri ignoranti di Dan Brown. Non c’è una lista ufficiale, non c’è un vero un elenco di papabili. C’è lo Spirito Santo che soffia: e i cardinali, per il grande dono della libertà dato agli uomini da Dio stesso, sono liberi di non ascoltarlo.

 

Quindi, se fosse scelto dal prossimo Conclave, The Donald potrebbe divenire pontefice? In realtà, no. Perché esistono delle condizioni minime: il papa deve essere cattolico, cioè battezzato. Il papa poi deve essere un uomo (sottolineiamo: maschio) celibe. Donaldo è cresciuto come presbiteriano – la madre era scozzese – quindi non è battezzato cattolico. In più, sappiamo che di mogli ne ha avute perfino diverse: c’è da dire tuttavia che due su tre erano cattoliche.

 

Melania è slovena, e, nonostante le tirate sull’aborto, sembra aver conservato qualcosa della religione nonostante sia cresciuta nella Yugoslavia comunista. Come riportato da Renovatio 21,el 2017, al momento dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, si dice che Melania avesse invitato a palazzo un esorcista. L’idea che hanno avuto molti è che nella Casa Bianca dove erano stati i Clinton, con la loro passionaccia per il vudù haitiano, c’era bisogno, e decisamente.

 

La prima moglie, la mitica Ivana, sciatrice e dama d’alta società cresciuta anche lei sotto il comunismo in Cecoslovacchia, risulta pure cattolica, tanto che alla sua morte, nell’estate 2022, i funerali si sono svolti in una chiesa cattolica di Nuova York.

 

Ci dispiace, papa Donaldo no, non si può fare. Rimane uno scherzo di un uomo che, ha scritto qualche settimana fa il Washington Post citando fonti interne alla casa bianca, «è la picco di non fregarsene nulla», e che quindi si permette di scherzare su un’istituzione che, vero, è sacra (specie per tantissimo suoi elettori!), tuttavia lo ha ostacolato in tutti i modi possibili.

 

È la fusione tra deep state deep church di cui tanto ha parlato monsignor Viganò.

 

 

Ora, venendo alle cose serie, diciamo che lo scherzo racchiude una realtà ben terrificante.

 

Perché è estremamente probabile che uscirà dal Conclave una figura che farà ancora danni di quanti ne farebbe, improvvisando come di suo, Donaldo. Pensate a Parolin, pensate a quanta differenza nel rapporto con la Cina, rispetto a Trump, che possiamo pure dire che con il ritorno ai dazi si è fatto campione della tradizione americana. Pensate a Zuppi, e alle parole scherzose ma profetiche del cardinale Pell: «attenti, perché se Zuppi sarà eletto in conclave, il vero papa sarà Andrea Riccardi», ossia l’onnipotente fondatore della Comunità Sant’Egidio.

 

Il quale Riccardi va già in giro allargandosi in interviste ai giornali di Francia (con per soprammercato voci su suoi abboccamenti con Macron), dicendo che indietro non si torna, e proprio che Bergoglio era l’anti-Trump globale.

 

La domanda è semplice: preferireste sul Soglio Trump o Riccardi? Il secondo è molto vicino alla stanza dei bottoni petrini. Papa Donaldo I invece rimane una boutade, una boutade che, tuttavia, vale la pena di sognare.

 

È vero: dal 1389, in una tradizione non codificata praticamente ininterrotta, il Conclave sceglie il papa fra i membri del Collegio cardinalizio. Ciò non toglie che, vista la situazione (108 cardinali su 133 creati da Bergoglio…), ci sarebbe davvero bisogno di una scelta impossibile, un papa non-cardinale. Abbiamo qui in mente esempi fulgidi di qualche vescovo che sarebbe un papa perfetto.

 

Fino a poco fa, sarebbero comunque divenuti cardinali, anche se di fatto tradizionisti, quantomeno per una logica distributiva che vigeva prima del tempo presente, quando Bergoglio, come tutta la sinistra globale e gli apparati dello Stato profondo complici, ha optato invece per lo sterminio delle opposizioni, private di cariche, private della voce, e perfino della casa, delle cure mediche etc.

 

Quindi, vi prego, non indigniamoci per papa Donaldo I. Il cesaropapismo col ciuffo biondo non sarebbe la cosa più strana che abbiamo visto in questi anni. E, soprattutto, non sarebbe la peggiore.

 

Roberto Dal Bosco

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


 

 

Spirito

«Rimarrà solo la Chiesa Trionfante su Satana»: omelia di mons. Viganò

Pubblicato

il

Da

Renovatio 21 pubblica questa omelia dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò nella Prima Domenica di Avvento    

Qui legit intelligat

Omelia nella Prima Domenica di Avvento

 

Terra vestra deserta; civitates vestræ succensæ igni: regionem vestram coram vobis alieni devorant, et desolabitur sicut in vastitate hostili.

Il vostro paese è desolato, le vostre città consumate dal fuoco, i vostri campi li divorano gli stranieri, sotto i vostri occhi; tutto è devastato, come per un sovvertimento di barbari.

Is 1, 7

  Intervenendo all’Assemblea Generale della CEI ad Assisi (1), il card. Matteo Zuppi ha detto che «la Cristianità è finita», e che questo fatto dev’essere considerato positivamente, come un’occasione, un καιρός.   Non vi sfuggirà l’uso del lessico globalista, secondo il quale ogni crisi indotta dal Sistema è anche un’opportunità: la cosiddetta pandemia COVID, la guerra in Ucraina, la transizione ecologica, l’islamizzazione delle nazioni occidentali. Zuppi – uno dei principali esponenti della chiesa sinodale – si guarda bene però dal riconoscere che la distruzione dell’edificio cattolico e la cancellazione della presenza cattolica nella società siano l’effetto logico e necessario dell’azione eversiva del Concilio Vaticano II e dei suoi sviluppi remoti e recenti, ostinatamente imposta dalla Gerarchia stessa.   D’altra parte, nel momento in cui viene spodestato Cristo Re e Pontefice sostituendolo con la volontà della base – prima la collegialità, oggi la sinodalità – non poteva che accadere nella Chiesa Cattolica ciò che duecento anni prima era accaduto nella cosa pubblica.

Sostieni Renovatio 21

L’austera liturgia dell’Avvento inizia nel cuore della notte, quando al Primo Notturno del Mattutino risuonano le tre Lezioni con l’oracolo di Isaia. Otto secoli prima della Venuta del Salvatore, il Signore rimprovera per bocca del Profeta l’infedeltà del Suo popolo: «Guai alla nazione peccatrice, popolo carico d’iniquità, razza di malvagi, figli corrotti!» (Is 1, 4)   Quelle parole severe, pronunciate per i nostri padri in vista della prima Venuta di Cristo, sono ancora più valide per noi, testimoni di quella Incarnazione che ci apprestiamo a celebrare alla fine del sacro tempo dell’Avvento; ma parimenti in attesa della seconda Venuta di Cristo Giudice, questa volta, nella gloria. È il tema del Vangelo di oggi: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli…» (Lc 21, 25) E come si è chiuso l’anno liturgico domenica scorsa con un richiamo alla fine dei tempi, così inizia questo nuovo anno con la prima Domenica d’Avvento: «Quando cominceranno ad accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino».   Noi ci troviamo tra due eventi epocali: la prima Venuta di Cristo nell’umiltà della condizione umana e nell’oscuramento della Sua divinità per compiere l’opera della Redenzione; e la seconda Venuta di Cristo come Rex tremendæ majestatis, che verrà a giudicare il mondo per ignem, attraverso il fuoco della Sua Giustizia.    È tra questi due fatti storici che la Chiesa Militante porta a termine la propria missione santificatrice: il primo, già compiuto; il secondo, ancora da compiersi e da decifrare, come nella parabola del fico, ab arbore fici discite parabolam (Mt 24, 32). Prima dell’Incarnazione vigeva l’Antica Legge, dopo la resurrezione dei morti e il Giudizio universale si avranno i nuovi cieli e la nuova terra (Ap 21, 1), e rimarrà solo la Chiesa Trionfante: trionfante su Satana definitivamente sconfitto, e sull’Anticristo che verrà ucciso dall’Arcangelo San Michele. La storia della Salvezza si compie tra queste due date storiche, separate da duemila anni di battaglie dagli esiti alterni tra Dio e Satana. Duemila anni grondanti del sangue innocente dei Martiri, versato dalle stesse mani assassine che sotto l’Antica Legge uccisero e lapidarono i Profeti che il Signore mandava al Suo popolo (Lc 13, 34).   La testimonianza della fedeltà a Dio chiede il passaggio attraverso il certamen, il combattimento della Croce. Questa verità – teologica perché essenziale al piano trinitario della Redenzione – si esplicita nel Sacrificio perfetto del Capo del Corpo Mistico; e si perpetua misticamente – e talora realmente col Martirio – nell’oblazione delle membra di quel Corpo.   Prima ad immolarSi, in un modo possibile solo alla Immacolata Madre di Dio, fu la Vergine Santissima, Regina Crucis, che per questo onoriamo come nostra Corredentrice e – in virtù di quella oblazione – nostra Mediatrice di tutte le Grazie presso la Maestà divina. Il passaggio dalla Vecchia alla Nuova ed Eterna Alleanza è bagnato dal sangue di tante vite, prima e dopo il supremo Lavacro del Golgota da parte del Verbo Incarnato. Un sangue versato per mano di figli corrotti, presenti allora come oggi sotto le volte del Tempio di Dio. 

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Quando nel libro di Ezechiele leggiamo la visione delle abominazioni di Israele (2) – con le stanze segrete del tempio di Gerusalemme usate dai settanta anziani della casa d’Israele per celebrare culti infernali, e il luogo più sacro tra vestibolo e altare adibito all’adorazione del sole (3) – sorge spontaneo il parallelo con le abominazioni cui abbiamo assistito negli ultimi decenni: dall’adorazione del Buddha sul tabernacolo della chiesa di Santa Chiara ad Assisi, all’epoca del pantheon di Giovanni Paolo II, all’intronizzazione dell’immondo idolo della Pachamama nella Basilica Vaticana. È difficile non riconoscere in questa mescolanza di culti cananei e babilonesi, praticata da una parte del popolo di Israele, un rimando al culto della Madre Terra, alla «conversione» green, agli obiettivi sostenibili dell’Agenda 2030.    Ma se queste abominazioni condussero gli Ebrei dell’Antica Legge all’esilio, quale punizione aspetta coloro che le compiono sotto la Nuova Legge? Se il Signore era offeso per le contaminazioni dei riti pagani nella liturgia del Tempio volute dalla gerarchia sacerdotale ebraica (4), come non potrebbe Egli essere maggiormente offeso da analoghe e peggiori contaminazioni introdotte nella liturgia dalla Gerarchia della chiesa conciliare e sinodale? «Quomodo facta est meretrix civitas fidelis?» (Is 1, 21) Come ha fatto la città fedele a diventare una meretrice? – si chiede il Profeta Isaia.   «Il vostro paese è desolato, le vostre città sono consumate dal fuoco, i vostri campi li divorano gli stranieri, sotto i vostri occhi; tutto è devastato, come per un sovvertimento di barbari» (ibid., 7). Non è questo che noi vediamo nelle nostre nazioni, ribelli ai Comandamenti di Dio e alla Sua santa Legge? Non ci sembra forse che la Gerarchia della Chiesa – la civitas fidelis – si prostituisca al nuovo culto del sole, anziché riconoscere in Cristo il Sol Justitiæ che tutti illumina con la divina Verità? Perché questo vile asservimento alle istanze dei nemici di Dio, della Chiesa e dell’umanità?    Quando nel silenzio della Notte Santa il Verbo Eterno del Padre ha visto la luce nella carne dell’Emmanuele, le antiche Profezie messianiche sono apparse nella loro evidenza, mostrando nell’Uomo-Dio il compimento delle Scritture. Fu una rivelazione. Fu la Rivelazione. Ma un’altra rivelazione – nel senso proprio del termine greco ἀποκάλυψις, che vuol dire togliere il velo – si avrà alla fine dei tempi, quando non sarà la realtà a mutare, ma il nostro modo di guardarla, senza quegli impedimenti che velavano il nostro sguardo. Anche allora vedremo compiersi la Scrittura: il tradimento dell’Autorità civile e religiosa, l’apostasia della Gerarchia ecclesiastica, la dissoluzione del corpo sociale in guerre, carestie, pestilenze, cataclismi. E come vi fu chi, nonostante l’evidenza, negò che Cristo fosse il Desideratus cunctis gentibus, il Desiderato di tutti i popoli; così vi è e vi sarà chi, dinanzi agli eventi predetti dal Profeta Daniele e da San Giovanni Apostolo, parlerà – come il card. Zuppi – di καιρός ostinandosi a credere e a farci credere che la crisi sia un bene, e che quindi non occorra alcuna restaurazione dell’ordine divino da parte dell’unico detentore dell’Autorità, Cristo Re e Pontefice.   Negare infatti il male, oltre a costituire una forma di cooperazione ad esso, comporta anche la negazione della necessità del trionfo del Bene, e finisce per essere una forma di complicità con il male stesso, una sorta di rassegnazione indotta, un pericoloso disfattismo, un fatalismo che impedisce al singolo e alla società di svegliarsi, di reagire, di contrastare l’azione del nemico. E questo vale tanto per la Chiesa quanto per la società civile, perché la Signoria di Cristo è negata e osteggiata in entrambi gli ambiti, e proprio dai vertici di quelle istituzioni che traggono la propria legittimità dall’essere vicari della somma Autorità del Verbo Incarnato.   L’Avvento è una palestra spirituale in preparazione al Santissimo Natale di Colui che nascendo secundum carnem in vista della Redenzione ha ricapitolato in Sé tutte le cose, sanando nell’ordine della Grazia il vulnus inferto dal χάος di Satana. Questa palestra spirituale deve costituire per noi anche un addestramento al combattimento della buona battaglia quotidiana – quella contro il mondo, la carne e il diavolo – e della battaglia epocale degli ultimi tempi, quando l’Anticristo usurperà ogni autorità terrena al fine di instaurare il suo regno infernale.

Iscriviti al canale Telegram

Se sapremo comprendere l’ineluttabilità del trionfo di Nostro Signore Gesù Cristo, preparato con l’Incarnazione e conseguito sul Golgota nell’obbedienza al Padre, saremo in grado di leggere sub specie æternitatis anche gli eventi presenti e futuri, conservando la pace del cuore nelle tribolazioni e nelle prove più ardue. Ecco perché, nel festeggiare spiritualmente la Nascita del Salvatore con una vera conversione interiore e facendo crescere in noi la vita della Grazia, ci prepariamo anche a seguire il nostro Re e Signore sulla via della Croce, trono dal quale Egli regna su tutti noi con la porpora del Suo preziosissimo Sangue.   Questa militia è il vero καιρός, la sola opportunità che ci consentirà di prendere parte alla vittoria finale se sapremo schierarci sotto le insegne di Cristo Re e di Maria Regina. Hora est jam nos de somno surgere (Rom 13, 11), come ci esorta l’Apostolo nell’Epistola. Non dimentichiamo che la divina Provvidenza ha stabilito che sarà Lei, la Correndetrice, la Regina Crucis, a schiacciare il capo dell’antico Serpente.    Ascoltiamo con queste disposizioni d’animo l’oracolo di Ezechiele:    «Così dice il Signore Dio: Vi raccoglierò in mezzo alle genti e vi radunerò dalle terre in cui siete stati dispersi e a voi darò il paese d’Israele. Essi vi entreranno e vi elimineranno tutti i suoi idoli e tutti i suoi abomini. Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro; toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne, perché seguano i miei decreti e osservino le mie leggi e li mettano in pratica; saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio. Ma su coloro che seguono con il cuore i loro idoli e le loro nefandezze farò ricadere le loro opere, dice il Signore Dio» (Ez 11, 17-21).   E così sia.    + Carlo Maria Viganò Arcivescovo   30 Novembre MMXXV Dominica I Adventus   NOTE 1 – Cfr. https://www.chiesacattolica.it/card-zuppi-il-dono-di-una-strada-per-costruire-comunita/ 2 – Questa visione viene interpretata dai Padri della Chiesa sia in senso letterale (come condanna dell’idolatria storica di Israele) sia in senso allegorico (come condanna dell’eresia e dell’apostasia nella Chiesa o nell’anima). San Gerolamo identifica le abominazioni con le pratiche pagane infiltrate nel tempio.  3 – Mi disse: «Figlio dell’uomo, sfonda la parete». Sfondai la parete, ed ecco apparve una porta. Mi disse: «Entra e osserva gli abomini malvagi che commettono costoro». Io entrai e vidi ogni sorta di rettili e di animali abominevoli e tutti gli idoli del popolo d’Israele raffigurati intorno alle pareti e settanta anziani della casa d’Israele, fra i quali Iazanià figlio di Safàn, in piedi, davanti ad essi, ciascuno con il turibolo in mano, mentre il profumo saliva in nubi d’incenso. Mi disse: «Hai visto, figlio dell’uomo, quello che fanno gli anziani del popolo d’Israele nelle tenebre, ciascuno nella stanza recondita del proprio idolo? Vanno dicendo: Il Signore non ci vede… il Signore ha abbandonato il paese…». […] Mi condusse nell’atrio interno del tempio; ed ecco all’ingresso del tempio, fra il vestibolo e l’altare, circa venticinque uomini, con le spalle voltate al tempio e la faccia a oriente che, prostrati, adoravano il sole (Ez 8, 8-12 e 16). Settanta anziani che adorano gli idoli: ossia i settanta membri che compongono il Sinedrio. Venticinque uomini che si prostrano al sole: i capi dei ventiquattro ordini levitici (1 Cr 24, 18 e 19), con il Sommo Sacerdote, «i principi del santuario» (Is 43, 28), in rappresentanza dell’intero sacerdozio, come i settanta anziani rappresentavano il popolo. 4 – Il capo dei sacerdoti ebbe un ruolo di primo piano nel «contaminare la casa del Signore» (2 Cr 36, 14) con i culti solari persiani.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine: Beato Angelico (1395-1455), Il Giudizio Universale (1450), Gemäldegalerie, Berlino. Immagine di Dosseman via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
 
Continua a leggere

Spirito

Il cardinale Zen mette in guardia dalla sinodalità: «Non è forse questo il suicidio della Chiesa cattolica?»

Pubblicato

il

Da

In un contributo apparso questa settimana sul suo blog personale, il cardinale Joseph Zen, 93enne porporato cinese in quiescenza, ha formulato un’ulteriore aspra reprimenda al Sinodo sulla sinodalità e al compianto pontefice Francesco.

 

Francesco ha lasciato in eredità «caos e disgregazione», ha asserito Sua Eminenza. «La nostra aspirazione più profonda è che papa Leone XIV ricompatti la Chiesa sulle basi della verità, radunando tutti noi nella missione evangelizzatrice. Offriamo le nostre invocazioni e le nostre rinunce per papa Leone».

 

Zen non ha mai celato le sue apprensioni sul cammino sinodale. In seguito alla scomparsa di Francesco, il cardinale aveva ammonito i porporati convocati al conclave che la Chiesa si trova di fronte a un «dilemma esistenziale» nel confronto con esso. In un’analisi divulgata a febbraio 2024, Sua Eminenza aveva espresso l’auspicio che «questo Sinodo sulla ‘sinodalità’ possa giungere a una conclusione dignitosa».

 

Nel testo odierno, Zen ha manifestato timore che la Chiesa cattolica si stia «trasformando nella Chiesa anglicana» e che stia «commettendo un suicidio assimilandosi» al mondo secolare.

Iscriviti al canale Telegram

«Senza dubbio… i fedeli debbono contribuire agli indirizzi ecclesiali, ma il primato dei vescovi non può essere eluso», ha precisato in merito al sinodo. Tuttavia, «l’assemblea del 2024 sulla sinodalità non ha più costituito un Sinodo nella accezione classica… ha inaugurato un’ibrida “assemblea consultiva dei battezzati”».

 

Il porporato cinese ha quindi censurato il documento conclusivo del sinodo, bollandolo come «vago e innovativo», attribuendo alla Fiducia supplicans – che autorizza la benedizione delle «coppie» omosessuali – il merito di aver generato «turbamenti marcati e fratture profonde» nell’ambito della Chiesa.

 

Sua Eminenza ha pure confidato che, qualora Dio lo convocasse al martirio, lo accoglierebbe come una «grazia immensa», e ha deplorato la difficoltà, in quest’epoca, di discernere e diffondere la verità e la sapienza per le anime. La verità, ha soggiunto, non risiede nelle opinioni individuali, bensì nella consapevolezza di «essere figli di Dio» e nel sacrificio redentore di Cristo per i nostri falli.

 

Per lustri, Zen ha redarguito la Santa Sede per la sua linea conciliante verso il Partito Comunista Cinese sulla designazione dei vescovi. Nondimeno, ha chiuso il suo intervento ribadendo la propria fedeltà alla Cattedra di Pietro.

 

«La mia contestazione a taluni atti pontifici scaturisce proprio dalla mia devozione profonda al papa», ha chiarito, evocando passi evangelici quali Matteo 14 e Luca 22: il primo, in cui san Pietro – non ancora Pontefice – vacilla sulla superficie dell’acqua dubitando del Signore; il secondo, in cui Cristo preannuncia il triplice rinnegamento di Pietro.

 

A ottobre, il cardinale aveva condannato il pellegrinaggio LGBT ospitato nella Basilica di San Pietro. «Il Vaticano era al corrente dell’iniziativa con anticipo, ma non ha elevato alcuna protesta successiva. Lo riteniamo del tutto inspiegabile!», aveva esclamato, invitando a pratiche di penitenza quali preghiera e astinenza.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine screenshot da YouTube

Continua a leggere

Spirito

Un papa mette, un altro toglie

Pubblicato

il

Da

Leone XIV ha appena posto fine all’autonomia amministrativa e finanziaria di cui godevano le basiliche di San Pietro e Santa Maria Maggiore, per decisione del precedente pontefice. In un motu proprio pubblicato il 13 novembre 2025, il pontefice abroga le misure adottate dal suo predecessore, Francesco, segnando una nuova tappa nella revisione delle riforme economiche della Santa Sede.   Oltretevere, non è sfuggito a nessuno che il motu proprio firmato da Papa Leone XIV il 29 settembre e promulgato il 13 novembre non è stato annunciato tramite la Sala Stampa, ma affisso all’ingresso del Palazzo Apostolico. In ogni caso, tutti concordano sul fatto che questo nuovo rescritto illustri la volontà del nuovo Romano Pontefice di centralizzare ulteriormente il controllo finanziario, in nome della trasparenza e dell’equità.   Il documento fa riferimento a due decreti promulgati da Francesco alla fine del suo pontificato. Il primo, datato 29 giugno 2024, riguardava la Fabbrica di San Pietro, responsabile della gestione, manutenzione e riparazione della Basilica Petrina. Il secondo, datato 19 marzo 2025 – un mese prima della morte del pontefice argentino – riguardava il capitolo dei canonici di Santa Maria Maggiore, luogo in cui ora riposa il successore di Benedetto XVI.   Leone XIV giustifica la sua decisione in nome di una «periodica rivalutazione e ridefinizione del quadro normativo». La riforma finanziaria avviata dal suo predecessore richiedeva un costante adattamento per garantire una «struttura equa e trasparente». La scelta del nuovo papa è stata approvata dal Consiglio per l’Economia (CPE), l’organo di controllo economico del Vaticano, prima di essere confermata da consultazioni di esperti, in conformità con l’articolo 207 della Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium.   Questa abrogazione segna la fine dell’autonomia concessa da Papa Francesco alle due basiliche. Durante il suo pontificato, questi enti erano stati quasi completamente esentati dal controllo del CPE e della Segreteria di Stato per gli Affari Economici (SPE), il «braccio esecutivo» responsabile dell’attuazione delle politiche finanziarie. Francesco aveva giustificato queste esenzioni citando l’esigenza di efficienza: una gestione agile è necessaria per evitare le inefficienze burocratiche di queste istituzioni altamente frequentate.

Iscriviti al canale Telegram

Così, la Fabbrica di San Pietro e il Capitolo di Santa Maria Maggiore hanno potuto mantenere i propri revisori interni, senza essere sottoposti all’Ufficio del Revisore Generale, responsabile della revisione contabile di tutti gli enti vaticani. Tra le disposizioni più controverse appena abrogate ci sono quelle relative alle spese e alle assunzioni.   Nel gennaio 2024, papa Francesco aveva imposto uno standard che richiedeva l’approvazione della Segreteria di Stato per gli Affari Economici (SPE) per qualsiasi spesa superiore a 150.000 euro; per queste basiliche, la soglia è stata aumentata a 1,5 milioni di euro. Le assunzioni non dovevano più essere sottoposte alla SPE, fatta eccezione per i contratti a tempo indeterminato – un’eccezione degna di nota rispetto ad altre istituzioni della Santa Sede, dove le procedure di reclutamento sono spesso lunghe e complesse, anche per una semplice sostituzione.   Ora, le due basiliche devono conformarsi alle norme applicabili a tutti gli enti della Santa Sede e della Città del Vaticano. Rientrano sotto la diretta supervisione della SPE, che è responsabile della risoluzione di «qualsiasi questione o problema di natura economica, di controllo o di vigilanza». Per garantire una transizione fluida, la SPE sarà assistita da un gruppo consultivo da essa stessa nominato e fornirà relazioni periodiche al CPE sulle decisioni prese.   Questa centralizzazione rafforza il controllo sulle strutture simboliche: la Fabbrica di San Pietro gestisce gli appalti per la costruzione e l’abbellimento della basilica più grande del mondo, mentre Santa Maria Maggiore, la basilica patriarcale, ospita le importanti reliquie della Natività e l’immagine della Salus Populi Romani, attirando un flusso costante di fedeli.   Questo intervento di Leone XIV non è isolato. Fa parte di una serie di correzioni apportate alle riforme economiche del suo predecessore. Già il 6 ottobre 2025, il suo primo motu proprio aveva allentato la centralizzazione imposta all’Istituto per le Opere di Religione (IOR). In un’intervista del settembre 2025, Leone XIV si presentò come un successore cauto: «Le cose si sistemeranno, ma dobbiamo continuare il processo di riforma iniziato da Francesco».   Ammise poi di aver fatto «scelte sbagliate» nella storia recente, rammaricandosi che «la percezione di cattiva gestione» possa aver scoraggiato i donatori: «Potremmo aver inviato un messaggio sbagliato», riconobbe, sottolineando la necessità di ripristinare la fiducia.   Mettendo sotto attenta osservazione due dei santuari più prestigiosi della cristianità, Leone XIV sta inviando un segnale chiaro: la riforma economica deve essere uniforme, senza eccezioni, per tutte le istituzioni, anche le più prestigiose.   Articolo previamente apparso su FSSPX.News  

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
Immagine di Livioandronico2013 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license
Continua a leggere

Più popolari