Vaccini
«Saltare il richiamo del vaccino COVID potrebbe ridurre il tuo QI»: la propaganda della siringa genica diventa barzelletta

Non fare il richiamo del vaccino anti-COVID potrebbe ridurre il Quoziente Intellettivo (QI). A sostenerlo, su un editoriale del Los Angeles Times, due professori della prestigiosa università statunitense di Yale, alma mater di presidenti e dirigenti dell’establishment a stelle e strisce.
Il duo accademico argomenta apparentemente basandosi su di uno studio recente pubblicato sul New England Journal of Medicine che scoperto che il COVID stesso riduce il QI, il che, scrivono, «suggerisce un’altra ragione per vaccinarsi: potrebbe proteggere l’intelletto».
«Molte persone considerano la loro capacità di ragionare come un aspetto fondamentale della loro identità; questo è uno dei motivi per cui la prospettiva della demenza è così spaventosa» dichiarano i due professori. «Questa ricerca suggerisce che ottenere il booster potrebbe essere un modo per preservare tale capacità e promuovere la salute del cervello. Se vuoi continuare a risolvere il cruciverba del sabato, hai un motivo in più per fare il booster».
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Va detto che gli autori dello studio citato hanno scoperto che i deficit cognitivi erano in gran parte osservati nei soggetti affetti dai ceppi originali del COVID, non da quelli recenti.
Piuttosto incredibilmente, l’articolo del LA Times ignora anche il fatto che i vaccini e i richiami per il COVID-19 non prevengono l’infezione, come oramai universalmente accettato, e ignora anche che gli autori dello studio del NEJM «hanno riscontrato deficit cognitivi minori tra i partecipanti che erano stati infettati durante i recenti periodi di variante rispetto a quelli che erano stati infettati dal virus originale o dalla variante alfa».
Gli autori hanno esaminato specificamente i dati relativi ai vaccinati e ai non vaccinati e hanno osservato solo «un piccolo vantaggio cognitivo tra i partecipanti che avevano ricevuto più vaccinazioni». «I deficit più ampi nei punteggi cognitivi globali sono stati osservati nel gruppo di partecipanti infettati da SARS-CoV-2 durante i periodi in cui il virus originale o la variante alfa era predominante rispetto a quelli infettati da varianti successive».
Alcuni commentatori del sito Zerohedge hanno ribaltato interamente la lettura dei dati, ricavando un’idea completamente opposta. «La vaccinazione è correlata in modo altamente significativo (oltre il 99%) a un calo delle capacità cognitive o del QI, in misura maggiore per la prima dose rispetto al richiamo» scrive un utente.
«Tutto ciò è assolutamente esilarante, il documento citato afferma l’esatto opposto di quanto afferma l’editoriale del LA Times, la vaccinazione è invece associata a un CALO del QI simile a quanto si dice riguardo al COVID».
«Quel documento e quelle statistiche dicono che un calo del QI è correlato all’avere il COVID e peggiora con la durata (long COVID), tuttavia l’editoriale presuppone che essere vaccinati riduca le possibilità di contrarre il COVID, il che non è vero, quindi giunge alla conclusione che fare un vaccino di richiamo impedirà di contrarre il covid abbassando il QI, mentre le statistiche sull’essere vaccinati una volta o un richiamo rispetto a non vaccinati nell’articolo affermano il contrario, la vaccinazione è associata a un calo del QI simile a quello di contrarre il virus».
«Gli autori dell’editoriale devono aver fatto un richiamo» nota il lettore.
Secondo uno studio pubblicato a maggio, gli attuali richiami sono efficaci solo al 52% nel proteggere dall’infezione dopo 4 settimane e al 20,4% dopo 20 settimane. Quindi, in sostanza, prendi il vaccino, rischiando i suoi potenziali effetti collaterali, per un lancio di moneta per sapere se contrarrai il COVID.
Gli autori suggeriscono inoltre che «i giovani, la cui vita sociale più attiva spesso determina la diffusione del COVID, possono salvaguardare non solo la propria salute, ma anche la propria intelligenza e il proprio futuro vaccinandosi».
Tuttavia, il consulente della FDA Paul A. Offitt – il volto del vaccinismo americano – afferma che le persone giovani e sane non dovrebbero sottoporsi agli ultimi richiami COVID, citando due studi che suggeriscono che i richiami bivalenti, che hanno come bersaglio il ceppo originale COVID-19 e due sottovarianti Omicron BA.4 e BA. 5, non «suscitano risposte immunitarie superiori».
Nel frattempo, Svezia, Norvegia e Finlandia hanno sospeso o limitato l’uso del vaccino COVID di Moderna per i bambini, mentre il Regno Unito ha ridotto gli sforzi per la vaccinazione COVID per i bambini sani dopo che uno studio ha mostrato «un aumento del rischio di ricovero ospedaliero per miocardite dopo una prima o seconda dose di BNT162b2» negli adolescenti di età compresa tra 12 e 17 anni.
L’ articolo del Los Angeles Times afferma inoltre falsamente che «oltre il 95% di un gruppo che conosce il COVID meglio della maggior parte delle persone, ovvero i medici, si fa vaccinare».
Questa affermazione si basa su dati di giugno 2021, prima ancora che esistessero i richiami. In realtà, un numero crescente di dottori non riceve i richiami, mentre quasi la metà degli operatori sanitari è titubante nel farsi vaccinare.
Zerohedge cita la sezione dei commenti del sito dello stesso Los Angeles Times, che rivela che perfino i lettori del quotidiano losangelino non crede più alla propaganda vaccinista.
«Questo articolo è estremamente fuorviante e, in quanto medico, mi sento insultato dal fatto che il LA Times non abbia verificato meglio i fatti» scrive un lettore sedicente medico. «Quella statistica sul 95% dei medici che si fa vaccinare risale a giugno 2021, prima ancora che esistesse il richiamo del COVID (è stato autorizzato a settembre 2021). Il 95% dei medici NON si fa vaccinare di richiamo, anche se la conclusione fa sembrare che lo faccia, questo è palesemente fuorviante. C’è già così tanta disinformazione sui vaccini là fuori, ed è esasperante che il LA Times possa contribuire a questo. Per favore correggete».
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«Ci sono molte persone là fuori che sono state “completamente vaccinate” con più richiami e hanno comunque contratto il COVID numerose volte. È ancora più forzato collegare la vaccinazione a QI più elevati quando non può nemmeno fare molto per sedare la malattia» scrive un altro lettore.
«Uno studio recente nel Regno Unito dimostra che il vaccino non fa quasi nulla per prevenire il COVID nei bambini, risultando completamente inefficace dopo 14-15 settimane. Lo studio dimostra che il vaccino provoca una grave infiammazione (miocardite e pericardite) dei tessuti cardiaci e non è chiaro per quanto tempo duri, ma potrebbe essere permanente» scrive un altro.
La propaganda vaccinista sta diventando, giorno dopo giorno, sempre più una barzelletta, che continua a non far ridere, ma a cercare di sottomettere le persone ad una pratica pericolosa.
Oramai, quanti davvero credono ancora alle storielle raccontate da medici, politici, giornali? Quanti sono arrivati alle 10 dosi raccomandate negli USA?
Quanti in Italia sono arrivati alla 5ª, 6ª, 7ª dose?
Quanti non hanno compreso che il vaccino non li risparmia dalla malattia, né dall’infettare gli altri, e al contempo prevede rischi consistenti per la salute?
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Cancro
Impronta genetica del vaccino COVID nel DNA di un paziente oncologico: l’mRNA può integrarsi con il genoma umano

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«Questo modello è biologicamente plausibile per accelerare la progressione del cancro»
Lo studio si è concentrato sul caso di una donna di 31 anni, precedentemente sana, che ha sviluppato un «cancro alla vescica in stadio IV a rapida progressione» entro un anno dalla somministrazione di tre dosi del vaccino Moderna mRNA contro il COVID-19. Il caso è stato descritto come «una presentazione insolita e aggressiva per questa età». Secondo Hulscher, lo studio ha scoperto che la sua vaccinazione ha causato una serie di eventi avversi che probabilmente hanno portato all’insorgenza del cancro. «Abbiamo assistito a una tempesta perfetta: i geni che normalmente causano il cancro sono stati attivati, i geni che normalmente riparano il DNA sono stati danneggiati e in ogni campione biologico testato sono state riscontrate ampie interruzioni nella segnalazione cellulare. Tutto questo è emerso entro un anno dall’inizio della sua serie di vaccinazioni a mRNA» ha affermato. «Nel complesso, questo modello è biologicamente plausibile per accelerare la progressione del cancro». Lo studio ha rivelato che un frammento di materiale genetico del paziente corrispondeva al 100% a una sequenza contenuta nella porzione della proteina spike del vaccino mRNA COVID-19 di Pfizer-BioNTech. Sebbene il paziente abbia ricevuto solo il vaccino Moderna, Hulscher ha scritto che i due vaccini «condividono tratti identici di sequenza nucleotidica” all’interno della proteina spike. La «sequenza plasmidica proprietaria di Moderna non è stata depositata nel NCBI», un database del governo statunitense, quindi il vaccino Pfizer è stato identificato come quello più simile, hanno affermato gli autori. Secondo lo studio, le probabilità che un frammento del genere corrisponda al 100% a una sequenza contenuta nei vaccini sono circa 1 su un trilione. «Dovrebbe far suonare un campanello d’allarme» il fatto che questa corrispondenza si sia verificata in un contesto di diffusa mutazione cellulare in un cancro così raro e aggressivo, ha affermato Hulscher. La contaminazione del DNA può avere effetti negativi sulla salute, tra cui tumori multipli e la potenziale insorgenza di tumori maligni, infiammazioni croniche e un rischio maggiore di coaguli di sangue, ictus e morte improvvisa. I contaminanti del DNA possono anche essere trasmessi ai bambini. «Per anni, le autorità di regolamentazione hanno insistito sul fatto che l’integrazione fosse impossibile. Il nostro studio è la prima prova molecolare diretta del DNA derivato da vaccino incorporato nel genoma umano. E non è stato un evento casuale: si è verificato insieme a prove di mutazioni cancerogene e caos genetico» ha detto Hulscher.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
«Abbiamo trovato un’impronta genetica del vaccino nel suo DNA»
Secondo lo studio, la paziente trentunenne è stata selezionata per la sua rara diagnosi. Il cancro alla vescica è «una malattia che colpisce prevalentemente gli anziani e la sua incidenza nelle donne giovani è eccezionalmente rara». Quando si verifica, «è tipicamente aggressivo e comporta una prognosi sfavorevole», afferma la pre-stampa. Il coautore dello studio John A. Catanzaro, Ph.D., medico naturopata, CEO e co-fondatore di Neo7Bioscience, ha affermato che l’età media dei pazienti con diagnosi di cancro alla vescica è di 73 anni. Meno del 2% dei casi si verifica in persone di età inferiore ai 40 anni. Nelle donne di età inferiore ai 35 anni, «è straordinariamente raro, stimato ben al di sotto dello 0,5% di tutte le diagnosi». «Data la rarità del cancro alla vescica in fase avanzata in questa fascia demografica, il suo caso ha richiesto un’indagine molecolare approfondita», afferma lo studio. Tra le giovani donne, la maggior parte delle diagnosi di cancro alla vescica riguarda tumori di basso grado e non muscolo-invasivi «che di solito vengono individuati e trattati prima che si diffondano», ha affermato Catanzaro. «Al contrario, il cancro alla vescica in stadio IV (metastatico) in una donna di poco più di 30 anni rappresenta un’eccezione assoluta, documentata principalmente in casi isolati. Una malattia così avanzata a questa età si colloca ben al di fuori del consueto quadro epidemiologico e sottolinea la natura altamente insolita della presentazione di questa paziente» ha affermato. La paziente, che è ancora viva e «sottoposta a trattamento attivo con un disegno terapeutico mirato personalizzato», non aveva una storia personale o familiare di cancro ed è stata ðidentificata attraverso la sorveglianza molecolare di routine durante il suo trattamento in corso», ha affermato Catanzaro. Attraverso i dati derivati dal suo trattamento, Neo7Bioscience ha eseguito un’analisi multi-omica, che Catanzaro ha definito come «una scansione molecolare a quattro strati del cancro e del sangue della paziente». Questa analisi includeva un’analisi del DNA tumorale circolante, o «biopsia liquida», per rilevare «piccoli frammenti di DNA tumorale nel flusso sanguigno» e il sequenziamento funzionale dell’esoma, che è «un esame ravvicinato delle sezioni chiave dei suoi geni per individuare mutazioni importanti», secondo Catanzaro. L’analisi ha incluso anche la profilazione del trascrittoma dell’RNA, ovvero «un controllo di quali geni sono attivamente attivati o disattivati all’interno delle cellule», e un’analisi del proteoma di escrezione, ovvero «l’esame delle proteine rilasciate nelle urine e in altri fluidi corporei per mostrare come si comportano il tumore e il corpo». Secondo lo studio, i vaccini a mRNA introducono nell’organismo «molecole di RNA fortemente modificate e vettori di nanoparticelle lipidiche», comportando il rischio di alterazione genomica e di sviluppo oncogeno, ovvero canceroso. Le nanoparticelle lipidiche possono trasportare il DNA del vaccino in tutto il corpo. Karl Jablonowski, Ph.D., ricercatore senior presso Children’s Health Defense, ha affermato che inizialmente i produttori di vaccini avevano affermato che le nanoparticelle lipidiche non si sarebbero diffuse oltre il sito di vaccinazione. «Consapevoli dei pericoli che il DNA avrebbe rappresentato se fosse stato racchiuso in una nanoparticella lipidica, i produttori hanno tentato di distruggerlo utilizzando un enzima chiamato DNasi. Non solo la DNasi non è riuscita a scomporre il DNA, ma i produttori non hanno nemmeno controllato. Il DNA era racchiuso nella nanoparticella lipidica e ora si trova nelle cellule tumorali». «La conseguenza di questa imprudenza non è solo che una persona ora ha il cancro a causa dell’iniezione di mRNA. L’implicazione è che indagare sulle radici di tutti i tumori in tutte le persone vaccinate deve prendere in considerazione la possibilità di un’origine vaccinale». Hulscher ha affermato che i risultati dello studio hanno confermato questo rischio nel paziente. «Abbiamo trovato un’impronta genetica del vaccino nel suo DNA… in una regione instabile e ricca di geni», ha detto Hulscher. «Questo sito di integrazione non si trovava in un ‘porto sicuro’ benigno, ma in un’area in cui un’alterazione avrebbe potuto influenzare molti altri geni». Secondo lo studio, questa integrazione ha un «potenziale oncogeno» e un potenziale tumorale, che porta a «un panorama permissivo per la malignità aggressiva». Hulscher ha affermato che i vaccini a mRNA presentano diversi possibili meccanismi che potrebbero portare a un simile risultato. La spiegazione più plausibile è il trasporto di frammenti di DNA plasmidico dal processo di produzione, miliardi dei quali sono stati quantificati per dose, ha affermato. «Esistono altri meccanismi biologicamente fattibili, come la trascrizione inversa dell’mRNA di Spike da parte di enzimi endogeni seguita dall’integrazione, o l’instabilità genomica indiretta innescata dall’esposizione cronica alla proteina Spike», ha aggiunto Hulscher.Aiuta Renovatio 21
«L’umanità non può rischiare con la distruzione genomica»
Lo studio cita un articolo sottoposto a revisione paritaria pubblicato all’inizio di questo mese sulla rivista Autoimmunity, che ha identificato miliardi di frammenti di DNA plasmidico residuo per dose nei vaccini mRNA COVID-19 di Pfizer e Moderna. Altri studi recenti hanno identificato la contaminazione del DNA nei vaccini a mRNA e i potenziali danni alla salute che potrebbe causare. Tra questi:- Una scoperta del 2023 condotta da Kevin McKernan, direttore scientifico e fondatore di Medicinal Genomics, ha identificato una contaminazione del DNA nel vaccino mRNA COVID-19 di Pfizer, una scoperta successivamente confermata da altri, tra cui Health Canada, un’agenzia governativa che supervisiona il sistema sanitario del Paese.
- Uno studio sottoposto a revisione paritaria, pubblicato lo scorso anno sulla rivista Science, Public Health Policy and the Law, ha rilevato livelli di DNA nei vaccini COVID-19 della Pfizer pari a tre o quattro volte superiori ai limiti normativi.
- Uno studio sottoposto a revisione paritaria, pubblicato l’anno scorso sulla rivista Methods and Protocols, ha rilevato livelli di impurità del DNA da 360 a 534 volte superiori al limite normativo.
- Uno studio condotto l’anno scorso presso un laboratorio della Food and Drug Administration (FDA) statunitense da studenti delle scuole superiori sotto la supervisione di ricercatori della FDA ha confermato la presenza di un elevato livello di contaminazione del DNA nel vaccino mRNA contro il COVID-19 della Pfizer.
- Una revisione della letteratura pubblicata all’inizio di quest’anno ha identificato oltre 100 studi sottoposti a revisione paritaria che indicano che la vaccinazione mRNA contro il COVID-19 può portare al cancro turbolento, attraverso 17 distinti meccanismi biologici.
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Vaccini
Documentario rivela lo studio bomba sul collegamento tra vaccino ed epidemia di malattie croniche

Sarà presentato in anteprima il prossimo 3 ottobre An Inconvenient Study, un documentario che svela uno studio bomba che collega la vaccinazione alle malattie croniche. Lo riporta LifeSite.
Le malattie croniche sono aumentate vertiginosamente tra i bambini dagli anni Sessanta a oggi, passando dal 6% al 40,7% nel 2022, eppure le istituzioni sanitarie americane non hanno fornito spiegazioni chiare, attribuendole di solito ai soliti sospetti: cattiva alimentazione e mancanza di esercizio fisico.
Sebbene svolgano certamente un ruolo, l’impatto delle vaccinazioni infantili sulle malattie è stato ignorato, fino ad ora.
Il giornalista Del Bigtree ha sfidato il responsabile delle malattie infettive dell’Henry Ford Health a condurre «lo studio più approfondito mai condotto tra vaccinati e non vaccinati», racconta il sito web del film. Ha sottolineato che è importante considerare i vaccini come potenziali responsabili delle malattie, in particolare delle malattie autoimmuni, perché alterano il sistema immunitario. Anche il calendario vaccinale è aumentato notevolmente dal 1986.
We created the below image to help visualize the CDC’s vaccine schedule (and only until 12 months of age) pre-1986 Act (which gave pharma companies immunity for vaccine injuries) and today. pic.twitter.com/NTydELel7S
— Aaron Siri (@AaronSiriSG) January 26, 2024
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«Avevamo una sola richiesta: qualunque fosse l’esito, pubblicatelo», diceva Bigtree nel filmato. Lo scienziato in questione, Marcos Zervos, raccolse la sfida e «ha condotto lo studio per dimostrare che Del aveva torto». Ciò che rivelò fu così sconvolgente per la narrativa vaccinale dell’establishment sanitario che fu soppresso.
Più precisamente, lo studio non è stato sottoposto a pubblicazione perché, come ha affermato Zervos, «non voleva perdere il suo lavoro alla Henry Ford», secondo quanto riportato dal briefing al Senato dell’avvocato Aaron Siri.
«Per gli autori, pubblicare questo studio avrebbe messo praticamente ogni persona e istituzione del loro mondo contro di loro. Pubblicare lo studio sarebbe stata la cosa giusta da fare. La cosa coraggiosa da fare. Ma avrebbe scatenato l’ira di quasi tutti e di ogni istituzione che conoscono, su cui fanno affidamento e a cui tengono», ha osservato Siri.
We created the below image to help visualize the CDC’s vaccine schedule (and only until 12 months of age) pre-1986 Act (which gave pharma companies immunity for vaccine injuries) and today. pic.twitter.com/NTydELel7S
— Aaron Siri (@AaronSiriSG) January 26, 2024
I risultati dello studio sono stati a dir poco allarmanti. È stato dimostrato che i vaccini contribuiscono in modo significativo non solo a disturbi fisici, ma anche a problemi neurologici: tra le patologie colpite figurano asma, disturbi dello sviluppo neurologico, disturbi del linguaggio e malattie autoimmuni.
Sorprendentemente, «mentre nel gruppo vaccinato si sono verificati molti casi di ADHD, disturbi dell’apprendimento e tic, nel gruppo non vaccinato non ce n’è stato nessuno», ha affermato Siri.
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La deputata repubblicana statunitense della Georgia Marjorie Taylor Greene ha recentemente espresso la sua rabbia dicendo che le implicazioni dello studio sono «criminali».
«Il primo studio su oltre 18.000 bambini vaccinati rispetto a bambini non vaccinati ha rivelato risultati CRIMINALI e schiaccianti», ha dichiarato Greene su X, in un posto che per qualche motivo la piattaforma non consente di condividere qui. «I vaccini infantili stanno causando una crisi sanitaria. Dovrebbero essere vietati immediatamente».
Il cardiologo texano Peter McCullough ha sottolineato nel documentario che i risultati sono ancora più significativi in quanto Zervos e Henry Ford Health sono favorevoli ai vaccini.
Lo studio è accessibile, in lingua inglese, sul sito del Senato USA.
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I bambini non vaccinati sono più sani di quelli vaccinati: ricerca mai pubblicata

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