Geopolitica
L’UE respinge la «legittimità democratica» di Maduro
I ministri degli Esteri dell’UE hanno concordato che non riconosceranno la «legittimità democratica» del presidente venezuelano Nicolas Maduro dopo le elezioni del mese scorso, ha dichiarato giovedì in una conferenza stampa il responsabile della politica estera dell’Unione, Josep Borrell.
Il Ministero degli Esteri venezuelano ha già condannato il mancato rispetto da parte dell’UE della sovranità e dell’indipendenza della nazione sudamericana e ha avvertito che ciò potrebbe influire notevolmente sulle relazioni diplomatiche.
Maduro ha vinto il 52% dei voti alle elezioni presidenziali di luglio, assicurandosi un terzo mandato. L’opposizione, tuttavia, ha sostenuto che il voto è stato truccato. Il principale rivale di Maduro, Edmundo Gonzalez, sostenuto dall’Occidente, è stato ufficialmente riconosciuto dagli Stati Uniti come presidente eletto del Venezuela all’inizio di questo mese.
Secondo Borrell, che ha affermato che Gonzalez è stato invitato a partecipare all’incontro dell’UE, i ministri hanno preso questa decisione poiché il Consiglio elettorale nazionale del Venezuela (CNE) non ha risposto alle sue richieste di fornire dati credibili.
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Il 28 luglio il CNE ha dichiarato che Maduro ha ufficialmente vinto le elezioni presidenziali del Paese e ha ratificato la sua vittoria.
Russia, Cina e gli alleati regionali di Caracas si sono congratulati con il presidente in carica per la sua vittoria. Tuttavia, l’opposizione venezuelana, la maggior parte degli stati latinoamericani e le nazioni del G7 hanno rifiutato di riconoscere i risultati, esprimendo “serie preoccupazioni” sull’integrità del processo elettorale.
«Non possiamo accettare la legittimità di Maduro come presidente eletto», ha detto il Borrell ai giornalisti a Bruxelles. “Resterà presidente, di fatto… Ma neghiamo la legittimità democratica sulla base di un risultato che non può essere verificato», ha affermato il diplomatico, sottolineando che la decisione di giovedì è una «forte dichiarazione» da parte dell’UE.
Euronews ha citato una fonte diplomatica secondo cui non c’è consenso tra i ministri dell’UE nel riconoscere la vittoria elettorale di Gonzales.
Caracas ha aperto un’indagine penale contro Gonzales e altri leader dell’opposizione per aver incitato all’«insurrezione» con false affermazioni di vittoria elettorale e appelli a disordini di piazza.
Secondo il governo, più di 20 persone sono state uccise e più di 190 sono rimaste ferite nelle rivolte legate alle elezioni, mentre più di 2.400 persone sono state arrestate.
Caracas ha accusato Washington di pianificare un altro colpo di stato in Venezuela. Allo stesso modo, gli Stati Uniti hanno rifiutato di riconoscere le elezioni del 2018 e hanno riconosciuto il legislatore Juan Guaidó come «presidente ad interim», arrivando persino a confiscare l’oro venezuelano e altri beni a suo vantaggio.
L’opposizione venezuelana ha votato per sciogliere il suo «governo ad interim» nel dicembre 2022, dopodiché Guaidó è di fatto sparito dalle cronache.
Come riportato da Renovatio 21, gli USA hanno offerto di ritirare le accuse di «narcoterrorismo» contro Maduro se il presidente venezuelano trasferisse il potere ai suoi oppositori politici.
Maduro ha accusato di colpo di Stato a Caracas gli USA ed Elon Musk, del quale ha sospeso nel Paese l’accesso alla piattaforma social X ex Twitter.
Il presidente venezuelano ha dichiarato che non vi sarà «nessun perdono» per la protesta contro il risultato elettorale.
Nel frattempo Maduro ha dichiarato guerra anche a Whatsapp, disinstallando l’app definita come «imperialismo tecnologico» in diretta TV.
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Immagine di Eneas de Troya via Flickr pubblicata su licenza CC BY 2.0
Geopolitica
La polizia fa irruzione in una discoteca in Ucraina per una canzone russa
🇺🇦 Russian track — police raid The reason for the law enforcement visit to one of Odessa’s nightclubs was a song in Russian. It is about the track “Glamour” by Belarusian artist Uniqe, to which the club visitors started singing along en masse. The recording of this moment… pic.twitter.com/bANutwA9UU
— Zlatti71 (@Zlatti_71) November 2, 2025
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Geopolitica
Orban: Tusk ha trasformato la Polonia in vassallo di Bruxelles
Secondo il primo ministro ungherese Vittorio Orban, il leader polacco Donald Tusk ha trasformato il suo paese in un «vassallo di Bruxelles» ed è diventato «uno dei più rumorosi guerrafondai» d’Europa, nonostante la crescente stanchezza dei polacchi nei confronti del conflitto in Ucraina.
Sabato Orban ha pubblicato queste dichiarazioni su X, sostenendo che la retorica bellicosa di Tusk sul conflitto era un tentativo di distrarre i polacchi dai problemi interni.
«È diventato uno dei più rumorosi guerrafondai d’Europa, eppure la sua politica di guerra sta fallendo: l’Ucraina sta esaurendo i fondi europei e il popolo polacco è stanco della guerra», ha scritto l’Orban. «Non può cambiare rotta perché ha trasformato la Polonia in un vassallo di Bruxelles».
Prime Minister @donaldtusk has launched another attack against Hungary.
He is doing this because he is in big trouble at home. His party lost the presidential election, his government is unstable, and he is trailing in the polls. Together with @ManfredWeber, he has become one of…
— Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) November 1, 2025
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All’inizio della settimana, Tusk si è scagliato contro Orban durante un’intervista televisiva, sostenendo che per il primo ministro ungherese «Bruxelles, la democrazia e uno stato di diritto trasparente sono un problema».
Secondo un sondaggio pubblicato lunedì dall’emittente pubblica TVP, oltre la metà dei polacchi disapprovava l’operato di Tusk come primo ministro. Con la sua popolarità in calo, la sua coalizione ha perso le elezioni presidenziali di inizio anno contro il conservatore Karol Nawrocki, sostenuto dal partito di opposizione PiS.
Nonostante il crescente sentimento anti-ucraino in patria, Tusk ha esortato i membri dell’UE a continuare a finanziare Kiev con tutti i mezzi necessari. «Dobbiamo riconoscere che questa è la nostra guerra», ha dichiarato a un forum sulla sicurezza a Varsavia a settembre.
Orban ha a lungo sfidato l’UE sul suo sostegno militare all’Ucraina, rifiutandosi di inviare armi e sostenendo che i «burocrati guerrafondai di Bruxelles» stanno trascinando Budapest in un conflitto totale con la Russia.
All’inizio di quest’anno, il blocco ha accelerato il suo rafforzamento militare, investendo massicciamente nella produzione congiunta di armi con l’Ucraina, citando la presunta minaccia della Russia, accuse che Mosca ha respinto.
Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni il ministro degli Esteri di Budapest Pietro Szijjarto aveva accusato Tusk di «difendere i terroristi» in seguito alla sua richiesta di sospendere le indagini tedesche sul sabotaggio del gasdotto Nord Stream.
Immagine di © European Union, 1998 – 2025 via Wikimedia riprodotta secondo indicazioni
Geopolitica
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