Geopolitica
Il Cremlino reagisce alla eventuale candidatura a presidente USA di Kamala Harris

Mosca non può prevedere quale sarà l’approccio di Kamala Harris alla Russia se verrà nominata candidata del Partito Democratico alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti, ha affermato il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov.
La Harris non ha svolto alcun ruolo significativo nelle relazioni bilaterali come vicepresidente degli Stati Uniti, fatta eccezione per alcune osservazioni «ostili», ha ricordato il portavoce.
Poco dopo aver reso pubblica la sua decisione di ritirarsi dalla corsa elettorale, Biden ha appoggiato la vicepresidente Harris come candidata del Partito Democratico.
Parlando ai media oggi, Peskov ha detto che «al momento, non possiamo valutare la potenziale candidatura della signora Harris in termini delle nostre relazioni bilaterali, perché finora non è stato notato alcun contributo da parte sua».
Le dichiarazioni rilasciate da Harris sulla Russia fino ad oggi «sono state piene di retorica piuttosto ostile nei confronti del nostro Paese», ha aggiunto Peskov. «Non abbiamo registrato altre azioni da parte sua, positive o negative, in merito alle nostre relazioni bilaterali».
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Secondo Peskov, il ritiro di Biden dalla corsa presidenziale «non può essere un argomento prioritario nella nostra agenda» poiché non è una questione interna russa. «Non spetta a noi valutare le decisioni prese dal presidente» degli Stati Uniti «e dai candidati», ha detto il rappresentante del Cremlino ai giornalisti. Tali sviluppi recenti «dovrebbero preoccupare gli elettori statunitensi», ha affermato il Peskov.
Alla domanda se la leadership russa fosse sorpresa dalla decisione di Biden di ritirarsi dalla corsa, Peskov ha risposto: «francamente, ciò che è accaduto negli Stati Uniti negli ultimi anni ci ha insegnato a non sorprenderci di nulla».
Mosca «non è rimasta molto sorpresa», ha precisato, aggiungendo che la Russia sta seguendo da vicino il modo in cui si sta svolgendo la corsa presidenziale negli Stati Uniti. Peskov ha osservato che il Cremlino fa lo stesso rispetto a «tutti gli altri principali Paesi del mondo».
Peskov aveva già chiarito in precedenza che Mosca ha altre priorità e non può aspettare l’esito delle elezioni presidenziali statunitensi. «Per noi, raggiungere gli obiettivi dell’operazione militare speciale [contro l’Ucraina] è una priorità», ha detto domenica sera alla testata russa Life.
Il portavoce ribadito la valutazione fatta all’inizio di quest’anno dal presidente Vladimiro Putin, il quale aveva lasciato intendere che avrebbe preferito che il «più prevedibile» Biden avesse avuto la meglio.
Peskov ha sottolineato che mancano ancora quattro mesi alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, descrivendolo come «un lungo periodo, durante il quale molte cose possono cambiare».
La visita di Kamala Harris alla conferenza sulla Sicurezza di Monaco nel febbraio 2022, dove ha incoraggiato lo Zelens’kyj che aveva cominciato a parlare di riarmo nucleare di Kiev, è considerata da alcuni come uno dei fattori che hanno portato la situazione a precipitare facendo scoppiare dopo poche ore la guerra in Est Europa che ancora, dopo centinaia di migliaia di vittime, non si è ancora conclusa.
«Da quando la Russia ha lanciato la sua guerra per procura contro l’Ucraina quasi otto anni fa, il popolo ucraino ha sofferto immensamente: quasi 14.000 persone uccise, più di un milione di sfollati e quasi 3 milioni bisognosi di aiuti» dichiarava la vicepresidente USA nel suo discorso, con un ribaltamento da capolavoro chirale: non è la pulizia etnica di Kiev che ha ucciso 14 mila russofoni in Donbass, ma l’Ucraina che ha visto soffrire la sua popolazione. Per Kamala, insomma, il Donbass non solo è Ucraina, ma è abitato da ucraini che patiscono a causa di Mosca.
Una tale mistificazione che manipola e ribalta la realtà ha avuto negli ultimi tempi un termine gergale specifico sui media americani: gaslighting. Del resto, abbiamo visto che il lavaggio del cervello occidentale sulla guerra ucraina è arrivato persino all’indicibile apologia dei soldati nazisti sulla «stampa democratica» di mezzo mondo.
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«E vorrei essere chiara» aveva continuato a Monaco il 19 febbraio 2022 la Harris.« Posso dire con assoluta certezza: se la Russia invadesse ulteriormente l’Ucraina, gli Stati Uniti, insieme ai nostri alleati e partner, imporrebbero costi economici significativi e senza precedenti». Seguirono gli applausi dei presenti e, 36 ore dopo, l’inizio dell’Operazione Militare Speciale di Mosca in Ucraina.
Per quanto riguarda le sanzioni «senza precedenti», lo abbiamo visto: hanno danneggiato più l’Occidente – con 1,5 trilioni di dollari persi dall’economia europea dal loro lancio – che non la Russia.
È uno dei tanti capolavori di Kamala, l’unico personaggio considerato in America ancora più invotabile di Biden. In molti nel giro di Trump sostengono che la scelta della Harris sarebbe ottimale, perché è definita come candidato improbabile e perennemente inviso agli elettori, tenuto in piedi solo dalle scelte indotte sul politicamente corretto riguardo a sesso e razza.
Che la sicumera che ostentano sia, in realtà, la certezza di riuscire a truccare ancora le elezioni e fare eleggere un personaggio ancora più confuso e impopolare di Biden?
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Geopolitica
Orban: Bruxelles vuole la guerra per imporre un debito comune e prendersi ancor più potere

Brussels wants war to impose a common debt and seize more power, stripping competences from the member states. The arms industry wants war for profit. Meanwhile, powerful lobbies want to exploit war to expand their influence. In the end, everyone is trying to cook their own meal… pic.twitter.com/9GPzyH5SCS
— Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) October 2, 2025
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Brussels has chosen a strategy of wearing Russia down through endless war. This means pouring billions into Ukraine, sacrificing Europe’s economy, and sending hundreds of thousands to die at the front.
❌ Hungary rejects this. Europe must negotiate for peace, not pursue endless… pic.twitter.com/iA5LmpuDLI — Orbán Viktor (@PM_ViktorOrban) October 2, 2025
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Geopolitica
Il Venezuela segnala un volo «illegale» di un F-35 USA vicino ai suoi confini

Il Venezuela ha accusato gli Stati Uniti di aver effettuato voli «illegali» con caccia F-35 vicino ai suoi confini, in un contesto di crescenti tensioni nei Caraibi.
Il ministro degli Esteri Yvan Gil Pinto ha dichiarato che l’«incursione illegale» è stata rilevata giovedì a circa 75 chilometri dalla costa, vicino alla città di Maiquetia. Ha definito le manovre una «provocazione che minaccia la sovranità nazionale e viola il diritto internazionale».
Il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez ha riferito che almeno cinque F-35 sono stati avvistati in volo a una velocità di 400 nodi e a un’altitudine di 35.000 piedi, sottolineando che si tratta della prima volta che aerei di questo tipo sono stati impiegati nella regione.
Le tensioni sono aumentate il mese scorso, quando gli Stati Uniti hanno intercettato quattro imbarcazioni venezuelane in acque internazionali, accusate di trasportare presunti trafficanti di droga.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha successivamente dispiegato una flotta navale nella regione, accusando Caracas di collaborare con cartelli «narco-terroristici» per colpire gli Stati Uniti. Il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha respinto le accuse, promettendo di difendere il suo Paese da qualsiasi aggressione.
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Lunedì, il New York Times ha riportato che i principali collaboratori di Trump lo hanno esortato a destituire Maduro. Il presidente statunitense ha negato piani per un cambio di regime, pur avendo imposto dure sanzioni al Venezuela durante il suo primo mandato.
La Casa Bianca accusa da tempo Maduro di guidare una rete di narcotrafficanti nota come «Cartel de los Soles», sebbene non vi siano prove schiaccianti o prove concrete che lo dimostrino, tuttavia lo scorso anno gli USA sono arrivati a sequestrare un aereo presumibilmente utilizzato dal presidente di Caracas. È stato anche accusato di aver trasformato l’immigrazione in un’arma, sebbene Maduro si sia mostrato pronto a dialogare con le delegazioni diplomatiche americane sulla questione.
Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno Maduro aveva dichiarato che Washington ha aperto il suo libretto degli assegni a una schiera di truffatori e bugiardi per destabilizzare il Venezuela, quando gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere le elezioni del 2024 in Venezuela.
Secondo Maduro, almeno 125 militanti provenienti da 25 Paesi sono stati arrestati dalle autorità venezuelane. Aveva poi accusato Elone Musk di aver speso un miliardo di dollari per un golpe in Venezuela. Negli stessi mesi si parlò di un piano di assassinio CIA di Maduro sventato.
Settimane fa il presidente venezuelano ha definito il premier britannico Keir Starmer come «pazzo diabolico». I rapporti sono tesi anche con Buenos Aires, con Milei a chiedere alla Corte Penale Internazionale l’arresto del Maduro.
Due settimane fa l’account di Maduro è stato rimosso da YouTube.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Jeffrey Sachs: USA «regime fantoccio» di Israele, Washington «governo del Mossad»

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