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Economia

Banche centrali e fondi sovrani stanno acquistando oro e se lo tengono stretto

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L’oro sta riprendendo il suo posto nella scena dell’economia globale.

 

Il Global Sovereign Asset Management Study di quest’anno, l’indagine annuale sulle partecipazioni e gli stratagemmi di quasi 60 banche centrali e ancora più fondi sovrani da parte della società di investimento Invesco, ha attirato l’attenzione dell’agenzua Reuters e del Financial Times.

 

Tra l’impatto dell’inflazione e le sanzioni economiche occidentali, le banche centrali hanno effettuato acquisti record di oro nel 2022 e nel 1° trimestre del 2023 –Cina, Turchia, Singapore, India e Paesi del Medio Oriente sono gli unici nomi riportati in questi resoconti stampa.

 

Non vi è, in realtà, alcuna sorpresa: il sondaggio ha anche rilevato che una «quota sostanziale» delle banche centrali intervistate non solo acquista oro, ma mantiene le proprie riserve auree in patria, dopo il precedente della Russia che ha visto metà delle sue riserve sequestrate a causa delle sanzioni occidentali.

 

Solo il 50% deteneva il proprio oro in casa nel 2020; ora lo fa il 68% delle banche centrali intervistate.

 

Le disponibilità in oro di altre banche centrali della Banca d’Inghilterra sono diminuite del 12% dal 2021, un calo sorprendentemente basso, considerando che la Banca d’Inghilterra ha sequestrato le riserve auree del Venezuela che aveva immagazzinato, una battaglia che sta continuando presso l’Alta Corte di Londra.

 

Come riportato da Renovatio 21, un anno fa, nel mezzo delle ramificazioni degli sconvolgimenti monetari globali seguiti alle sanzioni antirusse, si era parlato di un nuovo rublo basato sull’oro.

 

In passato era stato riportato che personale russo avesse lavorato in passato alla creazione del Petro, la proposta criptovaluta venezuelana basata sulla principale risorsa nazionale di Bogotà, il petrolio.

 

 

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Economia

Nvidia supera quota 5 trilioni di dollari

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Il gigante tecnologico statunitense Nvidia ha toccato la capitalizzazione di mercato record di 5 trilioni di dollari. Il risultato è stato raggiunto dopo che il presidente USA Donald Trump ha annunciato l’intenzione di discutere con il presidente cinese Xi Jinping i chip Blackwell di Nvidia.

 

I leader delle due principali economie mondiali cercheranno di ridurre le tensioni in un incontro previsto per giovedì. «Mi aspetto di allentare la pressione perché credo che ci aiuteranno sulla questione del fentanyl», ha dichiarato Trump ai giornalisti mentre si recava in Corea del Sud mercoledì.

 

I titoli Nvidia sono saliti del 5,2%, attestandosi a 211,47 dollari, portando l’azienda oltre la soglia dei 5 trilioni di dollari appena quattro mesi dopo aver superato i 4 trilioni. Il CEO Jensen Huang ha recentemente svelato una serie di partnership, in un contesto di domanda globale in forte crescita per le tecnologie di intelligenza artificiale.

 

«Agli investitori è stato insegnato a ignorare le valutazioni dell’IA, e se le scommesse sull’IA si materializzeranno, allora quelle valutazioni saranno probabilmente giustificate, anche se alcune potrebbero rivelarsi difficili da sostenere», ha detto a Bloomberg Dan Eye, Chief Investment Officer di Fort Pitt Capital Group. Ha segnalato la crescente concorrenza di Advanced Micro Devices e Broadcom, oltre alla spinta cinese per sviluppare chip IA propri, come potenziali rischi.

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«Nvidia detiene attualmente oltre il 90% della quota di mercato, e questa percentuale è destinata a calare piuttosto che a salire», ha aggiunto Eye.

 

Martedì mattina, il colosso tecnologico Apple ha superato i 4 trilioni di dollari di valore di mercato, diventando la terza azienda a raggiungere tale livello dopo Nvidia e Microsoft. I guadagni derivano da una domanda superiore alle attese per gli ultimi iPhone, con le azioni in aumento di circa il 25% negli ultimi tre mesi.

 

La ripresa di Apple rappresenta un’inversione dopo un avvio d’anno complicato, gravato da dazi e tensioni nella filiera. Gli analisti restano tuttavia divisi sulla strategia a lungo termine dell’azienda in ambito Intelligenza Artificiale.

 

Come riportato da Renovatio 21, Nvidia nel giugno 2024 era diventata la seconda azienda più capitalizzata al mondo, con il titolo di NVIDIA in Borsa a dare performance davvero invidiabili: il prezzo delle azioni era salito del 47% nei primi mesi del 2024.

 

Nell’ambito delle tensioni con la Repubblica Popolare Cinese su Taiwan, il governo degli Stati Uniti aveva detto a NVIDIA di interrompere immediatamente la spedizione di alcuni dei suoi chip di Intelligenza Artificiale di fascia alta in Cina.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato NVIDIA ha annunziato un piano per la produzione di «robot umanoidi» basati sull’Intelligenza Artificiale.

 

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Immagine di NVIDIA Taiwan via Wikimedia pubblicata su licenza  Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Economia

Goldman Sachs: l’Occidente è indietro di un decennio rispetto alla Cina per quanto riguarda le terre rare

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Goldman Sachs ha avvertito che l’Occidente potrebbe impiegare fino a un decennio per contrastare il dominio cinese nel settore delle terre rare. Questi minerali, indispensabili per la maggior parte delle tecnologie contemporanee, restano al centro di una controversia commerciale tra Washington, l’UE e Pechino.   Secondo i dati dell’Agenzia internazionale per l’energia e degli analisti del settore, la Cina gestisce oltre il 90% della raffinazione globale delle terre rare e il 98% della produzione complessiva di magneti.   Sebbene la Cina estragga circa i due terzi dei minerali di terre rare mondiali, controlla anche le fasi di lavorazione e manifattura che li trasformano in componenti utilizzabili.   «Ci vorranno anni per sviluppare catene di approvvigionamento autonome in Occidente», ha dichiarato Daan Struyven, co-responsabile della ricerca globale sulle materie prime di Goldman Sachs, in un podcast di martedì. Ha calcolato che occorreranno circa dieci anni per realizzare una miniera e circa cinque anni per una raffineria.   Ad aprile, la Cina ha introdotto controlli sulle esportazioni di vari elementi delle terre rare impiegati in applicazioni militari, motivandoli con esigenze di sicurezza nazionale e tutela delle risorse strategiche. All’inizio del mese, ha inasprito le norme con licenze più rigorose e clausole extraterritoriali, colpendo soprattutto le forniture destinate all’industria della difesa e dei semiconduttori statunitense.   Gli analisti interpretano le restrizioni di Pechino come una replica alle limitazioni imposte da Washington sui semiconduttori avanzati e sulle attrezzature per chip, in vigore dalla fine del 2022, che hanno compreso il sequestro di uno stabilimento di produzione di chip cinese da parte del governo olandese sotto pressione USA.

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Queste misure intendono ostacolare lo sviluppo cinese di chip di alta gamma che potrebbero potenziare le sue capacità militari e di intelligenza artificiale.   Il presidente statunitense Donald Trump ha affermato che i due Paesi sono «di fatto in una guerra commerciale» e ha minacciato dazi aggiuntivi del 100% sui prodotti cinesi a partire da novembre. La Cina ha giurato di «combattere fino alla fine».   Come riportato da Renovatio 21, in questi giorni Trump ha raggiunto accordi sulle terre rare con l’Australia.   Il ministero del Commercio cinese ha annunciato il 9 ottobre che imporrà controlli sulle esportazioni di tecnologie legate alle terre rare per proteggere la sicurezza e gli interessi nazionali.   Come riportato da Renovatio 21, nel 2024 i dati mostravano che i profitti sulla vendita delle terre rare cinesi erano calati. È noto che Pechino sostiene l’estrazione anche illegale delle sostanze anche in Birmania.   Secondo alcune testate, tre anni fa vi erano sospetti sul fatto che il Partito Comunista Cinese stesse utilizzando attacchi informatici contro società di terre rare per mantenere la sua influenza nel settore.   Le terre rare, considerabili come sempre più necessarie nella corsa all’Intelligenza Artificiale, sono la centro anche del turbolento accordo tra l’amministrazione Trump e il regime di Kiev.  

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Economia

Fico: le politiche dell’UE costringeranno gli slovacchi a «riscaldarsi a legna»

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Le politiche «assurde» dell’UE obbligheranno i cittadini slovacchi a riscaldarsi bruciando legna, riportando il Paese «agli anni ’30», ha avvertito il primo ministro slovacco Robert Fico.

 

Durante una conferenza stampa tenuta domenica, Fico ha attaccato il sistema di scambio di quote di emissione per edifici e trasporti su strada (ETS2), che entrerà pienamente in vigore nel 2027.

 

Il controverso meccanismo estende le regole UE sul commercio di quote di CO2 a famiglie e veicoli. Fico prevede che ciò causerà un ulteriore rialzo dei prezzi del gas, già elevati a causa del rifiuto dell’UE di accedere all’energia russa a costi accessibili.

 

«Torneremo agli anni Trenta e Quaranta, con le nostre valli e i nostri villaggi avvolti dal fumo», ha dichiarato Fico.

 

Il primo ministro ha ricordato che la Slovacchia ha investito anni per estendere l’accesso al gas alle famiglie. Un nuovo aumento dei prezzi del carburante spingerebbe le persone a ricorrere a metodi di riscaldamento antiquati, con conseguente maggiore inquinamento, ha argomentato.

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Un’azione di lobbying congiunta della Slovacchia e di oltre una dozzina di altri Stati membri UE ha ottenuto questo mese la promessa della Commissione europea di esplorare «ulteriori modi per rafforzare la stabilità e la prevedibilità» dei prezzi dell’energia prima dell’introduzione dell’ETS2.

 

La Commissione Europea mira a ridurre le emissioni di gas serra del 90% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2040. L’UE intende inoltre eliminare completamente le importazioni dalla Russia nell’ambito della sua politica di sanzioni legate all’Ucraina.

 

Critici come Fico sostengono che queste misure siano irrealistiche e autodistruttive, poiché compromettono la competitività industriale dell’Europa e aumentano il costo della vita in tutti gli Stati membri.

 

Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi anni il ritorno alla legna per scaldarsi, dopo l’esplosione dei prezzi dovuti alla guerra ucraina e all’esclusione del gas russo, era già stata prevista in Polonia (con l’invito ai cittadini di raccogliere legna da ardere vista la scarsità anche del carbone) e in Germania: la regressione tedesca è stata tale che ad un certo punto, scrisse un’analisi Deutsche Bank, si era cominciato a parlare nel Paese della fornitura di legna da ardere per passare l’inverno.

 

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