Gender
Quando la nazionale femminile USA di calcio perse 12 a zero contro una squadra maschile di quarta divisione
Un mese fa in Nord Carolina si è svolto un torneo calcistico a cui hanno partecipato 32 squadre, costruito sull’esempio dei mondiali FIFA.
In una delle partite amichevoli, la nazionale femminile di calcio USA lo scorso mese ha affrontato il Wrexham FC, una squadra gallese che gioca però nel sistema inglese in Football League Two, cioè la quarta divisione del campionato inglese – parliamo di atleti maschi, qui. In pratica, la nostra Lega Pro Seconda Divisione, o la C-2, o forse addirittura la serie D.
In palio il torneo aveva messo un premio da un milione di dollari. Il che forse spiega la grinta con cui una delle atlete americane, la centravanti O’Reilly ha arringato prima della partita con i colleghi uomini.
La partita è finita 12-0. Ad una certa, è perfettamente visibile che i maschietti, pur avendo davanti una squadra già campione del mondo del calcio femminile, nemmeno più si impegnano. Tirano un po’ a caso, camminano.
Parimenti, è possibile osservare, e con un certo sconcerto, come a molte azioni manchi qualcosa: nei momenti in cui ci si attende per legge naturale una scivolata, un tackle, magari addirittura una maglia trattenuta, non accade nulla: le campionesse statunitensi, magnanime, lasciano gli uomini inglesi scorrazzare per il campo e fare, sia pur svogliatamente, i loro porci comodi.
In rete abbondano gli articoli che cercano di ridimensionare l’umiliante evento. Era un’amichevole, anzi si trattava di vecchie glorie, non c’erano le star, insomma se credete davvero che la nazionale femminile americana abbia perso contro una squadretta del Galles, ebbene, non solo non avete capito niente, ma siete proprio bigotti.
Se un dato numerico come 12-0 è opinabile, vi forniamo un altro dato, direttamente dalla lettura della Sanità americana: il testosterone, l’ormone che crea i muscoli che negli uomini è anche secreto, oltre che da altre parti del corpo, dai testicoli (che al momento le donne non hanno: ma è, ci rendiamo conto, un’opinione controversa) circola nei maschi in età puberale in quantità superiore di 15 volte rispetto a quella secreta dalle femmine della stessa età.
Il che significa, una differenza biochimica, e biologica – muscolo-scheletrica, istologica, biomeccanica – abissale tra i due sessi.
Basterebbe questo a spiegare tante cose: tuttavia lo sport è ancora ostaggio del transessualismo inflittoci sempre più spudoratamente dalla cima della piramide, per cui si fanno gareggiare contro le donne individui che hanno avuto uno sviluppo basato su una quantità di benzina muscolare 15 volte superiore.
Come riportato da Renovatio 21, la Federazione Internazionale del Nuoto aveva provato a dire che i transessuali che avevano fatto la pubertà da maschio erano esclusi dalle competizioni da donna. Questa trovata non risolve nulla, anzi crea un altro problema: aumenterà, e senza dubbio, il numero di piccolo atleti confusi a cui danno i bloccanti per la pubertà come il Lupron, che è, sì, l’ormone sintetico che si usa per la castrazione chimica dei pedofili.
La situazione è questa. E non ci è possibile nemmeno ridere di partite come questa – anche perché, solo guardando un montaggio dei goal – ci rendiamo conto della noia mortale che genera.
Immagine screenshot da YouTube
Gender
La prima donna primo ministro del Giappone si oppone al «matrimonio» omosessuale
La nuova prima ministra giapponese, Sanae Takaichi, prima donna a ricoprire questa carica, si oppone al «matrimonio» omosessuale.
Takaichi, insediatasi martedì, ha espresso durante un dibattito elettorale dello scorso mese la sua contrarietà al «matrimonio» omosessuale, pur definendo «giusta» una relazione omosessuale, secondo il sito di informazione LGBT Them.
Nel 2023, durante una riunione della commissione bilancio del governo, ha descritto la legalizzazione del «matrimonio» omosessuale come una «questione estremamente complessa», citando un articolo della costituzione giapponese che definisce il matrimonio come basato sul «consenso reciproco di entrambi i sessi».
Le posizioni di Takaichi sul «matrimonio» omosessuale, non legale in Giappone, sono in contrasto con l’opinione pubblica del Paese, prevalentemente laica. Un sondaggio Pew del 2023 ha rilevato che circa il 70% dei giapponesi sostiene il «matrimonio» omosessuale, il tasso di approvazione più alto tra i Paesi asiatici analizzati.
Diverse città e località giapponesi emettono «certificati di unione» per le coppie omosessuali. Ad esempio, nel 2015 il distretto di Shibuya a Tokyo ha approvato una normativa che riconosce le coppie omosessuali «come partner equivalenti a quelli sposati per legge».
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Inoltre, l’anno scorso un’Alta corte giapponese ha stabilito che il divieto del codice civile sul «matrimonio» omosessuale viola il principio costituzionale contro la discriminazione basata su «razza, credo, sesso, status sociale o origine familiare». Tuttavia, le Alte corti giapponesi non possono abrogare il divieto, rendendo la sentenza simbolica.
Paradossalmente, nonostante sia la prima donna a capo del governo giapponese, l’amministrazione di Takaichi è stata criticata dalla sinistra come un ostacolo per la «parità di genere» e i «diritti delle minoranze sessuali». L’emittente pubblica americana PBS News l’ha definita «non femminista».
Takaichi sostiene la successione esclusivamente maschile della famiglia imperiale, che ha un ruolo cerimoniale, e si oppone alla possibilità per le coppie sposate di mantenere cognomi separati, sostenendo che ciò potrebbe «minare la struttura sociale basata sulle unità familiari». Tuttavia, non insiste sul fatto che la donna debba adottare il cognome del marito. Curiosamente, il marito di Takaichi, il politico LDP Taku Yamamoto, ha preso il suo cognome quando si sono risposati, per cui ora legalmente si chiama Taky Takaichi
«La nascita della prima donna primo ministro giapponese è storica, ma (Takaichi) rappresenta un’ombra per la parità di genere e i diritti delle minoranze sessuali», ha dichiarato a PBS Soshi Matsuoka, attivista LGBT. «Le opinioni di Takaichi su genere e sessualità sono estremamente conservatrici e potrebbero costituire un grave ostacolo per i diritti, in particolare per le minoranze sessuali».
Il Giappone resta uno dei pochi Paesi sviluppati, insieme a Paesi come Corea del Sud e Repubblica Ceca, a non aver legalizzato il «matrimonio» omosessuale.
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Immagine di 内閣広報室|Cabinet Public Affairs Office via Wikimedia pubblicata su licenza Attribution 4.0 International
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Il Parlamento austriaco vieta il linguaggio «inclusivo di genere» nelle sue comunicazioni ufficiali
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Il transgenderismo è in declino tra i giovani americani: «una moda in declino»
Un recente rapporto indica un calo nell’identificazione transgender tra i giovani americani, dopo il picco registrato durante l’amministrazione Biden.
Il rapporto, intitolato «The Decline of Trans and Queer Identity among Young Americans», redatto dal professor Eric Kaufmann, analizza i dati di studenti universitari negli Stati Uniti attraverso sette fonti.
I risultati mostrano che l’identificazione transgender è scesa a circa la metà rispetto al massimo raggiunto nel 2023, passando dal 7% al 4%.
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Tra il 2024 e il 2025, meno studenti universitari del primo anno si sono identificati come «trans o queer» rispetto agli studenti dell’ultimo anno, invertendo la tendenza osservata nel 2022-2023.
Anche l’identificazione come «non binario» (né uomo né donna) è diminuita della metà in tre delle cinque fonti di dati dello studio. L’identificazione eterosessuale è in aumento, pur rimanendo inferiore rispetto al 2020, mentre quella gay e lesbica è rimasta stabile.
«Questo suggerisce che la non conformità di genere/sessuale continuerà a diminuire», ha scritto Kaufmann su X, commentando i risultati, definendo l’identità transgender e queer una «moda» ormai in declino.
«Il calo delle persone trans e queer sembra simile allo svanire di una tendenza», ha affermato, sottolineando che tale cambiamento è avvenuto indipendentemente dalle variazioni nelle convinzioni politiche o nell’uso dei social media, ma con un ruolo significativo del miglioramento della salute mentale.
«Gli studenti meno ansiosi e, soprattutto, meno depressi [sono] associati a una minore percentuale di identificazioni trans, queer o bisessuali», ha aggiunto.
Come riportato da Renovatio 21, gennaio, il presidente Trump – che prima di rientrare alla Casa Bianca aveva promesso di fermare la «follia transgender» dal primo giorno della sua presidenza –ha firmato un ordine esecutivo per vietare al governo federale di finanziare o promuovere la transizione di genere nei minori. «Questa pericolosa tendenza sarà una macchia nella storia della nostra nazione e deve finire», ha dichiarato.
Sono seguiti interventi dell’amministrazione Trump contro il reclutamento di trans nell’esercito (nonché la cacciata dei già recluati) e la partecipazione di transessuali maschi alle gare sportive delle donne. «la guerra allo sport femminile è finita» ha dichiarato il presidente americano.
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Secondo il Williams Institute, il 76% delle persone transgender (circa 2,8 milioni) ha meno di 35 anni, di cui il 25% (724.000) è tra i 13 e i 17 anni. Il rapporto evidenzia che la composizione razziale delle persone transgender riflette quella degli Stati Uniti. Circa un terzo si identifica come donna, un terzo come uomo e un terzo come non binario.
Dal 2022, il Williams Institute stima che il numero di persone transgender sia cresciuto da 1,6 milioni a 2,8 milioni, un aumento del 75% in tre anni.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa uno studio dell’ente americano Public Religion Research Institute (PRRI) aveva rivelato che più di un americano su quattro (28%) di età compresa tra 18 e 25 anni, nota come Generazione Z, si è identificato come LGBT.
La «moda» ora può essere finita. Tuttavia, ci chiediamo: quale ne è stato il prezzo?
Quanti ragazzi castrati per sempre? Quante ragazze mutilate dei seni? Quanti adolescenti intossicati di steroidi sintetici? Quante famiglie lacerate e distrutte?
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