Gender
La marcia Drag canta: «stiamo a venendo a prendere i vostri figli»
A New York, capitale dell’orgoglio LGBT – la città dove è partita la rivendicazione omosessualista dopo la rivolta violenta dello Stonewall Inn – stanno andando in scena gli ultimi eventi del giugno del Pride, 30 giorni di festa LGBT: perché non si sono accontentati di una festività di un giorno, ma si sono presi un intero mese.
I partecipanti di un evento dello scorso sabato hanno sfilato attraverso il Tompkins Square Park nell’East Village.
Qui, secondo il New York Post e alcuni video circolanti online, l’usuale folla variopinta (tra cui, una donna, non bellissima, in topless) ha scandito un canto piuttosto inquietante: «We’re here, we’re queer, we’re coming for your children».
«Siamo qui, siamo queer, stiamo venendo a prendere i vostri figli».
NYC Drag Marchers chant “we’re here, we’re queer, we’re coming for your children” https://t.co/ucK1qM4fv5 pic.twitter.com/OhBguhWwZY
— Timcast News (@TimcastNews) June 24, 2023
«Queer» è un termine ombrello caro agli LGBT con cui in inglese si può tradurre, secondo il dizionario online Wordreference, «omosessuale», «frocio», «finocchio», «culattone», «gay», «non eterosessuale». È un termine offensivo, pare di capire, o forse no.
Di fatto, al di là dell’autodefinizione che dà di se stessa, l’orda arcobaleno ha irritato varie figure conservatrici per questa cosa dell’andare a prendere i figli della gente.
«Questo movimento spinge i minori a sottoporsi a mastectomie e castrazione e alimenta un’industria di abusi sui minori medici da molti miliardi di dollari», ha twittato l’indomita deputata ultratrumpiana della Georgia Marjorie Taylor Greene.
“We’re here we’re queer and we’re coming for your children!”
This movement grooms minors to have mastectomies and castration and fuels a multi billion dollar medical child abuse industry.
Pass the Protect Children’s Innocence Act.
Let kids be kids.
— Rep. Marjorie Taylor Greene???????? (@RepMTG) June 24, 2023
«Ricordate quella cosa che hanno detto che non stanno assolutamente facendo?» ha twittato Jenna Ellis, che per breve tempo è stata membro del team legale dell’ex presidente Donald Trump.
Remember that thing they said they totally are not doing? https://t.co/wl1NP4Krku
— Jenna Ellis (@JennaEllisEsq) June 24, 2023
«Questo è l’aspetto del MALE…» ha scritto il podcaster conservatore Graham Allen.
This is what EVIL looks like….
“We’re here, we’re queer, we’re coming for your children.”
— Graham Allen (@GrahamAllen_1) June 24, 2023
Tra la folla dei partecipanti, era poi visibile un cartello: «Groom Cissies».
«Groom» è un verbo difficile da tradurre in italiano: significa «preparare», «curare» qualcuno per qualcosa, o anche «adescare». È un termine usato dalle persone critiche della deriva LGBT, che accusano i grandi media e la cultura moderna di essere «child groomer», «preparatori di bambini».
«Cissies» sta invece per cisgender, è la parola che definisce, forse un po’ spregiativamente, gli eterosessuali (Elon Musk la vuole bandire da Twitter).
Avete quindi capito cosa può voler dire: «Groom cissies». Così come il cartello a fianco: «Drag is’t for Cissies», «il drag non è per gli etero»
Happening now: NYC Drag Marchers gather in Tompkins Sq Park pic.twitter.com/2jElvXsJ5v
— Timcast News (@TimcastNews) June 24, 2023
Non si trattava di un evento qualsiasi, ma di una ricorrenza che va avanti da diversi anni, che riguarda la comunità «drag», termine che nel gergo LGBT si riferisce all’esibizione di esagerata femminilità, mascolinità o altre forme di espressione di genere, solitamente per scopi di intrattenimento. Una drag queen è un uomo che si esibisce fingendo di essere femmina fino al parossismo; un drag king è una donna che si esibisce fingendo di essere una figura mascolina.
Come noto, le drag queen sono al centro di battaglie scolastiche negli USA, in quanto i loro show, spesso di volgarità immane, sono impartiti a bambini, perfino piccoli, perfino a scuola.
L’evento in questione è chiamato «New York City Drag March», una marcia annuale di protesta e visibilità per il drag che si svolge a giugno, il tradizionale mese dell’orgoglio LGBTQ nella Grande Mela. L’evento prevede «musica ad alto volume, tanti balli, canti sfacciati… e centinaia di abiti fantastici» scrive l’enciclopedia online, che ha già aggiornato la sua voce ai fatti dell’altro giorno, mettendo un’ultima riga secondo cui «alcuni canti sfacciati durante la marcia del 2023 hanno suscitato critiche da parte dei conservatori».
«Molti utenti online hanno sottolineato che il canto era molto probabilmente uno scherzo in risposta alle accuse di pedofilia che da destra arrivano alla comunità drag» scrive il New York Post.
Sarà, ma non è la prima volta che succede – nel senso, è un concetto messo in musica e in versi varie altre volte.
Qualcuno ricorderà, due anni fa – e sempre a giugno – lo scandalo intorno al San Francisco Gay Men’s Chorus, un coro di omosessuali della città californiana capitale morale dell’universo LGBT.
Il pezzo, che è uscito come un video-mosaico con decine di persone che si aggiungevano nel canto, si intitolava «Message From the Gay Community» («messaggio dalla comunità gay»).
Il video inizia con un cantante che introduce la melodia dicendo: «Mentre celebriamo l’orgoglio [«pride», ndr] e i progressi che abbiamo fatto negli ultimi anni, c’è ancora del lavoro da fare. Quindi a quelli di voi là fuori che stanno ancora lavorando contro la parità di diritti, abbiamo un messaggio per voi».
Il testo:
Per quelli di voi là fuori che ancora si oppongono a uguali diritti, abbiamo un messaggio per voi:
Pensate che spariremo presto, lottate contro i nostri diritti
Dite che tutti conduciamo vite che non potete rispettare, ma siete solo spaventati.
Pensi che corromperemo i tuoi figli se la nostra agenda non viene controllata.
Buffo, solo per questa volta, hai ragione.
Convertiremo i tuoi figli,
Succede a poco a poco,
In modo silenzioso e sottile e te ne accorgerai appena.
Stiamo venendo a prenderli.
Veniamo per i tuoi figli.
Stiamo venendo a prenderli.
Veniamo per i tuoi figli.
Il paroliere della canzone – oramai conosciuta universalmente come «We’ll convert your children, we’re coming for them» («Convertiremo i vostri figli, stiamo venendo a prenderli») – ha assicurato su Twitter che si trattava di una parodia, di satira.
Lo scandalo si aggravò quando il sito Western Journal scrisse che «alcuni dei membri di un coro di uomini gay che hanno pubblicato il controverso video virale in cui i cantanti hanno promesso di “corrompere i tuoi figli” e “convertire i tuoi figli” sembrerebbero essere dei condannati per pedofilia».
«Usando la Wayback Machine , il Western Journal ha ottenuto l’elenco apparentemente cancellato dei membri del coro e ha incrociato quei nomi con un database di autori di reati sessuali registrati in California».
«Mentre alcuni nomi potrebbero essere una coincidenza – alcuni trasgressori potrebbero essere omonimi dei membri del coro – il Western Journal ha portato alla luce almeno quattro partite credibili».
Uno di essi potrebbe essere stato condannato per «atti osceni o lascivi con un bambino di età inferiore ai 14 anni» nel 1985, sostiene il sito. Un altro nome ha ricevuto una identica condanna per «atti osceni o lascivi con un bambino di età inferiore ai 14 anni» nel 2001.
«L’elenco dei cori e il consiglio di amministrazione del San Francisco Gay Men’s Chorus sono stati apparentemente rimossi dal sito web del gruppo nel periodo in cui queste rivelazioni sono diventate pubbliche» scrive il Western Journal.
Tuttavia nemmeno questo episodio è il primo di questo genere.
Nel febbraio 1987, comparve sulla testata americana Gay Community News un testo (che non sarebbe sbagliato etichettare come un vero hate speech eterofobo, ma per quello la legge non c’è e non ci sarà mai) intitolato Gay Manifesto. Lo firmava un certo Michael Swift, che alcuni credono fosse solo uno pseudonimo.
L’incipit di tale «Manifesto omosessuale» recitava:
«Sodomizzeremo i vostri figli, emblema della vostra debole mascolinità, dei vostri sogni superficiali e delle bugie volgari. Li sedurremo nelle vostre scuole, nei vostri dormitori, nelle vostre palestre, nei vostri spogliatoi, nei vostri palazzetti dello sport, nei vostri seminari, nei vostri gruppi giovanili, nei bagni dei vostri cinema, nei vostri dormitori dell’esercito, nelle vostre fermate dei camion, nei vostri club per soli machi, nelle vostre Camere dei Deputati, ovunque gli uomini stiano assieme agli uomini. I vostri figli diventeranno i nostri servi e obbediranno ai nostri ordini. Saranno riplasmati a nostra immagine. Verranno a desiderarci e ad adorarci».
Anche qui, qualcuno ha subito detto che si trattava solo di uno scherzo, una parodia, non c’era da credere a quelle parole. Satira. Eccerto. Epperò, chissà perché, non ci viene molto da ridere.
Scherzi o non scherzi, è ora qualcuno che lo spieghi: si è passati dalla Cirinnà con le unioni civili omofile – cioè, il matrimonio gay: catto-conservatori, mettetevela via, è quello – dove l’argomento era «chette frega se sposo chi voglio io? Lasciami libero e fatti gli affari tuoi» alle proteste anche violente per castrare, mutilare e riempire di steroidi (trattamento di cui, come peraltro medicamenti popolari in questi anni, non si ha alcuna idea del lungo termine) e di ormoni che bloccano lo sviluppo sessuale naturale (gli stessi farmaci che danno a pedofili e stupratori per la castrazione chimica), mentre gli studenti delle elementari vanno a scuola dalle drag queen e nelle marce si canta «stiamo venendo a prendere i nostri figli», e i transgender cominciano ad armarsi e sparare pure ai bambini in classe – oltre che, chissà perché, fucilare alle vetrate delle chiese che raffigurano Adamo.
Già. Come si è passati da «Love is Love» a queste storie allucinanti?
Adesso non abbiamo voglia di scriverne. Epperò una vocina, maliziosa ed inaccettabile – ma qui come lì, è satira, è detto per ischerzo – ci sussurra che bisognerebbe unire certi puntini, ad esempio nell’Africa di questi giorni.
A poche ore dal varo della legge anti-LGBT in Uganda, 54 soldati ugandesi di una forza di pace di stanza in Somalia vengono trucidati dai terroristi jihadisti al Shabaab.
Passa forse una settimana, e in Uganda si fa vivo un gruppo terrorista, l’ADF, che non aveva mosso attacchi dal 1998. Ora l’ADF spunta dal niente e, sedicente affiliato all’ISIS, massacra un’altra quarantina di persone, con il dormitorio di una scuola che viene dato alle fiamme.
Sono curiose coincidenze, che ci colpiscono solo perché in questi giorni, per la storia dell’omosessualità illegalizzata definitivamente, tanto si è parlato dell’Uganda.
Nel frattempo, gli USA avevano già fatto sapere che la posizione dell’Uganda era da condannare, perché, dice il portavoce del Pentagono ammiraglio Kirby in un briefing alla Casa Bianca i diritti LGBT sono «una parte fondamentale della politica estera americana».
Si tratta di quello stesso Pentagono, quella stessa Casa Bianca che una diecina di anni fa già aveva in qualche modo collegato il terrorismo islamico con l’imposizione agli africani delle leggi omosessualiste.
Nel 2015 l’amministrazione Obama ritirò aiuti finanziari e militari alla Nigeria quando questa si rifiutò di legalizzare contraccezione e omosessualità. Lo riportarono una serie di testate del giro cattolico americano.
La Nigeria, all’epoca, si trovava a combattere i terroristi di Boko Haram, che avevano rapito e ammazzato decine di migliaia di persone. Si disse che gli USA obamiani disponessero di immagini satellitari con gli accampamenti di Boko Haram, ma non le condivisero con i nigeriani restii a implementare la deregulation sessuale nella società africana.
È una faccenda globale, diciamo. In Africa, come a Nuova York o San Francisco, risuona un unico grande canto: «stiamo venendo a prendere i vostri figli».
Immagine screenshot da Twitter
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Egitto e Iran «rifiutano completamente» il piano «Pride Match» per la Coppa del Mondo
Il «Pride Match» previsto per la Coppa del Mondo FIFA del prossimo anno in Nord America sta incontrando l’opposizione di Iran ed Egitto.
La federazione calcistica ha recentemente pubblicato le partite del torneo, che si terrà in Messico, Stati Uniti e Canada. Tuttavia, la partita tra Egitto e Iran si scontra con il progetto di un gruppo LGBT di celebrare l’omosessualità e il transgenderismo in concomitanza con la partita.
Il termine Pride Match non è una designazione ufficiale della FIFA, ma piuttosto del comitato ospitante locale e degli attivisti LGBT.
«Il Seattle PrideFest è organizzato in città dal 2007 da un’organizzazione no-profit che ha designato la partita del 26 giugno come evento celebrativo, prima che la FIFA effettuasse il sorteggio per la Coppa del Mondo venerdì», scrive l’Associated Press (AP). La partita di calcio coincide con il Seattle PrideFest.
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«Sia l’Egitto che noi abbiamo sollevato obiezioni, perché si tratta di una mossa irragionevole e illogica che sostanzialmente segnala il sostegno a un gruppo specifico, e dobbiamo assolutamente affrontare questo punto», ha dichiarato ai media statali Medhi Taj, della Federazione calcistica iraniana, secondo quanto riportato dall’AP.
Ado Rida, omologo di Taj in Egitto, ha osservato che il Paese a maggioranza islamica «rifiuta completamente tali attività, che contraddicono direttamente i valori culturali, religiosi e sociali della regione, in particolare nelle società arabe e islamiche».
Il comitato organizzatore locale della Coppa del Mondo FIFA 2026 di Seattle non ha intenzione di intervenire contro la celebrazione, che probabilmente offenderà i musulmani praticanti che si oppongono all’omosessualità, considerandola un peccato. Sia l’Egitto che l’Iran puniscono l’omosessualità.
«Il Pacifico nord-occidentale ospita una delle più grandi comunità iraniano-americane del Paese, una fiorente diaspora egiziana e ricche comunità che rappresentano tutte le nazioni che ospitiamo a Seattle», ha dichiarato Hana Tadesse all’Associated Press. «Ci impegniamo a garantire che tutti i residenti e i visitatori possano sperimentare il calore, il rispetto e la dignità che caratterizzano la nostra regione».
Nel frattempo, il New York Times ipotizza che potrebbe esserci un conflitto con le regole della FIFA che vietano che le partite vengano utilizzate per promuovere un’agenda politica.
«I codici etici dell’organismo calcistico, in particolare l’articolo 4, richiedono neutralità in merito a questioni politiche e sociali, e i giocatori che violano il codice potrebbero incorrere in sanzioni che includono il divieto di giocare a calcio fino a due anni», ha riportato l’agenzia di stampa. Questo potrebbe anche, in teoria, essere utilizzato per punire i giocatori che protestano contro l’agenda LGBT.
«Durante la Coppa del Mondo 2022, la FIFA ha messo in guardia i giocatori dall’indossare le fasce arcobaleno LGBTQ OneLove, che avrebbero dovuto richiamare l’attenzione sui diritti degli omosessuali in Qatar, e ha affermato che se le avessero indossate avrebbero ricevuto cartellini gialli di avvertimento in campo», ha riportato il giornale neoeboraceno.
L’intersezione di calcio e diktat LGBT ha creato diversi episodi degni di nota negli ultimi anni. La polizia tedesca ha avviato un’indagine su una stella del calcio della Premier League, il portiere della nazionale germanica Bernd Leno, accusato di aver apprezzato un video di un’Intelligenza Artificiale che mostrava violenza durante una parata del Gay Pride.
Come riportato da Renovatio 21, la stella del calcio serbo Nemanja Matic è stato sospeso per quattro partite per aver coperto uno stemma arcobaleno pro-LGBT sulla sua maglia.
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Come riportato da Renovatio 21, due anni fa il ministero dello Sport francese annunziò punizioni per i calciatori che rifiutavano di indossare le magliette omotransessualiste.
Non c’è solo il calcio sotto il tallone arcobalenato.
Come riportato da Renovatio 21, un caso non dissimile avvenne anche nell’hockey su ghiaccio nordamericano, quando a inizio 202 il 26enne Ivan Provorov, difensore russo dei Philadelphia Flyers della lega hockeistica NHL, ha suscitato polemiche dopo aver rinunciato a un riscaldamento pre-partita in cui gli sarebbe stato richiesto di indossare una maglia da riscaldamento color arcobaleno a sostegno di il movimento dell’orgoglio.
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Religioso canadese arrestato per essersi rifiutato di scrivere delle scuse al bibliotecario della «Drag Queen Story Hour»
Canadian Pastor, Derek Reimer was arrested yesterday after refusing a court ordered apology for protesting a kid friendly drag queen story hour. He was hauled off in handcuffs while his son screamed. Free speech is not under attack anymore, it is being dragged away. pic.twitter.com/6jMtoqNMPH
— Chad Prather (@WatchChad) December 4, 2025
Canada: Pastor Derek Reimer was arrested in Calgary for refusing to apologize to a Leftist librarian.
The librarian had arranged a drag queen story hour for children. Pastor Reimer protested the evil event. Pray for him and his family. pic.twitter.com/hQgQ151LYX — Christian Emergency Alliance (@ChristianEmerg1) December 4, 2025
An entire video leading to Pastor Derek Reimer’s arrest! December 3, 2025!
Street Church Calgary! We meet on the streets three times a week and inside the building, every Saturday 9:30 AM. On the streets, in front of Calgary City Hall: Wednesday 11:30 AM, Friday 5:00 PM, Sunday… pic.twitter.com/wyfj97fHqz — Artur Pawlowski (@ArturPawlowski1) December 4, 2025
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Calgary Pastor Derek Reimer found not guilty of mischief! Charges stem from an incident occuring during a drag queen story hour.
Reimer was forcibly ejected from the event after calling attendees perverts. Drag queen story time has now been discontinued @calgarylibrary . https://t.co/W5uAJa4j58 pic.twitter.com/cDDw7GCs37 — Without Papers Pizza (@wopizza4) September 25, 2024
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Le femministe britanniche espungono i membri transgender (nel senso, agli affiliati transessuali)
Due tra le più importanti organizzazioni britanniche riservate a donne e ragazze, il Girlguiding (l’equivalente delle Girl Scout) e il Women’s Institute, hanno deciso di chiudere le porte ai membri transgender, nel senso degli affiliati transessuali.
Martedì il Girlguiding ha reso noto che «le ragazze e le giovani donne trans non potranno più iscriversi» come nuove socie. Il giorno successivo, mercoledì, il Women’s Institute, fondato oltre 110 anni fa, ha annunciato che «l’iscrizione sarà riservata esclusivamente alle persone di sesso femminile alla nascita».
Entrambe le associazioni hanno sottolineato che la scelta non era quella auspicata, ma è diventata inevitabile per evitare possibili contenziosi legali dopo la sentenza emessa ad aprile dalla Corte Suprema del Regno Unito. I giudici hanno stabilito che, ai sensi dell’Equality Act 2010, i termini «donna» e «sesso» si riferiscono esclusivamente al sesso biologico e non all’identità di genere.
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La pronuncia era arrivata al termine di un ricorso presentato da For Women Scotland contro una norma del governo scozzese che includeva i transgenderri (munite di certificato di riconoscimento del genere) nel calcolo delle quote femminili nei consigli di amministrazione pubblici.
Un sondaggio realizzato subito dopo la sentenza ha mostrato che il 59% dei britannici concorda sul fatto che una persona transgender non sia legalmente una donna (dati Electoral Calculus). Tra chi ha accolto favorevolmente la decisione c’è anche J.K. Rowling, da tempo sostenitrice di For Women Scotland.
Sempre quest’anno, la Federazione calcistica inglese (FA) e British Rowing (l’ente per il canottaggio) hanno adottato politiche analoghe: dal 1º giugno 2025 i transgender non potranno più competere nelle categorie femminili del calcio in Inghilterra, mentre nel canottaggio britannico l’accesso alla gara femminile è limitato a chi è «assegnato di sesso femminile alla nascita»; per tutti gli altri resta aperta la categoria Open.
Secondo le ultime indiscrezioni, anche il Comitato Olimpico Internazionale starebbe valutando di escludere i transessuali dalle competizioni femminili olimpiche.
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La battaglia tra femministe e transessuali va avanti oramai da un pezzo, al punto che il mondo transessualista ha trovato un acronimo per definire le femministe che non accettano il dogma transgenderro imposto ora all’intera società occidentale: le chiamano TERF, trans-exclusionary radical feminists ossia femministe radicalo trans-escludenti.
Il caso più celebre di persona definita TERF per aver espresso dubbi sul fatto che maschi biologici possano essere definiti «donne» è stata la scrittrice di Harry Potter JK Rowling, che è peraltro la donna più ricca del Regno Unito.
In Europa si era avuto il caso della norvegese Christina Ellingsen, dell’organizzazione femminista globale Women’s Declaration International (WDI), è sotto indagine della polizia per aver fatto la denuncia in un tweet in cui ha criticato il gruppo di attivismo trans FRI. «Perché insegna ai giovani che i maschi possono essere lesbiche? Non è una terapia di conversione?» avrebbe twittato la Ellingsen.
Il caso si replicò in Norvegia con l’attrice e cineasta Tonje Gjevjon, una lesbica nota nella cultura popolare del Paese, che osò scrivere su Facebook che «è semplicemente impossibile per gli uomini diventare lesbiche quanto lo è per gli uomini rimanere incinti. Gli uomini sono uomini indipendentemente dai loro feticci sessuali». L’attrice fu quindi informata di essere sotto indagine e di rischiare tre anni di carcere per l’espressione delle sue opinioni.
Come riportato da Renovatio 21, a fine 2020 la Norvegia ha adottato una nuova legge penale che punisce le persone per aver detto qualcosa di considerabile come incitamento all’odio nei confronti di persone transgender anche nel contesto della propria casa o conversazioni private.
Più recente il caso dell’attivista brasiliana per i diritti delle donne Isabella Cepa, la quale ha ottenuto lo status di rifugiata in un Paese europeo non specificato, dopo essere stata accusata di reati penali in Brasile per aver definito un politico transgender da uomo a donna come un uomo.
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Immagine: The Girl Guides Association in Britain 1914-1918; un gruppo di Guide posa per una fotografia nel Regno Unito durante la Prima Guerra Mondiale.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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