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Politica

È morto Berlusconi. Viva Silvio, la pace e la vita umana

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È morto Silvio Berlusconi, e la notizia è per chiunque scioccante – perché per un trentennio si era preso il centro della scena politica italiana, e quindi anche della nostra vita.

 

Riteniamo di scriverne subito, senza aspettare, anche perché quello che pensiamo del personaggio lo abbiamo ripetuto varie volte, anche di recente.

 

Berlusconi muore, ma rappresentava proprio la vita contro la morte.

 

Berlusconi era l’uomo che più di ogni altro, oggi come venti anni fa, incarnava lo slancio verso la pace mondiale. Per questo, cerchiamo di capirlo una volta per tutte, è stato attaccato, massacrato fatto divorziare dalla politica e dalla scena internazionale – e forse pure dalla moglie.

 

Per chi per decadi lo ha stupidamente combattuto come il male incarnato, non può essere un momento di soddisfazione. L’Italia, grande laboratorio politico dell’umanità, ha già portato chiunque oltre lo shock del miliardario incontenibile che scende in politica, e con il passare degli anni senza di lui, con i Monti, i Renzi, i Conte, i Draghi, deve essere apparso chiaro pure a molti antiberlusconisti viscerali che poteri ben più oscuri operavano dietro l’esistenza del cittadino – e contro Silvio Berlusconi.

 

L’America non è così fortunata: in queste ore Trump, miliardario televisivo populista sceso in campo pure, riceve una ulteriore raffica di accuse, che lo porteranno ancora in tribunale, per motivi non sempre comprensibili, nel tentativo di azzoppare la sua inarrestabile corsa elettorale. La sinistra USA, forte di un blocco fatto dei grandi media (e dei social media) e dell’Intellighentsja tutta – dove è che avevano già visto questa cosa? – soffre di quella che si chiama Trump Derangement Syndrome, sindrome del disturbo Trump. In Italia non siamo stati così bravi da trovare una definizione simile, ma è esattamente quello che è accaduto per decenni: un Paese ostaggio di isterici malati della Berlusconi Derangement Syndrome.

 

«Giustizia ad orologeria»: era una delle sue espressioni preferite. Era stato un lungo countdown: per anni era uscito intonso dai processi, ma alla fine proprio i giudici riuscirono a estrometterlo definitivamente. Prima il colpo lo diede il fatale 2011, dove forze oscure angloamericane e francesi avevano trucidato Gheddafi – l’uomo da cui Berlusconi aveva tratto accordi assai vantaggiosi per l’Italia (contratti, gas, petrolio, zero migranti), finendo pure impresso, nell’immagine della storica stretta di mano con il rais di Tripoli, nei passaporti libici.

 

Il lettore forse potrebbe non ricordare, ma dopo Gheddafi e Berlusconi, tentarono di disarcionare pure Putin, in campagna elettorale per il voto del 2012 che lo avrebbe riportato alla presidenza. Cioè: un asse alternativo al potere Atlantico, che si era creato abbracciando tre continenti e tante, tante risorse – era stato demolito.

 

Merkel e Sarkozy risero di Berlusconi davanti ai giornalisti. Draghi, con una lettera recapitata dalla BCE di cui era presidente, diede una mano: rammenterete la panzana dello spread, arma economica di distrazione di massa. Dall’altra parte dell’Oceano c’era Obama, un tizio forse infiltrato alla Casa Bianca dalla CIA (che odia Berlusconi come nient’altro, sin dal 1994, quando ruppe le uova nel paniere dei nuovi beneficiari ex-comunisti dell’affetto del Deep State), che da Senatore si era rifiutato di applaudire Berlusconi quando questi parlò al congresso americano.

 

Tutto il complotto fu ammesso dall’ex segretario del Tesoro USA Geithner. Berlusconi disse che lo avevano fatto fuori perché contrastava la Germania. L’odio per lui, tuttavia, ha radici ben più profonde, radici metastoriche, metapolitiche, apocalittiche, che si fondono con quelle dell’odio per la Russia che stiamo vedendo mostruosamente all’opera ora, a costo delle vite di centinaia di migliaia di ragazzi ucraini.

 

Misero al suo posto Monti, un alieno scelto direttamente dalla tecnocrazia. Di lì fu l’inizio di un declino inesorabile. Sino a Giorgia Meloni – che votò Monti, come pure suoi attuali scherani come Mantovano et similia – possiamo tranquillamente dire che non c’è stato un premier eletto dopo averci messo la faccia in campagna elettorale. L’ultimo è stato, appunto, Berlusconi.

 

Ora, ci fa schifo vedere soloneggiare le scorregge giornalistico-politiche, che lo hanno schifato per anni su ordine dei loro padroni – editori che avevano interesse diretto a mettere in difficoltà lui e le sue aziende, e poi forze più oscure che si sono pian piano palesate.

 

Ci fa schifo, perché nessuno avrà mai il coraggio di dire, ora, che con Berlusconi la situazione sarebbe assai diversa.

 

Non parliamo solo dell’inutile strage ucraina, che certo non potrebbe andare avanti se un membro della NATO e della UE si mettesse coraggiosamente di mezzo – e soprattutto, non inviasse le armi. Teniamo presente che Silvio fu il solo a dire che se armiamo Kiev significa che siamo in guerra con Mosca. Per questo fu attaccato dal regime Zelens’kyj.

 

Vogliamo dire anche del fatto che il nostro Paese, basato sulla manifattura, mai avrebbe accettato di perdere la più stabile ed economica fornitura di gas possibile – una scelta suicida che sta strangolando definitivamente la nostra economia produttiva, come da imperativo dell’oligarcato che vuole la decrescita, cioè la povertà e lo sterminio per le nostre famiglie.

 

L’amicizia con Putin era vera. Non si spiega, altrimenti non solo la ridda di voci (il tunnel per attraccare i sottomarini sotto villa Certosa è una fake news, vero?), ma episodio incontrovertibili. Berlusconi che prende la parola ad una conferenza stampa a due rispondendo lui ad una domanda sugli scontri in Georgia nel 2008, difendendo a spada tratta il presidente russo lì al suo fianco (da Wikileaks avremo saputo quanto questa cosa avesse irritato gli USA). Putin che si presenta nella villa in Sardegna appena dopo le elezioni, prima che Berlusconi entrasse in carica: in pratica la conferenza della vittoria elettorale, Silvio la fece con Putin… a casa sua!

 

Diremo di più: era vero che Berlusconi aveva conquistato, all’Italia, la simpatia non solo della Russia, ma di tutte le Russie. E oltre.

 

A inizio 2009 chi scrive si trovava a Mosca. C’era un immane evento di partnership tra Russia e Italia, la più grande missione ICE mai organizzata prima. Dovevano partecipare Putin e Berlusconi, ma venne solo il presidente russo: Berlusconi restò in Italia perché in quelle ore vi fu il tremendo terremoto umbro – ogromnaja tragedja, immensa tragedia, disse Putin al pubblico italo-russo, mentre Silvio saliva in elicottero per dirigersi immediatamente nelle zone del sisma.

 

Il fatto è che dell’assenza di Berlusconi a Mosca – dove si prevedevano irresistibili siparietti pubblici con Putin – lo appresi da un tassista, cioè un uomo qualsiasi, perché a Mosca per farsi portare da qualche parte basta alzare la mano in strada e contrattare con la persona a caso che si è fermata quanto costa il passaggio (Uber, levati). Il signore russo mi descrisse per filo e per segno cosa era successo in Italia, e sembrava pure dispiaciuto. Quando parlava di Berlusconi, mi rendevo conto, parlava di una figura che conosceva bene, e che apprezzava moltissimo.

 

L’attacco definitivo a Berlusconi, osservò qualcuno, iniziò lì: il terremoto lo rese enormemente popolare, dicevano i sondaggi. Di lì parti tutta la storia delle ragazze. I giornali pubblicarono improvvisamente le foto di Berlusconi al compleanno di una ragazza napoletana; poi spuntarono fuori escort varie che, chissà perché, improvvisamente volevano raccontare la loro storia sessuale con Berlusconi – senza che vi fosse un reato, o un comportamento immorale da parte del presidente del consiglio, anzi.

 

Qualche tempo dopo, in un viaggio differente, attraversavo via terra il confine tra Iran e l’ex repubblica sovietica del Turkmenistan, ora Stato indipendente dove si parla russo e vi sono molti russi. I doganieri, dopo averci visto i documenti, parlottarono fra loro e ci sorrisero: «noi amiamo Silvio Berlusconi», dissero i funzionari turkmeni armati, e con grande sincerità. Con me c’erano dei compagni di viaggio (sbagliati) drogati dall’onnipervadente stampa debenedettiana, quindi con sindrome antiberlusconica: non capivano, non poterono capire, si scandalizzarono. Una bella insopportabile ragazza di sinistra che era con me voleva pure rispondere e protestare, poi guardò le pistole e i fucili dei soldati, e cambiò idea.

 

Con evidenza, Berlusconi aveva conquistato pure il Turkmenistan. Sì: Berlusconi, a Est, era una superpotenza di soft power. E il valore di ciò è rimasto incomprensibile a una porzione immensa d’Italia divenuta tossica di propaganda, portata all’odio cieco verso l’uomo.

 

Me lo ripeté a Madrid, un’amica spagnola, direi pure di sinistra, ma talmente felice e libera – nelle sue passeggiate, nelle sue risate, nelle sue performance di contastorie – da non occuparsi troppo di politica. Mi disse che, nell’appartamento studentesco dove viveva, ad un certo punto era arrivato un ragazzo italiano, e, vedendo che lui insisteva sempre su quel tasto, gli chiese d’improvviso di spiegarle perché Berlusconi non andasse bene. «Parlò per venti minuti. Alla fine non fui capace di capire davvero quale fosse il motivo. Non c’era un argomento che fosse uno. Nada».

 

Era impossibile allora spiegare alle persone che se odiavano Berlusconi era perché c’era un quadro globale – geopolitico, ma non solo – in cui Silvio, come tanti altri privi di tutti i fili che servano ai burattinai – non poteva trovare un posto.

 

Dire loro che, sin dal 1994, l’odio antiberlusconiano coinvolgeva questioni americane e più avanti russe (nel senso: sempre americane, ma in ottica antirussa), e quindi equilibri di superpotenze atomiche e altre trame non visibili ma chiarissime, non avrebbe sortito effetto alcuno. Ricordare che nel 2002 Berlusconi era riuscito a portare la Russia nella NATO, con l’accordo di Pratica di Mare – un qualcosa che oggi pare un’allucinazione! – sarebbe servito a qualcosa.

 

E neanche ora, in cui il disegno è dolorosamente evidente, siamo sicuri che potrebbero capire: sono stati manipolati pavlovianamente, la bava gli esce dalla bocca, abbaiano ogni volta che sentono quel nome. La propaganda, del resto, serve a quello. A creare le basi per deviare il potere. I colpi di palazzo, pure. La pax eurasiatica di cui Berlusconi aveva gettato le fondamenta è ora disintegrata.

 

Cosa accadrà ora, non è dato sapere. L’inguardabile suo partito, Forza Italia, inizierà una diaspora – o, direbbe qualcuno, un mercato delle vacche – che altererà qualche equilibrio. Magari è già stato tutto calcolato, pure con qualche accordo. Un fatto rimane: politicamente, oltre che umanamente, era insostituibile. Questa è una scossa sistemica che non sarà immediatamente attutita.

 

Berlusconi è morto al San Raffaele, l’ospedale che, curiosamente, aveva detto durante una visita in Russia di aver finanziato, ai tempi di Don Verzè, per progetti di allungamento della vita.

 

Perdoniamo pure il transumanismo berlusconiano, perché era guidato da qualcosa di facilmente distinguibile: Silvio amava la vita. Amare la vita, per un uomo, può significare amare la prosperità, e pure le belle donne: capita. Non è, bisogna dirlo, un cattivo segno.

 

Una certa parte della popolazione, potete esserne sicuri, preferirebbe ancora oggi le «cene eleganti» con le olgettine alle dark room dove magari si infilano tanti politici che sfilano ai gay pride, o non sfilano, ma nelle dark room magari ci vanno lo stesso — luoghi non esattamente «eleganti» dove non si celebra la bellezza femminile né gli impulsi, pur discutibili, ma naturali.

 

Qualcuno ha suggerito che fosse un bipolare che conosceva però solo la fase manica: tuttavia, a differenza di chiunque altro, realizzava i suoi propositi altissimi, creava imperi immobiliari, editoriali, finanziari, saliva ai vertici del potere politico, vinceva campionati e Coppe dei Campioni (la squadra, si racconta, la faceva davvero lui).

 

È vero che, ogni tanto, andava giù – spariva per un po’, parlavano di malattie, come nel 1996, forse ammalarsi fisicamente era il suo cambio di fase, da cui però tornava più forte, e quasi subito, inarrestabile: dichiarazioni, barzellette, incontri, sorrisi, teatrini, risate… Era un’entità irrefrenabile, e qualcuno che ce lo ha avuto a fianco per qualche ora mi dice che il fenomeno era talmente vero che sembrava avesse dentro di se una centrale atomica, una fonte inesauribile e misteriosa di energia, tanto che la tua sembrava sparire al suo cospetto, trascinata via dalle sue radiazioni implacabili.

 

È il ritratto, in realtà, di un uomo che viveva per amare la vita in tutte le sue forme.

 

Sì, Berlusconi era un alfiere dell’apollineo, della beltà visibile, dell’esistenza umana e dei suoi appetiti naturali, in un momento in cui il mondo moderno cominciava a piombarci nello ctonio e nella Cultura della Morte.

 

Pace all’anima tua, Silvio. Hai amato la vita, è una dote rarissima oggi.

 

Hai amato la pace. Hai amato la verità.

 

Hai difeso come hai potuto l’Italia e l’interesse dei suoi cittadini, e hai pagato per questo.

 

Noi non lo dimenticheremo. Mai.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

Immagine di European People’s Party via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

 

 

 

 

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Putin ha licenziato anche il massimo funzionario della sicurezza russa

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Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto che nomina il ministro della Difesa Sergej Shoigu a segretario del Consiglio di Sicurezza, andando così a sostituire Nikolaj Patrushev, ha detto domenica il Cremlino.

 

Il Patrushev è stato quindi sospeso dal suo incarico con un altro decreto specifico.

 

Secondo il portavoce Dmitrij Peskov, Putin ha scelto di assegnare un «civile» alla guida del ministero della Difesa, citando la necessità per l’agenzia di abbracciare innovazione e concetti di progresso. Peskov ha inoltre affermato che Shoigu, in qualità di segretario del Consiglio di Sicurezza, fungerà da vice del presidente all’interno della commissione sul complesso militare-industriale.

 

Il portavoce del Cremlino ha aggiunto che Valerij Gerasimov, capo dello stato maggiore del ministero della Difesa, manterrà il suo ruolo attuale.

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Peskov ha sottolineato che nei prossimi giorni verrà rivelato chi sarà il successore di Patrushev dopo il suo addio alla carica di segretario del Consiglio di Sicurezza.

 

In precedenza era stato rivelato che tra i candidati nominati da Putin per i posti di gabinetto nel rimpasto di governo, il vice primo ministro ad interim Andrej Belousov era stato scelto per assumere il ruolo di ministro della difesa. Durante l’ultimo mandato del presidente, ha supervisionato il settore socioeconomico.

 

Come riportato da Renovatio 21, Patrushev in questi anni si era fatto notare per le sue dichiarazioni. Due anni fa, nei primi mesi del conflitto russo-ucraino, aveva detto che gli USA stanno cercando di far rivivere il fascismo in Europa.

 

L’anno scorso in un’intervista data al settimanale russo Argumenti i Fatkti l’alto funzionario del Cremlino aveva detto che quattro omicidi di presidenti USA erano «legati alle multinazionali».

 

Il mese scorso Patrushev, dopo aver fatto il nome dell’Ucraina sin dalle prime ore dopo l’attacco terrorista, aveva dichiarato che il legame tra la strage del Crocus e Kiev era stata confermata.

 

Il suo figlio maggiore, Dmitrij, è banchiere e ministro dell’Agricoltura russo dal 18 maggio 2018. Il suo figlio più giovane, Andrej, si è laureato nel 2003 all’Accademia del servizio di sicurezza FSB dove ha studiato legge con il suo compagno di classe Pavel Fradkov, figlio dell’ex primo ministro russo ed ex direttore del servizio segreto estero SVR Mikhail Fradkov, e ha lavorato in ruoli di leadership presso Gazprom Neft.

 

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0)

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Putin rimuove Shoigu dal ministero della Difesa

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Il presidente della Federazione Russa Vladimir Vladimirovich Putin ha proposto di sostituire Sergej Shoigu come ministro della Difesa russo con il vice primo ministro ad interim Andrei Belousov, ha annunciato domenica sera il Consiglio della Federazione.   Shoigu è stato nominato segretario del Consiglio di sicurezza russo, andando a prendere il posto di Nikolaj Patrushev, ora rimosso senza che vi sia segnale su cosa andrà a fare.   I senatori dovrebbero avviare consultazioni riguardo alle candidature presentate dal presidente durante le sessioni della commissione il 13 maggio e durante una riunione del Consiglio della Federazione il 14 maggio, come annunciato dalla camera alta del Parlamento russo.   Non sono state apportate ulteriori modifiche alla lista dei candidati che Putin ha presentato per le posizioni di gabinetto. Le sue candidature includono Vladimir Kolokoltsev per la carica di ministro degli Interni, Alexander Kurenkov per ministro delle situazioni di emergenza, Sergej Lavrov per ministro degli Esteri e Konstantin Chuichenko per ministro della Giustizia.

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Denis Manturov, vice primo ministro e capo del Ministero dell’Industria e del Commercio durante l’ultimo mandato di Putin, è stato nominato primo vice primo ministro.   Sergej Kuzugetovic Shoigu, che ha il grado di generale ed è di etnia tuvana, era in carica da 12 anni. Aveva assunto l’incarico nel 2012 dopo essere stato ministro per l’emergenza e, brevemente, governatore dell’oblast’ di Mosca. Nel 1999 aveva ricevuto l’encomio di eroe della Federazione Russa.   La situazione di Shoigu sembrava potersi incrinare quando pochi giorni fa era stato arrestato un suo vice, Timur Ivanov, per tangenti del valore di un miliardo di rubli, cioè circa 10 milioni di euro.   Alcuni osservatori ora notano che Shoigu viene rimosso in un momento del conflitto ucraino che pare favorevole ai russi.   Belousov, un civile, è noto per essere un cristiano ortodosso devoto, uso a frequentare i monasteri locali. Shoigu ha dichiarato nel 2008 di essere battezzato a cinque anni, voce che ha confutato la credenza secondo cui, come vari abitanti di Tuva, sua terra di origine, sarebbe stato praticante del buddismo o di una religione sciamanica.   Come prescritto dalla Costituzione russa, il governo guidato dal premier Mikhail Mishustin, si era dimesso dopo il giuramento del presidente lo scorso 7 maggio. Il Mishustin è stato riconfermato. Putin, prima del giuramento, avrebbe avuto un incontro con i ministri in ci avrebbe detto che l’esperienza di molti di loro sarebbe stata conservata per l’esecutivo seguente.   Il rimpasto non ha riguardato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, 74 anni, che guida la diplomazia moscovita da due decenni.

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Accusano Kennedy di avere un verme morto nel cervello. Mentre Facebook censura il video sulla sua vita

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Robert F. Kennedy Jr. una volta pensava di avere un tumore al cervello, ma la macchia scura sulle scansioni si rivelò essere un verme parassita morto, ha riferito il New York Times citando documenti legali.

 

Il nipote del presidente John Fitzgerald Kennedy, che attualmente sta conducendo una campagna presidenziale indipendente, ha affermato di essere più giovane e più sano del presidente in carica Joe Biden e del suo principale rivale Donald Trump.

 

Nel 2010, tuttavia, RFK Jr. soffriva di «brain fog» (cioè «nebbia mentale», uno stato che previene la chiarezza di pensiero) e di perdita di memoria così grave che si rivolse ai migliori neurologi per un consiglio su un possibile tumore. Un medico di Nuova York, tuttavia, gli diede un’opinione diversa: si trattava di un parassita morto.

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L’anomalia riscontrata nelle scansioni «è stata causata da un verme che è entrato nel mio cervello e ne ha mangiato una parte e poi è morto», ha detto Kennedy in una deposizione del 2012.

 

Negli stessi documenti, il Kennedy aveva detto che aveva «chiaramente» problemi cognitivi, inclusa la perdita di memoria a breve e lungo termine. In una successiva intervista al Times, tuttavia, li ha attribuiti all’avvelenamento da mercurio, causato dalla sua dieta ricca di pesce in quel momento.

 

Gli esami del sangue hanno rilevato livelli di mercurio 10 volte superiori a quelli considerati sicuri dalla Environmental Protection Agency (EPA) degli Stati Uniti, ha detto Kennedy, aggiungendo che si è completamente ripreso dopo essersi sottoposto a terapia chelante per rimuovere il metallo pesante dal suo corpo.

 

Secondo l’articolo del Times, la ciste contenente il verme morto è rimasta nel cervello di Kennedy e non ha richiesto cure, né ebbe alcun effetto collaterale. Ha detto che non sapeva che tipo di parassita potesse essere o come lo avesse contratto, anche se sospettava che fosse durante un viaggio nell’Asia meridionale.

 

Il documento del 2012 era relativo alla procedura di divorzio di Mary Richardson Kennedy, la seconda moglie. Kennedy sosteneva all’epoca che il suo potenziale di guadagno era stato diminuito a causa dei problemi cognitivi. La donna, madre dei primi quattro figli di RFK jr., si sarebbe impiccata nel 2010 dopo una battaglia con l’abuso di alcol e sostanze. L’autopsia ha rivelato la presenza di psicofarmaci antidepressivi nel sangue.

 

Kennedy ha parlato apertamente di un’altra evidente condizione un disturbo neurologico chiamato disfonia spasmodica che fa sì che la sua voce diventi rauca e tesa. Per migliorare la sua voce RFK ha fatto un’operazione laringoiatrica a base di titanio in Giappone. In un attacco vile citato ridendo dallo stesso Kennedy, un giornale ha scritto che la voce sarebbe invece una «voce da pipa di crack». Dopo l’assassinio del padre, Robert era diventato dipendente dalle droghe, ma, secondo la terminologia degli Alcolisti Anonimi, è considerato «sobrio» da decenni.

 

In recenti dichiarazioni, il Kennedy ha dichiarato che, dopo tanti anni passati con la malattia alla voce, si era reso conto, preparando un caso in tribunale, che la disfonia era tra gli effetti collaterali di un vaccino, che egli aveva assunto.

 

La campagna di Kennedy mercoledì ha confermato l’articolo del New York Times.

 

La stessa campagna sta affrontando ora la prospettiva di denunciare Meta, cioè Facebook, per la rimozione di un video sulla vita di Kennedy, narrato dall’attore Woody Harrelson, che spiegava in dettaglio le sue battaglie e le sue proposte per gli Stati Uniti.

 

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Il video è stato rimosso da Facebook.

 

Secondo quanto riferito dalla campagna Kennedy, vari utenti avrebbero segnalato l’impossibilità di condividere il video, ottenendo dalla piattaforma messaggi di natura diversa sull’infrazione degli standard della comunità, in alcuni casi relativamente anche all’incitazione della violenza.

 

Ancora una volta il New York Times ha raccolto la storia e chiesto a Facebook di commentare la decisione. La società di Mark Zuckerberg ha risposto che si trattava di un errore e che avrebbe rimediato.

 

American Values ​​2024, un cosiddetto «super PAC» a sostegno della candidatura presidenziale di Robert F. Kennedy Jr., ha quindi deciso di intentare una causa contro Meta.

 

«Meta Platforms sta sfacciatamente censurando i discorsi a sostegno del candidato presidenziale indipendente Robert F. Kennedy, Jr.», si leggerà nella denuncia civile, ha affermato il PAC in una dichiarazione inviata a Forbes.

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Immagine screenshot da YouTube

 

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