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Gli Stati Uniti dichiarano guerra a Russia, Germania, Olanda e Francia

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Renovatio 21 pubblica questo articolo di Réseau Voltaire. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

La stampa internazionale affronta il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream come fatto di cronaca, noi invece lo analizziamo come atto di guerra contro Germania, Olanda, e Francia. Le tre vie di approvvigionamento di gas dell’Europa Occidentale sono state interrotte simultaneamente ed è stato contemporaneamente inaugurato un nuovo gasdotto con terminali in Polonia. Come già Mikhail Gorbaciov vide nella catastrofe di Cernobyl l’inevitabile smembramento dell’Unione Sovietica, noi riteniamo che il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream segni l’inizio della rovina economica dell’Unione Europea.

 

 

La lotta degli Stati Uniti per conservare l’egemonia mondiale è entrata nella terza fase.

 

– L’allargamento della NATO a Est, in violazione degli impegni occidentali di non installazione di armi statunitensi in Europa centrale, è una minaccia diretta alla Russia, che non può difendere i suoi immensi confini.

 

– Violando gli impegni assunti dopo la Seconda Guerra Mondiale, Washington ha portato al potere a Kiev i nazionalisti integralisti («nazisti» secondo la terminologia del Cremlino), che hanno vietato ai compatrioti russofoni di parlare la loro lingua madre, li hanno privati di servizi pubblici e infine hanno bombardato i compatrioti del Donbass. La Russia non ha avuto scelta ed è intervenuta militarmente per mettere fine al loro calvario.

 

– La terza fase è il cambiamento autoritario dell’approvvigionamento energetico dell’Europa occidentale e centrale. Il giorno stesso in cui il gasdotto del Baltico, Baltic Pipe, è diventato operativo, i due gasdotti Nord Stream sono stati messi fuori uso, nonché interrotta la manutenzione del Turkish Stream.

 

È il più importante sabotaggio della storia. Un atto di guerra contro Russia (51%) e Germania (30%), comproprietarie di questi colossali investimenti, ma anche contro Olanda (9%) e Francia (9%). Al momento nessuna delle vittime ha reagito pubblicamente.

 

Per compiere distruzioni di tale portata occorreva disporre di sottomarini in zona, che le potenze della regione hanno identificato. Ufficialmente non ci sono indizi, nel senso poliziesco del termine, ma le «telecamere di sorveglianza» (i sonar) hanno parlato. Gli Stati interessati sanno con certezza chi è il colpevole, ma, o non intendono reagire, nel qual caso saranno radiati dalla mappa politica, o stanno segretamente preparando una replica a quest’operazione clandestina, sicché quando la realizzassero diventerebbero veri protagonisti politici.

 

Rammentiamoci del colpo di Stato di Algeri del 1961 e degli attentati alla vita del presidente della Repubblica francese Charles De Gaulle che seguirono.

 

De Gaulle finse di credere che fossero opera dell’Organizzazione dell’Armata Segreta (OAS), formata dai francesi che si opponevano all’indipendenza dell’Algeria. Ma il ministro degli Esteri dell’epoca, Maurice Couve de Murville, menzionò pubblicamente il ruolo dell’Opus Dei spagnola e della CIA nell’organizzazione e nel finanziamento degli attentati.

 

De Gaulle cercò e identificò i traditori, riorganizzò la polizia e le forze armate e cinque anni dopo improvvisamente annunciò il ritiro della Francia dal comando integrato della NATO, cui diede due settimane per chiudere la sede di Parigi-Dauphine e migrare in Belgio; concesse un po’ più di tempo per chiudere le 29 basi militari dell’Alleanza. Iniziò in seguito a viaggiare all’estero per denunciare l’ipocrisia statunitense, soprattutto la guerra del Vietnam. La Francia riprese all’istante il ruolo di potenza di riferimento nelle relazioni internazionali. Sono fatti mai pubblicamente spiegati, ma che tutti i dirigenti politici dell’epoca possono confermare (1).

 

Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, gli Stati Uniti hanno progettato una mappa che sconvolge le relazioni internazionali e li ha indotti a rovesciare governi e muovere guerre, al fine di realizzare vie di trasporto delle fonti di energia. Questa è stata per otto anni la principale attività del vicepresidente Al Gore, nonché ora quella del consigliere speciale Amos Hochstein. Rammentiamoci della guerra di Transnistria, finalizzata a mettere le mani su un hub di gasdotti (2), nonché della guerra del Kosovo, per costruire una via di comunicazione attraverso i Balcani, l’“VIII corridoio”. Ora si palesano i restanti tasselli del puzzle.

 

È particolarmente difficoltoso capire il danno che l’Unione Europea ha appena subito e che, molto probabilmente, ne provocherà il crollo economico, perché l’UE stessa ha preso decisioni essenziali per il proprio fallimento.

 

Fino al 26 settembre 2022 i rifornimenti di gas dell’Unione arrivavano principalmente dalla Russia, tramite il gasdotto Brotherhood, che attraversa l’Ucraina, poi tramite il gasdotto Nord Stream, nonché il Turkisch Stream. Gli Stati Uniti, i garanti della sicurezza dell’Unione, hanno interrotto in sequenza queste vie. Il gasdotto Brotherhood è certamente ancora parzialmente funzionante, ma può essere chiuso definitivamente per volontà di Kiev; i Nord Stream sono stati sabotati; e al Turkish Stream non può essere fatta la manutenzione a causa delle sanzioni adottate dalla UE su richiesta degli Stati Uniti.

 

Fino al 26 settembre l’economia dell’Unione si fondava principalmente sulla produzione dell’industria tedesca, cui gli Stati Uniti, interrompendo il Nord Stream, hanno tagliato le gambe. Secondo la formula di lord Ismay, il primo segretario generale della Nato, la «grande strategia» degli anglosassoni è: «Mantenere gli americani dentro, i russi fuori e i tedeschi sotto tutela».

 

Una politica perseguita ininterrottamente dagli anni Cinquanta da tutte le amministrazioni USA. Nord Stream è stato costruito da nove Stati, quattro ne sono proprietari. È entrato in funzione nel 2011. A partire dal mandato di Donald Trump, iniziato nel 2017, il Congresso statunitense ha minacciato sanzioni contro le società che collaboravano al funzionamento del Nord Stream 1 e quelle coinvolte nel progetto Nord Stream 2.

 

Lo stesso presidente Trump ha dileggiato la sudditanza dei tedeschi, che si abbeveravano con il gas russo. Gli Stati Uniti, nonché la Polonia, hanno dispiegato un arsenale di ostacoli giuridici finalizzati a inceppare il rifornimento di gas russo all’Europa occidentale. Da questo punto di vista, con la nuova amministrazione USA non è cambiato nulla. La Germania ha sbagliato giudicandola più benevola.

 

Vero è che a luglio 2021 si trovò un accordo per sostituire il Nord Stream 2, ma con l’idrogeno prodotto… in Ucraina e che dal 2024, scaduti i termini del contratto russo-ucraino, sarà trasportato tramite il vecchio gasdotto Brotherhood riconvertito.

 

Eletto a dicembre 2021, in pochi mesi il cancelliere Olaf Scholz ha commesso due gravi errori.

 

– Subito dopo l’elezione del 7 dicembre, si è recato alla Casa Bianca per tentare di resistere agli Stati Uniti che gli chiedevano di non acquistare più gas russo. Rientrato in Germania, ha deciso di mantenere Nord Stream e al tempo stesso di cercare fonti di energia rinnovabile, nonché di bloccare Nord Stream 2 e applicare l’accordo di luglio 2021. Sbagliando, Scholz pensava di contemperare il carattere bellicista del pensiero strategico USA con le esigenze dell’industria tedesca, nonché con la dottrina dei Verdi, che fanno parte della Coalizione governativa.

 

Durante la conferenza stampa congiunta con il presidente USA, il cancelliere ha sudato freddo: Joe Biden ha dichiarato che gli Stati Uniti erano in grado di distruggere il Nord Stream 2 e che lo avrebbero fatto se la Russia avesse invaso l’Ucraina. Per Scholz era agghiacciante ascoltare il proprio sovrano sbattergli in faccia di avere il potere di distruggere un investimento della Germania di decine di miliardi di dollari se un Paese terzo avesse agito senza tener conto dei diktat americani.

 

Non sappiano se durante le discussioni a porte chiuse il presidente Biden abbia minacciato la distruzione anche di Nord Stream 1: non è da escludere. In ogni caso, secondo i giornalisti al seguito di Scholz, il cancelliere è rientrato in patria sconvolto.


– Il secondo errore Scholz l’ha commesso il 16 settembre 2022. La Germania desidera sottrarsi alla tutela anglosassone e garantire direttamente sia la propria sicurezza sia quella dell’Unione Europea. Quindi il cancelliere ha dichiarato: «in quanto nazione più popolosa, più potente economicamente, nonché collocata geograficamente al centro del continente, le sue forze armate devono diventare il pilastro della difesa convenzionale in Europa».

 

Precisando che stava parlando solo di «difesa convenzionale», intendeva aver riguardo per la suscettibilità della vicina Francia, unica potenza nucleare dell’Unione. Scholz non si è reso conto che, immaginando di sottrarsi al protettorato militare Usa, stava infrangendo la dottrina degli Straussiani. Nel 1992 Paul Wolfowitz firmò il Defense Policy Guidance, di cui il New York Times pubblicò alcuni estratti: vi si dichiarava che gli Stati Uniti avrebbero considerato ogni proposito di emancipazione europea casus belli. (3)

 

Poche ore dopo il sabotaggio, veniva inaugurato in pompa magna il gasdotto Baltic Pipe dal presidente polacco, dal primo ministro danese e dal ministro norvegese per l’Energia. Il nuovo gasdotto non ha certamente la stessa portata del Nord Stream, ma basterà a causare mutamenti radicali.

 

L’Unione Europea, prima dominata dall’industria tedesca alimentata dal gas russo, ora, grazie al gas norvegese, sarà sottomessa alla Polonia. Durante la cerimonia di inaugurazione, il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, ha trionfalmente esplicitato tutto il suo livore: «L’èra del dominio russo nel settore gas sta finendo; un’èra caratterizzata da ricatti, minacce ed estorsioni».

 

L’atto di guerra contro Russia, Germania, Olanda e Francia ci obbliga a riconsiderare gli avvenimenti in Ucraina. È un attacco molto più grave dei precedenti perché gli Stati Uniti hanno colpito gli alleati. In altri articoli ho diffusamente spiegato a cosa gli Straussiani miravano con le provocazioni in Ucraina. I recenti accadimenti spiegano perché Washington, in quanto Stato, sostiene il progetto degli Straussiani, nonché mostrano come dagli anni Cinquanta la «grande strategia» non sia mutata.

 

In pratica, se non ci saranno reazioni a questo atto di guerra, l’Unione Europea precipiterà economicamente, fatta eccezione per la Polonia e i suoi dodici alleati dell’Europa centrale, i membri dell’Iniziativa dei Tre Mari (Intermarium) (4). Il vento gira, ora Varsavia corre in testa.

 

I grandi perdenti saranno l’Europa occidentale e la Russia, nonché l’Ucraina, distrutta per permettere questo gioco al massacro.

 

 

Thierry Meyssan

 

 

 

NOTE

1) «Quando lo stay-behind voleva sostituire De Gaulle», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 10 settembre 2001.

2) «Au cœur de la “Guerre du gaz”, la petite République de Transnistrie», par Arthur Lepic, Réseau Voltaire, 3 luglio 2007; e «En 1992, les États-Unis tentèrent d’écraser militairement la Transnistrie », di Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 17 luglio 2007.

3) «US Strategy Plan Calls For Insuring No Rivals Develop» Patrick E. Tyler e  «Excerpts from Pentagon’s Plan: “Prevent the Re-Emergence of a New Rival“», New York Times, 8 marzo 1992. «Keeping the US First, Pentagon Would preclude a Rival Superpower» Barton Gellman, The Washington Post, 11 marzo, 1992.

4) «Il sabotaggio della pace in Europa», di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 28 giugno 2022.

 

 

 

Articolo ripubblicato su licenza Creative Commons CC BY-NC-ND

 

 

 

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

 

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Geopolitica

Senatore americano: «il Sudafrica è nostro nemico»

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Il senatore repubblicano John Kennedy ha definito il Sudafrica un nemico degli Stati Uniti, mentre i legislatori spingono sempre più affinché Pretoria venga esclusa dall’African Growth and Opportunity Act (AGOA), l’iniziativa commerciale di punta di Washington.

 

L’ambasciatore Jamieson Greer, rappresentante commerciale degli Stati Uniti, è stato interrogato dal senatore repubblicano John Kennedy durante un’audizione della sottocommissione per gli stanziamenti del Senato in merito all’inclusione del Sudafrica nella potenziale estensione dell’AGOA.

 

Kennedy ha chiesto a Greer: «Cosa intendi fare riguardo al Sudafrica come parte dell’AGOA, dato che il Sudafrica non è amico dell’America?»

 

Greer ha risposto: «Esatto. Abbiamo avuto alcune conversazioni con i sudafricani in materia di commercio, e ci sono molte questioni di politica estera che non affronto con il Sudafrica. Ma quando si tratta di commercio, hanno molte barriere… Abbiamo chiarito ai sudafricani che se vogliono avere una situazione tariffaria migliore con noi devono occuparsi di queste barriere tariffarie e non tariffarie Sono una vera economia, una grande economia, giusto. Hanno una base industriale, una base agricola; dovrebbero acquistare prodotti dagli Stati Uniti», ha detto Greer.

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Kennedy ha poi fatto presente a Greer che, se l’AGOA venisse prorogata di un anno, senza riformarla, il Sudafrica ne trarrebbe beneficio. Greer ha ammesso, ma ha sottolineato che il Sudafrica è già stato colpito da una tariffa reciproca del 30%, «molto più alta rispetto al resto del continente». Ha tuttavia osservato che il Sudafrica rappresenta un caso unico.

 

Kennedy ha continuato: «Non pensi che dovremmo separare il Sudafrica e l’AGOA? Greer concordò, dicendo che sarebbe stato felice di prendere in considerazione quella proposta. Il Congresso è venuto da me e mi ha detto che vogliamo l’AGOA. E se dobbiamo cedere, dobbiamo trovare un modo per migliorarlo. Se pensate che dovremmo riservare al Sudafrica un trattamento diverso, sono aperto, perché penso che rappresentino un problema unico».

 

«Beh, rappresentano un problema unico per l’America. Voglio dire, sono i nostri nemici in questo momento. Sono amici di tutti i nostri nemici. E sono stati molto critici nei confronti degli Stati Uniti» ha dichiarato Kennedy.

 

Greer concorda: «È proprio così. Ed è per questo che vengono trattati in modo molto diverso. La maggior parte del continente africano, l’Africa subsahariana, ne ha solo il 10%, mentre il Sudafrica ne ha il 30%».

 

All’inizio di quest’anno, gli Stati Uniti hanno imposto una tariffa del 30%sulle importazioni dal Sudafrica, dopo che i funzionari statunitensi non hanno risposto a diverse proposte commerciali presentate da Pretoria.

 

A luglio, l’IOL ha riferito che il Presidente Cyril Ramaphosa aveva preso atto della corrispondenza del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump sull’imposizione unilaterale di una tariffa commerciale del 30% contro il Sudafrica. Ramaphosa ha anche osservato che il Sudafrica è uno dei numerosi Paesi che hanno ricevuto comunicazioni simili che annunciavano tariffe all’epoca.

 

«Questa tariffa del 30% si basa su una particolare interpretazione della bilancia commerciale tra Sudafrica e Stati Uniti. Questa interpretazione controversa rientra tra le questioni all’esame dei team negoziali di Sudafrica e Stati Uniti», ha affermato il portavoce di Ramaphosa, Vincent Magwenya.

 

Di conseguenza, il Sudafrica sostiene che la tariffa reciproca del 30% non rappresenta accuratamente i dati commerciali disponibili. Nella nostra interpretazione dei dati commerciali disponibili, la tariffa media sulle merci importate in entrata in Sudafrica è del 7,6%.

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«È importante sottolineare che il 56% delle merci entra in Sudafrica con una tariffa della nazione più favorita dello 0%, mentre il 77% delle merci statunitensi entra nel mercato sudafricano con un dazio dello 0%», ha affermato. Tuttavia, la presidenza a Pretoria ha chiarito che il Sudafrica continua a impegnarsi per coltivare relazioni commerciali più strette con gli Stati Uniti.

 

Come riportato da Renovatio 21, la scorsa settimana Trump ha dichiarato che il Sudafrica è indegno di essere parte membro di «qualsiasi cosa» e non otterrà un invito al summit del G20 del prossimo anno in Florida, in quanto ritenuto «non degno» di figurare come membro «in alcun contesto».

 

Come riportato da Renovatio 21, l’imbarazzante incontro nello studio ovale tra Trump e il presidente sudafricano Ramaphosa, dove il primo mostrò al secondo le immagini del massacro dei bianchi nel Paese, avvenne pochi giorni dopo che Trump aveva pubblicamente accolto decine di rifugiati afrikaner.

 

A inizio mese l’amministrazione Trump ha dichiarato che le ammissioni di rifugiati per l’anno fiscale 2026 saranno limitate a sole 7.500 unità, il numero più basso di sempre, con priorità per i sudafricani bianchi in fuga dalle persecuzioni.

 

L’Ordine Esecutivo è stato emesso dopo che l’amministrazione Trump ha duramente criticato il governo sudafricano per le nuove misure di riforma agraria che consentono l’appropriazione di terreni privati senza indennizzo. L’amministrazione Trump ha affermato che le misure sarebbero state utilizzate per colpire i proprietari terrieri bianchi, come misure simili erano state adottate in altri paesi africani, in particolare lo Zimbabwe.

 

I primi sudafricani bianchi ammessi negli Stati Uniti con questa nuova designazione, 59 in totale, sono sbarcati negli Stati Uniti a maggio.

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La scena di scontro nello Studio Ovale ha ricordato ad alcuni osservatori quella del presidente ucraino Volodymyro Zelens’kyj all’inizio di quest’anno, quando quest’ultimo fu cacciato dalla Casa Bianca. Lo Studio Ovale sta divenendo de facto un luogo della verità detta fuori dai denti, dove le maschere diplomatiche cadono, e i leader internazionali possono venire castigati per la loro inadeguatezza o i loro crimini veri e propri.

 

Come riportato da Renovatio 21, vari gruppi boeri da anni ritengono di essere oggetti di una vera persecuzione se non di una pulizia etnica, con abbondanza disperante episodi di crimine, torture e violenza efferata di ogni sorta. I boeri hanno cercato, e trovato, anche l’aiuto della Russia di Vladimiro Putin.

 

Come riportato da Renovatio 21, Ernst Roets, responsabile politico del Solidarity («Movimento di Solidarietà»), un network di organizzazioni comunitarie sudafricane che conta più di 500.000 membri, ha dichiarato che, nonostante le indicibili violenze e torture subite dalle comunità bianche in Sud Africa, nel prossimo futuro «l’Europa sarà peggio».

 

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Immagine di Treasurer Ron Henson via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Putin sostiene Maduro nella situazione di stallo con gli Stati Uniti

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Il presidente russo Vladimir Putin ha rinnovato il suo pieno appoggio al presidente venezuelano Nicolás Maduro, nonostante l’intensificazione della presenza militare statunitense nei Caraibi.   I due leader hanno evidenziato l’eccezionale solidità dei rapporti tra Mosca e Caracas nel corso di una telefonata avvenuta giovedì. Secondo quanto riferito dal Cremlino, Putin «ha espresso solidarietà al popolo venezuelano e ha ribadito il proprio sostegno alla ferma determinazione del governo guidato da Maduro nel difendere la sovranità nazionale e gli interessi del Paese dalle ingerenze esterne».   I presidenti hanno confermato l’impegno a dare piena attuazione al trattato di partenariato strategico firmato lo scorso maggio.   Dal canto suo, il governo venezuelano ha fatto sapere che Putin e Maduro hanno sottolineato «la natura strategica, solida e in costante crescita delle relazioni bilaterali» e che il leader russo ha manifestato il proprio sostegno agli sforzi di Maduro volti a «rafforzare la pace, la stabilità politica e lo sviluppo economico».

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La telefonata è arrivata pochi giorni dopo il sequestro, da parte degli Stati Uniti, di una petroliera salpata da un porto venezuelano all’inizio del mese. La procuratrice generale statunitense Pam Bondi ha dichiarato che la nave era già stata sanzionata in passato per aver presumibilmente trasportato petrolio iraniano.   Caracas ha definito l’operazione «un atto di pirateria» e ha accusato Washington di voler «saccheggiare» le risorse naturali venezuelane.   Da settembre gli Stati Uniti hanno dispiegato una flotta navale nei Caraibi e hanno fermato oltre venti imbarcazioni sospettate di traffico di droga in acque internazionali. Secondo quanto riportato da Reuters, l’amministrazione americana si starebbe preparando a intercettare ulteriori navi che trasportano greggio venezuelano nell’ambito della campagna di massima pressione contro Maduro, accusato dal presidente Donald Trump di collusione con i cartelli della droga.   Maduro ha respinto categoricamente ogni legame del suo governo con il narcotraffico, ha promesso di difendere il Paese da una eventuale invasione e ha bollato le azioni di Washington come «colonialiste», avvertendo che potrebbero scatenare «una guerra folle» nella regione.   Come riportato da Renovatio 21, due settimane fa si era parlato di una telefonata segreta tra Trump e Maduro.   Gli Stati Uniti hanno offerto una taglia di 50 milioni di dollari per informazioni che conducano all’arresto o alla condanna di Maduro, ritenuto dagli americani a capo di una ghenga narcoterrorista.   Diverse notizie della scorsa settimana indicano che Washington stia pianificando operazioni in Venezuela e abbia identificato potenziali bersagli legati al presunto narcotraffico. Gli USA avrebbero schierato nella zona circa 16.000 soldati e otto navi da guerra della Marina.

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Il Venezuela ha stigmatizzato il rinforzo militare come violazione della sovranità e tentativo di golpe. Il governo venezuelano starebbe cercando appoggio da Russia, Cina e Iran. Mosca ha di recente riaffermato la sua alleanza con Caracas, esprimendo pieno sostegno alla leadership del Paese nella difesa della propria integrità. Mosca ha accusato il mese scorso Washington di preparare il golpe in Venezuela.   Come riportato da Renovatio 21, Maduro, che avrebbe offerto ampie concessioni economiche agli USA per restare al potere, sarebbe stato oggetto di un tentativo di rapimento tramite il suo pilota personale.   Trump nelle scorse settimane ha ammesso di aver autorizzato le operazioni CIA in Venezuela. Di piani CIA per uccidere il presidente venezuelano il ministro degli Interni del Paese aveva parlato lo scorso anno.   Come riportato da Renovatio 21, Maduro aveva denunciato l’anno scorso la presenza di mercenari americani e ucraini in Venezuela. «Gli UA finanziano Sodoma e Gomorra» aveva detto.    

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Immagine di President of Russia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) 
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L’Ungheria dice che il capo della NATO «pugnala alle spalle» e «alimenta la guerra»

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Il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha accusato il segretario generale della NATO Mark Rutte di «alimentare le tensioni belliche» con dichiarazioni «irresponsabili», sostenendo che la Russia potrebbe prepararsi ad attaccare l’Alleanza entro pochi anni.

 

Giovedì Rutte aveva dichiarato che «siamo il prossimo obiettivo della Russia» e aveva invitato i membri della NATO ad accelerare l’incremento della spesa per la difesa, aggiungendo che Mosca «potrebbe essere pronta a impiegare la forza militare contro la NATO entro cinque anni».

 

In un post pubblicato venerdì su Facebook, lo Szijjarto ha definito le parole di Rutte «assurdità», affermando che «chiunque nutrisse ancora dubbi sul fatto che a Bruxelles abbiano completamente perso il senno, dopo queste dichiarazioni ne sarà definitivamente convinto».

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Lo Szijjarto ha interpretato i commenti come un chiaro segnale che «tutti a Bruxelles si sono schierati contro gli sforzi di pace del presidente degli Stati Uniti Donald Trump» e che il segretario generale della NATO abbia «di fatto pugnalato alle spalle i negoziati di pace».

 

«Noi ungheresi, in quanto membri della NATO, rigettiamo le affermazioni del Segretario Generale! La sicurezza dei Paesi europei non dipende dall’Ucraina, ma dalla NATO stessa… Dichiarazioni provocatorie di questo tipo sono irresponsabili e pericolose! Chiediamo a Mark Rutte di cessare immediatamente di alimentare le tensioni legate alla guerra!!!»

 

L’Ungheria ha più volte assunto posizioni divergenti rispetto alla maggioranza dei partner UE e NATO sul conflitto ucraino, sostenendo che ulteriori forniture di armi a Kiev non farebbero che prolungare le ostilità. Budapest ha sempre invocato l’avvio di negoziati diretti tra Russia e Ucraina, ha criticato le sanzioni occidentali contro Mosca considerandole dannose per l’economia europea e si è opposta ai piani dell’UE di utilizzare gli asset russi congelati per finanziare l’Ucraina, definendoli illegittimi.

 

 

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Immagine di NATO North Atlantic Threaty via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic

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