Economia
Mosca e Teheran firmano un storico accordo sul gas
Poche ore prima che il presidente russo Vladimir Putin arrivasse a Teheran la settimana scorsa, la National Iranian Oil Company (NIOC) iraniana ha firmato un memorandum da 40 miliardi di dollari con la russa Gazprom per investimenti congiunti in progetti di petrolio e gas in Iran.
Il CEO di NIOC Mohsen Khojasteh-Mehr ha affermato che questo è il più grande investimento estero mai realizzato nell’industria petrolifera iraniana, rappresentando oltre un quarto di tutti gli investimenti da ora fino al 2025.
Secondo quanto riferito, il pacchetto copre gli investimenti in sei diversi giacimenti di petrolio e gas, i principali essendo i giacimenti di gas di Kish e North Pars nel Golfo Persico e South Pars, il giacimento di gas più grande del mondo.
Khojasteh-Mehr ha delineato la nuova strategia dell’azienda: «Il mondo ha bisogno del petrolio iraniano e la quota delle esportazioni di petrolio dell’Iran non può essere rimossa dal mercato mondiale, e questo dimostra che l’Iran è un paese affidabile e stabile per la fornitura di energia al mondo».
Nel complesso, l’Iran sta aumentando i suoi investimenti nel settore del gas e del petrolio e ha elaborato un piano di otto anni per l’utilizzo degli investimenti esteri in quest’area.
Il protocollo d’intesa comprende anche progetti di gas naturale liquefatto (GNL), gasdotti per l’esportazione e accordi sugli scambi tra le due nazioni di gas e prodotti petroliferi. «La compagnia petrolifera nazionale iraniana ha già trattato contratti con compagnie russe nonostante le sanzioni. (…) Non vi è alcuna preoccupazione per il ruolo delle sanzioni nel fallimento di queste intese e contratti» ha detto il CEO di NIOC.
Il South Pars costituisce la primaria fonte di ricchezza anche dall’altro Stato che partecipa all’estrazione gasiera, il Qatar, Paese non ostile all’Iran a differenza del vicino Saudita. Il Qatar, tuttavia, non ha sempre avuto buone relazioni con la Russia.
Nel 2004, un’autobomba uccise a Doha Zelimkhan Yandarbijev, un separatista ceceno (fu per un anno presidente della cosiddetta Repubblica cecena di Ichkeria) riparato in Qatar.
Si dice perfino che a Nuova York nel 2012 il rappresentante permanente della Federazione Russa all’ONU Vitalij Churkin sbottò contrò l’omologo qatarino, spiegandogli che «se mi parli in questo modo, oggi stesso facciamo sparire il Qatar».
Il Churkin, ora defunto, ha sempre negato questa ricostruzione.
Cina
La Cina supera il trilione di dollari di surplus commerciale
Per la prima volta, il surplus commerciale della Cina ha superato i mille miliardi di dollari nei primi 11 mesi del 2025. Mentre le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite di circa un terzo a causa dei dazi, le esportazioni verso Europa, Australia e Sud-est asiatico sono aumentate.
Gran parte di questa impennata è stata trainata dalla forte crescita dei beni high-tech, che ha superato del 5,4% l’aumento delle esportazioni complessive. Le esportazioni di automobili hanno registrato un boom, sostituendo Giappone e Germania in termini di quota di mercato. Le esportazioni di semiconduttori sono aumentate del 24,7% nello stesso periodo e le esportazioni di cantieristica navale sono aumentate del 26,8%.
Il canale all-news cinese CGTN ha pubblicato un articolo che attacca le narrative occidentali di «sovracapacità» o «dumping» come spiegazioni del boom delle esportazioni cinesi.
«Per i politici e i leader dell’industria occidentali, la questione non è come presentare la Cina come un rivale, ma come riconoscere le realtà strutturali che rappresenta. Comprendendo il surplus come parte del panorama economico globale, si apre l’opportunità di adattare le strategie, esplorare le complementarietà, promuovere la collaborazione e ricercare miglioramenti dell’efficienza che vadano a vantaggio di entrambe le parti».
Vari allarmi sulla tenuta dell’economia cinese erano stati lanciati negli ultimi anni.
Come riportato da Renovatio 21, la Cina, dopo la guerra dei dazi di Trump, è ancora impegnata in un conflitto con gli USA e i satelliti occidentali per i chip.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Economia
Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
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