Alimentazione
La più grande cooperativa agricola USA: le sanzioni potrebbero causare carenze di fertilizzanti
Lo scorso mercoledì, la più grande cooperativa di agricoltori d’America ha lanciato l’allarme su possibili interruzioni delle forniture di fertilizzanti dalla Russia a causa delle sanzioni occidentali contro Mosca.
CHS Inc., la maggiore cooperativa del settore primario statunitense, ha dichiarato in un documento depositato alla SEC (l’ente di controllo della borsa di Wall Street) di essere preoccupata per l’ottenimento di fertilizzanti russi a causa delle sanzioni che rendono «più costoso e difficile fare affari con la Russia».
La CHS ha dichiarato che le sanzioni potrebbero «causare ritardi rispetto a, o impedire, le spedizioni di fertilizzanti a noi , causare pressioni inflazionistiche sulla nostra capacità di acquistare fertilizzanti e influire sulla nostra capacità di acquistare fertilizzanti, interrompere l’esecuzione di transazioni bancarie con alcune istituzioni finanziarie russe e provocare volatilità in valuta estera tassi di cambio e tassi di interesse, che potrebbero avere un effetto negativo materiale sulla nostra attività e operazioni».
La cooperativa ha affermato di non avere operazioni in Russia. Tuttavia, ha 30 milioni di dollari in scorte di grano in silos ucraini e dovrà accusare una svalutazione a causa della sua impossibilità di accedere a quelle scorte.
La CHS avverte che esiste il rischio che il conflitto in Ucraina «potrebbe portare a un conflitto molto più ampio e/o sanzioni aggiuntive imposte dal governo degli Stati Uniti e da altri governi che limitano gli affari con persone, organizzazioni o Paesi specifici o in relazione a determinati prodotti o servizi». La cooperativa ha quindi affermato che se si verificasse un evento del genere, ciò distruggerebbe più catene di approvvigionamento globali e «potrebbe influenzare negativamente le nostre operazioni commerciali e le nostre prestazioni finanziarie».
Per un certo contesto, la Russia è una delle maggiori esportazioni mondiali di fertilizzanti. I Paesi già afflitti dall’insicurezza alimentare, come le economie di mercato emergenti , sperimenteranno prima alcuni dei primi fertilizzanti e carenze alimentari. L’esempio è quello del Perù dove, come riportato da Renovatio 21, stanno già iniziando violente proteste contro l’inflazione.
La situazione presente ha fatto saltare la filiera agricola internazionale: le sanzioni fanno salire i prezzi dei fertilizzanti e i prezzi del carburante. Inoltre, le compagnie di navigazione internazionali stanno alla larga dal commercio con la Russia, rendendo persino difficile l’acquisizione di prodotti fertilizzanti.
Il conflitto ucraino e le conseguenti sanzioni rendono totalmente sicura la filiera alimentare, e proiettano sul mondo lo spettro della fame.
L’arrivo di carenze alimentari è oramai ammesso ovunque, dentro e fuori dalla burocrazia ONU, è annunciato da Putin ed ammesso da Biden.
È bene che ciascuno di noi inizi a prepararsi all’evenienza.
Alimentazione
Un leader agricolo messicano assassinato in seguito allo sciopero nazionale
Bernardo Bravo Manríquez, presidente della principale associazione di agrumicoltori di Michoacán e membro del Fronte Nazionale per il Salvataggio della Campagna Messicana (FNRCM), il gruppo agricolo più attivo del Messico, è stato assassinato la mattina del 20 ottobre.
Bravo, alla guida degli Agrumicoltori della Valle di Apatzingán, aveva partecipato allo sciopero nazionale degli agricoltori del 14 ottobre, organizzato con successo dal FNRCM per sollecitare il governo a introdurre politiche a sostegno dell’agricoltura nazionale, minacciata da speculatori finanziari internazionali e dai loro cartelli.
Gli agrumicoltori avevano guadagnato l’attenzione nazionale gettando in strada circa due tonnellate di lime di alta qualità durante lo sciopero, permettendo alla gente di raccoglierli, per evidenziare che il prezzo pagato ai produttori per ogni chilo di lime è nettamente inferiore al costo di produzione.
Secondo Aristegui News, l’associazione di Bravo ha spiegato la partecipazione allo sciopero con la richiesta di istituire una banca per lo sviluppo agricolo con crediti agevolati e tassi bassi, per rilanciare le campagne. I coltivatori di lime hanno anche proposto concessioni idriche, protezione della filiera produttiva e prezzi equi.
Gli agricoltori hanno chiarito ai legislatori di non volere sussidi, ma misure per affrontare «le cause strutturali» della crisi che colpisce il settore, chiedendo «un solido quadro giuridico che ci protegga da speculazioni e abusi». L’articolo ha inoltre riportato che Bravo, come leader del settore, aveva denunciato estorsioni da parte di gruppi criminali organizzati e l’assenza di sicurezza per i coltivatori di lime.
A febbraio, Bravo aveva segnalato di aver ricevuto minacce, annunciando la chiusura degli uffici amministrativi della sua azienda. Nella dichiarazione rilasciata il giorno del suo assassinio, il FNRCM ha chiesto al governo di indagare sull’omicidio, ma ha anche criticato «l’indifferenza» del governo alle richieste di dialogo, che crea «condizioni di vulnerabilità per i produttori». La dichiarazione ha evidenziato l’esclusione, da parte del Segretario dell’Agricoltura Julio Berdegué, di due leader del FNRCM, Baltazar Valdez Armentía di Sinaloa e Yako Rodríguez di Chihuahua, da un incontro del 17 ottobre con i leader agricoli, nonostante l’approvazione del Ministero del Governo.
Il FNRCM ha avvertito che il governo dovrebbe collaborare con il movimento per «costruire un’alleanza con lo Stato per salvare le campagne e l’economia nazionale». Ha inoltre denunciato le pressioni del governo statunitense e delle sue entità, che cercano di «aggravare la polarizzazione sociale e l’ingovernabilità per giustificare interventi». In questo contesto, il governo non dovrebbe adottare «gesti divisivi e discriminatori contro i produttori nazionali», ha concluso il FNRCM.
È noto che i cartelli della droga abbiano anche interessi agricoli, soprattutto nel campo dell’avocado, frutto divenuto particolarmente popolare negli USA con le ultime generazioni per le sue proprietà nutritizie.
Alimentazione
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Alimentazione
Un terzo dei Paesi è afflitto da prezzi alimentari «anormalmente alti»: rischio di disordini sociali
L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) lancia l’allarme: i prezzi dei prodotti alimentari restano eccezionalmente elevati in tutto il mondo, e in molti Paesi sono aumentati fino a cinque volte rispetto ai livelli medi del decennio scorso. Un’escalation che, secondo l’agenzia delle Nazioni Unite, rischia di alimentare nuovi disordini sociali, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo o politicamente instabili.
«Le condizioni attuali ricordano i periodi che hanno preceduto la Primavera Araba e la crisi alimentare del 2007-2008», si legge nel rapporto diffuso in questi giorni. E il messaggio è chiaro: le turbolenze globali, legate alla sicurezza alimentare, «sono tutt’altro che finite».
Un’analisi di BloombergNEF, basata sui dati FAO, evidenzia come il quadro sia il risultato di una combinazione di fattori: eventi meteorologici estremi, tensioni geopolitiche e politiche monetarie espansive. L’aumento dei prezzi di gasolio e benzina – spinti anche dai conflitti in corso e dalle restrizioni commerciali – ha fatto lievitare i costi di produzione e di trasporto dei beni agricoli.
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A questo si aggiunge il fattore monetario: l’eccessiva stampa di denaro da parte di molte economie avanzate ed emergenti durante e dopo la pandemia ha rappresentato, secondo gli analisti, il principale motore dell’inflazione globale.
Secondo la FAO, nel 2023 il 50% dei Paesi del Nord America e dell’Europa ha registrato prezzi alimentari «anormalmente elevati» rispetto alla media del periodo 2015-2019. L’organizzazione definisce «anormale» un livello di prezzo superiore di almeno una deviazione standard rispetto alla media storica per ciascuna merce e regione, spiega Bloomberg.
La tendenza, tuttavia, non riguarda solo l’Occidente: anche in Asia, Africa e America Latina l’impennata dei prezzi sta riducendo l’accesso ai beni di prima necessità, colpendo le fasce più vulnerabili della popolazione.
La FAO richiama nel suo rapporto due momenti emblematici della storia recente che mostrano il legame diretto tra caro-viveri e instabilità politica.
Un esempio è la cosiddetta «Primavera araba» (2010-2011): il forte aumento dei prezzi del grano e del pane, dovuto alla siccità e ai divieti di esportazione imposti dalla Russia, contribuì a scatenare proteste in Tunisia, Egitto, Libia e Siria. L’inflazione alimentare fu un fattore chiave, che si sommò al malcontento politico e sociale.
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Un ulteriore caso è quello della crisi alimentare del 2007-2008: in quel periodo, i picchi dei prezzi globali dei cereali provocarono rivolte in oltre 30 Paesi, tra cui Haiti, Bangladesh, Egitto e Mozambico, dove i beni di prima necessità divennero inaccessibili per ampie fasce della popolazione.
Gli analisti concordano sul fatto che quando «l’inflazione alimentare supera la crescita del reddito», si innesca una spirale pericolosa che può condurre a crisi sociali e politiche.
Con l’aumento dei costi dei beni di base e la perdita di potere d’acquisto, cresce la pressione sui governi, già provati da crisi energetiche, conflitti regionali e tensioni valutarie.
In breve, il mondo potrebbe trovarsi di fronte a «una nuova stagione di rivolte per il pane».
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