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Protesta

Il Daspo-martirio salva la protesta dall’insignificanza?

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Era già successo a metà del mese scorso, quando la questione Trieste prese definitivamente quota.

 

Ricordate? Nella notte tra sabato 16 e domenica 17 ottobre successe di tutto. Comunicati di vittoria: i portuali di Puzzer sarebbero stati «accolti» in Senato. Seguirono smentite. Dimissioni. Post su Facebook. Retromarce. Un groviglio di comunicazioni inestricabili: ammettiamo che è stato lì che abbiamo dapprima perso la fiducia nelle figure della protesta triestina. Sbagliati i modi, sbagliati soprattutto i contenuti: com’era possibile che avessero ceduto alla lusinga di un invito a Palazzo Madama, magari per un giretto offerto da qualche insignificante minoranza parlamentare? Come era possibile che ci avessero visto una «vittoria» e non un’inezia o ancora peggio una manovra di neutralizzazione?

 

I dubbi cominciavano a salire, belli consistenti. La situazione era grave, ma non seria.

 

Cambiammo idea quando la situazione divenne grave e molto seria: con le immagini eroiche della resistenza al porto di lunedì 18 ottobre. Idranti, lacrimogeni, manganelli e scudi contro gente seduta a terra con il rosario in mano. Epico. Unico al mondo.

 

Abbiamo pensato: la protesta, nonostante gli errori le ingenuità pazzesche delle ore precedenti, ora non solo potrà continuare, ma diverrà gigantesca. Creare martiri – in passato lo appresero benissimo gli imperatori pagani da Roma al Giappone dei secoli passati – non è mai un buon affare. È meglio creare apostati: gente che rinnega anche solo una parte della su Fede. Andargli addosso con la forza bruta, notava chi opprimeva i cristiani, produceva l’effetto opposto: i fedeli si moltiplicavano.

 

La protesta di Trieste quindi fu paradossalmente salvata dalla tremenda repressione che andò in mondovisione. Sono diversi i nostri lettori che dopo quelle immagini, ci hanno scritto che stavano organizzandosi per andare il successivo sabato alla manifestazione di Trieste. Purtroppo, come noto, la manifestazione fu annullata dallo stesso Puzzer, per motivi che ancora oggi non ci sono chiarissimi. Questa è un’altra storia – è l’errore definitivo che ai nostri occhi ha reso la credibilità degli elementi triestini irrecuperabile – sulla quale abbiamo scritto, e quindi non ci troviamo.

 

Vogliamo far notare come ora, con la storia del banchetto «USA» «Mario Draghi» «Papa» «Comunità Europea», si sta ripetendo lo stesso fenomeno.

 

In molti possono essere rimasti increduli quando, dopo un rullo di tamburi di giorni sull’iniziativa «internazionale» che il Puzzer aveva annunciato, si scoperse che essa consisteva nel tavolino da campeggio con i cartelli in maiuscolo

In molti possono essere rimasti increduli quando, dopo un rullo di tamburi di giorni sull’iniziativa «internazionale» che il Puzzer aveva annunciato, si scoperse che essa consisteva nel tavolino da campeggio con i cartelli in maiuscolo. Peraltro, se arrivava qualche giorno prima e si piazzava al Quirinale invece che a Piazza del Popolo, correva il rischio di rendere la cosa perfino meno simbolica, visto che Biden ci era, e pure qualcuno dell’Unione Europea, che il cartello invece chiama nostalgicamente «Comunità Europea».

 

Ci era sembrato evidente, da subito, che la piazza si sarebbe riempita dei piccoli fans di Puzzer, ché la voglia di farsi selfini e cantare a nastro «la gente come noi» è, giustamente, tantissima.

 

 

Era stata annunciata una iniziativa ad oltranza. Sappiamo che il significato di «oltranza» a Trieste è un po’ diverso da quello del resto d’Italia, visto che lo «sciopero ad oltranza» dichiarato per il porto poi fu trasformato, nelle dichiarazioni, in uno sciopero fino al 20 ottobre (Cara, ti amo di un amore eterno fino a mercoledì alle 18:00).

 

Quanto poteva durare prima di diventare insignificante come un qualsiasi banchetto di quelli che si battono per questo o quel tema politico?

L’«oltranza» della protesta con le sedie pieghievoli in Piazza del Popolo era, in realtà, la cosa più preoccupante. Quanto poteva durare prima di diventare insignificante come un qualsiasi banchetto di quelli che si battono per questo o quel tema politico? La vivisezione, l’acquedotto, il referendum radicale, la fame nel mondo, etc.

 

Chi c’è laggiù? Butti l’occhio. Il solito. Ciao. Metti una firma. Ok. No, non ho tempo. Pensi: fenomeni zonali, anche piuttosto bonari. La politica al grado zero della sua intensità emotiva e organizzativa – cioè il grado zero della politica tout court. Si passa oltre. Ab assuetis non fit passio. Dalle cose abituali non nasce la passione.

 

A salvare la situazione dalla prospettiva dell’insignificanza progressiva ci ha pensato la Questura, che ha trattenuto Puzzer per cinque ore e gli ha dato un foglio di via, che non sappiamo quanto propriamente viene chiamato da tutti «Daspo» (che, invece, riguarda gli eventi sportivi). Espunto da Roma per un anno intero.

 

Ecco, realizzato un’altra volta il piccolo martirio, stavolta davvero poco spettacolare, né cruento.

 

«Posso dire che mì so stà tratado coi guanti» ha fatto sapere lui in un audio. «Erano proprio brave persone, gente che non c’entra niente con questo sistema, anzi»

«Posso dire che mì so stà tratado coi guanti» ha fatto sapere lui in un audio. «Erano proprio brave persone, gente che non c’entra niente con questo sistema, anzi».

 

Non ci è chiarissima questa ultima frase (qualcuno ci ha scherzato: sindrome di Stoccolma?), tuttavia in una ulteriore intervista online è sceso più in dettaglio.

 

«Prima mi hanno chiesto se ho fatto il green pass, se avevo fatto il vaccino, io gli ho dato tranquillamente i documenti che attestavano che io avevo il vaccino, che non ero un untore venuto a Roma a portare il COVID… ma, ti dico, tutto molto gentilmente… sono stato trattato proprio in modo genuino, non posso dir nulla».

 

 

Nel frattempo, su Telegram impazzavano video verticali di avvocati indignatissimi.

 

Mario Giordano capta la notizia e la rilancia in TV, con Puzzer che interviene in diretta.

«Prima mi hanno chiesto se ho fatto il green pass, se avevo fatto il vaccino, io gli ho dato tranquillamente i documenti che attestavano che io avevo il vaccino, che non ero un untore venuto a Roma a portare il COVID… ma, ti dico, tutto molto gentilmente… sono stato trattato proprio in modo genuino, non posso dir nulla».

Incredibile, ma questa è democrazia?

 

Sono sconvolti tutti. Massimo Mazzucco, che pure all’inizio era stato critico con il teatrino subministeriale di Trieste, scrive in sostegno all’«uomo col tavolino», che pare ad un passo dal divenire il tank man del 2021: avete presente, l’omino cinese in Piazza Tienanmen, quello con le borsette di plastica che con la sua sola presenza, il suo solo coraggio, devia una colonna di carrarmati mandati da Deng a sterminare la protesta del 1989. Qui non abbiamo Piazz Tienanmen, ma Piazza del Popolo, e non i carrarmati, ma il tavolino da campeggio. Non abbiamo nemmeno tank man, a dire il vero, soprattutto perché l’eroico ometto rimase anonimo, per sempre. Non abbiamo, a differenza del caso di Puzzer, mai saputo il suo nome. Si dice lo abbiano torturato, ammazzato. Non portato in questura e «trattato con i guanti».

 

Lo scandalo comunque è ribadito in TV anche dall’europarlamentare ex Lega Francesca Donato, che peraltro ci pare l’unica politica italiana che sta dicendo cose sensate.

 

Come si può reprimere così un uomo con un tavolino?

 

Si può appioppare ad un cittadino italiano un foglio di via, così, su due piedi?

 

Ve lo vogliamo dire noi: si può, eccome – perché non è la prima volta. Per niente.

 

Abbiamo notizia di una mezza dozzina almeno di militanti politici fermati in entrata a Trieste, tenuti ore in questura e quindi espulsi con foglio di via. L’avvocato ci dice che non avevano fatto proprio niente, e che adesso impugneranno la cosa

Abbiamo notizia di una mezza dozzina almeno di militanti politici fermati in entrata a Trieste, tenuti ore in questura e quindi espulsi con foglio di via. L’avvocato ci dice che non avevano fatto proprio niente, e che adesso impugneranno la cosa.

 

Ma non è solo questa miopia selettiva che, quella sì, ci scandalizza: è l’incapacità, che a quanto sembra ha infettato tutti, di capire davvero cosa ci è successo.

 

Signore e signori, parlamentari, europarlamentari, avvocati Telegram vari: ci hanno chiuso in casa per un anno e mezzo. E voi volete scandalizzarvi per il «Daspo» a Stefano Puzzer, con i suoi discorsi sul green pass «misura economica», la sua vaccinazione sbandierata, le sue «iniziative personali» in gita?

Signore e signori, parlamentari, europarlamentari, avvocati Telegram vari: ci hanno chiuso in casa per un anno e mezzo. Ci hanno impedito di vedere le nostre famiglie. Ci hanno impedito di abbracciarci, di baciarci. Ci hanno impedito di spostarci per più di qualche metro. Ci hanno spiato, controllato, censurato. Ci hanno fatto vivere in un coprifuoco, magari con improbabili lasciapassare autocertificati da esibire di giorno. Ci hanno fatto perdere ogni guadagno per mesi. Ci hanno fatto perdere il lavoro. Ci hanno ricattato. Ci hanno bucato il corpo con l’mRNA, il naso con cotton fioc che ci spingono fino in gola. Hanno devastato le nostre vite, le hanno rese invivibili, calpestando ogni diritto costituzionale, umano, animale possibile. Hanno caricato un apartheid biomolecolare che ci emargina mostruosamente, e ora stanno puntando la siringa di Frankenstein verso i nostri figli. Non è finita. A loro non basta. Non basta mai.

 

Ecco: e voi volete scandalizzarvi per il «Daspo» a Ciccio Puzzer, con i suoi discorsi sul green pass «misura economica», la sua vaccinazione sbandierata, le sue «iniziative personali» in gita?

 

Sul serio?

 

Riuscite a ricordare cosa abbiamo nei mesi alle nostre spalle, e a immaginare cosa avremo dinanzi a noi nei prossimi?

Riuscite a guardarvi allo specchio?

 

Riuscite a ricordare cosa abbiamo passato nei mesi alle nostre spalle, e a immaginare cosa avremo dinanzi a noi nei prossimi?

 

Riuscite a distogliervi dai video social e dalla sindrome da cartellone?

 

Riuscite a guardare dentro l’abisso?

 

Dovreste. Perché ci siete dentro. Da quasi due anni.

 

 

 

 

 

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Protesta

Violenza e caos mortale in Nepal. In fiamme il palazzo del governo

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Il Primo Ministro nepalese KP Sharma Oli si è dimesso martedì, mentre le furiose proteste contro il governo si intensificavano nella capitale della nazione himalayana, Kathmandu.

 

L’esercito nepalese ha confermato che Oli e sei ministri del governo sono stati trasferiti in una località segreta dopo che i manifestanti hanno appiccato il fuoco alle residenze del Primo Ministro e del Vicepresidente.

 

Le proteste antigovernative e anti-corruzione sono diventate violente dopo che diverse importanti piattaforme di social media, tra cui Facebook, YouTube e X, sono state vietate lunedì. Questi siti sono tra i 26 che sono stati bloccati per non essersi registrati in base alle nuove normative, che secondo i media locali censurano la libertà di parola. Il divieto è stato revocato martedì.

 

Immagini da Kathmandu mostrano il fumo che si alza dal parlamento del Paese, incendiato dai manifestanti. I media locali hanno anche riferito che le case dei ministri sono state saccheggiate da gruppi numerosi.

 

Su internet circolano video non verificati in cui politici nepalesi sarebbero cacciati, picchiati e denudati.

 

 

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Le proteste, guidate per lo più da persone tra la fine dell’adolescenza e i primi vent’anni, sono scoppiate lunedì, innescate dal divieto dei social media. Le autorità hanno confermato 19 morti nella sola Kathmandu, con circa 400 feriti, tra cui oltre 100 agenti di polizia.

 

«Mi sono unito a una protesta pacifica, ma il governo ha risposto con la violenza», ha dichiarato un ventenne, citato dall’agenzia di stampa AFP.

 

I disordini di questa settimana sono i peggiori degli ultimi decenni nella nazione himalayana, che ha dovuto affrontare periodicamente instabilità politica e difficoltà economiche da quando la monarchia indù è stata abolita nel 2008.

 

L’ente del turismo e la polizia nepalese hanno attivato tre servizi navetta per gli stranieri con autobus diretti all’aeroporto. Voli da destinazioni internazionali sono stati visti librarsi su Kathmandu da quando l’aeroporto è stato chiuso martedì mattina.

 

Dopo la sommossa, il governo nepalese ha revocato la decisione di vietare i siti di social media, in seguito alle violente proteste che hanno provocato 19 morti e oltre 400 feriti.

 

Secondo un articolo dell‘Hindustan Times, gli scontri si sono intensificati quando i dimostranti hanno sfondato le barriere di filo spinato e hanno tentato di entrare in una zona riservata vicino al parlamento, spingendo la polizia a sparare proiettili veri e gas lacrimogeni, nonché a utilizzare idranti e manganelli.

 

 

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«Come amici e vicini di casa, speriamo che tutti gli interessati esercitino moderazione e affrontino qualsiasi problema con mezzi pacifici e attraverso il dialogo», ha affermato martedì il ministero degli Esteri indiano in una nota. Il ministero ha aggiunto che sta monitorando attentamente gli sviluppi in Nepal ed è «profondamente rattristato» per la «perdita di molte giovani vite».

 

Dopo le proteste, il ministro degli Interni nepalese si è dimesso durante una riunione di gabinetto lunedì sera. Secondo quanto riportato da fonti locali, i manifestanti hanno dato fuoco alla residenza privata del ministro dell’Informazione e della Comunicazione.

 

Nonostante il governo abbia revocato il divieto sui social media, martedì a Kathmandu sono continuate le manifestazioni, dove la gente si è radunata fuori dal parlamento chiedendo la rimozione o lo scioglimento del governo. Alcuni manifestanti hanno dichiarato ai giornalisti che le loro preoccupazioni principali sono la disoccupazione e la corruzione.

 

Un enorme incendio ha devastato il palazzo Singha Durbar del Nepal, nel centro di Kathmandu, il principale complesso amministrativo del Paese, dopo che violente proteste hanno travolto la capitale della nazione himalayana.

 

Le immagini che circolano online mostrano l’edificio divorato dalle fiamme. Il palazzo, costruito nel 1908, è la sede del governo nepalese e ospita diversi ministeri e altre istituzioni chiave.

 


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Martedì, i manifestanti avrebbero sfondato i cancelli occidentali del Singha Durbar, facendosi strada nell’area riservata e incendiando alcune parti dell’ingresso. Testimoni hanno riferito di pesanti scontri con le forze di sicurezza mentre la folla avanzava all’interno, secondo diversi organi di stampa.

 

Altri filmati condivisi online mostrano anche l’edificio del Parlamento nepalese in fiamme, con muri carbonizzati, fumo che si levava verso il cielo e incendi ancora accesi, mentre all’esterno si radunava una grande folla.

 

Nel settembre 2025, il governo del Nepal era guidato dal premier KP Sharma Oli, leader del Partito Comunista del Nepal (UML), in carica dal 15 luglio 2024 fino alla sua dimissione il 9 settembre 2025, a seguito delle violente proteste popolari. Ilministro degli Interni Ramesh Lekhak si è dimesso il 8 settembre 2025, assumendo la responsabilità morale per la violenta repressione delle proteste, che ha causato almeno 19 morti e centinaia di feriti. Dopo la dimissione di Oli, il Presidente Ram Chandra Paudel ha accettato la rinuncia e ha avviato il processo per nominare un nuovo primo ministro.

 

In Nepal dal 1996 al 2006 si è vissuta una guerra civile portata avanti soprattutto dal Partito Comunista del Nepal di fede maoista, noto anche come CPN o successivamente come CPN Maoist Centre.

 

La fine della monarchia in Nepal è un evento storico strettamente legato alla strage reale del 1° giugno 2001 e agli sviluppi politici successivi, culminati nell’abolizione della monarchia nel 2008. La notte del 1° giugno 2001, al palazzo reale di Narayanhiti a Kathmandu, avvenne una strage che sconvolse il paese. Secondo la versione ufficiale, il principe ereditario Dipendra Bir Bikram Shah aprì il fuoco durante una riunione familiare, uccidendo il re Birendra, la regina Aishwarya, altri membri della famiglia reale e infine se stesso. In totale, 10 persone persero la vita, tra cui il re, la regina, i loro figli e altri parenti stretti.

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Protesta

I manifestanti a Parigi chiedono le dimissioni di Macron

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Sabato migliaia di persone hanno marciato per le vie di Parigi, chiedendo le dimissioni del presidente Emmanuel Macron e l’uscita della Francia dall’UE.   Il tasso di approvazione di Macron è sceso al livello più basso da quando ha assunto l’incarico nel 2017, in un contesto di deficit di bilancio in rapida crescita e di crescente malcontento nei confronti delle politiche finanziarie del suo governo.   Secondo un sondaggio condotto per Le Figaro e pubblicato mercoledì, circa l’80% dei francesi afferma di non fidarsi di Macron.   Anche la fiducia nel premier François Bayrou, il quinto a ricoprire l’incarico in meno di due anni, è scesa a minimi storici.   I manifestanti portavano cartelli con la scritta «Fermiamo Macron, fermiamo la guerra» e «Frexit».

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La manifestazione è stata organizzata dall’ex politico del Raggruppamento Nazionale Florian Philippot e dal suo partito euroscettico, i Patrioti, che si oppone alle forniture di armi all’Ucraina e mette in guardia contro un’ulteriore escalation con la Russia.     Mercoledì attivisti di sinistra e sindacati stanno pianificando scioperi e proteste separati, con lo slogan «Blocchiamo tutto».   Lunedì Bayrou dovrà affrontare un voto di sfiducia mentre cerca sostegno per la sua proposta di bilancio, con la Francia alle prese con un deficit fiscale del 5,8% del PIL, quasi il doppio del limite UE del 3%.   Il suo piano include tagli al lavoro nel settore pubblico, ai programmi di welfare e alle pensioni, misure che l’opposizione ha denunciato come misure che privilegiano la spesa militare rispetto al sostegno sociale.   Come riportato da Renovatio 21, la Francia nei prossimi giorni potrebbe attraversare un collasso finanziario che ne travolgerebbe il governo.

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La polizia tedesca contro la protesta per la ri-militarizzazione

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Una marcia pacifista inizialmente pacifica a Colonia è sfociata in violenza sabato dopo gli scontri tra attivisti e polizia. I manifestanti protestavano contro i piani di Berlino di aumentare la spesa militare e gli aiuti a Ucraina e Israele.

 

La manifestazione, che secondo quanto riferito ha attirato quasi 3.000 persone, è stata organizzata dal gruppo pacifista «Disarma Rheinmetall». Rheinmetall principale produttore tedesco di armi.

 

Il gruppo ha organizzato diverse manifestazioni questa settimana, tra cui il blocco dell’accesso a un edificio della Bundeswehr mercoledì e una protesta davanti all’abitazione del CEO di Rheinmetall, Armin Papperger, a Meerbusch, vicino a Düsseldorf.

 

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Gli attivisti hanno affermato di opporsi ai piani del governo di aumentare la spesa per la difesa, di espandere l’esercito attraverso la coscrizione obbligatoria e di fornire supporto militare all’Ucraina e a Israele.

 

Le immagini della protesta di sabato mostravano striscioni con la scritta «deponete le armi» e «Non moriremo nelle vostre guerre».

 

Secondo quanto riportato dalle autorità locali, il corteo è stato ripetutamente interrotto dopo che la polizia ha segnalato di aver visto manifestanti mascherarsi e far esplodere fumogeni.

 

La Polizei ha anche affermato di aver intercettato un veicolo di scorta che trasportava pirotecnici, alcol denaturato e bombole di gas, affermando di essere stata infine costretta a disperdere la folla dopo che alcuni manifestanti hanno attaccato gli agenti.

 

 

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I video pubblicati online mostrano la polizia usare pugni, manganelli e gas lacrimogeni, con diversi attivisti visibilmente feriti. Diversi manifestanti sarebbero stati arrestati, anche se non è stato fornito alcun dato.

 

Un portavoce dei dimostranti ha accusato la polizia di aver attaccato gli attivisti, sostenendo che tra le 40 e le 60 persone sono rimaste ferite.

 

Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha sospeso i limiti all’indebitamento per incrementare la spesa per la difesa, impegnandosi ad aumentarla al 3,5% del PIL entro il 2029, annunciando l’intenzione di espandere la Bundeswehr da circa 182.000 a 240.000 soldati attivi entro il 2031 e ha introdotto la registrazione obbligatoria per i diciottenni in preparazione di un potenziale ritorno alla coscrizione obbligatoria.

 

Il Merz ha inoltre suggerito che le truppe tedesche potrebbero essere dispiegate in Ucraina come parte di una forza di pace europea, nonostante il rifiuto della Russia di qualsiasi presenza di truppe occidentali in Ucraina sotto qualsiasi forma.

 

Su internet circolano immagini riguardanti anche le manifestazioni pro-Palestina svoltesi in questi giorni in Germania. Colpisce il video della signora in protesta centrata in pieno volto da un pugno da un agente della Polizei.

 

 

Come riportato ripetutamente negli anni pandemici da Renovatio 21, chi protestava in Germania subì una repressione brutale e disumanizzante da parte della Polizei e degli apparati di sicurezza dello Stato tedesco, che calpestò impunemente la Grundgesetz, la Costituzione tedesca, che dichiara al primo articolo la dignità umana come fondamento della Repubblica.

 

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