Politica
«C’è oggi un rischio reale di guerra civile»: dice il candidato alle presidenziali francesi
Xavier Bertrand, candidato alle prossime presidenziali francesi, ha dichiarato che la Francia sta ora rischiando una «guerra civile» a causa dei suoi problemi con la violenza delle bande e l’immigrazione di massa incontrollata. Lo riporta il quotidiano francese Le Figaro.
Bertrand, che si candida sotto l’insegna della divers droite (etichetta che raccoglie i politici di destra ma non appartenenti, anche solo temporaneamente, a partiti esistente) è presidente del Consiglio regionale dell’Alta Francia ed è attualmente terzo nei sondaggi alle spalle di Emmanuel Macron e di Marine Le Pen.
«C’è oggi un rischio reale di guerra civile», ha detto il candidato Bertrand all’interno del programma Gran Jury del gruppo RTL-LCI-Le Figaro.
Il tono di Bertrand era estremamente serio.
«Ci sono bande, bande che combattono con i Kalashnikov… e questa non sarebbe una guerra civile?»
«Il presidente della Repubblica deve fare di tutto per evitarlo, e questo richiede soprattutto la fine dei crimini non puniti. Qualsiasi sanzione deve sfociare alla fine in una sentenza».
Bertrand ha specificato al problema delle gang che impestano le banlieue dei grandi centri urbani francesi come Parigi e Lione, oramai veri e propri ghetti di masse di immigrati radicalizzati che di fatto rifiutano l’integrazione con la Nazione ospitante.
«Ci sono bande, bande che combattono con i Kalashnikov… e questa non sarebbe una guerra civile?»
«Ci sono ora persone che tornano a casa con le spalle al muro, con la testa bassa, sperando di poter tornare a casa tranquillamente o che mogli e figli non siano disturbati».
Dal ghetto islamico di Moleenbek, appena oltre il confine belga, si era nascosto per ben quattro mesi Salah Abdeslam, uno degli attentatori della notte del Bataclan, il cui processo è iniziato in questi giorni.
«Ci sono ora persone che tornano a casa con le spalle al muro, con la testa bassa, sperando di poter tornare a casa tranquillamente o che mogli e figli non siano disturbati»
Un sondaggio effettuato ad aprile ha rilevato che la maggior parte dei cittadini francesi pensava che una qualche forma di «guerra civile» fosse probabilmente il risultato di un multiculturalismo fallito e di attacchi all’identità francese.
Il sondaggio era stato stimolato da una lettera firmata da 1.000 membri del servizio militare, tra cui 20 generali in pensione, che avvertiva il presidente Macron di «diversi pericoli mortali» che minacciavano la Francia, tra cui «l’islamismo e le orde delle banlieue».
Come riportato da Renovatio 21, il pronunciamento dei militari di quattro mesi fa fu nettissimo: «Vediamo la violenza nelle nostre città e nei nostri villaggi. Vediamo l’odio per la Francia e la sua storia diventare la norma… Questa decadenza, la abbiamo vista in molti Paesi in crisi. Precede il crollo. Annuncia caos e violenza e, contrariamente a quanto voi affermate qua e là, questo caos e questa violenza non verranno da un “pronunciamento militare” ma da un’insurrezione civile… La guerra civile si sta preparando in Francia e lo sapete perfettamente».
«Abbiamo un presidente che non ha mai misurato l’insicurezza nel nostro Paese e le violenze»
La lettera ebbe pesanti conseguenze per i militari che la firmarono. Come notato su Renovatio 21, era possibile scorgervi, forse, alcuni riferimenti massonici precisi. Bertrand risulta essere un massone iniziato alla loggia Les Fils d’Isis del Grande Oriente di Francia. Tuttavia, dal 2012, dopo 17 anni, avrebbe dato le dimissione dall’obbedienza massonica – sempre che la cosa sia tecnicamente possibile.
Nella recente trasmissione il Bertrand, già ministro della Salute e ministro del Lavoro, ha infine attaccato frontalmente Macron: «abbiamo un presidente che non ha mai misurato l’insicurezza nel nostro Paese e le violenze».
Una sensazione, quella dello scollamento tra i prìncipi e il popolo, che conosciamo anche qui…
Immagine di Bora S. Kamel via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)
Politica
Brigitta Macron contro le femministe: «stupide stronze»
La moglie del presidente francese Emmanuel Macron, Brigitte, ha provocato un’ondata di indignazione dopo aver definito le manifestanti femministe «salles connes», cioè «stupide stronze».
All’inizio di questa settimana è emerso un video (poi cancellato) in cui la first lady francese, domenica scorsa, chiacchierava in privato nel backstage con l’attore e comico ebreo sefardita Ary Abittan, in passato accusato di stupro. L’artista 51enne era in tournée per la prima volta dopo che i giudici istruttori avevano archiviato il caso per mancanza di prove.
La sera precedente, il collettivo femminista Nous Toutes («Tutte noi») aveva fatto irruzione nel suo spettacolo di cabaret: alcune attiviste, con maschere raffiguranti il volto dell’attore e la scritta «stupratore», si erano alzate in mezzo al pubblico gridando «Abittan stupratore» prima di essere accompagnate fuori.
Nel video trapelato, Abittan scherza sul fatto di sentirsi ancora nervoso, probabilmente temendo il ritorno delle manifestanti. Si sente chiaramente Brigitte Macron rispondere in tono scherzoso: «Se ci sono delle stupide stronze, le cacceremo via».
Martedì un portavoce dell’Eliseo ha spiegato che la first lady stava solo cercando di tranquillizzare l’attore e che il suo commento era diretto unicamente ai metodi radicali usati per interrompere lo spettacolo.
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Nonostante la precisazione, le reazioni sono state immediate e trasversali: politici di tutti gli schieramenti, attivisti e personalità del mondo del cinema hanno condannato le parole.
La segretaria nazionale dei Verdi, Marine Tondelier, le ha definite «estremamente gravi»; la senatrice LR Agnès Evren le ha giudicate «profondamente sessiste». Persino l’ex presidente François Hollande ha criticato la scelta lessicale della first lady. L’attrice Judith Godrèche, divenuta simbolo della lotta contro le violenze sessuali nel cinema francese dopo aver denunciato abusi subiti da minorenne, ha chiesto la fine di questi comportamenti nel settore culturale e ha pubblicato un breve messaggio su Instagram contro le dichiarazioni di Brigitte Macron. Il collettivo Nous Toutes ha poi trasformato la frase in un hashtag virale sui social.
Brigitta Macron era già finita al centro dell’attenzione nei mesi scorsi per una lunga vicenda giudiziaria legata alle teorie complottiste che la descrivono come transgender. Una sentenza di quest’anno ha condannato e multato le due donne che avevano diffuso la falsa notizia, riaccendendo il dibattito sulle molestie online contro le figure pubbliche.
Il caso aveva avuto risonanza internazionale dopo che la commentatrice americana Candace Owens ne aveva ripreso le accuse, per poi dichiarare che i Macron avessero ordinato il suo assassinio.
Come riportato da Renovatio 21, Macron aveva chiesto personalmente a Trump di intercedere con la Owens per farla smettere di parlare dell’incredibile teoria per cui la Brigitta sarebbe nata uomo.
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Immagine di Mélanie Praquin via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Politica
Trump: Zelens’kyj deve indire le elezioni
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Politica
Tentativo di colpo di Stato in Benin
Un gruppo di militari del Benin, paese dell’Africa occidentale, ha proclamato la propria ascesa al potere attraverso la tv di stato SRTB. Tuttavia, diverse fonti hanno indicato che un assalto alla residenza presidenziale è fallito.
I soldati hanno sfruttato la rete televisiva per annunciare la sospensione delle istituzioni nazionali e della Costituzione beninese, ordinando la chiusura di tutte le frontiere aeree, terrestri e marittime. Hanno designato il tenente colonnello Pascal Tigri come presidente del Comitato Militare per la Rifondazione (CMR), «a partire da oggi». In seguito, il segnale del canale è stato tagliato.
Il ministro degli Esteri del Benin, Olushegun Adjadi Bakari, ha riferito all’agenzia Reuters che «un piccolo gruppo» di militari ha orchestrato un tentativo di golpe, ma le truppe leali al presidente Patrice Talon sono al lavoro per ristabilire la normalità. «C’è un tentativo in corso, ma la situazione è sotto controllo… La maggior parte dell’esercito rimane fedele e stiamo riprendendo il dominio della faccenda», ha precisato.
Il governo ha poco fa diffuso un video in lingua francese per spiegare l’accaduto. A parlare è Sig. Alassane Seidou, ministro dell’Interno e della Pubblica Sicurezza del Paese.
#Gouvbenin | #Wasexo | #DefenseSecuriteBenin |
🚨📢 Tentative de déstabilisation de l’État et ses Institutions : Le Gouvernement rassure la populationhttps://t.co/QYgsl5eIfS pic.twitter.com/LiG1xJdmKG
— Gouvernement du Bénin 🇧🇯 (@gouvbenin) December 7, 2025
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«Cari concittadini, Nelle prime ore del mattino di domenica 7 dicembre 2025, un piccolo gruppo di soldati ha scatenato un ammutinamento con l’obiettivo di destabilizzare lo Stato e le sue istituzioni. Di fronte a questa situazione, le Forze Armate del Benin e i loro vertici, fedeli al giuramento, rimasero fedeli alla Repubblica».
«La loro risposta ha permesso loro di mantenere il controllo della situazione e di sventare la manovra. Di fronte a questa situazione, le Forze Armate del Benin e i loro vertici, fedeli al giuramento, rimasero fedeli alla Repubblica. Pertanto, il Governo invita la popolazione a continuare a svolgere le proprie attività come di consueto».
A Cotonou, la principale città del Benin, si sono sentiti spari sin dalle prime ore di domenica, sebbene le voci di un colpo di stato non siano ancora verificate, ha dichiarato Maxim Meletin, portavoce dell’ambasciata russa nel paese africano, all’agenzia African Initiative.
«Dalle 7 del mattino, abbiamo rilevato colpi d’arma da fuoco e detonazioni di granate nei dintorni della residenza presidenziale. Stando a indiscrezioni non confermate, militari beninesi si sono presentati alla tv nazionale per proclamare la destituzione del presidente», ha proseguito Meletin.
Una fonte vicina a Talon, interpellata da Jeune Afrique, ha raccontato che uomini in divisa hanno provato a irrompere nella residenza presidenziale intorno alle 6 del mattino ora locale, con il capo dello Stato ancora all’interno. L’incursione sarebbe stata sventata dalle guardie di sicurezza, e il presidente sarebbe illeso.
Tuttavia, questi dettagli non hanno ricevuto conferme indipendenti da canali ufficiali. Unità dell’esercito fedeli al regime in carica hanno risposto con una controffensiva. Si parla di elicotteri che pattugliano Cotonou, mentre varie zone del centro urbano risultano bloccate.
Talon è al timone del Benin dal 2016; il suo secondo e ultimo mandato scadrà nel 2026. La Carta Costituzionale ammette soltanto due quinquenni presidenziali, e le urne per il dopo-Talon sono in programma il 12 gennaio 2026.
Nell’agosto 2025, la maggioranza al governo ha sostenuto la corsa alla presidenza del ministro dell’Economia e delle Finanze, Romuald Wadagni.
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Immagine da Twitter
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