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Ecco l’embrione di topo cresciuto in un utero artificiale: gli umani sono i prossimi
Un embrione di topo, completo di cellule cardiache che pulsano, una testa e l’inizio degli arti, vivo e in crescita in un barattolo di vetro. Questa è l’immagine fornita dal Technology Review, la rivista di divulgazione scientifica del MIT di Boston.
Secondo un gruppo scientifico in Israele i ricercatori hanno coltivato topi in un grembo artificiale per 11 o 12 giorni, circa la metà del periodo di gestazione naturale dell’animale.
I ricercatori hanno coltivato topi in un grembo artificiale per 11 o 12 giorni, circa la metà del periodo di gestazione naturale dell’animale
È un record per lo sviluppo di un mammifero al di fuori dell’utero e, secondo il team di ricerca, gli embrioni umani potrebbero essere i prossimi.
«Questo pone le basi per altre specie», afferma Jacob Hanna, biologo dello sviluppo presso il Weizmann Institute of Science, che ha guidato il team di ricerca. «Spero che permetterà agli scienziati di far crescere embrioni umani fino alla quinta settimana».
«La crescita di embrioni umani in laboratorio per così tanto tempo, fino al primo trimestre, metterebbe la scienza in rotta di collisione con il dibattito sull’aborto» scrive Technology Review.
«Gli embrioni cresciuti in laboratorio potrebbero essere un sostituto della ricerca per i tessuti derivati dagli aborti e forse anche una fonte di tessuti per trattamenti medici»
Tuttavia, la motivazione bioetica è presto servita: «Hanna crede che gli embrioni cresciuti in laboratorio potrebbero essere un sostituto della ricerca per i tessuti derivati dagli aborti e forse anche una fonte di tessuti per trattamenti medici».
In pratica, le prossime linee cellulari di feto abortito da usare nei vaccini (solo per fare un esempio: gli utilizzi sono molteplici) potrebbero venire da un essere umano fatto crescere non in un grembo materno ma in una macchina.
L’esperimento già prevede di fatto l’uso di materia biologica umana: il team di Hanna ha allungato gli embrioni di topo aggiungendo siero di sangue da cordoni ombelicali umani, mischiandoli in barattoli di vetro e pompando una miscela di ossigeno pressurizzata.
Per esempio, le prossime linee cellulari di feto abortito da usare nei vaccini potrebbero venire da un essere umano fatto crescere non in un grembo materno ma in una macchina
Hanna paragona il processo a mettere un paziente COVID-19 su una macchina di ventilazione.
«Questo forza l’ossigeno nelle cellule», dice. «Allora il paziente è molto più felice. Puoi vedere che ha un sistema sanguigno e tutti i principali sistemi di organi funzionano».
Gli embrioni di topo sono morti solo dopo essere diventati troppo grandi perché l’ossigeno si diffondesse attraverso di loro, poiché non hanno l’apporto di sangue naturale che una placenta potrebbe fornire.
L’esperimento già prevede di fatto l’uso di materia biologica umana: il team di Hanna ha allungato gli embrioni di topo aggiungendo siero di sangue da cordoni ombelicali umani
Il lavoro crea una finestra scientifica sull’embrione precoce, che normalmente è nascosto all’interno dell’utero. In una pubblicazione odierna sulla rivista Nature, «il team israeliano descrive una serie di esperimenti in cui hanno aggiunto tossine, coloranti, virus e cellule umane negli embrioni di topo in via di sviluppo, il tutto per studiare cosa sarebbe accaduto».
Sottolineiamo: hanno inserito «negli embrioni di topo in via di sviluppo». Non è una novità, tuttavia colpisce come i giornalisti scientifici non facciano più nemmeno mezzo plissé davanti all’idea.
Il dottor Hanna dice che gli scienziati vorranno sviluppare anche embrioni umani in questo modo. Riconosce che le immagini di embrioni umani cresciuti in laboratorio con una forma approssimativamente riconoscibile – testa e boccioli degli arti – potrebbero essere scioccanti. L’equivalente umano dei topi di 12 giorni di Hanna sarebbe un embrione del primo trimestre.
Il team israeliano ha inserito «negli embrioni di topo in via di sviluppo»
«Capisco le difficoltà. Capisco. Stai entrando nel campo degli aborti», dice Hanna. Tuttavia, afferma di poter razionalizzare tali esperimenti perché i ricercatori studiano già embrioni umani di cinque giorni provenienti da cliniche di fecondazione in vitro, anch’essi distrutti in quel processo.
«Quindi io raccomanderei di coltivarlo fino al giorno 40 e poi di smaltirlo», dice Hanna. «Invece di ottenere tessuti dagli aborti, prendiamo una blastocisti e coltiviamola». Ecco una soluzione che farà felici tante femministe e tantissimi cattolici e persino cattolici tradizionalisti: l’aborto non c’è nemmeno più, e comunque la cooperazione morale con gli israeliani che squartano feti e lontana ore di volo. No?
«Invece di ottenere tessuti dagli aborti, prendiamo una blastocisti e coltiviamola»
La ricerca fa parte di un’esplosione di nuove tecniche e idee per studiare lo sviluppo iniziale delle creature viventi – incluso l’uomo. Oggi, nello stesso numero di Nature, altri due gruppi di ricerca riferiscono di un balzo in avanti nella creazione di embrioni umani «artificiali».
Il dottor Hanna sostiene che un ovvio passo successivo sarebbe aggiungere questi modelli di embrioni al suo sistema di vasi rotanti e vedere quanto possono svilupparsi ulteriormente. «Ci sono voluti sei anni di lavoro molto intenso per portare questo sistema dove si trova», dice Hanna.
Ecco una soluzione che farà felici tante femministe e tantissimi cattolici e persino cattolici tradizionalisti: l’aborto non c’è nemmeno più, e comunque la cooperazione morale con gli israeliani che squartano feti e lontana ore di volo. No?
«Abbiamo l’obiettivo di farlo anche con embrioni sintetici».
La tecnologia del topo in barattolo necessita anche di altri miglioramenti, dice Hanna. Non è stato in grado di far crescere i topi partendo da un ovulo fecondato fino al giorno 12. Invece, ha raccolto embrioni di 5 giorni da topi gravidi e li ha spostati nell’incubatrice, dove hanno vissuto un’altra settimana.
Il problema è che attualmente gli embrioni di topo si sviluppano correttamente solo se possono essere attaccati a un vero utero di topo, almeno per un breve periodo. Il team di Hanna sta lavorando all’adattamento della procedura in modo che possano sviluppare i topi interamente in vitro.
Gli studi a lungo termine su embrioni umani vivi che si sviluppano in laboratorio sono attualmente vietati in base alla cosiddetta regola dei 14 giorni, una linea guida (e una legge in alcuni paesi) secondo la quale agli embriologi è stato vietato di coltivare embrioni umani per più di due settimane .
«Abbiamo bisogno di vedere embrioni umani per formare organi e iniziare a perturbarli. Il vantaggio di far crescere embrioni umani fino alla terza, quarta e quinta settimana è inestimabile»
Tuttavia, un’organizzazione scientifica chiave, la Società internazionale per la ricerca sulle cellule staminali, o ISSCR, ha in programma di raccomandare l’annullamento del divieto e consentire ad alcuni embrioni di crescere più a lungo.
Hanna dice che questo significa che potrebbe far crescere embrioni umani nella sua incubatrice, a patto che i consigli di etica israeliani siano d’accordo, qualcosa che pensa che farebbero.
«Una volta aggiornate le linee guida, posso fare domanda e sarà approvato. È un esperimento molto importante», afferma Hanna.
Gli embrioni umani potrebbero essere modificati per limitare il loro potenziale di sviluppo completo. Una possibilità sarebbe quella di installare mutazioni genetiche i in modo da impedire al cuore di battere
«Abbiamo bisogno di vedere embrioni umani per formare organi e iniziare a perturbarli. Il vantaggio di far crescere embrioni umani fino alla terza, quarta e quinta settimana è inestimabile. Penso che questi esperimenti dovrebbero almeno essere considerati. Se riusciamo ad arrivare a un embrione umano avanzato, possiamo imparare così tanto».
Hanna dice che per rendere tali esperimenti più accettabili, gli embrioni umani potrebbero essere modificati per limitare il loro potenziale di sviluppo completo. Una possibilità sarebbe quella di installare mutazioni genetiche i in modo da impedire al cuore di battere.
Il MIT infine gioca l’immortale carta per clonazioni e esperimenti di riprogenetica vari: i trapianti
Chi vi parla della «tragedia dell’utero in affitto», di «fecondazione eterologa», di «un bambino ha diritto ad avere una mamma e un papà» vi sta prendendo per i fondelli
«Potrebbero esserci applicazioni pratiche inaspettate della crescita di embrioni umani in barattoli. William Hurlbut, medico e bioetico della Stanford University, afferma che il sistema gli suggerisce un modo per ottenere organi primitivi, come cellule di fegato o pancreas, da embrioni umani del primo trimestre, che potrebbero essere ulteriormente coltivati e utilizzati nella medicina dei trapianti. Hanna concorda che questa sia una potenziale direzione per la tecnologia».
«La frontiera scientifica si sta spostando dalle molecole e dalle provette agli organismi viventi – afferma Hurlbut. –Non credo che l’espianto di organi sia così inverosimile. Alla fine potrebbe arrivarci. Ma è molto difficile, perché i limiti di una persona non sono i limiti di un’altra persona».
Le stupide battaglie contro «l’utero in affitto» sono create per farvi perdere tempo e neutralizzarvi, mentre si prepara la rivoluzione definitiva del bambino integralmente sintetico: geneticamente ingegnerizzato con il CRISPR, sviluppato e fatto nascere dal ventre di una macchina
Davanti a questa svolta biotecnologica, covata da tempo (quantomeno dagli esperimenti negli anni Ottanta di Carlo Flamigni, il primo a fare crescere, in Italia, un embrione al di fuori di un corpo umano), il lettore, specie quello «cattolico», lo deve comprendere definitivamente: chi vi parla della «tragedia dell’utero in affitto», di «fecondazione eterologa», di «un bambino ha diritto ad avere una mamma e un papà» vi sta prendendo per i fondelli.
Le stupide battaglie contro «l’utero in affitto» sono create per farvi perdere tempo e neutralizzarvi, mentre si prepara la rivoluzione definitiva del bambino integralmente sintetico: geneticamente ingegnerizzato con il CRISPR, sviluppato e fatto nascere dal ventre di una macchina.
Svegliatevi: un’infernale umanità sintetica bussa alle nostre porte. Movimenti pro-vita e pretini vari servono solo a distrarvi mentre la sua venuta diviene inevitabile.
Chi servirà, questo mondo di umanoidi, forse lo sapete:
Svegliatevi: un’infernale umanità sintetica bussa alle nostre porte. Movimenti pro-vita e pretini vari servono solo a distrarvi mentre la sua venuta diviene inevitabile
«L’adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto fin dalla fondazione del mondo nel libro della vita dell’Agnello immolato» (Apocalisse 13, 8)
Immagine di NIH Image Gallery via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial 2.0 Generic (CC BY-NC 2.0)
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Trafficante di droga latitante catturato mentre passeggiava con un delfino morto
La polizia russa ha arrestato un sospettato di traffico di droga di 40 anni, dopo che è stato visto dalle telecamere a circuito chiuso mentre trasportava con disinvoltura quello che è stato descritto come un «delfino morto» nella località di Sochi sul Mar Nero.
Un bizzarro video che circola online mostra l’uomo, che era su una lista di ricercati, mentre trasporta il cetaceo defunto nel suo appartamento.
La polizia locale ha detto giovedì che dopo aver esaminato il filmato, ha identificato l’uomo come un fuggitivo della regione di Mosca, ricercato con l’accusa di traffico di droga.
A russian man wanted for drug dealing was caught after walking down the streets with a dead dolphin. pic.twitter.com/sSEPZ3Qjg3
— BroSINT 69™ (@osint_69) April 26, 2024
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La polizia russa ha descritto l’animale come un «delfino morto», anche se i filmati suggeriscono che in realtà si trattasse di una focena, una piccola specie di balena imparentata più con i beluga e i narvali che con i delfini.
L’animale era già morto quando il sospettato lo ha trovato sulla spiaggia, ha osservato la polizia, senza spiegare perché avesse deciso di portarlo con sé.
Il sospettato è stato preso in custodia nella sua residenza nella cittadina balneare di Adler, appena a sud di Sochi. Tra breve sarà consegnato alle autorità della regione di Mosca per affrontare l’accusa di traffico di droga in quantità eccezionalmente elevate. Se ritenuto colpevole, rischia tra i 15 e i 20 anni dietro le sbarre.
Come riportato da Renovatio 21, il traffico di droga e le grandi creature marine si sono incrociati in un’altra storia di questi tempi, quella degli squali strafatti di cocaina a causa dei carichi criminali finiti in mare.
È noto che cetacei sono stati addestrati per fini militari, al punto che vi è un beluga in Norvegia sospettato di essere una spia russa. È possibile che le organizzazioni criminali utilizzino i mammiferi marini per i loro loschi piani?
Ci chiediamo quindi: che anche la focena morta del Mar Nero fosse direttamente coinvolta in uno schema di narcotraffico?
Dopo le nefandezze viste in questi ultimi mesi da parte di orche, delfini e balenotteri, niente ci potrebbe ancora stupire.
Anzi diciamo pure che non vi sarebbe nessuna sorpresa a scoprire che la bestia marina era in realtà il vero capo del traffico criminale.
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Immagine screenshot da Twitter
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Scoperto in India un serpente lungo quanto uno scuolabus. Probabilmente pure molto meno letale
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49 sadiche orche assassine stanno scioccando i biologi marini
Gli scienziati conoscono tre distinti ecotipi di orche assassine – offshore, transitorie e residenti – che compongono la popolazione di orche lungo la costa della California e dell’Oregon. Tuttavia un nuovo studio suggerisce, attingendo ai dati raccolti in più di 25 anni, che potrebbe esserci un quarto gruppo in agguato nell’oceano aperto, che mostra attributi fisici, modelli alimentari e strategie di caccia diversi. Lo riporta la rivista scientifica americana Popular Mechanics.
Gli scienziati dell’Università della British Columbia (UBC) hanno probabilmente identificato un nuovo gruppo di orche situato lontano dalla costa della California e dell’Oregon in grado di comunicare con un nuovo «dialetto».
Si tratta di un gruppo di 49 cetacei assassini avvistati durante nove incontri dal 1997 al 2021. Gli scienziati ipotizzano che un nuovo gruppo potrebbe essersi formato in mare aperto, anche se non escludono la possibilità che si tratti di una sottopopolazione di un altro gruppo. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Aquatic Mammals.
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Esistono tre ecotipi di orche, forme distinte all’interno di una specie, che vivono al largo delle coste della California e dell’Oregone: orche residenti, orche dette offshore ed orche transitorie. Queste orche differiscono fisicamente (pinne arrotondate o appuntite, ecc…), comportamentali e alimentari.
I ricercatori ora sostengono che un quarto ecotipo, attualmente ancora senza nome, potrebbe esistere anche più lontano, in mare aperto. Analizzando le 49 orche avvistate in nove incontri, nessuna di loro è stata abbinata a nessuno dei tre gruppi di orche. Ma sono stati i loro crudeli schemi di caccia a stupire davvero i ricercatori.
«In uno dei primi incontri che i ricercatori hanno avuto con un branco di queste orche oceaniche, sono stati osservati mentre affrontavano un branco di nove capodogli femmine adulte, per poi scappare con un esemplare. È la prima volta che le orche assassine attaccano i capodogli sulla costa occidentale», ha detto in un comunicato stampa il primo autore Josh McInnes, uno studente di master alla UBC. «Altri incontri includono un attacco a un capodoglio pigmeo, la predazione di un elefante marino settentrionale e del delfino di Risso [detto anche grampo, ndr], e quella che sembrava essere una pausa post-pasto dopo aver mangiato una tartaruga liuto».
I dati raccolti descrivono questo branco come particolarmente aggressivo nella caccia rispetto alle altre orche. Orche assassine e stragiste – come sempre. Sadiche e infami. Come dimostra un altro particolare interessante.
I ricercatori hanno infatti notato anche un’altra caratteristica comune a quasi tutte le 49 orche: uno schema regolare del morso di un particolare squalo.
Tali cicatrici sono un regalo d’addio dello squalo tagliatore (Isistius brasiliensis), che fornisce un indizio significativo per discernere dove risiede abitualmente questa distinta popolazione di orche. Questi piccoli squali, che non superano mai il mezzo metro, usano labbra succhiatrici e denti appuntiti per lanciarsi sugli animali e poi girano il corpo per lasciare un foro a forma di stampino per biscotti (da cui il nome) dalla preda.
Insomma, la banda di orche sadiche ha il suo «tatuaggio»…
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Il problema delle orche teppiste andrebbe risolto una volta per tutte – e ad ogni latitudine del pianeta.
Renovatio 21 si è occupata varie volte della teppa di orche debosciate che incrocia presso Gibilterra, che ha scatenato qualcosa come un attacco al giorno, con la teppa cetacea a minacciare anche le spiagge spagnuole.
Tuttavia gli esempi del comportamento inaccettabile da parte di questi animali – che mascherano la loro malvagità impadronendosi dei colori del panda, simbolo delle specie protette – non accennano a fermarsi: solo la settimana scorsa a Mossel Bay, in Sud Africa, un’orca assassina ha sbranato dinanzi ad un pubblico umano uno squalo bianco, che è invece davvero una specie protetta dal CITES. La creatura, dopo aver assassinato il pescecane, ne avrebbe consumato pubblicamente il fegato.
Da tempo oramai Renovatio 21 chiede un la creazione di un movimento internazionale per sistemare il comportamento dei cetacei, chiaramente divenuto sconcio, indecente, immorale, scurrile, impudico, dissoluto, licenzioso, depravato, lascivo, volgare, sporco, laido, scostumato, svergognato, lubrico, scandaloso, turpe, disonesto e pericoloso.
Rilanciamo in nostro appello: quosque tandem… Fino a quando gli oceani, e l’umanità, dovranno sopportare lo scandalo di queste bestie prive di pudore?
Quanto ancora dovremmo tollerare i soprusi delle orche assassine, e bastarde, e infami, e maledette, e stronze?
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