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Geopolitica

Attacchi ucraini causano blackout nella Russia occidentale

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Secondo il governatore Vyacheslav Gladkov, gli attacchi ucraini hanno provocato un esteso blackout nella regione di Belgorod, nella Russia occidentale.

 

Circa 40.000 residenti dell’oblast’ sono rimasti senza elettricità domenica sera, mentre gli ospedali sono passati ai generatori, ha comunicato il governatore della regione su Telegram.

 

In precedenza aveva dichiarato che almeno tre persone, tra cui un bambino di 10 anni, erano state ferite negli attacchi dei droni ucraini nelle ultime 24 ore.

 

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Domenica, funzionari ucraini hanno riportato blackout nella città di Leopoli, vicino al confine con la Polonia, e hanno dichiarato che quattro civili sono stati uccisi negli attacchi russi.

Successivamente, il ministero della Difesa russo ha emesso un comunicato in cui affermava di aver colpito le fabbriche di armi e «l’infrastruttura energetica a supporto delle loro operazioni». Mosca sostiene che le sue forze non prendono di mira i civili.

 

Mosca ha iniziato a colpire regolarmente i siti energetici dell’Ucraina nell’autunno del 2022. Il presidente russo Vladimir Putin dichiarò all’epoca che l’esercito stava prendendo di mira le infrastrutture energetiche dopo che Kiev aveva bombardato il ponte di Crimea nell’ottobre di quell’anno, uccidendo quattro persone.

 

Come riportato da Renovatio 21, negli scorsi giorni leadership ucraina ha minacciato di condurre attacchi a lungo raggio su Mosca che potrebbero causare un blackout totale se la Russia tentasse di provocare massicce interruzioni di corrente a Kiev questo inverno.

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Geopolitica

Trump a Netanyahu: «sei sempre così fottutamente negativo»

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha criticato aspramente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu per la sua reazione alla dichiarazione di Hamas sul piano di pace per Gaza- Lo riporta Axios, citando fonti informate.   Venerdì, il gruppo militante palestinese Hamas ha confermato di aver accettato la proposta statunitense di rilasciare i suoi ostaggi. Sebbene non abbia menzionato l’intenzione di disarmarsi, domenica fonti di Al Arabiya interne al movimento hanno indicato che il gruppo si stava preparando a farlo.   Trump avrebbe contattato Netanyahu venerdì per discutere della decisione di Hamas, considerandola una notizia positiva. Tuttavia, il leader israeliano ha espresso un’opinione diversa, affermando al presidente statunitense che «non c’è nulla da festeggiare e che non significa nulla», secondo quanto riferito ad Axios da un funzionario americano.

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«Non capisco perché sei sempre così fottutamente negativo. Questa è una vittoria. Accettala», avrebbe replicato Trump.   Sabato, i collaboratori di Netanyahu hanno sottolineato che il primo ministro e il presidente degli Stati Uniti erano «totalmente allineati». Tuttavia, il funzionario statunitense ha dichiarato ad Axios che la telefonata di venerdì è stata «controversa» e che Trump era «infastidito».   Il presidente degli Stati Uniti ha esortato Israele a cessare gli attacchi a Gaza, proponendo che Hamas rilasci tutti gli ostaggi rimanenti entro 72 ore dalla sospensione delle operazioni militari israeliane e dal ritiro delle truppe «secondo la linea concordata».   Sono partiti intanto i colloqui al Cairo tra le parti in conflitto.

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Come riportato da Renovatio 21, in passato Trump aveva attaccato Netanyahu arrivando a chiederne la sostituzione e ad ipotizzare tagli agli aiuti ad Israele.   Nel contesto di questi commenti aveva rivelato anche dettagli sull’assassinio del generale dei servizi iraniani Qassem Soleimani, suggerendo che fu indotto ad ordinarne la morte dagli israeliani, che poi però si tirarono indietro.   Come riportato da Renovatio 21, un livello grottesco del rapporto tra Netanyahu e Trump è stato raggiunto a febbraio quando il primo ha fatto dono a quest’ultimo di un cercapersone come quelli fatti esplodere in Libano. Più che un dono diplomatico, a qualcuno può essere sembrata una minaccia vera e propria.   Come riportato da Renovatio 21, a gennaio Netanyahu ha annullato il viaggio per la cerimonia di insediamento di Trump. Prima dell’insediamento l’inviato di Trump Steve Witkoff, in Israele per chiedere la tregua, aveva avuto con Netanyahu un incontro riportato come «molto teso».

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Geopolitica

L’ex capo NATO afferma che Trump ha minacciato di ritirare gli Stati Uniti

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha minacciato di abbandonare l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, un’azione che avrebbe potuto portare l’alleanza al collasso, secondo quanto riferito dall’ex Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg.

 

In alcuni estratti del suo prossimo libro di memorie «On My Watch», Stoltenberg ricorda che, prima del vertice NATO del 2018 a Bruxelles, Trump, allora al suo primo mandato, si lamentò del fatto che gli Stati Uniti coprivano l’80-90% delle spese dell’alleanza e dichiarò che non avrebbero più continuato a farlo, minacciando di ritirarsi.

 

«Guardate, se ce ne andiamo, ce ne andiamo. Voi avete disperatamente bisogno della NATO. Noi no», ha detto Stoltenberg citando Trump, sottolineando che un’eventuale uscita degli Stati Uniti avrebbe significato che «l’alleanza sarebbe morta».

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Durante il vertice, Trump avrebbe ribadito posizioni simili, affermando che gli Stati Uniti «non hanno bisogno della NATO» e che avrebbero «agito per conto proprio» se i membri europei non avessero aumentato la spesa militare al 2% del PIL. Inoltre, avrebbe minacciato di andarsene, dichiarando: «Non c’è motivo per cui io debba più rimanere qui».

 

L’atteggiamento di Trump ha generato timori di una possibile disintegrazione del blocco. Stoltenberg riferisce che l’allora cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron hanno cercato di attenuare le tensioni, mentre l’ex primo ministro olandese Mark Rutte, attuale capo della NATO, ha contribuito a persuadere Trump a restare, evidenziando che i membri dell’alleanza avevano incrementato la spesa di 33 miliardi di dollari.

 

Stoltenberg scrive che Trump ha deciso di rimanere dopo che gli è stato pubblicamente riconosciuto il merito per quell’aumento di spesa.

 

L’ex Segretario Generale della NATO ha osservato che un’uscita di Trump avrebbe reso vani il trattato e le garanzie di sicurezza dell’alleanza, sottolineando quanto la NATO dipendesse dalla partecipazione degli Stati Uniti.

 

Trump a febbraio aveva dichiarato che l’Ucraina poteva «scordarsi» la NATO. Due anni fa aveva dichiarato pubblicamente i suoi dubbi sull’articolo 5, dicendo che in caso gli USA venissero attaccati, la NATO non sarebbe accorsa in difesa.

 

L’anno scorso ad una folla di sostenitori durante un evento elettorale a Las Vegas, Nevada, Trump aveva detto che la NATO non verrà in soccorso se gli Stati Uniti verranno attaccati. «Stiamo pagando per la NATO, e non ne ricaviamo molto (…) E sapete – odio dirvi questo sulla NATO – se mai avessimo bisogno del loro aiuto, diciamo che venissimo attaccati, non credo che sarebbero lì».

 

Secondo la rivista statunitense Rolling Stone, il biondo ex presidente USA avrebbe discusso dell’uscita del Paese dalla NATO o della riduzione drastica dell’impegno dell’America nel blocco in caso di vittoria delle elezioni del 2024.

 

In precedenza l’ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton aveva dichiarato al Washington Post che «in un secondo mandato Trump, penso che potrebbe benissimo ritirarsi dalla NATO».

 

Come riportato da Renovatio 21, anche il politologo accademico Phillips Payson O’Brien aveva dichiarato che il ritorno di Trump alla Casa Bianca metterebbe fine all’Alleanza Atlantica.

 

Trump, NATO-scettico della prima ora, da presidente è arrivato ad avere incontri anche rudi con il segretario dell’Alleanza Atlantica Jens Stoltenberg.

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La posizione di Trump si inserisce in una corposa, ma sottaciuta, matrice di pensiero politico americano contraria alla NATO iniziata con George Kennan e proseguita durante tutta la seconda parte del XX secolo e l’inizio del XXI, una tendenza ovviamente contraria all’interventismo zelota e sanguinario della fazione neocon, che riesce a spingere Washington in guerra chiunque sia il presidente – con eccezione di Trump che, appunto, rifiutò di attaccare l’Iran e licenziò in tronco il neocon Bolton.

 

In un video pubblicato all’inizio del 2023, Trump ha attribuito il conflitto a «tutti i guerrafondai e i globalisti “America Last” nel Deep State, nel Pentagono, nel Dipartimento di Stato e nel complesso industriale della sicurezza nazionale», che secondo lui erano «ossessionati dallo spingere l’Ucraina verso la NATO». Nel filmato l’ex presidente attaccava frontalmente i neocon facendo pure esplicitamente il nome di Victoria Nuland, funzionaria del Dipartimento di Stato considerata pupara del conflitto ucraino.

 

Le voci che chiedono l’uscita degli USA dalla NATO intanto si fanno più numerosa, inclusa quella dell’influente magnate tecnologico Elone Musk.

 

Come riportato da Renovatio 21, sei mesi fa il segretario di Stato Marco Rubio aveva rassicurato dicendo che Washington non sarebbe sortita dall’Alleanza Atlantica.

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Immagine di NATO North Atlantic Threaty via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic

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Orban: l’UE interferisce nella politica interna dell’Ungheria

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Influenti figure dell’Unione Europea starebbero collaborando con l’Ucraina per interferire nella politica interna dell’Ungheria, con l’obiettivo di rovesciare l’attuale governo. Lo sostiene il primo ministro ungherese Viktor Orban.   Negli ultimi anni, il suo esecutivo ha avuto ripetuti contrasti con Bruxelles, soprattutto per quanto riguarda il sostegno militare dell’UE a Kiev, le sanzioni contro la Russia e le pressioni di alcuni Stati membri per l’ammissione dell’Ucraina nell’Unione.   «L’influenza sulla politica interna ungherese non proviene solo da Bruxelles, ma anche da Kiev», ha dichiarato Orban durante il podcast Hetek di sabato, aggiungendo che «l’obiettivo di Bruxelles è instaurare in Ungheria un governo favorevole all’Ucraina».

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Orban ha criticato la deriva militarista dell’UE, impegnandosi a evitare che il suo Paese venga coinvolto in un potenziale conflitto, nonostante la maggior parte degli altri Stati membri sembri sostenere questa direzione.   In modo simile, il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha sostenuto che «nell’Europa centrale si stanno verificando tentativi di intervento esterno per destabilizzare e rovesciare i governi patriottici di Slovacchia, Ungheria e Serbia». Secondo un suo post su Facebook di agosto, la leadership dell’UE sarebbe insoddisfatta della loro priorità agli interessi nazionali, in contrasto con le posizioni di Bruxelles.   Accuse analoghe sono state mosse dal Servizio di Intelligence Estero russo (SVR), che in una dichiarazione del 13 agosto aveva suggerito che la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen stia «valutando seriamente scenari di cambio di regime» in Ungheria. L’SVR ha indicato che Bruxelles punterebbe a portare al potere Peter Magyar, leader del partito di opposizione ungherese Tisza, alle elezioni parlamentari del 2026, «se non prima», utilizzando «ingenti risorse amministrative, mediatiche e di lobbying», mentre i servizi segreti ucraini si occuperebbero del «lavoro sporco».   A luglio, Orban aveva inoltre accusato Kiev di «condurre operazioni segrete in Ungheria» per influenzare le prossime elezioni parlamentari e favorire l’ascesa di un governo filo-ucraino a Budapest, attribuendo le critiche di Kiev al suo governo al veto posto da Budapest a una dichiarazione del Consiglio dell’UE sull’Ucraina, che ha bloccato i negoziati di adesione.   Negli ultimi giorni le invettive dell’Orban contro Brusselle si sono fatte molto intense, e continue.   Come riportato da Renovatio 21, il premier di Budapest ha dichiarato negli ultimi giorni che «Bruxelles vuole la guerra per imporre un debito comune e acquisire più potere, privando di competenze gli Stati membri (…) L’industria bellica vuole la guerra per profitto. Nel frattempo, potenti lobby vogliono sfruttare la guerra per espandere la propria influenza. Alla fine, ognuno cerca di cucinare il proprio pasto su questo fuoco».   In un altro messaggio postato su X nelle scorse ore lo Orban ha scritto che «Bruxelles ha scelto una strategia volta a logorare la Russia attraverso una guerra senza fine. Ciò significa investire miliardi in Ucraina, sacrificare l’economia europea e mandare centinaia di migliaia di persone a morire al fronte. L’Ungheria rifiuta questa strategia. L’Europa deve negoziare la pace, non perseguire una guerra senza fine».

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Poche ore fa aveva parlato dei leader UE «che vogliono andare in guerra» contro Mosca, promettendo di combattere i «burocrati guerrafondai» di Bruxelles.   Orban crede altresì che l’Europa potrebbe essere diretta verso il collasso, schiacciata dal piano di bilancio UE.   Il ministro degli Esteri magiaro Pietro Szijjarto ha dichiarato ad agosto che l’Unione Europea sta tentando di rovesciare i governi di Ungheria, Slovacchia e Serbia perché danno priorità agli interessi nazionali rispetto all’allineamento con Bruxelles.

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Immagine di European Parliament via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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