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Geopolitica

Pechino, norme sulle attività religiose degli stranieri: religioni come spionaggio

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews.

 

 

Le nuove norme esigono separazione totale fra gruppi religiosi stranieri e gruppi religiosi cinesi. Esigono la sottomissione totale degli stranieri a leggi, regolamenti, politica della Cina. Controllo sui componenti del gruppo (citando nomi, visto, residenza), sul materiale usato (libri, opuscoli, audio-video), sui luoghi di raduno. Non ci devono essere simboli religiosi visibili all’esterno.

Le nuove norme esigono separazione totale fra gruppi religiosi stranieri e gruppi religiosi cinesi. Esigono la sottomissione totale degli stranieri a leggi, regolamenti, politica della Cina

L’Amministrazione statale per gli affari religiosi (Sara) ha diffuso una bozza di «norme dettagliate» sulle «attività religiose straniere nella Repubblica popolare cinese». La bozza è stata pubblicata per ricevere correzioni e suggerimenti dal pubblico, ma di solito queste bozze rimangono pressoché invariate.

 

Il testo è costituito da 40 articoli che danno direttive sui raduni, i luoghi, le loro caratteristiche, i contenuti degli incontri, gli scambi fra stranieri e cinesi, il materiale religioso e la quantità che si può importare (libri, video, ecc…), fino alle responsabilità legali. Proprio quest’ultimo capitolo (il 4°, nn. 30-36) fa impressione perché si parla di «punizioni secondo la legge» e si citano i Regolamenti sulle attività religiose e le leggi sulle «sanzioni della pubblica sicurezza» e quelle «anti-spionaggio».

 

Il sospetto che le attività religiose siano un’operazione di «spionaggio» percorre tutta la bozza. E sebbene si affermi che «la Cina rispetta la libertà religiosa degli stranieri nel suo territorio e protegge le attività religiose secondo la legge» (n. 4), ogni gruppo, individuo o attività deve sottostare a strettissime condizioni verificate ultimamente dall’Ufficio per gli affari religiosi della città, della contea, della provincia, della nazione.

 

 

Il sospetto che le attività religiose siano un’operazione di «spionaggio» percorre tutta la bozza

Rispettare «indipendenza» e «autonomia»

Ad esempio, per esercitare attività religiose in Cina, gli stranieri devono «obbedire alle leggi, ai regolamenti, alle regole cinesi; rispettare il principio della Cina sulla indipendenza religiosa e sull’autonomia dell’organizzazione; accettare l’amministrazione legale del governo cinese; non devono usare la religione per ferire gli interessi nazionali della Cina, il pubblico interesse della società, o gli interessi e i diritti legittimi dei cittadini, e non essere contrari all’ordine pubblico e agli usi cinesi» (n. 5).

 

Sui termini di «indipendenza» e «autonomia» i cattolici potrebbero avere dei problemi: questi slogan vengono sempre usati per indicare una «indipendenza» dal papa e una «autonomia» dalla Chiesa universale e vengono imposti anche ora che vi è un accordo fra Cina e Santa Sede sulle nomine dei vescovi. Secondo queste bozze, infatti, uno straniero (come il papa) non può «interferire o dominare sugli affari delle organizzazioni religiose cinesi» (n. 21, 1).

 

Secondo queste bozze uno straniero (come il papa) non può «interferire o dominare sugli affari delle organizzazioni religiose cinesi»

A marcare ancor più il senso di «indipendenza» e di «autonomia» delle religioni cinesi, si afferma con chiarezza che le attività religiose degli stranieri devono avere solo stranieri fra i loro componenti, anche se talvolta essi possono usare «templi o chiese» locali in modo temporaneo, e domandare a personale cinese di eseguire qualche rito o sacramento (nn. 17 e 20). Un fatto curioso: tutta la documentazione per la registrazione del gruppo – che deve avere solo stranieri al suo interno – va presentata in lingua cinese! (cfr. n. 13.7).

 

Agli stranieri è anche vietato stabilire gruppi religiosi, attività, scuole; fare «proselitismo» fra i cittadini cinesi, reclutare seguaci o accettare donazioni da cittadini cinesi (n. 21).

 

 

Approvazione solo se «non ostili alla Cina»

Ogni gruppo deve essere registrato e attendere – «entro 20 giorni» – l’autorizzazione. Nella registrazione è necessario stilare i nomi dei partecipanti, il loro numero, la loro nazionalità, il tipo di visto, la residenza, il tipo di attività religiosa, la scadenza, gli accorgimenti di sicurezza (cfr. nn. 10, 13).

Si afferma con chiarezza che le attività religiose degli stranieri devono avere solo stranieri fra i loro componenti, anche se talvolta essi possono usare «templi o chiese» locali in modo temporaneo, e domandare a personale cinese di eseguire qualche rito o sacramento

 

Anche il materiale religioso è sottomesso al permesso del Sara; per motivi personali non si possono introdurre nel Paese più di 10 copie di un libro, un opuscolo, o un audio-video. Per ricevere il permesso di introdurre il materiale, si deve presentare documentazione in cui si spiega il suo contenuto, che non deve «danneggiare la sicurezza nazionale della Cina» e non deve essere «contrario ai principi cinesi di indipendenza religiosa e di autogoverno» (n. 25).

 

Sono possibili «scambi religiosi e culturali» invitando stranieri per conferenze o corsi o sermoni (n. 22). Ma le personalità straniere devono dimostrare chiare attitudini: oltre a ubbidire alla «indipendenza» e «autonomia» di cui sopra, essi devono «non parlare o compiere azioni antagoniste verso la Cina» (n. 24) e «non essere ostili alla Cina» (n. 8).

 

Dopo aver presentato identità, curriculum, motivo della visita, organizzazione che l’ha richiesta, si deve attendere il permesso dell’Amministrazione statale per gli affari religiosi.

Agli stranieri è anche vietato stabilire gruppi religiosi, attività, scuole; fare «proselitismo» fra i cittadini cinesi, reclutare seguaci o accettare donazioni da cittadini cinesi

 

Con tutte queste limitazioni e con il volume di carte necessarie per ricevere i permessi, diverrà sempre più difficile instaurare gruppi religiosi stranieri in Cina. Diviene impossibile e illegale («criminale») avere rapporti con i cristiani non ufficiali; ma risulta anche difficile avere rapporti tranquilli – senza la supervisione del Sara – con i cristiani ufficiali. La situazione diviene difficile anche per gruppi stranieri che cercano di essere riconosciuti quali mormoni, quaccheri, ebrei, Testimoni di Geova.

 

Pur predicando di voler garantire la libertà religiosa degli stranieri, queste norme tendono a ridurre o far scomparire la loro presenza. Non per nulla – ed è un altro fatto curioso – sugli edifici (le «sedi temporanee») che ospitano i gruppi religiosi stranieri, «non devono apparire simboli religiosi all’esterno».

 

Diviene impossibile e illegale («criminale») avere rapporti con i cristiani non ufficiali; ma risulta anche difficile avere rapporti tranquilli – senza la supervisione del Sara – con i cristiani ufficiali

Wang Zhicheng

 

 

 

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Immagine di einalem via Flickr pubblicata su licenza Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)

 

 

 

 

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Geopolitica

Blinken: i social media sono responsabili del fallimento delle pubbliche relazioni israeliane a Gaza

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I social media sono parzialmente responsabili delle diffuse critiche internazionali sulla condotta di Israele durante la sua campagna militare a Gaza, ha suggerito il Segretario di Stato americano Antony Blinken.

 

Il massimo diplomatico americano ha rilasciato il commento lo scorso venerdì durante uno scambio con il senatore dello Utah Mitt Romney (un politico di sistema considerato un RINO, cioè «repubblicano solo di nome) al Sedona Forum 2024 del McCain Institute a Sedona, in Arizona.

 

Romney ha chiesto a Blinken il perché delle «pubbliche relazioni così terribili» per Israele nel conflitto a Gaza. «Perché Hamas è scomparso in termini di percezione pubblica? C’è sul tavolo un’offerta per un cessate il fuoco, eppure il mondo grida contro Israele», ha detto. «In genere, gli israeliani sono bravi nelle pubbliche relazioni. Cos’è successo qui?» Romney ha detto.

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Il Segretario di Stato ha ricordato che quando iniziò a lavorare a Washington all’inizio degli anni ’90 «tutti facevano la stessa cosa», ovvero leggere giornali come il New York Times, il Washington Post e il Wall Street Journal, e guardare le reti di informazione nazionali per ottenere informazioni sugli eventi mondiali.

 

Ora invece, nel 2020, «siamo sottoposti a un flusso endovenoso di informazioni con nuovi impulsi, input ogni millisecondo» e i social media «hanno dominato la narrazione», ha affermato.

 

«E c’è un ambiente ecosistemico dei social media in cui il contesto, la storia, i fatti si perdono e prevalgono le emozioni e l’impatto delle immagini. E non possiamo, non possiamo escluderlo, ma penso che abbia anche un effetto molto, un effetto molto, molto stimolante sulla narrazione», ha suggerito Blinken.

 

Tuttavia, ha anche sottolineato che un’altra ragione delle cattive pubbliche relazioni di Israele è stata «l’inevitabile realtà delle persone che hanno e continuano a soffrire gravemente a Gaza. E questo è reale e dobbiamo… essere concentrati su questo e attenti a quello».

 

Israele ha dovuto affrontare aspre critiche da parte della comunità internazionale a causa dell’elevato numero di vittime civili durante gli attacchi nell’enclave negli ultimi sette mesi. A marzo, gli esperti delle Nazioni Unite hanno stabilito che esistevano «fondati motivi» per ritenere che nell’enclave palestinese venisse commesso un «genocidio».

 

Nelle ultime settimane, le università degli Stati Uniti sono state colpite da proteste filo-palestinesi, che sono state interrotte da scontri con la polizia e hanno portato alla detenzione di diverse migliaia di persone.

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Le candide ammissioni del Blinken – ebreo che dice che la sua famiglia è fuggita dalla Russia: idea interessante, riconosce anche Putin, perché risultano di Kiev, che stando a quello che dice significherebbe quindi che Kiev è Russia – arrivano nel momento in cui grazie ad una Commissione alla Camera USA è stato rivelato che la Casa Bianca di Biden aveva indotto Facebook a censurare nel 2020 i riferimenti degli utenti alla teoria della fuga del coronavirus dal laboratorio di Wuhano.

 

Come sa il lettore, Renovatio 21 fu plurime volte vittima di questa tremenda censura, in patente violazione del Primo Emendamento della Costituzione Americana, che stabilisce che il governo di Washington non può interferire con i privati per modulare il discorso pubblico.

 

Tuttavia, come abbiamo imparato dal biennio pandemico, le Costituzioniamericana, italiana, tedesca – ora possono essere ignorate e infrante. E quindi c’è da chiedersi: quale censura vi sarà per la questione di Gaza?

 

Quale censura è già in atto in un’amministrazione in cui il presidente senile fantoccio si dichiara apertis verbis «sionista»?

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
 

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Geopolitica

L’Ucraina colpisce un impianto petrolifero nel Donbass

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Le forze ucraine hanno lanciato diversi missili contro infrastrutture civili nella città russa di Lugansk, ferendo almeno cinque persone e provocando un grande incendio in un deposito petrolifero, ha detto il capo regionale Leonid Pasechnik.   L’attacco di martedì notte è stato probabilmente effettuato utilizzando i sistemi missilistici tattici dell’esercito superficie-superficie (ATACMS) forniti da Washington, ha aggiunto il capo della Repubblica popolare russa di Lugansk (LPR). Cinque dipendenti della struttura sono stati ricoverati in ospedale con ferite moderate, mentre i servizi di emergenza erano al lavoro sul posto per domare l’incendio.   «L’Ucraina sta compensando le sue sconfitte in prima linea bombardando obiettivi civili», ha detto Pasechnik, aggiungendo che l’attacco ha danneggiato anche un gasdotto ad alta pressione e le linee elettriche, provocando un parziale blackout nella zona.  

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Il ministero della Difesa russo deve ancora confermare il tipo di proiettili utilizzati nell’attacco. Secondo Mosca, la scorsa settimana le difese aeree russe hanno intercettato almeno 15 missili ATACMS, mentre negli ultimi mesi Kiev ha preso di mira sempre più raffinerie di petrolio, impianti energetici e altre infrastrutture russe.   Alla fine di aprile, funzionari statunitensi hanno confermato le precedenti notizie dei media secondo cui il Pentagono aveva segretamente spedito un numero imprecisato di missili a lungo raggio in Ucraina come parte di un pacchetto di armi annunciato dal presidente Joe Biden a metà marzo.   L’«obiettivo» di fornire a Kiev l’ATACMS era quello di esercitare maggiore pressione sulla Crimea e consentire alle forze ucraine di prendere di mira la penisola «in modo più efficace», riferiva all’epoca il New York Times, citando un anonimo funzionario del Pentagono.   Mosca ha affermato che la fornitura di missili a lungo raggio comporterebbe solo «più problemi» per Kiev. Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha insistito sul fatto che l’uso dell’ATACMS non avrà alcun impatto sull’esito del conflitto, né impedirà alla Russia di raggiungere i suoi obiettivi di sicurezza.   Come riportato da Renovatio 21, il ministro degli Esteri ucraino Kuleba ha sostenuto che l’Ucraina potrebbe smettere con gli attacchi agli impianti petroliferi russi – fenomeno che porta in squilibrio il prezzo globale del petrolio e quindi l’economia mondiale – qualora Kiev ricevesse più armi.   «Devi pensare nei tuoi interessi», aveva detto il Kuleba a Rada TV lo scorso mese. «Se i tuoi partner dicono: “Ti stiamo dando sette batterie Patriot, ma abbiamo una richiesta per te, per favore non fare questo e quello”, allora c’è qualcosa di cui parlare».   Il petrolio è particolarmente sensibile alle questioni geopolitiche: nelle ultime ore, quando si erano sparse le voci di un imminente attacco iraniano ad Israele, il prezzo del greggio era schizzato sopra i 90 dollari al barile. La tensione nel Golfo di Aden, con gli Houthi che attaccano perfino le petroliere russe, contribuisce al caos sui mercati, con Goldman Sachs che ritiene che i prezzi potrebbero perfino raddoppiare. Dopo i forti aumenti registrati nel terzo trimestre 2023, Fitch Rating ha comunicato che il petrolio potrebbe toccare i 120 dollari.   Come riportato da Renovatio 21, la spinta al prezzo del petrolio data dagli attacchi dei droni ucraini su raffinerie russe + stata evidente quattro settimane fa, con il costo dell’oro nero salito a 86 dollari dopo un episodio.  

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Geopolitica

Partita l’operazione dell’esercito israeliano a Rafah. Video atroci emergono dalla zona

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L’esercito di Israele ha lanciato un’operazione antiterrorismo mirata nella parte orientale della città di Rafah, a Gaza, hanno detto martedì le Forze di difesa israeliane (IDF).

 

Le truppe dell’IDF hanno preso il controllo operativo del lato di Gaza del valico di frontiera di Rafah, l’unico punto di passaggio tra l’Egitto e la Striscia di Gaza. Sia le truppe di terra dell’IDF che gli aerei da combattimento dell’IAF hanno effettuato attacchi su obiettivi di Hamas nell’area di Rafah come parte dell’operazione.

 

«Nella notte, le truppe di terra dell’IDF hanno iniziato una precisa operazione antiterrorismo basata sull’intelligence dell’IDF e dell’ISA per eliminare i terroristi di Hamas e smantellare le infrastrutture terroristiche di Hamas in aree specifiche della parte orientale di Rafah» ha scritto l’IDF su Telegram.

 


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Prima di iniziare l’operazione, l’IDF aveva esortato i residenti nell’area orientale di Rafah a evacuare temporaneamente nell’area umanitaria di Al-Mawasi. Il luogo in questione è stato ampliato per ospitare più tende, ospedali da campo, tende e rifornito con ulteriori scorte di acqua, cibo e forniture mediche, scrive il sito governativo russo Sputnik.

 

Tutte le spedizioni di aiuti umanitari a Gaza dall’Egitto attraverso il valico di Rafah sono state sospese, ha riferito il quotidiano israeliano Haaretz.

 

Oltre un milione di civili palestinesi hanno cercato rifugio a Rafah, e rapporti indicano che quasi 100.000 persone potrebbero trovarsi nella zona in cui le forze di difesa israeliane hanno sollecitato l’evacuazione. Il governo dello Stato Ebraico è stata ripetutamente avvertito che un’operazione di terra scatenerebbe una catastrofe umanitaria a Rafah.

 

Nel frattempo, immagini semplicemente atroci stanno emergendo dalla zona degli attacchi.

 


Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant aveva dichiarato domenica che le truppe israeliane si stavano preparando per un’offensiva di terra contro la città di Rafah, nel sud di Gaza, dopo aver accusato Hamas di respingere le proposte israeliane di cessate il fuoco.

 

«Vediamo segnali che Hamas non intende attuare alcun piano. Ciò rende chiaro che nel prossimo futuro inizieranno azioni intensive a Rafah e in altre zone della Striscia di Gaza», aveva detto Gallant alle truppe israeliane secondo il giornale Israel Hayom.

 

Ieri l’ufficio stampa del governo ha annunciato che il gabinetto di guerra israeliano ha deciso all’unanimità di continuare l’operazione a Rafah per fare pressione su Hamas sulla questione del rilascio degli ostaggi.

 

L’operazione a Rafah arriva dopo che il movimento palestinese Hamas ha accettato di rilasciare 33 ostaggi israeliani in cambio di un certo numero di prigionieri palestinesi come parte della prima fase dell’accordo di cessate il fuoco, secondo un documento ottenuto da Sputnik.

 

Sabato la delegazione di Hamas era arrivata al Cairo per negoziare, attraverso i mediatori egiziani, un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e il rilascio dei prigionieri.

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Il presidente dell’ufficio politico del movimento palestinese Hamas, Ismail Haniyeh, ha informato il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al Thani e Abbas Kamel, capo dell’intelligence egiziana, dell’accettazione di una proposta per raggiungere un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, ha detto Hamas lunedì.

 

Tuttavia, l’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha affermato che la proposta di Hamas è «lontana dalle richieste essenziali di Israele», ma invierà i negoziatori a colloqui «per esaurire il potenziale per arrivare ad un accordo».

 

Come riportato da Renovatio 21, il ministro israeliano Itamar Ben Gvir ha minacciato di far cascare il governo Netanyahu, di cui è membro con il suo partito ultrasionista Otzma Yehudit («Potere ebraico») qualora l’esercito israeliano non fosse entrato a Rafah.

 

«Il Primo Ministro ha ascoltato le parole, ha promesso che Israele entrerà a Rafah, ha promesso che la guerra non sarebbe finita e ha promesso che non ci sarebbero stati accordi dissoluti» ha dichiarato il ministro sionista il ministro sionista a seguito di un incontro chiesto ed ottenuto con il premier, avvenuto peraltro dopo un mostruoso incidente d’auto che ha coinvolto in Ben Gvir.

 

«Penso che il primo ministro capisca molto bene cosa significherebbe se queste cose non si verificassero», ha detto il ministro.

 

Il ritorno al potere Netanyahu è dovuto al boom del partito sionista Otzma Yehudit. Il ministro del patrimonio culturale Amichai Eliyahu, che appartiene al partito sionista, ha dichiarato la disponibilità di nuclearizzare la Striscia di Gaza.

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Immagine screenshot da Twitter

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