Spirito
Sacerdote cattolico sulla teologia del vaccino: «non si può applicare la causa a doppio effetto alla vaccinazione»
Renovatio 21 pubblica su gentile concessione di Don Curzio Nitoglia questo articolo apparso sul suo sito e su EFFEDIEFFE con il titolo «La tesi dell’azione con l’effetto doppio è applicabile al vaccino anticovid?». Dopo il documento sulla liceità dei vaccini – in particolare quelli COVID – ottenuti con cellule da feto abortito del distretto americano della FSSPX, Renovatio 21 aveva pubblicato la scorsa domenica il suo commento.
La coscienza medica
Gli scienziati, non infeudati alle ditte farmaceutiche, insegnano e dimostrano, dopo ricerche di laboratorio, che nei vaccini ci sono anche le cellule di feti abortiti espressamente con aborto procurato (e non accidentalmente per aborto spontaneo) per la confezione del siero vaccinale. Inoltre la loro efficacia è assai dubbia e i pericoli di gravi effetti collaterali sono ammessi da molti ricercatori. Dunque la questione dei vaccini presenta almeno tre problemi di coscienza, di cui il primo è un macigno.
Gli scienziati, non infeudati alle ditte farmaceutiche, insegnano e dimostrano, dopo ricerche di laboratorio, che nei vaccini ci sono anche le cellule di feti abortiti espressamente con aborto procurato (e non accidentalmente per aborto spontaneo) per la confezione del siero vaccinale
Vi sono centinaia di pubblicazioni scientifiche su questo tema e rimando il lettore a esse, che sono state compendiate in Renovatio 21 del 22 novembre 2020.
Per quanto riguarda il vaccino per il COVID-19 i ricercatori insegnano inoltre che esso contiene dei micro organismi i quali possono modificare il comportamento dell’uomo, rendendolo teleguidato come fosse un robot, per cui si pone pure quest’altro problema etico, quello dell’intelligenza artificiale.
La teologia morale
Recentemente, è stato pubblicato uno studio negli USA, che per risolvere la questione se sia lecito o no farsi vaccinare, applica la dottrina che si studia in teologia morale a) sull’azione con doppio effetto e b) sulla cooperazione solo materiale al peccato formale altrui.
In breve si sostiene che non è lecito fabbricare vaccini con feti abortiti espressamente per la confezione dei sieri vaccinali, ma si afferma che è lecito farsi vaccinare con essi perché sarebbe cooperazione solo materiale (farsi vaccinare) al peccato formale altrui (far abortire le donne per produrre vaccini con i feti abortiti).
La teologia morale (cfr. S. Th., I-II, qq. 18-20) insegna che un atto volontario indiretto o in causa è moralmente cattivo, se l’agente prevede almeno confusamente l’effetto cattivo dell’atto buono o indifferente
Azione con doppio effetto
Il problema a) della causa con due effetti e b) della cooperazione materiale al peccato formale altrui è il seguente:
è lecito a) porre un’azione, dalla quale si prevedono seguire due effetti: uno buono o almeno indifferente e l’altro cattivo e quindi b) cooperare solo materialmente all’eventuale peccato fatto da altri?
La teologia morale (cfr. S. Th., I-II, qq. 18-20) insegna che un atto volontario indiretto o in causa è moralmente cattivo, se l’agente prevede almeno confusamente l’effetto cattivo dell’atto buono o indifferente (ad esempio, se bevo prevedo che mi ubriacherò e che bestemmierò, ora nonostante ciò bevo egualmente e bestemmio anche se stordito senza avere piena avvertenza e deliberato consenso nell’atto di bestemmiare. Ebbene la bestemmia è stata voluta in causa o indirettamente e quindi ho peccato gravemente).
Tuttavia, eccezionalmente, i moralisti aggiungono che ciò può essere lecito, solo purché si verifichino quattro condizioni:
1°) l’atto deve essere buono in sé, se è cattivo è proibito come peccaminoso;
2°) il soggetto operante deve mirare all’effetto buono e non a quello cattivo, ossia deve avere un’intenzione moralmente buona e l’effetto cattivo non deve essere voluto o previsto direttamente, ma solo permesso indirettamente;
3°) i due effetti non debbono essere collegati tra di loro in modo che l’effetto buono (fine) nasca da quello cattivo (mezzo), poiché non si può fare il male per ottenere il bene, il fine buono non giustifica i mezzi cattivi;
4°) vi deve essere una ragione grave, giusta e proporzionata per permettere e non volere l’effetto cattivo.
La cooperazione formale, diretta o positiva al peccato altrui è sempre illecita in sé; la cooperazione materiale, indiretta e negativa può essere lecita a determinate condizioni
Cooperazione materiale al peccato formale altrui
La cooperazione formale, diretta o positiva al peccato altrui è sempre illecita in sé; la cooperazione materiale, indiretta e negativa può essere lecita a determinate condizioni. Infatti essa non è un’azione in senso stretto, ma un comportamento negativo (silenzio, tolleranza) di fronte al peccato altrui, il non agire non stabilisce alcuna causalità e non comporta alcuna colpa nel male che altri compiono. Essa tuttavia è un’omissione, dunque se vi è un dovere di agire e di parlare allora l’omissione diventa peccato. Essa è lecita solo se si verificano le regole del volontario indiretto o in causa o sulla permissione di effetti cattivi in un atto moralmente buono.
Il volontario indiretto o in causa sussiste quando una cosa non è voluta in sé, ma si permette solo che avvenga; tuttavia se si vuole qualcosa come mezzo al fine (ad esempio l’aborto del feto per curare la madre o per fabbricare un vaccino) l’azione non è lecita. Nel caso in cui l’effetto del volontario in causa sia cattivo, esso viene imputato all’agente, se egli lo ha previsto almeno in confuso (per esempio, Noè che non conosceva gli effetti del vino, non fu colpevole della sua ubriacatura) e se si abbia avuto il potere di ometter la causa (se mi bloccano con la forza e mi fanno bere con la violenza una bottiglia di grappa non sono colpevole dell’ubriacatura).
I moralisti spiegano che nella cooperazione materiale l’azione non è diretta al peccato altrui, ma l’azione del cooperante (farsi vaccinare) è sfruttata dal peccatore (fabbricare vaccini con feti abortiti) a insaputa del cooperante, come pura azione fisica senza alcun consenso morale (per esempio, vendo un coltello a Tizio che con esso ucciderà Caio, senza che io lo avessi previsto; mi faccio vaccinare senza sapere che il vaccino contiene feti abortiti).
Se si vuole qualcosa come mezzo al fine (ad esempio l’aborto del feto per curare la madre o per fabbricare un vaccino) l’azione non è lecita
Diverso è il caso della cooperazione formale, ma solo implicita, ossia che non è voluta interiormente, ma la si presta fisicamente ed esteriormente anche se l’atto è intrinsecamente cattivo (per esempio l’infermiere che collabora fisicamente col medico a un aborto, anche se non lo approva moralmente e interiormente, pecca; chi sacrifica esteriormente agli idoli, anche se interiormente aborrisce l’idolatria, pecca). Infatti non è mai permesso commettere qualcosa che è peccaminoso in sé, anche se interiormente si dissente.
La divina Rivelazione (II Libro dei Maccabei, VI, 18, ss.) narra il magnifico e attualissimo esempio datoci dal novantenne scriba Eleazaro, versatissimo nelle sacre Scritture, il quale preferì morire piuttosto che fingere soltanto di mangiare la carne di porco: infatti quando i Siriaci gli aprirono la bocca per forzarlo a mangiare carne suina, resisté; siccome i Giudei presenti, che lo amavano, gli dettero della carne pura dicendogli di fingere di mangiare carne suina, egli rispose che non poteva fingere facendo credere di essere diventato pagano e preferì essere martirizzato… ma «dove sono i fratelli Maccabei?» si chiedeva addolorato monsignor Lefebvre dopo la giornata pan-ecumenista di Assisi nell’aprile del 1986.
La cooperazione materiale al peccato formale altrui potrebbe essere lecita, ma essa va ricondotta al volontario indiretto e all’effetto cattivo proveniente da un atto buono. In pratica si deve considerare, se si verificano, tutte e quattro le condizioni che abbiamo visto sopra, poiché solo in questo caso è lecito cooperare materialmente al peccato formale altrui.
Non è mai permesso commettere qualcosa che è peccaminoso in sé, anche se interiormente si dissente
Per esempio se affitto una casa a un medico, di cui so che vi praticherà l’aborto, non posso farlo, ma debbo evitare l’effetto cattivo che deriva dall’affittare la mia casa, che sarà utilizzata per la pratica abortiva.
Inoltre se l’atto presenta solo effetti cattivi, è sempre illecito. Ora molti scienziati ritengono che il vaccino anti-COVID-19 non abbia nessun elemento positivo, ma ne presenti molti, se non tutti, gravemente pericolosi per la salute.
Soluzione del problema
Ora, se si applicano i suddetti principi morali al caso del vaccino anti-COVID-19 ne risulta che un atto volontario indiretto o in causa è moralmente cattivo, se l’agente prevede almeno confusamente l’effetto cattivo dell’atto buono o indifferente; tuttavia esso può essere lecito, solo purché si verifichino quattro condizioni:
1°) l’atto deve essere buono in sé, se è cattivo è proibito come peccaminoso: inoculare un liquido fatto con feti abortiti esplicitamente per confezionare il vaccino è un atto cattivo
1°) l’atto deve essere buono in sé, se è cattivo è proibito come peccaminoso;
2°) il soggetto operante deve mirare all’effetto buono e non a quello cattivo, ossia deve avere un’intenzione moralmente buona e l’effetto cattivo non deve essere voluto o previsto direttamente ma solo permesso indirettamente;
3°) i due effetti non debbono essere collegati tra di loro in modo che l’effetto buono nasca da quello cattivo, poiché non si può fare il male per ottenere il bene, il fine buono non giustifica i mezzi cattivi;
2°) I due effetti non debbono essere collegati tra di loro in modo che l’effetto buono nasca da quello cattivo, poiché non si può fare il male per ottenere il bene, il fine buono non giustifica i mezzi cattivi; ora senza feti abortiti (mezzo) non si ottiene il vaccino e la prevenzione dal COVID-19 (fine)
4°) vi deve essere una ragione grave, giusta e sufficientemente proporzionata per permettere l’effetto cattivo.
Ora, vediamo una a una le quattro condizioni, nel caso del vaccino, tranne la seconda che non è strettamente rilevante per la moralità dell’atto di vaccinazione:
1°) l’atto deve essere buono in sé, se è cattivo è proibito come peccaminoso: inoculare un liquido fatto con feti abortiti esplicitamente per confezionare il vaccino è un atto cattivo. Questa prima condizione, da sola, rende l’atto della vaccinazione immorale e illecito. Inoltre il vaccino anti-COVID-19 è stato concepito nell’ottica del Transumanesimo, che si propone di creare l’uomo con l’intelligenza artificiale al posto di Dio: «Eritis sicut Dii» (Gen. III, 5). Infine gli effetti collaterali dei vaccini sono molto pericolosi per la salute.
2°) I due effetti non debbono essere collegati tra di loro in modo che l’effetto buono nasca da quello cattivo, poiché non si può fare il male per ottenere il bene, il fine buono non giustifica i mezzi cattivi; ora senza feti abortiti (mezzo) non si ottiene il vaccino e la prevenzione dal COVID-19 (fine). Quindi l’effetto presunto buono (prevenzione del COVID) viene direttamente da quello cattivo (liquido fatto con feti abortiti). Anche questa condizione, da sola, rende l’atto moralmente cattivo.
3°) Vi deve essere una ragione grave, giusta e sufficientemente proporzionata per permettere l’effetto cattivo (prevenire un virus non è una ragione per permettere l’aborto, il vaccino non è una medicina curativa o salvavita, ma dovrebbe essere pura prevenzione di un’influenza)
3°) Vi deve essere una ragione grave, giusta e sufficientemente proporzionata per permettere l’effetto cattivo (prevenire un virus non è una ragione per permettere l’aborto, il vaccino non è una medicina curativa o salvavita, ma dovrebbe essere pura prevenzione di un’influenza).
Quindi, non si può applicare la causa a doppio effetto alla vaccinazione.
Don Curzio Nitoglia
Immagine: Vetrata di San Tommaso d’Aquino (1225-1274). Cattedrale di Saint-Rombouts, Mechelen (Belgio) di Eddy van 3000 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)
Spirito
Il Vaticano riforma il suo sistema giudiziario
Attraverso un nuovo motu proprio reso pubblico il 19 aprile 2024, il Sommo Pontefice ha modificato molte leggi che regolano l’ordinamento giudiziario della Santa Sede, armonizzandolo con il vicino ordinamento italiano. È questo un modo per trarre insegnamento da numerose questioni nate all’indomani del «processo del secolo», la cui onda d’urto continua a scuotere le mura del recinto leonino.
69 è il numero delle Lettere apostoliche in forma di motu proprio promulgate sotto l’attuale pontificato.
Questo atto giuridico è un motu proprio che, in sei articoli, modifica le norme giudiziarie dello Stato Pontificio. Il documento riguarda in parte l’attività dei magistrati ordinari fino ai 75 anni, e fino agli 80 anni per i giudici cardinali. Resta inoltre aperta la possibilità da parte del Sommo Pontefice di prolungare caso per caso il mandato dei magistrati, fissando modalità di remunerazione, di fine rapporto e di pensioni.
Altri provvedimenti hanno suscitato una reazione più forte da parte dei giuristi italiani, come quelli riguardanti la responsabilità civile dei magistrati o il potere conferito al Papa di intervenire nel corso di un processo nominando un vicepresidente o cessando dal servizio di un magistrato il quale, «per comprovata incapacità», non sarebbe più in grado di esercitare le sue funzioni.
D’ora in poi chi ritiene di aver subito un danno potrà avviare un procedimento giudiziario contro lo Stato della Città del Vaticano, che potrà a sua volta rivolgersi a un magistrato se sarà dimostrato che ha causato un danno.
Questo è un modo per allineare il sistema del microStato a quanto avviene in Italia, dove la responsabilità del magistrato è indiretta, per far sì che un cittadino non possa agire direttamente contro un giudice che gli ha fatto torto nel corso di un processo. Si tratta di una misura intesa a garantire la libertà, l’indipendenza e la tutela dei magistrati contro eventuali pressioni esterne.
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Per motivare questa evoluzione, Francesco evoca «gli anni di esperienza che hanno fatto sentire la necessità di una serie di cambiamenti». È difficile non vedere in ciò una scossa di terremoto provocata dal processo del secolo conclusosi provvisoriamente nel dicembre 2023. Provvisoriamente, perché, oltre alla Segreteria di Stato e all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA), tutti gli altri attori, imputati e parti civili, hanno impugnato la decisione dei giudici.
Molti giuristi italiani sottolineano che l’attuale pontificato ha riscritto le regole quattro volte durante la fase istruttoria del recente grande processo, sia come modo per colmare un vuoto normativo per alcuni, sia come modo per il Romano Pontefice di mantenere il controllo sullo svolgimento del processo.
Inoltre, il Tribunale vaticano – che è stato teatro di diverse riforme negli ultimi anni – resta composto prevalentemente da avvocati e pubblici ministeri che hanno ricoperto o ricoprono incarichi in Italia e che, di conseguenza, non sempre hanno una perfetta conoscenza della normativa usi e consuetudini della Santa Sede, né del diritto della Chiesa.
In un contributo scritto dopo la sentenza, uno dei legali degli imputati nel processo del secolo, Cataldo Intrieri, ha denunciato le «contraddizioni» del sistema giudiziario vaticano e gli «esorbitanti poteri» concessi ai pubblici ministeri che, a suo dire, aveva portato ad una procedura giudiziaria «molto lontana dai criteri adottati in uno Stato di diritto».
È una critica che il nuovo motu proprio tenta forse di disarmare, anche se non è realistico pretendere dal papato – che resta nella sua essenza monarchico – una separazione assoluta dei poteri.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di Jorge Valenzuela A via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported
Spirito
Capitano della squadra campione di pallavolo entra in un ordine cattolico tradizionale
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Spirito
Spagna, crollo delle vocazioni dopo il Concilio Vaticano II
Il sito Religión Confidencial ha pubblicato un’analisi approfondita sullo stato dei seminari in Spagna. Il calo delle vocazioni al sacerdozio sembra inevitabile. Di fronte a questa situazione molto preoccupante, la Conferenza episcopale spagnola ha deciso di non fornire tutti i dati degli ultimi cinque anni.
Una mancanza di trasparenza
Dall’analisi di Religion Confidencial emerge la crescente preoccupazione per la mancanza di trasparenza in seguito alla decisione della Commissione episcopale per il clero e i seminari di non pubblicare i dati annuali suddivisi per diocesi sui seminaristi in Spagna.
Questa pratica si è interrotta dopo l’anno accademico 2018/2019, che ha suscitato preoccupazioni in diversi ambienti ecclesiali che vedono in essa un passo indietro in termini di trasparenza e un possibile occultamento delle crisi vocazionali in alcune diocesi.
Nonostante la sua riluttanza a pubblicare dati dettagliati, la Conferenza Episcopale continua ad aggiornare sul suo sito alcuni dati sulle diocesi, anche se con alcune incongruenze e senza precedenti dettagli per diocesi.
Una forte tendenza al ribasso a partire dagli anni ’60
Il numero dei seminaristi in Spagna ha visto un notevole calo a partire dagli anni ’60. A quel tempo la Spagna contava più di 7.000 seminaristi. Dieci anni dopo, quel numero era sceso a 1.500. Un calo di quasi l’80%. Dopo aver superato quota 2.000 tra il 1985 e il 1990, lo scorso anno la tendenza è tornata a scendere sotto quota 1.000.
Se consideriamo la distribuzione dei seminaristi per diocesi, anche qui la situazione è allarmante: nel 2023, 6 diocesi non avevano seminaristi. Inoltre, 8 diocesi hanno avuto un solo seminarista per l’anno accademico 2022/2023. Così, l’anno scorso, 14 delle 69 diocesi spagnole avevano da 0 a 1 seminarista.
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All’estremo opposto, 14 diocesi hanno più di 20 seminaristi, il seminario più attrezzato è quello di Madrid con 119 seminaristi. Nella capitale il calo del numero dei seminaristi appare catastrofico.
Il calo del numero delle ordinazioni segue ovviamente il calo del numero dei seminaristi, e negli ultimi due anni sono stati ordinati meno di 100 seminaristi diocesani nella penisola iberica – esclusi i sacerdoti ordinati in una società religiosa. Quindi sono stati ordinati solo 97 sacerdoti nel 2022 e 79 nel 2023.
Questa preoccupante dinamica ha portato alla chiusura di un certo numero di seminari: il numero è difficile da specificare, perché recentemente i nomi hanno cambiato, da seminario a casa di formazione. In ogni caso, l’indagine di Religion Confidential ha contato 21 seminari attualmente chiusi in Spagna.
Roma impone l’unificazione dei seminari
Con una simile realtà davanti agli occhi si può comprendere il recente intervento romano per il quale i vescovi sono stati convocati in Vaticano. Papa Francesco ha imposto un processo di unificazione dei seminari. Non sembra necessario imporlo, perché la realtà impone di ripensare la mappa dei seminari e delle case di formazione.
In questo Paese dal passato gloriosamente cattolico, il progressismo ha provocato un profondo caos che ora lascia la Chiesa quasi senza sangue.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Immagine di Basotxerri via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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