Geopolitica
Zelens’kyj teme di perdere Bakhmut
Il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj, in un’intervista all’agenzia Associated Press, ha detto di temere che qualora la Russia vincesse a Bakhmut, Putin «venderebbe questa vittoria all’Occidente, alla sua società, alla Cina, all’Iran, a tutti i Paesi, al Brasile, a tutti i Paesi dell’America Latina».
In pratica, l’ex attore teme il significato spettacolare, simbolico della battaglia nella quale sta continuando di fatto a mandare giovani ucraini senza preparazione.
«Se sentirà un po’ di sangue, odore che siamo deboli, spingerà, spingerà, spingerà», ha dichiarato lo Zelens’kyj in inglese in un commento chiaramente preoccupato.
Zelenskyj ha altresì preconizzato che i cittadini ucraini prediranno la propria forza energia se Bakhmut venisse totalmente catturata.
«La nostra società si sentirà stanca», nel caso la cittadina venisse conquistata definitivamente dai russi. «La nostra società mi spingerà a scendere a compromessi» con la Russia.
Durante l’intervista, condotta durante un viaggio in treno di ritorno a Kiev dalla città di Sumy, Zelens’kyj ha reiterato l’invito al presidente cinese Xi Jinping ad andare in Ucraina: «siamo pronti a vederlo qui. Voglio parlare con lui. Ho avuto contatti con lui prima della guerra su vasta scala. Ma durante tutto questo anno, più di un anno, non ne ho avuti».
Alla domanda se Xi avrebbe accettato un invito di Zelens’kyj, o se tale invito fosse stato ufficialmente esteso, il portavoce del ministero degli Esteri cinese Mao Ning ha detto ai giornalisti di non avere informazioni da fornire, dicendo che Pechino mantiene «la comunicazione con tutte le parti interessate, compresa l’Ucraina».
Un accordo di pace stipulato dal Dragone sarebbe un altro tassello della sua ascesa nell’egemonia globale. Come riportato da Renovatio 21, Pechino ha appena fatto da intermediario nello storico ripristino delle relazioni tra Arabia Saudita e Iran.
Il presidente Xi Jinping è peraltro fresco di una storica visita a Mosca, con tanti accordi di cooperazioni firmati, nonché un enigmatico sfoggio di mascherine FPP2 da parte della delegazione cinese.
Possiamo capire la cautela con cui Zelens’kyj parla di «compromessi». Non solo perché un accordo di pace fu raggiunto già ad aprile 2022 ma negato dagli sponsores angloamericani, che gli mandarono a Kiev Boris Johnson fuori tempo massimo per ordinare al presidente-comico di mantenere la guerra che avrebbe ucciso forse più di centomila ragazzi ucraini. I «compromessi» sono un problema personale per Zelens’kyj, perché, come fu detto nero su bianco poco dopo le elezioni presidenziali 2019, esponenti delle milizie nazionaliste integraliste hanno minacciato di impiccarlo ad un albero del Khreshatyk (il viale alberato che porta a Piazza Maidan) qualora il nuovo presidente avesse fatto un passo indietro.
Nel frattempo, Bakhmut brucia, e quantità di giovani ucraini sono mandati allo sbaraglio senza alcuna preparazione, magari dopo averli presi con la forza dalle strade e costretti ad andare al fronte. Qualcuno già lo chiama «il mattatoio di Bakhmut»: l’aspettativa di vita una volta arrivati, si è sentito dire, potrebbe essere di tre ore.
Il capo del Gruppo Wagner Prigozhin ha mostrato alcuni di questi soldati ucraini catturati a Bakhmut: alcuni giovanissimi, in pratica dei bambini, altri invece anziani.
Il video è parte del messaggio di Prigozhin a Zelens’ky di un mese fa, dove il russo dice che la città è circondata dalle forze di Mosca.
‼️BAKHMUT:
SHOCKING footage of minors and elderly captured in Artyomovsk-Bakhmut, Donetsk Republic (ex-Ukraine).
Prigozhin, Chief of Wagner Private Military Company (PMC) pleads with Zelensky to allow Ukrainian "soldiers" to leave the town, which will fall in days… pic.twitter.com/au6aDEohyK
— Sherman T. Potter III (@ShermanPotter51) March 26, 2023
È ora che questa tragedia finisca.
Geopolitica
Per gli USA ora la normalizzazione delle relazioni con la Russia è un «interesse fondamentale»
Gli Stati Uniti hanno indicato il rilancio dei rapporti normali con la Russia e l’interruzione rapida della guerra in Ucraina come priorità assolute nella loro nuova Strategia per la sicurezza nazionale, diffusa venerdì dalla Casa Bianca, ponendoli tra gli obiettivi cardine per gli interessi americani.
Il documento di 33 pagine delinea la prospettiva di politica estera delineata dal presidente Donald Trump, affermando che «è un interesse essenziale degli Stati Uniti negoziare una rapida cessazione delle ostilità in Ucraina», al fine di «stabilizzare le economie europee, scongiurare un’escalation o un allargamento imprevisto del conflitto e ricostruire la stabilità strategica con la Russia».
Si evidenzia come il conflitto ucraino abbia «profondamente indebolito le relazioni europee con la Russia», minando l’equilibrio regionale.
Il testo rimprovera i dirigenti europei per le «aspettative irrealistiche» sull’evoluzione della guerra, precisando che «la maggioranza degli europei anela alla pace, ma tale aspirazione non si riflette nelle politiche adottate».
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Washington, prosegue il rapporto, è disposta a un «impegno diplomatico sostanziale» per «supportare l’Europa nel correggere la sua rotta attuale», reinstaurare l’equilibrio e «ridurre il pericolo di scontri tra la Russia e gli Stati europei».
A differenza della strategia del primo mandato di Trump, che accentuava la rivalità con Russia e Cina, la versione attuale sposta l’asse sull’emisfero occidentale e sulla tutela del suolo patrio, dei confini e delle priorità regionali. Esorta a riallocare le risorse dai fronti remoti verso minacce più immediate e invita la NATO e i Paesi europei a farsi carico in prima persona della propria sicurezza.
Il documento invoca inoltre l’arresto dell’espansione della NATO, una pretesa a lungo avanzata da Mosca, che la indica come una delle ragioni principali del conflitto ucraino, interpretato come una guerra per interposta persona orchestrata dall’Occidente.
In sintesi, la strategia segna un passaggio dall’interventismo universale a un approccio estero più pragmatico e contrattuale, sostenendo che gli Stati Uniti debbano intervenire oltre i propri confini solo quando gli interessi nazionali sono direttamente coinvolti.
Si tratta del primo di una sequenza di rilevanti atti su difesa e politica estera che l’amministrazione Trump si accinge a emanare, tra cui una Strategia di Difesa Nazionale rivista, la Revisione della Difesa Missilistica e la Revisione della Postura Nucleare, tutti attesi in linea con l’impostazione del documento.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Israele potrebbe iniziare a deportare gli ucraini
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Arte
Quattro Stati UE boicotteranno l’Eurovision 2026 a causa della partecipazione di Israele
Spagna, Irlanda, Slovenia e Paesi Bassi hanno annunciato il boicottaggio del prossimo Eurovision Song Contest in seguito alla conferma della partecipazione di Israele. All’inizio del 2025 diverse emittenti avevano chiesto all’Unione Europea di Radiodiffusione (EBU), organizzatrice dell’evento, di escludere Israele accusandolo di brogli nel voto e per il conflitto in corso a Gaza.
L’ultima tregua, mediata dagli Stati Uniti, avrebbe dovuto porre fine ai combattimenti e permettere l’arrivo di aiuti umanitari nell’enclave, ma da quando è entrata in vigore gli attacchi israeliani hanno causato 366 morti, secondo il ministero della Salute di Gaza.
Il tutto si inserisce in un anno di escalation iniziato con l’offensiva israeliana lanciata in risposta all’attacco di Hamas dell’ottobre 2023, che provocò 1.200 morti e il rapimento di 250 ostaggi. Da allora, secondo le autorità sanitarie locali, l’operazione militare israeliana ha ucciso oltre 70.000 palestinesi.
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Le decisioni di ritiro sono arrivate giovedì, subito dopo l’approvazione da parte dell’EBU di nuove regole di voto più rigide, varate in risposta alle accuse di diverse emittenti europee secondo cui l’edizione 2025 era stata manipolata a favore del concorrente israeliano.
Poche ore più tardi l’emittente olandese AVROTROS ha comunicato l’addio al concorso: «La violazione di valori universali come l’umanità, la libertà di stampa e l’interferenza politica registrata nella precedente edizione dell’Eurovision Song Contest ha oltrepassato un limite per noi».
L’emittente irlandese RTÉ ha giustificato la propria scelta con «la terribile perdita di vite umane a Gaza», la crisi umanitaria in corso e la repressione della libertà di stampa da parte di Israele, annunciando anche che non trasmetterà l’evento.
Anche la televisione pubblica slovena RTVSLO ha confermato il ritiro: «Non possiamo condividere il palco con il rappresentante di un Paese che ha causato il genocidio dei palestinesi a Gaza», ha dichiarato la direttrice Ksenija Horvat.
Successivamente è arrivata la decisione della spagnola RTVE, che insieme ad altre sette emittenti aveva chiesto un voto segreto sull’ammissione di Israele. Respinta la proposta dall’EBU, RTVE ha commentato: «Questa decisione accresce la nostra sfiducia nell’organizzazione del concorso e conferma la pressione politica che lo circonda».
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Per far fronte alle polemiche, gli organizzatori dell’Eurovision hanno introdotto nuove misure anti-interferenza: limiti al televoto del pubblico, regole più severe sulla promozione dei brani, rafforzamento della sicurezza e ripristino delle giurie nazionali già nelle semifinali.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa arrivò in finale all’Eurovisione una sedicente «strega» non binaria che dichiarò di aver come scopo il «far aderire tutti alla stregoneria».
Vi furono polemiche quattro anni fa quando la Romania accusò che l’organizzazione ha cambiato il voto per far vincere l’Ucraina.
Due anni fa un’altra vincitrice ucraina dell’Eurovision fu inserita nella lista dei ricercati di Mosca.
Come riportato da Renovatio 21, la Russia ha lanciato un’«alternativa morale» all’Eurovision, che secondo il ministro degli Esteri di Mosca Sergej Lavrov sarà «senza perversioni».
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Immagine di David Jones via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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