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YouTube fa sparire il podcast di Rogan con Trump
La lunga conversazione (tre ore) tra il popolare podcaster Joe Rogan e il candidato presidente Donald J. Trump sembra essere stata censurata sulla principale piattaforma di condivisione video della rete, YouTube.
Ieri il Rogan ha affrontato le preoccupazioni sulla censura caricando il video completo su X. Ha detto: «Dato che c’è un problema con la ricerca di questo episodio su YouTube, ecco il podcast completo con Trump».
Since there’s an issue with searching for this episode on YouTube here is the full podcast with Trump pic.twitter.com/sl2GTUaWdE
— Joe Rogan (@joerogan) October 29, 2024
Elon Musk, padrone di X, ha ripostato il video dicendo, non senza ironia, che YouTube ha avuto «difficoltà tecniche».
Full episode of @JoeRogan & @realDonaldTrump available on 𝕏!
YouTube experienced some uh … technical difficulties 🙄
— Elon Musk (@elonmusk) October 29, 2024
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Una rapida ricerca su YouTube dell’intervista di Rogan con Trump ieri non produceva risultati per il video originale, suggerendo che la piattaforma potrebbe essere stata programmata per soprrimere il contenuto.
L’unico modo per guardare il video, hanno rilevato in molti, era andare direttamente al canale di Rogan e cercare il file nella sezione «video recenti».
Su X, David Heinemeier Hansson, CTO della società di software Basecamp, ha scritto: «Ho provato a trovare l’intervista Rogan/Trump su YouTube, ma non importa cosa cerco, non viene fuori. Sarebbe oltremodo folle se stessero attivamente cercando di sopprimerla. Deve essere un problema tecnico, giusto?»
Tried to find the Rogan/Trump interview on YouTube but no matter what I search, it’s not coming up. Would be beyond bonkers if they’re actively trying to suppress it. Must be a glitch, right? pic.twitter.com/BvpYzZTXWY
— DHH (@dhh) October 28, 2024
Nel giro di pochi giorni, l’intervista ha ottenuto 37 milioni di visualizzazioni, permettendo al popolo americano di ascoltare l’ex presidente parlare in modo naturale, senza l’ausilio di un teleprompter (il «gobbo» elettronico dei politici americani), per tre ore e senza alcuna modifica da parte dei media tradizionali.
Rogan ha aggiunto su un X considerazioni sull’intervista con la sfidante Kamala Harris.
«Inoltre, per la cronaca, la campagna di Harris non ha rinunciato a fare il podcast. Hanno offerto una data per martedì, ma avrei dovuto viaggiare da lei e volevano fare solo un’ora. Sono fermamente convinto che il modo migliore per farlo sia nello studio di Austin. Il mio sincero desiderio è solo di avere una bella conversazione e di conoscerla come essere umano. Spero davvero che possiamo farlo accadere».
L’oscuramento dell’intervista più importante della campagna politica 2024 arriva mentre nelle testate dell’establishment americano sta avvenendo un cataclisma senza precedenti.
Diversi importanti quotidiani hanno rifiutato di sostenere qualsiasi candidato politico, il che ha solo scatenato una tempesta di merda al Washington Post, che per decenni ha sostenuto candidati di sinistra. Jeff Bezos, il proprietario di Amazon e del WaPo, ha pubblicato un editoriale durante la notte spiegando la sua decisione di non sostenere Harris perché il giornale affronta «problemi di credibilità».
«La mancanza di credibilità non è un’esclusiva del Post. I nostri giornali fratelli hanno lo stesso problema. Ed è un problema non solo per i media, ma anche per la nazione. Molte persone si stanno rivolgendo a podcast improvvisati, post sui social media imprecisi e altre fonti di notizie non verificate, che possono rapidamente diffondere disinformazione e approfondire le divisioni», ha affermato il Bezos.
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Anche il Los Angeles Times, che ha una tradizione simile di endorsement presidenziali, ha rifiutato di appoggiare un candidato, scatenando anche lì le ire di redattore ed abbonati.
Tuttavia Nika Soon-Shiong, 31enne figlia di magnate tecnologico Patrick Soon-Shiong proprietario del giornale, ha dichiarato che la sua famiglia non intende appoggiare la Harris a causa della sua posizione nella guerra a Gaza.
«La nostra famiglia ha preso la decisione congiunta di non sostenere un candidato presidenziale. Questa è stata la prima e unica volta in cui sono stata coinvolta nel processo», ha dichiarato la Soon Shiong al New York Times. «Come cittadina di un paese che finanzia apertamente il genocidio e come famiglia che ha vissuto l’apartheid sudafricano, il sostegno è stata un’opportunità per ripudiare le giustificazioni per la diffusa presa di mira dei giornalisti e la guerra in corso contro i bambini».
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L’UE attacca le piattaforme che si rifiutano di censurare la libertà di parola: il fondatore di Telegram
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L’UE multa X di Musk per 120 milioni di euro. Gli USA: «attacco al popolo americano»
Gli Stati Uniti hanno accusato Bruxelles di aver «attaccato» gli americani dopo che l’Unione Europea ha inflitto alla piattaforma social X di Elon Musk una multa da 120 milioni di euro (circa 140 milioni di dollari) per violazione delle norme di moderazione dei contenuti previste dal Digital Services Act (DSA).
La Commissione europea ha reso nota la sanzione venerdì, precisando che si tratta della prima decisione formale di non conformità emessa in base al DSA.
La misura si inserisce in una più ampia offensiva regolatoria dell’UE contro i grandi colossi tecnologici statunitensi: in passato Bruxelles ha già comminato multe da diversi miliardi a Google per abuso di posizione dominante nella ricerca e nella pubblicità, ha sanzionato Apple in base al DSA e alle norme antitrust nazionali e ha penalizzato Meta per il modello pubblicitario «pay-or-consent». Queste azioni hanno ulteriormente inasprito le divergenze tra Washington e l’UE in materia di regolamentazione del digitale.
Secondo la Commissione, le violazioni commesse da X riguardano la progettazione ingannevole del sistema di spunta blu verificata, che «espone gli utenti a truffe», la mancanza di trasparenza nella libreria pubblicitaria e il rifiuto di fornire ai ricercatori l’accesso ai dati pubblici richiesto.
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Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha reagito duramente, scrivendo su X che la multa non rappresenta solo un attacco alla piattaforma, ma «un attacco a tutte le piattaforme tecnologiche americane e al popolo americano da parte di governi stranieri». «I giorni in cui gli americani venivano censurati online sono finiti», ha aggiunto.
Elon Musk ha rilanciato i commenti del commissario FCC Brendan Carr, secondo il quale l’UE prende di mira X semplicemente perché è un’azienda americana «di successo» e «l’Europa sta tassando gli americani per sovvenzionare un continente soffocato dalle sue stesse normative oppressive».
Anche il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance è intervenuto, sostenendo che l’UE sta punendo X «per non aver adottato misure di censura» e che gli europei dovrebbero «difendere la libertà di espressione invece di aggredire le aziende americane per questioni di poco conto».
L’amministrazione del presidente Donald Trump si oppone da anni alle leggi digitali europee, accusandole di essere «progettate per danneggiare la tecnologia americana» e minacciando dazi di ritorsione in risposta a tasse digitali e regolamenti sulle piattaforme.
Bruxelles ribatte che le proprie regole valgono allo stesso modo per tutte le imprese che operano nel mercato unico e riflettono semplicemente un approccio più severo su privacy, concorrenza e sicurezza online.
Le relazioni tra Washington e Bruxelles restano tese su numerosi fronti – commercio, sussidi industriali, standard ambientali e controlli tecnologici – con gli Stati Uniti che accusano l’UE di protezionismo e i leader europei che criticano le misure unilaterali americane in materia di dazi e tecnologia.
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Come riportato da Renovatio 21 il tema delle euromulte contro Musk è risalente.
Brusselle aveva valutato l’ipotesi di multe contro X da quando l’ex commissario alla tecnologia UE, Thierry Breton, aveva accusato la piattaforma di non aver controllato adeguatamente i contenuti illegali e di aver violato il Digital Services Act (DSA) dell’UE del 2022. La decisione se penalizzare X spetta ora alla commissaria UE per la concorrenza, Margrethe Vestager.
Come noto al lettore di Renovatio 21, Elone per qualche ragione è assai inviso all’oligarchia europea e a tanta politica continentale, come hanno dimostrato i discorsi del presidente italiano Sergio Mattarella, che pareva attaccare proprio Musk e le sue ambizioni sui social e nello spazio.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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