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YouTube fa sparire il podcast di Rogan con Trump

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La lunga conversazione (tre ore) tra il popolare podcaster Joe Rogan e il candidato presidente Donald J. Trump sembra essere stata censurata sulla principale piattaforma di condivisione video della rete, YouTube.

 

Ieri il Rogan ha affrontato le preoccupazioni sulla censura caricando il video completo su X. Ha detto: «Dato che c’è un problema con la ricerca di questo episodio su YouTube, ecco il podcast completo con Trump».

 

 

Elon Musk, padrone di X, ha ripostato il video dicendo, non senza ironia, che YouTube ha avuto «difficoltà tecniche».

 

 

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Una rapida ricerca su YouTube dell’intervista di Rogan con Trump ieri non produceva risultati per il video originale, suggerendo che la piattaforma potrebbe essere stata programmata per soprrimere il contenuto.

 

L’unico modo per guardare il video, hanno rilevato in molti, era andare direttamente al canale di Rogan e cercare il file nella sezione «video recenti».

 

Su X, David Heinemeier Hansson, CTO della società di software Basecamp, ha scritto: «Ho provato a trovare l’intervista Rogan/Trump su YouTube, ma non importa cosa cerco, non viene fuori. Sarebbe oltremodo folle se stessero attivamente cercando di sopprimerla. Deve essere un problema tecnico, giusto?»

 

 

Nel giro di pochi giorni, l’intervista ha ottenuto 37 milioni di visualizzazioni, permettendo al popolo americano di ascoltare l’ex presidente parlare in modo naturale, senza l’ausilio di un teleprompter (il «gobbo» elettronico dei politici americani), per tre ore e senza alcuna modifica da parte dei media tradizionali.

 

Rogan ha aggiunto su un X considerazioni sull’intervista con la sfidante Kamala Harris.

 

«Inoltre, per la cronaca, la campagna di Harris non ha rinunciato a fare il podcast. Hanno offerto una data per martedì, ma avrei dovuto viaggiare da lei e volevano fare solo un’ora. Sono fermamente convinto che il modo migliore per farlo sia nello studio di Austin. Il mio sincero desiderio è solo di avere una bella conversazione e di conoscerla come essere umano. Spero davvero che possiamo farlo accadere».

 

L’oscuramento dell’intervista più importante della campagna politica 2024 arriva mentre nelle testate dell’establishment americano sta avvenendo un cataclisma senza precedenti.

 

Diversi importanti quotidiani hanno rifiutato di sostenere qualsiasi candidato politico, il che ha solo scatenato una tempesta di merda al Washington Post, che per decenni ha sostenuto candidati di sinistra. Jeff Bezos, il proprietario di Amazon e del WaPo, ha pubblicato un editoriale durante la notte spiegando la sua decisione di non sostenere Harris perché il giornale affronta «problemi di credibilità».

 

«La mancanza di credibilità non è un’esclusiva del Post. I nostri giornali fratelli hanno lo stesso problema. Ed è un problema non solo per i media, ma anche per la nazione. Molte persone si stanno rivolgendo a podcast improvvisati, post sui social media imprecisi e altre fonti di notizie non verificate, che possono rapidamente diffondere disinformazione e approfondire le divisioni», ha affermato il Bezos.

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Anche il Los Angeles Times, che ha una tradizione simile di endorsement presidenziali, ha rifiutato di appoggiare un candidato, scatenando anche lì le ire di redattore ed abbonati.

 

Tuttavia Nika Soon-Shiong, 31enne figlia di magnate tecnologico Patrick Soon-Shiong proprietario del giornale, ha dichiarato che la sua famiglia non intende appoggiare la Harris a causa della sua posizione nella guerra a Gaza.

 

«La nostra famiglia ha preso la decisione congiunta di non sostenere un candidato presidenziale. Questa è stata la prima e unica volta in cui sono stata coinvolta nel processo», ha dichiarato la Soon Shiong al New York Times. «Come cittadina di un paese che finanzia apertamente il genocidio e come famiglia che ha vissuto l’apartheid sudafricano, il sostegno è stata un’opportunità per ripudiare le giustificazioni per la diffusa presa di mira dei giornalisti e la guerra in corso contro i bambini».

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