Spirito
Vescovo liquefatto. Religione liquefatta. Dignità dell’uomo liquefatta.

C’è curiosità attorno all’«acquamazione», la liquefazione del corpo scelta dall’arcivescovo anglicano Desmond Tutu, icona globalista spesso associata a quella di Nelson Mandela, morto lo scorso 26 dicembre.
I giornali di tutto il mondo l’hanno presentata come l’ultimo, grande dono del cuore generoso del prelato scismatico sudafricano: l’acquamazione consumerebbe cinque volte meno energia rispetto alla cremazione – e non consideriamo nemmeno la vecchia inumazione senza né fuoco né solventi, che occupa spazio ed è assolutamente non-sostenibile ecologicamente.
Era stato tutto programmato. Tutu, dopo gli anni a difendere i diritti umani, si era convertito in paladino dell’ambiente e parlava spesso dei pericoli del cambiamento climatico, che una volta definì tra le «più grandi sfide morali del nostro tempo».
Il premio Nobel per la pace, morto il 26 dicembre all’età di 90 anni, aveva chiesto che il suo funerale non fosse «ostentato» (risultato che, visto il clamore per la tecnologia funebre impiegata, non è stato ottenuto) domandando specificatamente che il suo corpo non fosse cremato con le fiamme.
Quindi, secondo quanto riferito, Tutu ha richiesto direttamente l’acquamazione, o idrolisi alcalina, un processo a base d’acqua considerato un’alternativa ecologica alla cremazione tradizionale.
Quindi, dopo che i resti di Tutu giacevano in una semplice bara di pino durante il suo funerale nella cattedrale di San Giorgio a Città del Capo lo scorso sabato, il suo corpo è stato liquefatto sotto pressione. In seguito, le sue ossa sono state asciugate in cenere polverosa in un forno.
L’aquamazione fa parte di un crescente movimento di «sepoltura verde» che evita materiali non biodegradabili. I sostenitori affermano che è un’alternativa ecologica alle bare decorate e alla cremazione mediante fuoco, che emette gas serra intollerabili per i diktat ecologici.
Il prelato è stato anche in questo un pioniere. Il Sudafrica non aveva una legislazione che copra specificamente l’acquamazione. Il processo è stato legalizzato nell’ultimo decennio in circa 20 stati degli Stati Uniti.
Una macchina utilizza «una soluzione riscaldata (a volte pressurizzata) di acqua e alcali forti per dissolvere i tessuti, producendo un effluente che può essere smaltito attraverso i sistemi fognari municipali e materiale osseo fragile che può essere essiccato, frantumato e restituito al famiglia del defunto»
Nell’acquamazione, una macchina utilizza «una soluzione riscaldata (a volte pressurizzata) di acqua e alcali forti per dissolvere i tessuti, producendo un effluente che può essere smaltito attraverso i sistemi fognari municipali e materiale osseo fragile che può essere essiccato, frantumato e restituito al famiglia del defunto», ha scritto Philip Olson, esperto di etica tecnologica presso Virginia Tech, in un articolo del 2014 citato dal Washington Post.
Il processo richiede dalle tre alle quattro ore a una temperatura di circa 300 gradi Fahrenheit, anche se può essere più lungo se si utilizzano temperature più basse, secondo Olson. In confronto, la cremazione basata sul fuoco richiede circa due ore a una temperatura compresa tra 1.400 e 1.800 gradi.
Si rimane basiti di fronte a tutta questa storia. È incredibile come il grande pubblico abbia oramai superato il pensiero automatico che si poteva avere parlando di corpi dissolti nell’acido – in Italia, si pensava indelibile il trauma del bambino dissolto nell’acido dalla mafia.
È possibile che nessuno noti quale messaggio si nasconda sotto la liquefazione di un cadavere?
È possibile che che nessuno noti quale messaggio si nasconda sotto la liquefazione di un rappresentante della gerarchia religiosa?
È possibile che che nessuno noti quale messaggio si nasconda sotto la liquefazione di un rappresentante della gerarchia religiosa?
A chi ha una sensibilità cattolica tradizionale, le risposto vengono immediatamente.
Si tratta dell’ennesima forma di umiliazione della dignità umana, che viene disintegrata, come era già nella cremazione (da sempre proibita dalla Chiesa e incoraggiata dalla massoneria), e ora perfino «smaltita attraverso i sistemi fognari municipali».
Come riportato da Renovatio 21, vari Stati USA stanno approvando altre leggi che vanno oltre lo scempio del cadavere, come la trasformazione dei cadaveri in concime: una sorta di reimmissione sempre più diretta diretta della carne umana nel ciclo alimentare.
Un vescovo viene liquefatto – con lui, tutta la sua religione, oramai ridotta ad ancella del culto climatica dei giornali gretini.
E quindi, come non sentire liquidata, e finita nelle fogna, lo slancio di ogni altra battaglia? Come non capire che si tratta di un attacco all’essere umano Imago Dei, e ancora più in dettaglio al principio cristiano della resurrezione della carne, somma speranza del fedele che da sempre i nemici di Dio vogliono spegnere?
Nella storia della morte idrolitica di Tutu, tuttavia, le fiamme sono in qualche modo arrivate lo stesso: a poche ore dal funerale, un Palazzo del Parlamento a Città del Capo, a pochissima distanza dalla Cattedrale di San Giorgio dove sono avvenute le esequie dell’anglicano Nobel, è stato colpito da un misterioso incendio.
Immagine di World Economic Forum via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)
Spirito
Mons. Eleganti critica duramente il Vaticano II e la nuova liturgia

Il vescovo Marian Eleganti era vescovo ausiliare della diocesi di Coira, in Svizzera, quando era vescovo il vescovo Vitus Huonder. Dopo il suo ritiro, ha criticato apertamente le politiche vaticane, incluso il disastroso Sinodo sulla sinodalità. Di recente, insieme ad altri tre vescovi, ha riparato la profanazione della Basilica di San Pietro da parte del pellegrinaggio LGBT.
Attacca il Concilio Vaticano II e la riforma liturgica in un articolo pubblicato sul suo blog, dal titolo evocativo: «Vaticano II: la primavera annunciata non è arrivata». Con la sua consueta semplicità, mons. Eleganti racconta di aver servito la Messa nel rito tradizionale, prima di essere formato alla nuova Messa. Poi è arrivato il grande sconvolgimento. I sottotitoli sono della redazione.
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Un’infanzia segnata dal Concilio
«Da bambino, ho assistito all’iconoclastia nella venerabile Chiesa della Santa Croce nella mia città natale. Gli altari gotici scolpiti furono demoliti davanti ai miei occhi infantili. Tutto ciò che rimase fu un altare comune, una sala del coro vuota, la croce nell’arco del coro, Maria e Giovanni a sinistra e a destra su pareti bianche e spoglie».
«Nuove vetrate inondavano la chiesa con il sole che sorgeva a est. Niente di più: era una deforestazione senza precedenti. Noi bambini trovavamo tutto questo normale e appropriato e risparmiavamo con fervore per il nuovo pavimento in pietra, così da dare il nostro contributo alla riforma o al rinnovamento della chiesa. L’euforia del Concilio veniva trasmessa dai sacerdoti; venivano convocati sinodi, ai quali io stesso partecipavo da adolescente. Non avevo assolutamente idea di cosa stesse succedendo».
Un’accettazione sicura ma lucida
«All’età di 20 anni, come novizio [benedettino, ndr], ho sperimentato da vicino e dolorosamente le tensioni liturgiche tra tradizionalisti e progressisti tra i riformatori. Furono introdotte nuove professioni ecclesiastiche, come quella di assistente pastorale (principalmente per i coniugati)».
«Ricordo i miei commenti critici su questo perché le tensioni e i problemi che stavano lentamente emergendo tra ordinati e non ordinati erano prevedibili fin dall’inizio. Il calo del numero di candidati al sacerdozio era prevedibile e divenne rapidamente evidente».
«Da giovane, ho sostenuto con tutto il cuore il Concilio e in seguito ne ho studiato i documenti con fede e fiducia. Tuttavia, fin dall’età di vent’anni, ho notato diverse cose: la desacralizzazione del santuario, del sacerdozio, del Santissimo Sacramento, così come la ricezione della Santa Eucaristia, e l’ambiguità di alcuni passaggi nei documenti conciliari. Da giovane laico ancora poco versato in teologia, ho notato tutto questo molto presto».
«Sebbene il sacerdozio fosse la scelta che mi stava più a cuore fin dall’infanzia, non sono stato ordinato sacerdote fino all’età di 40 anni. Sono cresciuto con il Concilio, ho raggiunto l’età adulta e ho potuto osservarne gli effetti fin da quando ha avuto luogo. Oggi ho 70 anni e sono vescovo».
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La consapevolezza del fiasco conciliare
«Guardando indietro, devo dire che la primavera della Chiesa non è mai arrivata; ciò che è arrivato è stato invece un declino indescrivibile nella pratica e nella conoscenza della fede, una diffusa mancanza di forma liturgica e una certa arbitrarietà (alla quale io stesso ho in parte contribuito senza rendermene conto)».
«Guardando indietro, sono sempre più critico verso tutto, compreso il Concilio, i cui testi la maggior parte delle persone ha già abbandonato, pur invocandone costantemente lo spirito. Cosa non è stato confuso con lo Spirito Santo e attribuito a lui negli ultimi 60 anni? Cosa è stato chiamato “vita” senza apportare vita, ma al contrario dissolvendola?»
«I cosiddetti riformatori volevano ripensare il rapporto della Chiesa con il mondo, riorganizzare la liturgia e rivalutare le posizioni morali. E continuano a farlo. Il segno distintivo della loro riforma è la fluidità nella dottrina, nella moralità e nella liturgia, l’allineamento con le norme secolari e una rottura spietata, post-conciliare, con tutto ciò che era venuto prima».
«Per loro, la Chiesa è, soprattutto, ciò che è stata dal 1969 (Editio Typica Ordo Missae, Cardinale Benno Gut). Ciò che è venuto prima può essere trascurato o è già stato rivisto. Non si può tornare indietro. I più rivoluzionari tra i riformatori sono sempre stati consapevoli dei loro atti rivoluzionari. Ma la loro riforma postconciliare, i loro processi, sono falliti – su tutta la linea. Non sono stati ispirati. L’altare del popolo non è un’invenzione dei padri conciliari».
«Io stesso celebro la Santa Messa secondo il nuovo rito, anche in privato. Tuttavia, grazie alla mia attività apostolica, ho riscoperto l’antica liturgia della mia infanzia e ne noto la differenza, soprattutto nelle preghiere e nelle posture, e naturalmente nell’orientamento».
«A posteriori, l’intervento postconciliare sulla forma molto coerente della liturgia, vecchia di quasi duemila anni, mi sembra una ricostruzione piuttosto violenta e provvisoria della Santa Messa negli anni successivi alla conclusione del Concilio, che è stata associata a grandi perdite che devono essere colmate. È stato fatto anche per ragioni ecumeniche».
«Molte forze, anche protestanti, furono direttamente coinvolte in questo sforzo di allineare la liturgia tradizionale con la Cena del Signore protestante e forse anche con la liturgia del Sabato ebraico. Ciò fu fatto in modo elitario, dirompente e sconsiderato dalla Commissione Liturgica Romana e imposto all’intera Chiesa da Paolo VI, non senza causare gravi fratture e divisioni nel corpo mistico di Cristo, che persistono ancora oggi».
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Giudica l’albero dai suoi frutti
«Una cosa è certa per me: se si può giudicare un albero dai suoi frutti, è urgente una rivalutazione spietata e onesta della riforma liturgica postconciliare: storicamente onesta e meticolosa, non ideologica e aperta, a immagine della nuova generazione di giovani credenti che non conoscono né leggono i testi del Concilio.
«Non hanno nemmeno problemi con la nostalgia, perché conoscono la Chiesa solo nella sua forma attuale. Sono semplicemente troppo giovani per essere tradizionalisti. Tuttavia, hanno sperimentato come funzionano attualmente le parrocchie, come celebrano la liturgia e cosa rimane della loro socializzazione religiosa attraverso la parrocchia? Molto poco! Per questo motivo, non sono nemmeno progressisti».
«Dalla prospettiva odierna, il cattolicesimo liberale o progressismo degli anni Settanta – più recentemente sotto le mentite spoglie del “cammino sinodale” – ha fatto il suo corso e ha condotto la Chiesa in un vicolo cieco. La frustrazione è ancora maggiore. Lo possiamo vedere ovunque. Le funzioni domenicali e feriali sono frequentate principalmente dagli anziani. I giovani sono assenti, tranne che in alcuni luoghi di culto molto affollati. La riforma sta avvenendo da sola, perché nessuno ci va più né ne legge i risultati».
«Come è possibile che la riforma postconciliare possa essere ancora oggi considerata in modo così acritico e limitato, a giudicare dai suoi frutti? Perché un esame onesto della tradizione e della nostra storia (della Chiesa) non è ancora possibile? Perché non si vuole vedere che siamo a un punto di svolta e che dovremmo fare il punto della situazione, soprattutto a livello liturgico?»
«”Essere o non essere”, in termini di fede e vita ecclesiale, si decide sulla base o sui fondamenti della liturgia. È qui che la Chiesa vive o muore. Tradizionalisti e progressisti hanno correttamente valutato questo aspetto fin dal 1965. Allora perché la tradizione è in aumento tra i giovani? Cosa la rende così attraente per i giovani? Pensateci! I piedi votano, non i concili. Forse dovremmo semplicemente cambiare direzione! Capito?»
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Spirito
Mons. Viganò: «non c’è paradiso per i codardi!»


Non c’è paradiso per i codardi!
La Vittoria della Lega Santa a Lepanto Intervento al Convegno dell’Associazione culturale «Veneto Russia» Settimo di Pescantina (VR), 11 Ottobre 2025
Salve, Regina, rosa de spina, rosa d’amor, Madre del Signor. Fa’ che mi no mora e che no mora pecador, che no peca mortalmente e che no mora malamente.
Preghiera del marinaio, recitata da tutta la flotta veneziana prima di muovere battaglia nelle acque di Patrasso.
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Spirito
Il cardinale Müller avverte che la Chiesa non deve essere sfruttata per l’ideologi» sotto la bandiera dell’«inclusività»

Il cardinale Gerhard Müller ha messo in guardia dagli eccessi nell’enfatizzare l’«inclusione» e ha commentato le controversie sulla messa latina tradizionale in un’intervista del 6 ottobre a Il Giornale.
Müller, prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha affermato che la Chiesa non deve essere strumentalizzata a fini ideologici, rifiutando quella che ha definito la politicizzazione della fede sotto la bandiera dell’inclusività.
«Tanti vogliono che la Chiesa parli solo di questioni della vita sociale, della politica. Certo, anche questi sono temi della missione, ma la sua missione primaria è predicare il Vangelo della salvezza e la vita eterna per tutti gli uomini»
Alla domanda sulle lettere di protesta indirizzate a Papa Leone XIV contro il cosiddetto «Giubileo LGBTQ», la risposta del cardinale è stata inequivocabile.
«Non so se il Papa dirà qualcosa, ma la situazione è molto chiara, non si può strumentalizzare l’Anno Santo e la Porta Santa per un’ideologia di questo tipo» ha dichiarato il porporato. «La Chiesa, in nome di Gesù Cristo, accetta tutti gli uomini e i loro problemi, ma Dio ha creato uomo e donna e solo questo matrimonio è l’unica possibilità di vivere coniugalmente. La Porta Santa non può essere usata per questioni politiche».
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Interrogato sull’adesione di Papa Leone al motto di Francesco «Todos, todos, todos» («tutti, tutti, tutti»), il cardinale Müller ha messo in guardia dall’uso improprio di questa frase come licenza morale.
«Tutti gli uomini sono chiamati a trovare Gesù Cristo, unico salvatore del mondo, ma con un cambiamento della propria vita. Il problema è che molti vogliono intendere questo tutti, tutti, tutti, come l’accettazione di uno stile di vita che va contro lo stile della vita cristiana», ha affermato il cardinale.
Passando alle controversie liturgiche, Müller ha affermato che la questione della Messa in latino non può essere risolta «risolvere con autoritarismo». Una soluzione, ha insistito, deve essere fondata sulla fede piuttosto che sulla politica. «Serve una riflessione chiara, teologica e non solo politica».
Il porporato ha anche messo in guardia dal trattare il papato come una performance o un ufficio politico. «Il Papa come Vescovo di Roma non è isolato come un autocrate, ma ha un collegio di cardinali che è il suo senato. I consigli che danno i cardinali sono molto importanti, non per i propri interessi, ma per aiutare intellettualmente e moralmente il Papa e la sua missione».
« Il Papa non è una figura per l’interesse pubblico, non si presenta secondo le regole di una star di Hollywood, ma come un buon pastore, che dà la sua vita per le pecore di Cristo».
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