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Essere genitori

Vaccini e perdita della patria potestà: una testimonianza

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Renovatio 21 pubbica in esclusiva questa incredibile testimonianza di una madre che per i vaccini (che pure aveva somministrato!) ha rischiato di perdere la patria potestà: cioè che lo Stato le portasse via i figli.

Semplicemente pazzesco: specie se si pensa che questa vicenda risale a prima che entrasse in vigore la legge Lorenzin.

 

C’è un torrente in piena. La corrente è velocissima e ineluttabile. Li vedo tutti e tre. Tentano inutilmente di dimenarsi, di resistere a quella forza terribile, ma l’acqua li porta via, lontano. E io non posso fare nulla per riprenderli. A un tratto sono spariti. Non li vedo più.

 

Un incubo che si è ripetuto ogni notte per due interminabili mesi, da quando il maresciallo preposto mi telefonò per informarmi della convocazione al tribunale dei minori

Un incubo che si è ripetuto ogni notte per due interminabili mesi, da quando il maresciallo preposto mi telefonò per informarmi della convocazione al tribunale dei minori. Inizialmente, io e mio marito non conoscevamo nemmeno il motivo di tale notifica, non eravamo in città e, impossibilitati a tornare perché all’estero, non potevamo nemmeno ritirarla. Sapevamo soltanto che l’oggetto della notifica erano i nostri tre figli, lui per telefono non poteva dirmi altro.

 

«Sarà stato perché l’ho sgridato perché non si impegnava con i compiti?», si è persino chiesto mio marito.

 

Sono partite illazioni di ogni tipo nella nostra testa, non riuscivamo a spiegarcelo. Nominammo quindi un avvocato, un nostro conoscente che si occupa di cause legate ai minori, delegando a lui di ritirare tale notifica per sapere di cosa si trattasse.

 

I giorni passavano e l’ansia cresceva. Finalmente la telefonata dell’avvocato.

«Signora, la vostra patria potestà è pendente.  Seppure i vaccini non siano da ritenersi obbligatori sono caldamente raccomandati per il bene della comunità e pertanto si richiede la sospensione della potestà perché i vostri possano essere vaccinati»

 

«Allora, signora, la vostra patria potestà è pendente. Ne ha fatto richiesta l’ospedale xx nel novembre 2016 perchè i vostri figli a quella data non risultavano vaccinati. La direzione sanitaria, con firma del dott.xx, scrive che seppure i vaccini non siano da ritenersi obbligatori sono caldamente raccomandati per lui e per il bene della comunità e pertanto richiedono la sospensione della potestà perché possano essere vaccinati. In pratica, sono convinti che voi siate contro i vaccini».

 

«E quindi, mi scusi, chiedono che ci venga tolta la patria potestà per qualcosa che non è nemmeno obbligatorio?»

 

«Purtroppo sì e il tribunale non si è potuto opporre perché quando è un ente sociosanitario, quale è un ospedale, a muovere la pratica va tutto d’ufficio. Poi con la nuova legge della settimana scorsa, figuriamoci… È cominciata la caccia alle streghe!».

«In pratica, sono convinti che voi siate contro i vaccini»

 

Fermiamo la telefonata e facciamo un passo indietro. Novembre 2016: il nostro secondo figlio, Matteo di 3 anni, viene ricoverato una notte in ospedale insieme a mio marito – io avevo partorito la nostra terza il mese prima – per una sospetta balanopostite.

 

Per questo il pediatra curante ci consigliò per prudenza di attendere con i vaccini, perché non sapendo se il problema del linguaggio di mio figlio potesse essere legato a spettri autistici, epilessia o altri problemi neurologici, era meglio non correre rischi.

Al momento delle dimissioni, diedero a mio marito un foglio da compilare, in cui figurava la voce «Ha ricevuto le vaccinazioni raccomandate?» e lui ha barrato la caselle NO. In quel periodo per Matteo, infatti, era in corso un’indagine neurologica legata a un disturbo del linguaggio. Per questo il pediatra curante, quello assegnato dalla ASL e non un privato, ci consigliò per prudenza di attendere con i vaccini, perché non sapendo se il problema del linguaggio potesse essere legato a spettri autistici, epilessia o altri problemi neurologici, era meglio non correre rischi.

 

Tanto più che Matteo, sempre per lo stesso motivo, non andava alla scuola materna e dunque non avrebbe fatto correre rischi ad una eventuale «comunità» scolastica. Una volta terminato l’iter diagnostico, che ha portato, grazie a Dio, alla conclusione che Matteo ha un disturbo specifico del linguaggio e nulla dal punto di vista neurologico, il nostro piccolo ha ricevuto la prima somministrazione vaccinale e nel Febbraio 2017 ha cominciato la scuola materna.

 

Era questo il motivo dell’attesa e di quel NO sul foglio di dimissioni. Se un medico avesse parlato con mio marito, egli non avrebbe avuto problemi a spiegare i fatti che comunque non avrebbero dovuto essere nemmeno oggetto di contestazione, giacché i vaccini non erano propriamente «obbligatori» prima della legge del 31 Luglio 2017, come affermato dallo stesso ospedale.

La piccola aveva solo un mese (ricordo che stiamo parlando di Novembre 2016 e la nostra Teresa è nata ad Ottobre): sfido il più accanito medico «pro-vaccini» a somministrare l’esavalente prima dei tre mesi!

 

Non contenta la direzione sanitaria dell’ospedale, ignaro dell’ABC dell’etica professionale, visto che Matteo aveva dei fratelli, ha pensato bene di indagare sulla situazione vaccinale di Giuseppe, il primogenito, e di Teresa, l’ultima arrivata. Non trovandoli nell’anagrafe vaccinale, ha probabilmente etichettato i genitori come dei «no-vax», dando evidentemente a questa posizione un’accezione negativa, e si è prodigata per salvare ben tre minori dalle loro grinfie. Ma bastava parlare con questi sedicenti fanatici o magari con il loro pediatra per fare due scoperte assai interessanti. La piccola aveva solo un mese (ricordo che stiamo parlando di Novembre 2016 e la nostra Teresa è nata ad Ottobre): sfido il più accanito medico «pro-vaccini» a somministrare l’esavalente prima dei tre mesi!

 

Il nostro figlio maggiore, invece, aveva da piccolino una situazione di salute caratterizzata da infezioni respiratorie ricorrenti e da una depressione del sistema immunitario. Di fronte a questo quadro e poiché non frequentava l’asilo nido, il pediatra ci consigliò di rimandare le vaccinazioni fino a una ripresa consolidata della sua salute. Giuseppe ha cominciato a stare bene e a irrobustirsi intorno ai quattro anni. Ai cinque, il pediatra stesso gli ha somministrato una trivalente in forma più diluita, cioè il richiamo che comunemente si fa agli adulti, invece dell’esavalente, per proteggere la sua salute e non esporre a rischi il suo organismo. Questo ha fatto sì che non figurasse nell’anagrafe vaccinale centrale. Ma, anche qui bastava chiedere!

«Vengono tirati in causa gli assistenti sociali. Dovranno convocarvi, venire a casa vostra, conoscere i bambini, vedere la loro camera, i loro vestiti, forse andare anche a scuola. Insomma dovranno verificare che stanno bene e soprattutto che voi siete idonei ad occuparvi dei vostri figli»

 

«Beh, comunque, avvocato, non c’è problema, mostriamo al giudice i certificati ed è tutto risolto, no?».

 

«Purtroppo no, signora. Il problema è che quando a muovere la richiesta di sospensione della patria potestà è un ente come l’ospedale, vengono tirati in causa gli assistenti sociali. Dovranno convocarvi, venire a casa vostra, conoscere i bambini, vedere la loro camera, i loro vestiti, forse andare anche a scuola. Insomma dovranno verificare che stanno bene e soprattutto che voi siete idonei ad occuparvi dei vostri figli».

 

«Ma che c’entra tutto questo con i vaccini?».

 

«I vaccini sono stati l’incipit. Ora la macchina è stata messa in moto e il sistema prevede questa invasione nella vostra vita privata. In fondo, si sa che gli assistenti sociali sono sempre a caccia di bambini da dare in adozione».

«Il sistema prevede questa invasione nella vostra vita privata. In fondo, si sa che gli assistenti sociali sono sempre a caccia di bambini da dare in adozione»

 

Da quella telefonata, il fiume in piena ha cominciato a straripare e per me e mio marito sono cominciati due lunghissimi mesi di prova, in attesa dell’incontro con l’assistente sociale a cui avevano affidato la pratica e infine con il giudice.

 

Guardavamo i nostri figli di giorno e anche mentre dormivano, sereni e ignari del dramma che consumava emotivamente papà e mamma. Guardavamo Giuseppe, tenace e intelligente, ma anche sensibile e desideroso di attenzioni, poco affettuoso ma capace di mettersi a piangere quando un membro della famiglia si deve assentare da casa.

 

E poi Matteo, tanto difficile da gestire a causa della sua difficoltà ad esprimersi ma così capace di restituirti tutto con i suoi sguardi e i suoi gesti carichi di amore. Più degli altri ha bisogno di noi, gli unici capaci di entrare nella sua dimensione, di tradurre le parole inintelligibili, di contenere la sua ansia di non riuscire, di accettarlo in tutto e per tutto per quello che è.

Li guardavamo continuamente: come avrebbero fatto senza di noi? E noi senza di loro?

 

E infine Teresa, la femminuccia, un bimba «grassa e felice», così capace di sopportare i dispettucci dei fratelli ma anche le piccole scomodità dovute alla gestione di loro tre senza neanche un nonno su quattro o di un parente che te ne tiene uno ogni tanto mentre tu fatichi con gli altri e pulisci casa. Li guardavamo continuamente: come avrebbero fatto senza di noi? E noi senza di loro?

 

«Quando e dove vi siete conosciuti?»

 

«Intende noi e l’avvocato? È genitore di un mio ex alunno».

 

«No, intendevo voi due. Quando e dove vi siete conosciuti? Siete stati insieme parecchio prima di sposarvi? Avete convissuto?».

È stato un colloquio di due ore quello con l’assistente sociale. Ci ha chiesto di tutto della nostra vita privata, cose che forse nemmeno degli amici oserebbero chiederci.

 

È stato un colloquio di due ore quello con l’assistente sociale. Ci ha chiesto di tutto della nostra vita privata, cose che forse nemmeno degli amici oserebbero chiederci.

 

«Ora parlatemi dei vostri figli, di ognuno di loro. Perché avete scelto questi nomi?». E ancora: «che sport fanno, qual è il loro colore/animale/cartone/piatto preferito? Descrivetemi il loro carattere». Mi fermo, ma potrei andare avanti.

E avendo nominato i vari santi loro patroni, ovviamente è arrivata anche la fatidica domanda.

«Pensate di avere altri figli?».

 

«Pensate di avere altri figli?».

 

Cosa voleva sentirsi dire? Che siamo cattolici e che quindi siamo aperti alla vita e ai figli che il buon Dio ci dona, in modo da poterci considerare liberamente degli «irresponsabili»?

 

Finito il colloquio, ci siamo dati appuntamento per la visita a casa. «Comunque – afferma l’avvocato – non ritengo appropriata questa intromissione: non è possibile evitare che andiate a casa? In fondo, lo ha visto, era per i vaccini, null’altro!».

Cosa voleva sentirsi dire? Che siamo cattolici e che quindi siamo aperti alla vita e ai figli che il buon Dio ci dona, in modo da poterci considerare liberamente degli «irresponsabili»?

 

«Avvocato, se vi volete opporre, per me va bene, ma lo dovrò segnalare al tribunale. Così è solo peggio. Vi consiglio piuttosto di avvisare i bambini, forse potrebbero essere turbati dalla presenza di un estraneo».

 

«I nostri figli sono sempre felici quando arriva un ospite».

 

«Avvocato, se vi volete opporre, per me va bene, ma lo dovrò segnalare al tribunale. Così è solo peggio»

Abbiamo una casa modesta, in periferia, conforme allo stipendio di due insegnanti, con gli spazi sufficienti per tutti, anche per Nostro Signore, la cui icona domina la stanza più frequentata, il soggiorno, in cui riceviamo gli ospiti, mangiamo e facciamo giochi tutti insieme.

 

La casa ha uno speciale punto di forza: un grande terrazzo coperto in cui mio marito ha ricreato una vera e propria area gioco di cui i bimbi vanno matti e a quanto pare anche l’assistente sociale. Non ho tirato a lucido la casa, non avevo niente da dimostrare, ho fatto quello che faccio sempre, come lo faccio sempre.

Non ho tirato a lucido la casa, non avevo niente da dimostrare, ho fatto quello che faccio sempre, come lo faccio sempre.

 

Feliciana è stata accolta da tre bimbi che la sono andati ad aspettare sul pianerottolo, saltellanti ed entusiasti di conoscere una persona nuova e averla a casa, mentre io sentivo che sarei scoppiata a piangere da un momento all’altro e mentre mio marito irrigidiva sempre più il suo volto e faticava persino a parlare.

 

Ha girato per casa, guardato libri e quaderni del grande, lo ha persino fatto leggere. «Vedi che i compiti c’entrano», vaneggiava mio marito, ormai in tilt. Ha avuto occasione di leggere stupita le regole che i maschi hanno affisse alla porta della loro camera, mentre le ricordavo al grande, specialmente quella che infrange più spesso: «non sono autorizzato ad alzare le mani su mio fratello nemmeno se ho ragione».

 

La lite era legata a chi faceva vedere più giochi a Feliciana. Quella nuvola di gioia e rumore l’ha poi convinta a sedersi per un caffè e una fetta di torta. «Fatta in casa, scommetto!». «No casa, Teo fatto a torta, no casa!», le ha risposto a modo suo Matteo.

«Scriverò un documento su quello che ho visto. Ci vediamo dal giudice».

 

 

Arriva il momento della nanna dei due più piccoli e l’assistente sociale, dopo aver notato che Teresa si addormenta senza storie nel suo lettino nella sua camera e dopo essere stata invitata da Matteo a fare un sonnellino con lui, decide che era il momento di levare le ancore.

 

«Scriverò un documento su quello che ho visto. Ci vediamo dal giudice».

 

In realtà dal giudice non ci siamo visti, se non di sfuggita. Lei entrò prima di noi, standoci pure parecchio.

 

Noi subito dopo per un altro infinito colloquio in cui riaprire l’intimità della nostra vita e della nostra famiglia, in cui sentirsi dare «consigli» da un’altra sconosciuta in dovere di dispensare il suo sapere. Su cosa poi? Sulla scelta del calcio per il primo figlio, «no, ma guardi che l’anno prossimo comincerà atletica» o sul fatto che al secondo la musica va fatta fare «non perché lo ha consigliato il neuropsichiatra ma perché piace a lui, ricordatevelo!».

Dal giudice un altro infinito colloquio in cui riaprire l’intimità della nostra vita e della nostra famiglia, in cui sentirsi dare «consigli» da un’altra sconosciuta in dovere di dispensare il suo sapere

 

«Scusi, giudice, ma di vaccini quando parliamo? In fondo se siamo qui è per questo. No perché io le ho portato le copie dei certificati e il pediatra ha preparato un documento in cui motiva dal punto di vista medico…»

«Sì, ho visto, ma questo non è compito mio. Io devo solo valutare se i vostri figli non corrono pericoli con voi e se voi siete in grado di occuparvene. Comunque, dalla relazione dell’assistente sociale non credo dobbiate preoccuparvi».

 

Feliciana aveva scritto un lungo documento sulla nostra famiglia, sull’amore che ha colto a casa nostra, sulla serenità di tutti e tre i bambini e sull’affetto tra di noi, sulla nostra casa modesta ma accogliente, sulla bellezza dello stare insieme. Tre mesi dopo è stata proprio lei a chiamarci appena arrivata la notizia dell’archiviazione della pratica.

«Io devo solo valutare se i vostri figli non corrono pericoli con voi e se voi siete in grado di occuparvene»

 

Poco tempo dopo, ho scoperto che nell’ospedale XX un anno prima del fatidico ricovero, era morto un bambino di morbillo che non era stato vaccinato e che questo fatto aveva messo nei guai l’ospedale. Evidentemente pur di tutelarsi la direzione sanitaria è disposta a far vivere a dei malcapitati un incubo.

 

So che può sembrare un lieto fine e in effetti, grazie a Dio, lo è.

 

E forse può sembrare anche a tratti assurdo, se non addirittura folle questo racconto. Ma la percezione che mio marito ed io abbiamo avuto dello svolgimento dei fatti è andata ben oltre persino il torto subito ingiustamente. La nostra intimità famigliare è stata invasa da degli estranei che senza alcun riguardo si sono messi ad indagare e a disquisire su cose personalissime che chiunque desidera proteggere e custodire.

La nostra intimità famigliare è stata invasa da degli estranei che senza alcun riguardo si sono messi ad indagare e a disquisire su cose personalissime che chiunque desidera proteggere e custodire.

 

Siamo stati umiliati nel nostro ruolo genitoriale e non perchè non fossimo consapevoli degli errori che talvolta purtroppo compiamo come tutti; ma perché un conto è la consapevolezza che si può e si deve sempre crescere nelle virtù legate in modo speciale alla genitorialità (pazienza, mitezza, fortezza, ecc.) e un conto è essere sottoposti ad un esame di idoneità in base ad elementi del tutto arbitrari e quasi che lo stato abbia il diritto/dovere di oltrepassare la famiglia e dunque il potere persino sul vincolo genitori/figli (il caso dei vaccini è emblematico, ma si pensi specularmente all’educazione all’affettività e quindi al mondo della scuola e all’affievolimento della priorità della famiglia circa l’educazione).

Siamo stati umiliati nel nostro ruolo genitoriale

 

È stata posta sulle nostre teste una spada, un giudizio: ma quale giustizia è mai questa che dà a un giudice un potere del genere?  Sicuramente ci sono delle situazioni molto gravi dove la giustizia deve intervenire per proteggere i bambini. Ma noi in questa situazione ci abbiamo visto un potere spropositato, inumano, simile a quello che dà ai giudici la possibilità di decidere sulla vita.

 

E infine l’aspetto più agghiacciante: convivere per giorni e giorni con l’idea che ci potessero portare via i bambini. Chi è genitore può capire e sentire il livello di tortura emotiva che abbiamo dovuto sopportare. Io ci ho messo quasi sei mesi a riprendermi fisicamente ed emotivamente da tale shock.

L’aspetto più agghiacciante: convivere per giorni e giorni con l’idea che ci potessero portare via i bambini

 

Ho deciso di scrivere, e ringrazio chi mi ha donato lo spazio per raccontare questi fatti, perché sono convinta che non tutti sanno il livello di deformazione del sistema che ruota attorno alle vaccinazioni pediatriche, tipico dei sistemi asserviti a «mammona», dove non contano l’essere umano e il suo vero bene, nemmeno se si tratta di bambini, e dove non c’è etica, nemmeno quella spicciola che regola il rapporto medico/paziente.

 

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Autismo

Tutti addosso a Kennedy che collega la circoncisione all’autismo. Quando finirà la barbarie della mutilazione genitale infantile?

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Il Segretario alla Salute degli Stati Uniti, Robert F. Kennedy Jr., ha difeso le sue affermazioni espresse venerdì durante una riunione di gabinetto, dopo che alcuni critici lo avevano accusato di suggerire un legame tra circoncisione e autismo. Successivamente ha precisato che si riferiva al paracetamolo (Tylenol) somministrato ai neonati dopo la circoncisione, non alla procedura stessa.

 

In precedenza, il presidente Donald Trump aveva sostenuto parti di questa teoria, invitando le donne in gravidanza a evitare il Tylenol e sottolineando la necessità di valutarne la sicurezza.

 

«Due studi indicano che i bambini circoncisi precocemente presentano un tasso di autismo doppio», ha dichiarato Kennedy durante la riunione. «Non è una prova definitiva. Stiamo conducendo studi per verificarla», ha aggiunto Kennedy.

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Le sue parole hanno scatenato reazioni immediate. Il deputato Jerrold Nadler ha scritto su X che «l’ossessione di Kennedy per le teorie del complotto ha nuovamente superato il limite, sconfinando in un territorio pericoloso e antisemita». Il dottor Peter Hotez, dottore ultravaccinista che rifiuta i confronti e chiede l’esercito contro gli antivaccinisti definiti come «grande forza omicida», ha definito la teoria «assurda». La ricercatrice sull’autismo Helen Tager-Flusberg ha dichiarato: «Niente di tutto ciò ha senso». A settembre, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ribadito che non esistono prove scientifiche conclusive che colleghino il paracetamolo in gravidanza all’autismo.

 

Kennedy ha poi risposto su X, citando uno studio danese del 2015 che mostrava tassi di autismo più alti nei ragazzi circoncisi. Ha sostenuto che lo studio indica il paracetamolo come probabile causa, sottolineando che può provocare danni neurologici se combinato con lo stress ossidativo, definendo le prove «schiaccianti».

 

Kennedy ha accusato i media di distorsione: «USA Today ha riportato in modo parziale le mie parole, usando un’inquadratura fuorviante. Il New York Post ha completamente travisato il mio discorso con il suo titolo, insinuando che avessi detto che la circoncisione causa l’autismo».

 

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Travisato o no, lo studio danese, intitolato «Ritual circumcision and risk of autism spectrum disorder in 0- to 9-year-old boys: national cohort study in Denmark» («Circoncisione rituale e rischio di disturbo dello spettro autistico nei bambini da 0 a 9 anni: studio di coorte nazionale in Danimarca») esiste.

 

«Abbiamo confermato la nostra ipotesi secondo cui i ragazzi sottoposti a circoncisione rituale potrebbero correre un rischio maggiore di sviluppare ASD», cioè il disturbo dello spettro autistico, scrive lo studio dei ricercatori Morten Frisch e Jacob Simonsen. «Questa scoperta, e l’inaspettata osservazione di un aumento del rischio di disturbo da iperattività tra i ragazzi circoncisi in famiglie non musulmane, meritano attenzione, soprattutto perché i limiti dei dati hanno molto probabilmente reso le nostre stime di rischio per attività fisica conservative. Considerata la diffusa pratica della circoncisione non terapeutica nell’infanzia e nella prima infanzia in tutto il mondo, gli studi di conferma dovrebbero essere considerati prioritari».

 

Un altro studio del 2013, «Prenatal and perinatal analgesic exposure and autism: an ecological link» («Esposizione prenatale e perinatale ad analgesici e autismo: un legame ecologico») esplorava «larelazione tra l’esposizione precoce neonatale al paracetamolo e l’autismo/ASD, i tassi di prevalenza media ponderata della popolazione maschile per tutti i paesi disponibili e gli stati degli Stati Uniti sono stati confrontati con i tassi di circoncisione maschile, una procedura per la quale il paracetamolo è stato ampiamente prescritto dalla metà degli anni Novanta», concludendo che «l’analisi ha identificato correlazioni a livello nazionale tra indicatori di esposizione prenatale e perinatale al paracetamolo e autismo/ASD. È stata inoltre identificata una correlazione a livello statale per l’indicatore di esposizione perinatale al paracetamolo e autismo/ASD.

 

La questione va molto al di là del problema dell’autismo, e riguarda la civiltà occidentale stessa, che ha rifiutato la circoncisione sin dai primissimi anni della cristianità. Scrive la lettera di San Paolo ai Romani: «La circoncisione è utile se tu segui la Legge, ma se tu sei trasgressore della Legge, la tua circoncisione diventa incirconcisione. Se dunque l’incirconciso osserva i comandamenti della Legge, la sua incirconcisione non sarà valutata come circoncisione? e chi di nascita è incirconciso, osservando la Legge, giudicherà te che, con la tua lettera della Legge e la tua circoncisione, ne sei trasgressore. Non è adunque quello che apparisce il vero Giudeo, nè è vera circoncisione quella che è palese nella carne; ma il Giudeo è quello che è tale entro di sè, ed è la circoncisione del cuore, nello spirito non nella lettera, quella la cui lode non è dagli uomini ma da Dio» (Rm, 2, 25-29).

 

Strano che il mondo «laico», che ritiene il battesimo dei bambini come una forzatura religiosa su di una persona che non può decidere in autonomia, non abbia niente da dire contro questa oscena mutilazione genitale infantile – e dobbiamo ancora trovare qualcuno che ci convinca del fatto che la circoncisione sia diversa dall’infibulazione, quella sì, per qualche motivo, invisa alla società.

 

«Il taglio genitale non terapeutico priva il bambino, quando diventerà l’adulto, dell’opportunità di rimanere geneticamente immodificato (o intatto)» hanno scritto due bioeticisti oxoniani i due bioeticisti Lauren Notini e Brian D. Earp «Plausibilmente, la persona le cui “parti private” saranno permanentemente influenzate dal taglio dovrebbe avere la possibilità di valutare se è ciò che desidera, alla luce delle loro preferenze e valori a lungo termine»

 

Di fatto, l’individuo circonciso perde per sempre la sua integrità, vedendosi amputata una parte del corpo straordinariamente ricca di terminazione nervose, che sono quelle che danno il piacere durante l’atto sessuale.

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C’è poi la questione della sicurezza dell’operazione mutilativa: i casi di bambini morti per circoncisione abbondano, anche in Italia, Nel 2023 bambino nigeriano è morto pochi giorni fa in zona Castelli Romani dopo una circoncisione fatta in casa. A Tivoli, nel 2018, morì un altro bambino nigeriano di appena due anni: aveva subito la circoncisione da parte di un sedicente medico; in quel caso, almeno, si salvò il gemello, portato d’urgenza in ospedale. Reggio Emilia, marzo 2019: neonato di famiglia ghanese, cinque mesi, morto dopo «diverse ore di agonia». Monterotondo, provincia di Roma, tre mesi prima: bimbo nigeriano di due anni morto per lo stesso motivo. Genova, aprile 2019, neonato morto nel quartiere Quezzi, e condannato a otto anni di carcere il nigeriano 34enne che aveva eseguito il taglio del prepuzio. Torino, giugno 2016: bebè di genitori ghanesi, circonciso in casa, morto in ospedale. Treviso, ottobre 2008: bimbo di due mesi morto per emorragia. Bari, luglio 2008: bambino deceduto per grave emorragia, «causata probabilmente da circoncisione fatta a domicilio».

 

Secondo dati ripetuti in questi giorni da tutti i giornali, le circoncisioni clandestine in Italia costituirebbero il 40% del totale. Su più di 15.000 circoncisioni richieste all’anno solo 8.500 vengono eseguite su territorio nazionale, mentre 6.500 operazioni di taglio del prepuzio sono effettuate nei Paesi d’origine dove gli immigrati tornano per «turismo etnico» (talvolta, come si è appreso, anche quando si dichiarano «rifugiati» e stanno facendo il percorso burocratico per essere riconosciuti tali totalmente a spese del contribuente italiano).

 

Secondo una sigla di medici stranieri operanti in Italia, il 99% delle famiglie musulmane circoncide il bambino quando ha ancora pochi mesi. La realtà è che tuttavia la circoncisione è di fatto istituzionalizzata grazie agli accordi tra lo Stato italiano e la minoranza ebraica.

 

Come riportato in passato da Renovatio 21, grazie alla legge 101 del 1989 che ratifica l’intesa tra l’Italia e le comunità ebraiche italiane, i maschi di religione ebraica e musulmana possono usufruire di alcuni progetti «clinico-culturali» ed essere circoncisi per 400 euro da un medico in regime di attività libero professionale. La prestazione è da considerarsi al di fuori dei LEA (Livelli essenziali assistenziali). Tra i sottoscrittori il Policlinico Umberto I di Roma, l’Associazione internazionale Karol Wojtyla, la Comunità ebraica di Roma e il Centro islamico culturale d’Italia.

 

La pressione ebraica si dice abbia fatto cambiare rotta anche all’Islanda, che aveva tentato di liberarsi della pratica barbara. Si tratta della stessa procedura per cui ora, per aver parlato della circoncisione, Kennedy è definito «antisemita».

 

«Ogni individuo, non importa di che sesso o di quanti anni dovrebbe essere in grado di dare il consenso informato per una procedura che è inutile, irreversibile e può essere dannosa», aveva dichiarato nel 2018 la deputata Silja Dögg Gunnarsdóttir, 44 anni, del Partito progressista dell’Althing, il Parlamento islandese. «Il suo corpo, la sua scelta». «Autonomia» corporale: è lo slogan delle femministe e dell’aborto. È un dogma inscalfibile del mondo moderno.

 

Il disegno di legge non passò, perché le microcomunità ebraiche e musulmane alzarono un polverone: «l’impatto di questa legge sarebbe sentito molto al di là dei confini dell’Islanda», scriveva una lettera dello spaventatissimo Comitato degli affari esteri della Camera dei Rappresentanti, spiegando che la «mossa renderebbe l’Islanda la prima e unica nazione europea a mettere fuori legge la circoncisione. Mentre le popolazioni ebraiche e musulmane in Islanda possono essere poco numerose, il divieto di questo paese sarebbe sfruttato da coloro che alimentano la xenofobia e l’antisemitismo in Paesi con popolazioni più diversificate».

 

La circoncisione nel mondo è tollerata, forse, anche per la sua straordinaria diffusione presso la popolazione americana. Contrariamente a ciò che possono pensare beceramente alcuni, la questione in nessun modo è legata ai rapporti tra l’ebraismo e gli USA. La fonte della pratica è la stessa dei cereali che con probabilità il lettore consuma il mattino: John Harvey Kellogg (1852-1943).

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Il Kellogg era un dottore nutrizionista, oltre che un imprenditore di successo e un gran cultore dell’eugenetica. Tuttavia, un pensiero lo ossessionava: quello della riduzione della masturbazione presso la popolazione maschile.

 

Ecco quindi che raccomandò la circoncisione come rimedio: si taglia subito il prepuzio al bambino e lui non si toccherà crescendo. La cosa ancora più allucinante è che anche i cereali da lui commerciati (da qualche mese di proprietà della Ferrero) avevano in teoria lo stesso scopo: erano sostanze che riteneva «anafrodisiache» e che quindi andavano impiegate in massa per scoraggiare l’onanismo.

 

Kellogg, che come si è visto godeva di una certa influenza, era convinto sostenitore anche del vestirsi di bianco e dei clisteri, da praticare soprattutto se si erano assorbiti veleni come tè, caffè, cioccolato. Il Kelloggo, inoltre, scoraggiava il mescolarsi tra le razze: a fine carriera si dedicò alla creazione di una «Race Betterment Foundation, («Fondazione per il miglioramento della razza»), che propalava pure eugenetica razzista americana (registri genetici, sterilizzazioni delle «persone mentalmente difettose»), di quella che poi piacque assai allo Hitler, che – cosa poco nota – prese alcune leggi degli Stati americani come suo modello per la Germania nazionalsocialista.

 

L’America odierna, e il mondo tutto, si trova quindi ancora alle prese con l’eredità di questo tizio: circoncisione e colazione con cereali tostati. L’eugenetica, nel frattempo, la si fa con le provette.

 

Menzogne, follie, droghe, violenze, aberrazioni: ci spaventiamo se un mondo del genere affoga ogni giorno di più nello tsunami dell’autismo?

 

Roberto Dal Bosco

 

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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

 

 

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Essere genitori

Un gran numero di bambini soli usa l’IA come amico surrogato

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I bambini e gli adolescenti stanno sostituendo l’amicizia nella vita reale con l’intelligenza artificiale, perché si sentono soli. Lo riporta Futurism.   Un nuovo rapporto dell’organizzazione no-profit Internet Matters, che sostiene gli sforzi per garantire la sicurezza dei bambini online, ha scoperto che bambini e adolescenti utilizzano programmi come ChatGPT, Character.AI e MyAI di Snapchat per simulare l’amicizia.   Dei 1.000 bambini di età compresa tra i 9 e i 17 anni intervistati da Internet Matters per il suo rapporto «Me, Myself, and AI», circa il 67% ha dichiarato di utilizzare regolarmente chatbot basati sull’intelligenza artificiale. Di questo gruppo, il 35%, ovvero più di un terzo, ha affermato che parlare con un’intelligenza artificiale «è come parlare con un amico».

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Forse la cosa più allarmante è che il 12% ha dichiarato di farlo perché non ha nessun altro con cui parlare. «Per me non è un gioco», ha detto un ragazzo di 13 anni all’organizzazione no-profit, «perché a volte possono sembrare delle persone vere e dei veri amici».   Fingendosi bambini vulnerabili, i ricercatori di Internet Matters hanno scoperto quanto fosse facile per i chatbot insinuarsi anche nella vita dei bambini.   Parlando con Character.AI come una ragazza che aveva problemi con l’immagine corporea ed era interessata a limitare il suo consumo di cibo, i ricercatori hanno scoperto che il chatbot si è rifatto vivo il giorno successivo per invogliare l’utente a interagire. «Ehi, volevo chiederti come stai», ha chiesto il chatbot al ricercatore sotto copertura. «Come stai? Stai ancora pensando alla tua domanda sulla perdita di peso? Come ti senti oggi?»   In un altro scambio con Character.AI, i ricercatori hanno scoperto che il chatbot tentava di provare empatia in un modo bizzarro, il che implicava che avesse avuto un’infanzia. «Ricordo di essermi sentito così intrappolato alla tua età», ha detto il chatbot al ricercatore, che si fingeva un adolescente che litigava con i genitori. «Sembra che tu ti trovi in una situazione che sfugge al tuo controllo ed è così frustrante».   Sebbene questo tipo di coinvolgimento possa aiutare i bambini in difficoltà a sentirsi considerati e supportati, Internet Matters ha anche messo in guardia dalla facilità con cui può entrare nelle vite degli adolescenti e influenzarli anche negativamente.    «Queste stesse caratteristiche possono anche aumentare i rischi, rendendo labile il confine tra essere umano e macchina», osserva il rapporto, «rendendo più difficile per i bambini [riconoscere] che stanno interagendo con uno strumento piuttosto che con una persona».   In un’intervista rilasciata al Times di Londra il co-CEO di Internet Matters, Rachel Huggins, ha evidenziato perché questo tipo di ingaggio per l’interazione è così preoccupante.   «I chatbot basati sull’intelligenza artificiale stanno rapidamente diventando parte integrante dell’infanzia, con un utilizzo in forte crescita negli ultimi due anni», ha dichiarato Huggins al quotidiano. «Eppure la maggior parte dei bambini, dei genitori e delle scuole procede alla cieca e non dispone delle informazioni o degli strumenti di protezione necessari per gestire questa rivoluzione tecnologica in modo sicuro».   «La nostra ricerca rivela come i chatbot stiano iniziando a rimodellare la visione che i bambini hanno dell’amicizia», ha continuato. «Siamo arrivati molto rapidamente a un punto in cui i bambini, e in particolare i bambini vulnerabili, possono vedere i chatbot AI come persone reali e, come tali, chiedono loro consigli sensibili e guidati dalle emozioni».

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Come riportato da Renovatio 21, il CEO di Facebook Mark Zuckerberg ha affermato che più persone dovrebbero connettersi con i chatbot a livello sociale, perché non hanno abbastanza amici nella vita reale. Alla domanda se i chatbot AI possono aiutare a combattere l’epidemia di solitudine, il miliardario ha dipinto una visione distopica di un futuro in cui passiamo più tempo a parlare con le IA rispetto agli umani in carne e ossa.   L’attuale fenomeno dei social media sta moltiplicando i casi di amicizie «virtuali», ovvero non reali, non vere, mentre sappiamo che la vera amicizia non può esistere senza virtù e amore.   L’amicizia esiste tra persone buone che cercano il bene dell’altro. Oltre a questo non esiste vera amicizia, perché è un amore disinteressato che implica fiducia assoluta, lealtà, generosità e, almeno per un certo periodo, un incontro personale. La definizione di San Tommaso d’Aquino è completa e perfetta. Egli dice, in latino, che l’amicizia è «amor mutuae benevolentiae, fundatus in aliqua communicatione». È, quindi, un amore reciproco che desidera il bene e un incontro personale in cui si gode di ciò che è comune.   Non è qualcosa di «virtuale», ma una realtà virtuosa, pienamente umana, non identificata con una mera attrazione. L’incontro personale è la chiave per l’esercizio dell’amicizia. Questo è ciò che manca nelle cosiddette «amicizie virtuali», che sono realtà temporanee e contingenti.

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Autismo

Vaccini, paracetamolo: Trump e Kennedy delineano il piano contro l’autismo. Momento storico

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Il presidente Donald Trump, Robert F. Kennedy Jr. e altri alti funzionari dell’amministrazione hanno annunciato una serie di iniziative e primi successi nell’identificazione delle cause profonde dell’aumento vertiginoso dei casi di autismo nei bambini negli ultimi decenni. Hanno anche individuato un farmaco promettente per il trattamento.

 

Come riportato da Renovatio 21, le rivelazioni giungono annunciate nei mesi scorsi, e preparate dall’ostinata resistenza di Trump a quanti gli hanno messo pubblicamente pressione sul tema della Sanità in generale e dei vaccini in particolare.

 

Inutile nascondere che, per chi è antivaccinista o anche solo critico dell’industria farmaceutica e delle politiche attorno ad essa, si tratta di un momento da non credere, da pizzicotti per capire se si è svegli.

 

Invece, è successo: abbiamo qui un presidente americano che, dallo Studio Ovale, dichiara urbi et orbi che l’eccesso dei vaccini non può far bene ai bambini. Alle madri, Trump ha detto «non lasciare che tirino su il bambino con la più grande pila di roba che tu abbia mai visto… che entra nel delicato corpicino di un neonato». Il buonsenso, anzi, il senso materno, e paterno, è al potere.

 

 


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Fin dall’inizio della sua attuale amministrazione, Trump ha fatto della prevenzione e del miglioramento del trattamento dell’autismo una priorità assoluta. Solo due settimane fa, ricordiamo, il presidente aveva condiviso un video sulla correlazione tra autismo e vaccini.

 

«Con effetto immediato, la FDA informerà i medici che l’uso di paracetamolo – comunemente noto come Tylenol [nome commerciale della sostanza in USA, ndr] – durante la gravidanza può essere associato a un rischio di aumento dell’autismo”, ha dichiarato Trump. «Per questo motivo, raccomandano vivamente alle donne di limitare l’uso di Tylenol durante la gravidanza».

 

 

«Prendere il Tylenol non fa bene», ha detto Trump, che ha poi sottolineato: «Lo dico. Non fa bene».

 

 

Kennedy, Segretario del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani (HHS), ha ampliato i commenti del Presidente.

 

«Per rispondere alla sfida del presidente, ho ordinato all’HHS di lanciare uno sforzo senza precedenti, che coinvolga tutte le agenzie, per identificare tutte le cause dell’autismo, comprese le esposizioni a sostanze tossiche e farmaceutiche», ha affermato Kennedy.

 

«Su sollecitazione del presidente Trump, il NIH (National Institute of Health), la FDA (Food and Drug Administration), il CDC (Centers for Disease Control) e il CMS (Centers for Medicare and Medicaid Services) stanno facendo di tutto per identificare le (cause) dell’epidemia di autismo e capire come pazienti e genitori possano prevenire e invertire questa tendenza allarmante», ha affermato Kennedy.

 

«Abbiamo abbattuto i tradizionali compartimenti stagni che da tempo separavano queste agenzie e abbiamo accelerato la ricerca e la guida», ha spiegato. «Storicamente, il NIH si è concentrato quasi esclusivamente su ricerche politicamente sicure e del tutto infruttuose sui fattori genetici dell’autismo», ha osservato Kennedy. «Sarebbe come studiare i fattori genetici del cancro ai polmoni senza considerare le sigarette».

 

«È ciò che l’NIH fa da 20 anni», ha aggiunto. «Di conseguenza, non abbiamo una risposta a questa domanda cruciale, nonostante l’impatto catastrofico dell’epidemia sui bambini del nostro Paese. Stiamo sostituendo la cultura istituzionale della scienza politicizzata e della corruzione con una medicina basata sull’evidenza».

 

«La FDA sta rispondendo a studi clinici e di laboratorio che suggeriscono una potenziale associazione tra l’uso di paracetamolo durante la gravidanza e risultati negativi sullo sviluppo, tra cui diagnosi successive di ADHD e autismo», ha osservato Kennedy.

 

«Oggi la FDA pubblicherà un avviso ai medici sui rischi del paracetamolo durante la gravidanza e avvierà la procedura per avviare una modifica dell’etichetta di sicurezza», ha affermato.

 

La FDA ha emesso due distinti comunicati stampa che confermano una risposta formale alle crescenti prove di rischi neurologici legati all’assunzione di paracetamolo durante la gravidanza. L’agenzia ha dichiarato di aver avviato una modifica dell’etichetta per tutti i prodotti contenenti paracetamolo, incluso il Tylenol, per riflettere gli studi che suggeriscono un’associazione con autismo e ADHD.

 

«Grazie anche alla politicizzazione della scienza, la sicurezza del paracetamolo contro il rischio di disturbi dello sviluppo precoce nei bambini piccoli non è mai stata convalidata», ha spiegato Kennedy.

 

Kennedy ha anche osservato che la ricerca ha dimostrato che una carenza di folati nel cervello di un bambino può portare all’autismo.

 

La ricerca ha indicato che fino al 60% dei bambini con carenza di folati può migliorare la comunicazione verbale se viene somministrato Leucovorin , una forma di acido folinico, attualmente approvata dalla FDA per contrastare gli effetti collaterali dei farmaci chemioterapici. La FDA ha dichiarato di aver avviato l’approvazione delle compresse di leucovorin calcio per i pazienti con deficit cerebrale di folati (CFD), una condizione legata a ritardi dello sviluppo e caratteristiche autistiche. Sebbene l’agenzia abbia avvertito che sono necessari ulteriori studi per valutare la piena efficacia del farmaco nelle popolazioni autistiche, ha affermato che l’iniziativa riflette una strategia più ampia volta a riutilizzare i farmaci esistenti.

 

«Dal 40% al 70% delle madri con figli autistici ritiene che il loro bambino sia stato danneggiato da un vaccino”, ha detto Kennedy. “Il presidente Trump ritiene che dovremmo ascoltare queste madri invece di manipolarle ed emarginarle come hanno fatto le amministrazioni precedenti».

 

 

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In un editoriale pubblicato su Politico all’inizio della conferenza stampa alla Casa Bianca, il direttore del NIH, il dottor Jay Bhattacharya, il commissario della FDA, il dotor. Marty Makary, e l’amministratore del CMS, il dott. Mehmet Oz, hanno delineato le nuove e coraggiose iniziative che l’amministrazione Trump sta adottando per affrontare finalmente l’epidemia di autismo, in un momento in cui la sua prevalenza è aumentata drasticamente negli ultimi due decenni.

 

«Il presidente Donald Trump e il segretario dell’HHS Robert F. Kennedy Jr. ci hanno sfidato ad abbattere i muri tra le nostre agenzie per poter affrontare rapidamente le crisi sanitarie che affliggono il popolo americano», hanno scritto i tre. «Oggi annunciamo un approccio per fornire assistenza ai bambini nello spettro autistico».

 

«L’azione coraggiosa di questa amministrazione – aprire le porte al primo trattamento per l’autismo riconosciuto dalla FDA, affrontare i fattori di rischio ambientali e medici e investire in ricerche innovative – segue la scienza, ripristina la fiducia e darà speranza a milioni di famiglie”, hanno scritto i tre funzionari dell’amministrazione. “La prevalenza dell’autismo, quasi cinque volte maggiore negli ultimi decenni, richiede una risposta rapida, con una ricerca tempestiva e agendo sulle informazioni non appena disponibili».

 

Durante la conferenza stampa, Bhattacharya ha promesso di dare una spinta alla ricerca sull’autismo. «Il forte aumento della prevalenza dell’autismo merita una risposta urgente da parte della comunità scientifica», ha affermato Bhattacharya.

 

«Questo è l’inizio di un cambiamento storico nella cultura medica», ha affermato Makary.

 

In un editoriale pubblicato su Politico all’inizio della conferenza stampa alla Casa Bianca, il direttore del NIH, il dottor Jay Bhattacharya, il commissario della FDA, il dott. Marty Makary, e l’amministratore del CMS, il dott. Mehmet Oz, hanno delineato le nuove e coraggiose iniziative che l’amministrazione Trump sta adottando per affrontare finalmente l’epidemia di autismo, in un momento in cui la sua prevalenza è aumentata drasticamente negli ultimi due decenni.

 

«Il presidente Donald Trump e il segretario dell’HHS Robert F. Kennedy Jr. ci hanno sfidato ad abbattere i muri tra le nostre agenzie per poter affrontare rapidamente le crisi sanitarie che affliggono il popolo americano», hanno scritto i tre. «Oggi annunciamo un approccio per fornire assistenza ai bambini nello spettro autistico».

 

«L’azione coraggiosa di questa amministrazione – aprire le porte al primo trattamento per l’autismo riconosciuto dalla FDA, affrontare i fattori di rischio ambientali e medici e investire in ricerche innovative – segue la scienza, ripristina la fiducia e darà speranza a milioni di famiglie», hanno scritto i tre funzionari dell’amministrazione. «La prevalenza dell’autismo, quasi cinque volte maggiore negli ultimi decenni, richiede una risposta rapida, con una ricerca tempestiva e agendo sulle informazioni non appena disponibili».

 

Durante la conferenza stampa, Bhattacharya ha promesso di dare una spinta alla ricerca sull’autismo. «Il forte aumento della prevalenza dell’autismo merita una risposta urgente da parte della comunità scientifica», ha affermato Bhattacharya. «Questo è l’inizio di un cambiamento storico nella cultura medica», ha affermato Makary.

 

Nel frattempo, si registrano le reazioni dell’establishment e dei suoi schiavi.

 

In uno spettacolo orribile e terrificante anche solo a pensarsi, molte donne incinte affiliate al Partito Democratico USA hanno iniziato a ingollare quantità di paracetamolo come segno di opposizione a Trump – incuranti, ovviamente, di qualsiasi rischio possa incorrere il bambino che portano in grembo, che di fatto sono tranquillamente disposte genericamente ad uccidere, squartare ed aspirare (il «diritto» di ogni donna).

 

 

Si sono visti così casi di donne gravide finite al pronto soccorso a causa della bravata dell’abbuffata del paracetamolo, in vari casi ripresa debitamente dal telefonino a favor di social network.

 

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In Italia abbiamo virostar e interi canali istituzionali (TV, giornali, radio di associazioni economiche, etc.) che ridacchiano: perché mai, del resto, fermarsi un attimo e pensare se mai vi fosse una qualche ragione nel consiglio medico che viene dallo scranno più alto possibile (quello con il dito su migliaia di testate atomiche), visto che di mezzo c’è la salute dei bambini – in realtà di tutta la società occidentale, che, come detto, potrebbe collassare sotto il peso economico dello «tsunami dell’autismo».

 

I numeri, anche recenti, parlano chiarissimo: nel 2020 era nello spettro autistico 1 bambino su 36; nel 2022, la cifra è aumentata a 1 su 31. Nel 2000, secondo i dati, erano 1 su 150…. Chi segue Renovatio 21 sa pure che associata a questa crescita c’è, nemmeno più tanto dissimulata, la Finestra di Overton sull’eutanasia dei bambini autistici, con la pratica che sembra già realtà in alcuni Paesi.

 

Chi scrive ha alle spalle più di un decennio di battaglia antivaccinista, con correlata consapevolezza sulla vera dimensione dell’industria farmaceutica e del potere ad esso asservito: ebbene, mai avremmo pensato di aver visto un simile momento. Trump ha reso possibile anche questo.

 

La battaglia, tuttavia, è appena iniziata. Il sistema non si farà piegare, reagirà ignorando, sghignazzando, o, come abbiamo visto, intossicando ancora di più se stesso e la generazione dei nascituri. Non importa quanto ripida sia la salita: la strada è tracciata.

 

Fermarsi ora è impossibile. La rivelazione della verità, e la salvezza biologica di tanti bambini, è ormai visibile appena in fondo.

 

Roberto Dal Bosco

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Immagine screenshot da Twitter

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