Persecuzioni
Un’altra chiesa bruciata in India
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
In fiamme la cappella di Santa Teresa del Bambin Gesù nel villaggio di Chokragaon. L’incendio avvenuto a pochi giorni di distanza dall’ordinazione di due sacerdoti locali. Le autorità hanno aperto un’inchiesta. Il vescovo di Tezpur sottolinea la «intensa solidarietà» e la «unità» fra cristiani in seguito all’incidente.
Un incendio nella notte del 15 gennaio scorso ha colpito, devastandola, la cappella di Santa Teresa del Bambin Gesù nel villaggio di Chokragaon, nello Stato dell’Assam, nel nord-est dell’India. Secondo quanto riferisce Catholic Connect, le autorità hanno aperto un’inchiesta sull’incidente che i vertici della Chiesa locale sospettano sia di natura dolosa. Il rogo, infatti, è avvenuto a pochi giorni di distanza dalla celebrazione dell’ordinazione sacerdotale di due preti locali: padre Charles Murmu e padre Lambert Ekka.
Il segretario del vescovo di Tzepur, padre Xavier Narzary, spiega che la cappella aveva 75 anni, era parte della parrocchia di Ambagaon ed è stata ridotta in cenere verso le 10 di sera. Il villaggio era parte di una comunità cattolica vivace e attiva, composta da tribali Santalis, Bodos, Nepalis e Adivasis. «Anche se è un piccolo villaggio, la nostra comunità – spiega il sacerdote – ospita ben 160 famiglie cattoliche, da cui sono emerse molte suore religiose e sacerdoti nel corso degli anni. Gli abitanti saranno ora costretti a recarsi nella loro chiesa parrocchiale o a riunirsi nelle case degli altri per continuare le loro preghiere e raduni spirituali».
Il vescovo di Tezpur Michael Akasius Toppo ha esortato le autorità a condurre un’indagine approfondita, sottolineando le conseguenze di vasta portata di tali atti di violenza. Il prelato ha poi osservato che gli attacchi ai luoghi di culto non solo danneggiano le strutture fisiche, ma minano anche l’unità e il tessuto della comunità. Padre Narzary ha accennato a un possibile evento delittuoso, sottolineando la vicinanza fra il rogo che costituisce una perdita senza precedenti per la storia della diocesi e le ordinazioni sacerdotali del villaggio.
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L’amministrazione distrettuale e la polizia locale stanno indagando sulle cause dell’incendio, mentre le organizzazioni cristiane tra cui l’Assam Christian Forum e lo United Christian Forum di Udalguri hanno esteso la loro solidarietà agli abitanti del villaggio. Questi gruppi hanno chiesto preghiere e sostegno mentre la comunità è alle prese con la perdita del suo «amato luogo di culto». La cappella, costruita nel 1950, non era solo un riferimento per la preghiera, ma anche una pietra miliare della vita spirituale e culturale della comunità.
Interpellato da AsiaNews monsignor Michael Akasius Toppo spiega che «questa cappella si trova in un villaggio costruito nel 1950 con persone e famiglie di tutte le confessioni, che vivono in pace e armonia. Non sappiamo chi o perché, ma le autorità – ha aggiunto il vescovo di Tezpur – ci hanno detto che è stata incendiata intenzionalmente». Il 12 gennaio scorso, ricorda, due giovani del luogo «sono stati ordinati sacerdoti e lunedì hanno celebrato la loro prima messa nel cortile, con la partecipazione di quasi tutti gli abitanti del villaggio. Tutto è bruciato, dal tetto alle finestre di legno, all’altare fino al crocefisso, le statue».
«Oggi è l’inizio della settimana dell’unità [dei cristiani] nell’Anno Santo del Giubileo, e stiamo vivendo un’intensa solidarietà di unità ecumenica cristiana a causa dell’incendio della cappella, unendoci attraverso la preghiera, la sofferenza, l’inquietudine e la cooperazione. Gli attacchi ai luoghi di culto – conclude mons. Toppo – non solo danneggiano le strutture fisiche, ma minano anche l’unità e il tessuto della comunità. La polizia ha registrato un rapporto di prima informazione (FIR) e le indagini sono in corso».
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Persecuzioni
La Turchia espelle i cristiani perché minacciano la sicurezza nazionale
In Turchia i cristiani vengono espulsi dal Paese con l’accusa di rappresentare una «minaccia alla sicurezza nazionale». Lo riporta LifeSite.
Durante la conferenza sui diritti umani tenutasi a Varsavia il 13 ottobre, Lidia Rieder, esperta legale di Alliance Defending Freedom International, ha denunciato che i cristiani sono nel mirino del governo turco. «Classificare i pacifici residenti cristiani come “minacce alla sicurezza” è un evidente abuso del diritto e un attacco alla libertà religiosa», ha dichiarato le Rieder. «Quando i governi manipolano i sistemi amministrativi o di immigrazione per escludere le persone solo per la loro fede, ciò compromette lo stato di diritto e i principi di tolleranza e coesistenza pacifica che l’OSCE è stata creata per difendere».
La popolazione turca è composta per circa il 99% da musulmani, con meno dell’1% di cristiani. Sotto il governo autoritario di destra di Recep Erdogan, la Turchia riveste un ruolo geopolitico chiave grazie alla sua posizione strategica tra Europa e Medio Oriente. Sebbene membro della NATO, mantiene stretti legami con paesi musulmani come Qatar e Azerbaigian, che di recente, con il supporto di armi turche, hanno costretto oltre 100.000 cristiani a fuggire dal Nagorno-Karabakh verso l’Armenia.
Un comunicato di ADF ha riportato che dal 2020 «più di 200 lavoratori cristiani stranieri e le loro famiglie, circa 350 persone, sono stati espulsi dalla Turchia, molti dei quali residenti da decenni». Il ministero degli Interni ha assegnato a questi individui «codici di sicurezza» come N-82 e G-87, vietandone il rientro e classificandoli come minacce alla sicurezza nazionale.
Un rapporto del 2024 della Freedom of Belief Initiative ha confermato le conclusioni di ADF, indicando i cristiani come la minoranza religiosa più perseguitata in Turchia, con oltre 50 episodi di violenza contro di loro dal 2020.
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Interpellata da Fox News Digital, l’ambasciata turca a Washington ha rimandato a una dichiarazione del Centro per il Contrasto alla Disinformazione del Paese, che il 15 ottobre ha respinto le accuse di Rieder, definendole «infondate e parte di una campagna di disinformazione deliberata». «Il rispetto delle fedi e il pluralismo sono elementi essenziali dell’ordine democratico del nostro Paese», si legge. «La Turchia, come ogni Stato sovrano, può adottare decisioni amministrative sui cittadini stranieri per vari motivi, come violazioni dei visti, disturbi dell’ordine pubblico o mancanza di permessi legali».
Rieder ha citato il caso Wiest contro Turchia, che sarà esaminato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Il caso riguarda Kenneth Wiest, un cristiano americano residente legalmente in Turchia per oltre trent’anni, a cui è stato negato il rientro nel 2019 senza prove di illeciti.
«I divieti di ingresso e le espulsioni sono sempre più usati per silenziare i lavoratori cristiani stranieri, mentre la formazione teologica rimane fortemente limitata», ha affermato ADF. «Ai seminari protestanti è negato lo status legale, l’educazione biblica è vietata, mentre i corsi di teologia islamica sono permessi sotto supervisione statale. Anche le proprietà ecclesiastiche subiscono restrizioni ingiuste, con comunità come quella protestante di Bursa costrette ad abbandonare luoghi di culto storici».
Come riportato da Renovatio 21, in questi anni la Turchia è stata teatro di attacchi contro chiese, come quello nel quartiere Sariyer di Costantinopoli, ascritto all’ISIS. Vi è inoltre il fenomeno di cristiani uccisi in storie su dispute su terreni. La persecuzione anticristiana è parimenti alimentata dall’islam e dal nazionalismo turco.
Bombe turche hanno distrutto una chiesa assira nel Nord-Est della Siria tre anni fa. Altri luoghi sacri cristiani, come Santa Sofia (convertita all’Islam alla presenza dell’Erdogano) e Chora (dove sono stati coperti affreschi e mosaici, e dove persino il museo diviene luogo di culto musulmano) a Costantinopoli e la cattedrale di Ani sono divenute moschee.
All’inizio di questa settimana, l’organizzazione Aiuto alla Chiesa che Soffre ha pubblicato il rapporto 2025 sulla persecuzione religiosa globale, evidenziando che 5,4 sugli 8 miliardi di persone del pianeta subiscono discriminazioni per le loro convinzioni religiose. Il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha espresso preoccupazione martedì, affermando che «uomini e donne meritano ovunque libertà da ogni forma di coercizione in materia di fede».
Come riportato da Renovatio 21, il Parolin ha negato che in Nigeria vi sia in atto una persecuzione di cristiani: quello nigeriano «non è un conflitto religioso, è più un conflitto di tipo sociale, per esempio tra gli allevatori e gli agricoltori», ha dichiarato il segretario di Stato Vaticano, suscitando gli strali di monsignor Carlo Maria Viganò.
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Immagine dalla chiesa di Santa Irene, Costantinopoli
Immagine di Carole Raddato via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Persecuzioni
Ultras rumeni espongono lo striscione «Difendiamo i cristiani nigeriani» durante le qualificazioni ai Mondiali
La persecuzione anticristiana in Nigeria si è aggravata dopo il 1999, quando 12 stati del Nord hanno adottato la sharia. L’ascesa di Boko Haram nel 2009 ha segnato un’ulteriore escalation, con il gruppo noto per il rapimento di centinaia di studentesse nel 2014, di cui 87 risultano ancora disperse. Recentemente, attacchi nel Paese hanno incluso rapimenti e omicidi di sacerdoti e seminaristi cattolici. A luglio, la diocesi di Auchi, nello Stato di Edo, ha riferito che uomini armati hanno attaccato il Seminario Minore dell’Immacolata Concezione, uccidendo una guardia e rapendo tre seminaristi.‘Defend Nigerian Christians’ Fans of the Romanian national football team unfurled a banner before their Worlld Cup Qualifier pic.twitter.com/asTnmvuV1l
— Catholic Arena (@CatholicArena) October 15, 2025
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