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Un Conclave per «trasformare la Chiesa di Cristo in una organizzazione di matrice massonica»: parla mons. Viganò

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Renovatio 21 riceve dall’arcivescovo Carla Maria ViganViganò e pubblica il testo dell’intervista chiestagli dalla trasmissione TV Fuori da Coro. L’intervista, come ci informa lo stesso prelato, non è poi andata in onda.

 

 

Questa è l’intervista richiestami dalla redazione di Fuori dal Coro di Mediaset per la puntata di ieri, 23 aprile. Senza alcuna spiegazione e senza nessuna scusa da parte della redazione, il mio intervento non è stato trasmesso. Lo rendo qui disponibile.

 

1. Qual è la Sua valutazione sul papato di Bergoglio?

Negli ultimi decenni, una lobby eversiva si è impossessata delle leve del potere nei governi e nelle istituzioni, al fine di portare a compimento il piano anticristiano e massonico della Rivoluzione.

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Agenzie governative – come sappiamo da quanto emerge anche negli Stati Uniti – hanno interferito nella vita delle Nazioni, organizzando e finanziando la cosiddetta «Agenda 2030» della Fondazione Rockefeller e del World Economic Forum, che consiste nella distruzione della famiglia, nella mercificazione della vita umana, nella corruzione morale dei bambini e dei ragazzi, nello sfruttamento dei lavoratori, nella privatizzazione di tutti quei servizi che sino agli anni Novanta erano garantiti – senza finalità di profitto – dallo Stato: sanità, infrastrutture, difesa, comunicazioni, istruzione.

 

Per compiere questo colpo di Stato globale è stata necessaria la collaborazione (pagata, ovviamente) di funzionari corrotti, politici, medici, magistrati, docenti, tutti corrotti.

 

La Chiesa Cattolica, che con il Concilio Vaticano II si era già allineata alla mentalità mondana, era però rimasta saldamente ancorata a certi principi non negoziabili, ad esempio in materia di morale sessuale o di rispetto per la vita umana dal concepimento alla morte naturale. Benedetto XVI era chiaramente opposto al piano globalista e non avrebbe mai derogato a questi principi, legittimando l’ideologia LGBTQ, il gender, le follie pseudo-sanitarie dell’OMS in materia di modifica genetica e di depopolazione mondiale, l’islamizzazione dell’Europa mediante la sostituzione etnica.

 

Era dunque necessario eliminare Joseph Ratzinger, sostituendolo con un «papa» che – come auspicava il collaboratore di Hillary Clinton, John Podesta – promuovesse l’Agenda 2030, ratificasse la frode climatica e convincesse i fedeli di tutto il mondo a sottoporsi all’inoculazione di un siero che oggi sappiamo esser stato progettato per eliminare o patologizzare la maggior parte dell’umanità. 

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Questo golpe vaticano fu reso possibile (e lo sappiamo dalle stesse ammissioni dei suoi protagonisti, tra cui il discusso cardinale Danneels) dalle manovre della Mafia di San Gallo, che di concerto con il deep state americano spinse Benedetto XVI a dimettersi e riuscì a nominare Jorge Mario Bergoglio al vertice della Chiesa Cattolica. 

 

Quella di Bergoglio è stata un’usurpazione né più né meno di quelle che hanno consentito alla lobby globalista di imporre leader di governo agli ordini del Forum di Davos (…)

 

E tutti costoro, senza eccezione alcuna, sono ampiamente compromessi e ricattabili, sicché si trovano costretti ad obbedire se non vogliono veder portati alla luce i loro crimini e le loro perversioni. Bergoglio e i suoi accoliti non fanno eccezione nemmeno in questo. 

 

Il giudizio che qualsiasi Cattolico è portato a formulare su questo «papato» – che papato propriamente non è – non può che essere dunque pessimo, sotto tutti i punti di vista.

 

La Chiesa di Roma, dopo questi dodici anni di tirannide, è devastata da scandali, corruzione, violazioni dei diritti umani – penso all’Accordo con la dittatura comunista di Pechino – e da una gestione fallimentare su tutti i fronti. Le timide critiche di alcuni Cardinali e Vescovi alle eresie e agli scandali di Bergoglio non hanno in alcun modo scalfito questo regime globale che vede alleati – contro i cittadini e i fedeli – i loro governanti.

 

 

2. Il giorno della morte di papa Francesco ha scritto un post su X. Lei definisce «farneticazioni eretiche» quanto confidato da Bergoglio a Eugenio Scalfari. Ci può spiegare perché?

Secondo quanto riportato da Scalfari, Bergoglio gli avrebbe confidato di non credere all’inferno, e di essere convinto che le anime buone si salvino «fondendosi» in Dio, mentre quelle dannate siano distrutte, dissolte nel nulla. Ciò contraddice la Sacra Scrittura e il Magistero cattolico, che insegnano che ogni anima, al momento della morte fisica, affronta il Giudizio particolare e viene premiata con la beatitudine eterna (passando eventualmente per il Purgatorio) o punita con l’eterna dannazione, a seconda di come si è comportata in vita, e del suo stato di amicizia o inimicizia con Dio al momento del trapasso.

 

Per questo ho parlato di farneticamenti ereticali: essi si vanno ad aggiungere ad una lista lunghissima di spropositi e di eresie che tutti noi abbiamo dovuto sopportare in questi anni.

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3. A cosa si riferisce quando parla dei «suoi eredi… gli eversori? 

Bergoglio si è circondato di personaggi corrotti e ricattabili, che ha usato disinvoltamente per ottenere ciò che si prefiggeva. Ha deriso, denigrato e offeso cardinali e vescovi onesti. Ha protetto e insabbiato le indagini su Prelati indagati per gravi delitti. Ha promosso tutta la filiera di prelati americani, corrotti e ultra-progressisti, tutti collegati all’ex cardinale McCarrick, che oggi occupano le principali diocesi americane e posti-chiave in Vaticano. (…) Ha perseguitato tutti i suoi oppositori, me compreso, infliggendomi la scomunica, in violazione al diritto e alla giustizia.

 

Tutti costoro sono ancora al loro posto, continuano a demolire la Chiesa e si apprestano con il prossimo Conclave a portare a termine il compito loro assegnato: trasformare la Chiesa di Cristo in una organizzazione ecumenica e sincretista di matrice massonica che presti il proprio sostegno al Nuovo Ordine Mondiale.

 

 

4. Papa Francesco per lei era un anti-Ppapa, un non-papa. Ci spiega perché?

Il cardinale eletto in Conclave come Successore di Pietro deve esprimere la sua accettazione e il consenso ad assumere le funzioni proprie al papato.

 

Io credo che l’accettazione del papato da parte di Begoglio era viziata perché egli ha considerato il papato altra cosa rispetto a ciò che è; come il coniuge che si sposa in chiesa escludendo i fini specifici del matrimonio e rendendo quindi nulle le nozze per vizio di consenso, appunto.

 

Bergoglio ha attenuto l’elezione con il dolo, abusando dell’autorità di Romano Pontefice per fare l’esatto contrario di ciò che Gesù Cristo ha dato mandato a San Pietro e ai suoi Successori di fare: confermare i fedeli nella Fede cattolica, pascere e governare il Gregge del Signore, predicare il Vangelo a tutte le genti.

 

Tutta l’azione di governo e di magistero di Bergoglio – sin dalla sua prima apparizione alla Loggia vaticana presentandosi con quell’inquietante «Buonasera» – si è dipanata in senso diametralmente opposto al mandato petrino: ha adulterato il Depositum Fidei, ha creato confusione e indotto in errore i fedeli, ha disperso il Gregge, ha dichiarato che l’evangelizzazione dei popoli è «una solenne sciocchezza», condannandola come proselitismo; ha abusato sistematicamente del potere delle Sante Chiavi per sciogliere quel che non può essere sciolto e legare ciò che non può essere legato. 

 

Il papa non è il padrone della Chiesa, ma il Vicario di Cristo: egli deve esercitare la propria autorità nei confini stabiliti da Gesù Cristo e in conformità con gli scopi voluti da Dio: primo fra tutti, la salvezza delle anime mediante la predicazione del Vangelo a tutte le creature, e i Sacramenti. 

 

 

Un papa non può quindi ritenersi autorizzato a «reinventarsi» il papato, a «rileggerlo in chiave sinodale», a «modernizzarlo», a smembrarlo a proprio piacimento, a cambiare la Fede o la Morale. Se egli pensa che il Papato gli permetta di modificare l’istituzione che presiede, per ciò stesso egli si trova in quella situazione di vizio di consenso tale da rendere nulla l’elevazione al Ministero Petrino, perché ciò che egli accetta non è il papato cattolico come è sempre stato inteso da San Pietro in poi, ma un’idea personale di «papato». 

 

Per questo sono convinto che il ruolo eversivo ricoperto da Bergoglio – anche considerato nel più vasto quadro internazionale del golpe globalista – faccia di lui un usurpatore, un anti-papa, un non-papa appunto, perché egli era perfettamente consapevole di voler manomettere il papato trasformandolo in qualcos’altro e dandogli scopi che non sono quelli del papato: dal culto dell’idolo della Pachamama alla comunione per i divorziati e alla benedizione delle coppie omosessuali, dall’immigrazione alla promozione dei vaccini, dalla propaganda climatica alla transizione di genere. 

 

D’altra parte, ne abbiamo conferma da quanti elogiano Bergoglio non per essere stato un papa cattolico, ma per le empanadas dei trans di Torvaianica o per la sua calorosa amicizia con Emma Bonino. 

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5. Quale sarà il futuro della Chiesa con la morte di Papa Francesco?

La morte di Bergoglio cristallizza, per così dire, una situazione di illegittimità diffusa. Dei 136 Cardinali elettori, 108 sono stati «creati» da lui; il che significa che qualsiasi Papa sia eletto nel prossimo Conclave – fosse anche un novello San Pio X – la sua autorità sarà pregiudicata dall’essere stato eletto da falsi cardinali, creati da un falso papa. Per questo, tempo fa, chiedevo ai miei Confratelli nell’Episcopato di chiarire questi aspetti, prima di procedere all’elezione di un nuovo papa.

 

Certo, la situazione è disastrosa e umanamente senza soluzione. Tuttavia, come Vescovo e Successore degli Apostoli non posso non ricordare a tutti che la Chiesa, che è il Corpo Mistico di Cristo, è destinata ad affrontare la passio Ecclesiæ sull’esempio del Signore. Sarà proprio da questa passione – in cui tutto sembrerà perduto come in quel Venerdì Santo di 1992 anni fa – che la Chiesa rinascerà rigenerata e purificata. 

 

In questi giorni in cui celebriamo la Pasqua di Resurrezione, ogni Cattolico trova nel trionfo di Cristo sulla morte e sul peccato le ragioni della propria fedeltà al Vangelo.

 

Ce lo ha detto Nostro Signore, poco prima di affrontare la Passione: Non abbiate paura: io ho vinto il mondo.

 

+ Carlo Maria Viganò

Arcivescovo

 

23 Aprile 2023

 

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Immagine fornita da monsignor Viganò

 

 

 

 

Renovatio 21 offre questo testo di monsignor Viganò per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Il cardinale Parolin ripercorre l’elezione di Leone XIV

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Il cardinale Pietro Parolin si confida raramente. Ciò non sorprende, visto che si è a capo di uno dei servizi diplomatici più discreti, efficienti e informati del mondo. Così, quando il Segretario di Stato della Santa Sede – il beniamino del «conclave mediatico» – menziona sulla stampa l’elezione di Papa Leone XIV al sovrano pontificato, i vaticanisti scrutano attentamente ogni sua parola.   È stato un certo fastidio per le «esibizioni» del cardinale riportate dalla stampa a spingere il numero due del Vaticano a uscire dal suo riserbo? Nulla è escluso, tanto più che lo stesso Le Figaro è entrato nel mirino delle indiscrezioni, facendo eco alle confidenze di alti prelati che sostengono l’ipotesi di un’elezione programmata ben prima del conclave.   Un’ipotesi del resto non sorprendente. In questo articolo si racconta che il cardinale Parolin ha ricevuto alcune decine di voti al primo turno, prima di vedere le sue ipotetiche speranze sciogliersi come neve al sole.

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«Più che un commento è una breve testimonianza che mi permetto di offrire, a partire dalla gioia che in così breve tempo la Chiesa universale abbia ritrovato il suo Pastore, il Successore di Pietro, il Vescovo di Roma, dopo la malattia e la morte di Papa Francesco, che ha avuto la pazienza di tenermi come suo Segretario di Stato per quasi 12 anni.», ha spiegato il cardinale Parolin al Giornale di Vicenza: un modo per mettere a tacere le «chiacchiere» e ricordare la sua posizione di rilievo.   L’alto prelato, di cui ogni parola è soppesata, conferma implicitamente l’unanimità raggiunta dalla persona del cardinale Robert Francis Prevost e quindi di una scelta preparata in anticipo: «credo di non rivelare nessun segreto, se scrivo che un lunghissimo e caloroso applauso è seguito a quell’“accetto” che lo rendeva il 267mo Papa della Chiesa Cattolica», ricorda.   Un’elezione, per usare un eufemismo, frutto più che di un compromesso di un processo iniziato ben prima dell’elezione e completato durante il pre-conclave: «non ha mai perduto il suo sorriso mite, pur, immagino, nella viva consapevolezza dei non pochi e dei non semplici problemi che la Chiesa d’oggi si trova ad affrontare».   «Ne avevamo parlato a lungo durante le Congregazioni dei Cardinali precedenti il Conclave, dove ognuno dei partecipanti – Cardinali elettori e non elettori – hanno potuto presentare il volto del cattolicesimo nei rispettivi Paesi, la sfide che lo attendono, le prospettive di futuro».   Il Segretario di Stato – riconfermato provvisoriamente – sottolinea, nel resto del suo discorso, tre qualità di Papa Leone XIV, prima di tutto la sua «serenità»: «questa serenità io l’ho sempre sperimentata nel Card. Prevost, che ebbi modo di conoscere all’inizio del mio servizio come Segretario di Stato per una questione spinosa che riguardava la Chiesa in Perù, dove egli era Vescovo della Diocesi di Chiclayo».   Sottolinea inoltre la sua capacità di lavorare in team e quindi di ascoltare: «Ho avuto poi la possibilità di collaborare direttamente con lui in questi due ultimi anni, dopo che Papa Francesco l’ha chiamato a Roma e l’ha messo a capo del Dicastero per i Vescovi. Ho potuto sperimentare in lui conoscenza delle situazioni e delle persone, pacatezza nell’argomentazione, equilibrio nella proposta delle soluzioni, rispetto, attenzione e amore per tutti».   Infine, il suo spirito religioso: «Credo che Papa Leone XIV, oltre ovviamente che nella grazia del Signore, troverà nella sua grande esperienza di religioso e di pastore, come pure nell’esempio, nell’insegnamento e della spiritualità del grande padre Agostino – che egli ha citato nelle sue prime parole – le risorse per lo svolgimento efficace del ministero che il Signore gli ha affidato,».   Tre qualità che – a quanto abbiamo capito – sono state decisive nella scelta di un papa chiamato a succedere a un pontefice argentino, la cui capacità di ascolto, serenità e spirito di collaborazione non erano necessariamente le caratteristiche…   Si tratta di un ulteriore modo per confermare che il pontefice americano è stato incaricato dai cardinali di riparare e rianimare una Chiesa che negli ultimi dieci anni è stata talvolta gravemente danneggiata. Un compito difficile, ma che il successore di Pietro sa di poter portare a termine ogni volta che «conferma i fratelli nella fede».   Articolo previamente pubblicato da FSSPX.News

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Immagine di Catholic Church of England and Wales via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0  
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«Una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, fermento per un mondo riconciliato»: omelia di inizio papato di Leone XIV

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Renovatio 21 pubblica il testo integrale dell’omelia di papa Leone XIV durante la celebrazione eucarestica per l’inizio del ministero petrino.

 

Cari fratelli Cardinali,

 

fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,

 

distinte Autorità e Membri del Corpo Diplomatico!

 

Un saluto ai pellegrini venuti in occasione del Giubileo delle Confraternite!

 

Fratelli e sorelle, saluto tutti voi, con il cuore colmo di gratitudine, all’inizio del ministero che mi è stato affidato. Scriveva Sant’Agostino: «Ci hai fatti per te, [Signore,] e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te» (Le Confessioni, 1, 1.1).

 

In questi ultimi giorni, abbiamo vissuto un tempo particolarmente intenso. La morte di Papa Francesco ha riempito di tristezza il nostro cuore e, in quelle ore difficili, ci siamo sentiti come quelle folle di cui il Vangelo dice che erano «come pecore senza pastore» (Mt 9,36).

 

Proprio nel giorno di Pasqua abbiamo ricevuto la sua ultima benedizione e, nella luce della Risurrezione, abbiamo affrontato questo momento nella certezza che il Signore non abbandona mai il suo popolo, lo raduna quando è disperso e «lo custodisce come un pastore il suo gregge» (Ger 31,10).

 

In questo spirito di fede, il Collegio dei Cardinali si è riunito per il Conclave; arrivando da storie e strade diverse, abbiamo posto nelle mani di Dio il desiderio di eleggere il nuovo successore di Pietro, il Vescovo di Roma, un pastore capace di custodire il ricco patrimonio della fede cristiana e, al contempo, di gettare lo sguardo lontano, per andare incontro alle domande, alle inquietudini e alle sfide di oggi. Accompagnati dalla vostra preghiera, abbiamo avvertito l’opera dello Spirito Santo, che ha saputo accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde del nostro cuore in un’unica melodia.

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Sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia, camminando con voi sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famiglia.

 

Amore e unità: queste sono le due dimensioni della missione affidata a Pietro da Gesù.

 

Ce lo narra il brano del Vangelo, che ci conduce sul lago di Tiberiade, lo stesso dove Gesù aveva iniziato la missione ricevuta dal Padre: «pescare» l’umanità per salvarla dalle acque del male e della morte. Passando sulla riva di quel lago, aveva chiamato Pietro e gli altri primi discepoli a essere come Lui «pescatori di uomini»; e ora, dopo la risurrezione, tocca proprio a loro portare avanti questa missione, gettare sempre e nuovamente la rete per immergere nelle acque del mondo la speranza del Vangelo, navigare nel mare della vita perché tutti possano ritrovarsi nell’abbraccio di Dio.

 

 

Come può Pietro portare avanti questo compito? Il Vangelo ci dice che è possibile solo perché ha sperimentato nella propria vita l’amore infinito e incondizionato di Dio, anche nell’ora del fallimento e del rinnegamento. Per questo, quando è Gesù a rivolgersi a Pietro, il Vangelo usa il verbo greco agapao, che si riferisce all’amore che Dio ha per noi, al suo offrirsi senza riserve e senza calcoli, diverso da quello usato per la risposta di Pietro, che invece descrive l’amore di amicizia, che ci scambiamo tra di noi.

 

Quando Gesù chiede a Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?» (Gv 21,16), si riferisce dunque all’amore del Padre. È come se Gesù gli dicesse: solo se hai conosciuto e sperimentato questo amore di Dio, che non viene mai meno, potrai pascere i miei agnelli; solo nell’amore di Dio Padre potrai amare i tuoi fratelli con un «di più», cioè offrendo la vita per i tuoi fratelli.

 

A Pietro, dunque, è affidato il compito di «amare di più» e di donare la sua vita per il gregge. Il ministero di Pietro è contrassegnato proprio da questo amore oblativo, perché la Chiesa di Roma presiede nella carità e la sua vera autorità è la carità di Cristo. Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù.

 

Lui – afferma lo stesso Apostolo Pietro – «è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo» (At 4,11). E se la pietra è Cristo, Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate (cfr 1Pt 5,3); al contrario, a lui è richiesto di servire la fede dei fratelli, camminando insieme a loro: tutti, infatti, siamo costituiti «pietre vive» (1Pt 2,5), chiamati col nostro Battesimo a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità. Come afferma Sant’Agostino: «La Chiesa consta di tutti coloro che sono in concordia con i fratelli e che amano il prossimo» (Discorso 359, 9).

 

Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato.

 

In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità. Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui!

 

Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace.

 

Questo è lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo.

 

Fratelli, sorelle, questa è l’ora dell’amore! La carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi è il cuore del Vangelo e, con il mio predecessore Leone XIII, oggi possiamo chiederci: se questo criterio «prevalesse nel mondo, non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace?» (Lett. enc. Rerum novarum, 21).

 

Con la luce e la forza dello Spirito Santo, costruiamo una Chiesa fondata sull’amore di Dio e segno di unità, una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia, e che diventa lievito di concordia per l’umanità.

 

Insieme, come unico popolo, come fratelli tutti, camminiamo incontro a Dio e amiamoci a vicenda tra di noi.

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L’ambasciatore russo in Vaticano incontra Papa Leone XIV

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L’ambasciatore russo in Vaticano, Ivan Soltanovsky, ha espresso la fiducia che il nuovo Papa Leone XIV possa svolgere un ruolo importante nel pacificare il conflitto ucraino. Ha rilasciato questa affermazione dopo il suo primo incontro con Papa Leone il 16 maggio.   «Il potenziale del dialogo russo-vaticano rimane solido, la cosa principale è il desiderio reciproco di lavorare sulla conversione dell’energia potenziale in energia cinetica», ha riportato l’agenzia Izvestia.   Il diplomatico della Federazione Russa presso la Santa Sede ritiene che il Papa intenda mantenere la rotta volta a promuovere la pace, il dialogo, la libertà della Chiesa e i valori della famiglia.

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Soltanovsky ha anche affermato che la Federazione Russa prevede di continuare la cooperazione con il Vaticano, anche per quanto riguarda il conflitto in Ucraina.   Poco dopo, il Vaticano ha annunciato la sua disponibilità a fornire una sede per ulteriori colloqui di pace. «Il Papa intende, forse, rendere disponibile il Vaticano, la Santa Sede, per un incontro diretto tra le due parti», ha dichiarato il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, a margine dell’incontro all’Augustinianum.   L’ambasciatore aveva presentato le sue credenziali a papa Francesco il 18 settembre 2023 come terzo Ambasciatore della Federazione Russa presso la Santa Sede. Soltanovsky rappresenta la Federazione Russa anche presso il Sovrano Ordine di Malta.  
  I rapporti diplomatici tra Mosca e Vaticano furono riallacciati durante lo storico incontro del 1989 tra Giovanni Paolo II e il Presidente dell’Unione Sovietica Mikhail Gorbaciov. I primi inviati furono accreditati nel 1990, ma le piene relazioni diplomatiche tra i due Paesi furono attivate nel dicembre 2009.   Diplomatico di carriera, Ivan Soltanovsky si è specializzato nelle relazioni multilaterali, come rappresentante presso l’OSCE (1996-2000), la NATO (2003-2009) e come rappresentante permanente della Russia presso il Consiglio d’Europa (2015-2022).   Nel suo prima Regina Coeli papa Prevost ha chiesto la pace per Gaza e l’Ucraina.

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