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Ambiente

Un altro vulcano erutta

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Un vulcano nella penisola di Reykjanes, nel sud-ovest dell’Islanda, ha iniziato a eruttare dopo settimane di attività sismica che hanno distrutto case, distrutto strade e provocato l’evacuazione di un villaggio di pescatori.

 

L’eruzione è iniziata lunedì dopo le 22:00 ora locale ed è stata localizzata a circa 3 km a nord di Grindavik, ha dichiarato l’Ufficio meteorologico islandese (IMO) in una dichiarazione. Una serie di terremoti iniziarono a scuotere la zona circa un’ora prima dell’eruzione del vulcano.

 

Un elicottero della Guardia Costiera è stato inviato per confermare l’esatta posizione e dimensione dell’eruzione quando è stata rilasciata la dichiarazione dell’IMO. I 4.000 residenti di Grindavik sono stati costretti a fuggire dalle loro case il mese scorso, quando le autorità islandesi avevano avvertito che il magma sotterraneo si stava avvicinando alla superficie e avrebbe potuto esplodere.

 

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Il vulcano si trova anche vicino a una delle principali attrazioni turistiche dell’Islanda, il centro termale geotermico Blue Lagoon, che è rimasto in gran parte chiuso dal 9 novembre a causa della forte attività sismica. Grindavik si trova a circa 35 miglia a sud-ovest della capitale islandese, Reykjavik, dove secondo quanto riferito l’eruzione era visibile.

 

 

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Un video pubblicato sui social media mostrava una vista del vulcano da un aereo che si preparava a decollare dall’aeroporto di Keflavik, a ovest di Reykjavik.

 

L’eruzione del vulcano Eyjafjallajokull nel sud dell’Islanda nel 2010 ha emesso enormi nubi di cenere vulcanica nell’atmosfera, causando la più grande interruzione dei voli aerei europei dalla Seconda Guerra Mondiale.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’Islanda aveva dichiarato lo stato di emergenza a seguito della forte attività sismica nella penisola sudoccidentale di Reykjanes.

 

Tuttavia, l’attenzione di tutti, specie degli italiani, dovrebbe essere posta sul grande supervulcano europeo – il Vesuvio – che potrebbe tornare in attività provocando una catastrofe ambientale e soprattutto umane di proprozioni mai viste, nemmeno ai tempi di Pompei.

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Ambiente

Donna afferma che il datacenter AI di Zuckerberg le ha inquinato l’acqua del rubinetto

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Una pensionata della Georgia rurale ha accusato il nuovo centro dati AI di Meta, situato a circa 360 metri da casa sua, di inquinarle l’acqua. Lo riporta la BBC.   La cittadina Beverly Morris ritiene che la costruzione del data center del gigante della tecnologia abbia danneggiato il suo pozzo d’acqua privato, causando un accumulo di sedimenti. «Ho paura di bere quell’acqua, ma la uso comunque per cucinare e per lavarmi i denti», ha detto Morris. «Se mi preoccupa? Sì».   Meta ha negato queste accuse, dichiarando alla BBC che «essere un buon vicino è una priorità». L’azienda ha commissionato uno studio sulle falde acquifere, scoprendo che il suo data center «non ha influito negativamente sulle condizioni delle falde acquifere nella zona».

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L’incidente evidenzia come un’imponente spinta alla costruzione di infrastrutture per supportare modelli di Intelligenza Artificiale incredibilmente dispendiosi in termini di energia, stia sconvolgendo i vari ecosistemi che vedono il nascere di questi data center. Stiamo solo iniziando a comprendere l’enorme impatto ambientale della tecnologia di intelligenza artificiale, dall’enorme consumo di acqua all’enorme impronta di carbonio dovuta alle emissioni in aumento.   La situazione non fa che peggiorare, con aziende come OpenAI, Google e Meta che continuano a investire decine di miliardi di dollari nella costruzione di migliaia di data center in tutto il mondo. Recentemente i ricercatori hanno stimato che la domanda globale di intelligenza artificiale potrebbe arrivare a consumare fino a 1,7 trilioni di galloni d’acqua all’anno entro il 2027, più di quattro volte il prelievo idrico totale di uno stato come la Danimarca.   Da allora gli attivisti hanno segnalato il rischio di pericolosi deflussi di sedimenti derivanti dai lavori di costruzione, che potrebbero riversarsi nei sistemi idrici, come potrebbe accadere al pozzo della signora Morris.   Resta da vedere quanto l’industria dell’Intelligenza Artificiale si impegnerà per la cosiddetta sostenibilità. Dopo aver dato grande risalto ai propri sforzi per ridurre le emissioni all’inizio del decennio, l’aumento di interesse per l’intelligenza artificiale ha cambiato radicalmente il dibattito.   E man mano che i modelli di intelligenza artificiale diventano più sofisticati, necessitano di energia esponenzialmente maggiore, e questa situazione non potrebbe che aggravarsi.   Come riportato da Renovatio 21, il CEO di Meta Mark Zuckerberg, nel suo tentativo sempre più disperato di tenere il passo nella corsa all’IA, sta espandendo l’infrastruttura dei data center il più velocemente possibile, con Meta che sta «prioritizzando la velocità sopra ogni altra cosa» allestendo delle «tende» per aggiungere ulteriore capacità e spazio ai suoi campus dei data center. I moduli prefabbricati sono progettati per ottenere la potenza di calcolo online il più velocemente possibile, sottolineando la furiosa corsa di Meta per costruire la capacità di modelli di intelligenza artificiale sempre più richiedenti energia.

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Un nuovo rapporto del Berkeley Lab – che analizza la domanda di elettricità dei data center – prevede che questa stia esplodendo da un già elevato 4,4% di tutto il consumo di elettricità in ambito statunitense, a un possibile 12% di consumo di elettricità in poco più di tre anni, entro il 2028.    Il fenomeno è globale: in Irlanda, i data center consumano già il 18% della produzione totale di elettricità. Secondo il rapporto, il consumo di energia dei data center è stato stabile con una crescita minima dal 2010 al 2016, ma ciò sembra essere cambiato dal 2017 in poi, con l’uso dei data center e dei «server accelerati» per alimentare applicazioni di Intelligenza Artificiale per il complesso militare-industriale e prodotti e servizi di consumo.   Vista l’enormità di energia richiesta da questi Centri di elaborazione dati, vi è una corsa verso l’AI atomica e anche Google alimenterà i data center con sette piccoli reattori nucleari nel prossimo futuro.

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Ambiente

Cringe vaticano ai limiti: papa benedice un pezzo di ghiaccio tra Schwarzenegger e hawaiani a caso

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In un momento di grottesco vaticano spinto, papa Leone XIV ha benedetto un blocco di ghiaccio durante una conferenza sui «cambiamenti climatici» ospitata dalla Santa Sede. Uno spettacolo che di gatto tocca vette di cringe conciliare mai viste.

 

La conferenza tenutasi in questi giorni a Castel Gandolfo ha nome «Raising Hope for Climate Justice» – in inglese nel testo anche italiano diffuso dal Sacro Palazzo. In effetti, l’intera conferenza, tenutasi in Italia, è stata svolta nella lingua globalista per antonomasia, il latino del mondo neoliberale, cioè la lingua inglese.

 

L’evento, trasmesso in diretta streaminga, è stato caratterizzato da una «Benedizione delle Acque», iniziata con papa Leone che ha posato silenziosamente la mano su un blocco di ghiaccio. È stato detto che il blocco di ghiaccio sia venuto dalla Groenlandia, ma non è noto quanta energia a combustibile fossile sia stata impiegata, inquinando il mondo, per far giungere il pezzone sino a Roma senza che si sciogliesse.

 

 

 


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Durante un evento stampa prima della conferenza, è apparso d’improvviso l’ex culturista cinque volte Mister Olympia, superdivo hollywoodiano d governatore della California Arnoldo Schwarzenegger, il quale ha invitato tutti i cattolici del mondo a «diventare crociati per l’ambiente». Lo Schwarzenegger si era convertito ai temi climatici ai tempi della campagna elettorale per restare in sella come governatore della California – Stato largamente a tendenza democratica – e lui stesso afferma nel suo documentario autobiografico su Netflix che a dargli una mano in questo senso fu Robert F. Kennedy jr., suo parente, visto il matrimonio che Arnoldo ha contratto con Maria Shriver (un altro ramo del casato, ma assolutamente centrale per quella che è la supposta famiglia reale USA, dove ha appeso il cappello un’altra cosa che ad Arnoldo è riuscita nella vita).

 

 

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Oltre a Terminator, accanto al papa ad una certa sono apparsi anche degli hawaiani a caso, che si sono prodotti in un momento musicale pachamamesco. Presentato come i «Pacific Artist for Climate Justice», i figuri, in pantalocini, camicia hawaiana, collanone e ukulele d’ordinanza, hanno avuto l’onore di introdurre musicalmente l’ingresso del papa.

 

Una schiera di cardinali presenti in prima fila si sono prestati al gioco, dandosi da fare con coreografici teli e cose bellissime così.

 

Tutto questo mentre un altro americano, il presidente USA Donaldo Trump, va all’ONU è parla della «truffa del Cambiamento climatico», e beccandosi da certuni i giustissimi, sacri 92 minuti di applausi.

 

Lo spettacolo offerto dall’ostinazione della chiesa climatista è persino più imbarazzante di quelli, blasfemi e occultistici, a cui ci aveva abituato Bergoglio. È innegabile come Leone stia aggiungendo, per quanto possa sembrare impossibile, una quota ulteriore di cringio post-conciliare al disastro dell’ultima papato.

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Ambiente

«Bomba chimica»: le mascherine anti-COVID hanno creato 4,3 milioni di tonnellate di rifiuti tossici

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Renovatio 21 traduce questo articolo per gentile concessione di Children’s Health Defense. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Milioni di tonnellate di mascherine monouso anti-COVID-19 stanno rilasciando nell’ambiente microplastiche, sostanze chimiche tossiche, coloranti e metalli pesanti, mettendo a repentaglio il benessere del pianeta e dei suoi abitanti. Secondo uno studio pubblicato su Environmental Pollution, i rischi potrebbero durare decenni.   Secondo uno studio pubblicato su Environmental Pollution, milioni di tonnellate di rifiuti derivanti dalle mascherine monouso utilizzate durante la pandemia di COVID-19 si stanno decomponendo, rilasciando microplastiche e sostanze chimiche tossiche che minacciano la salute umana e ambientale.   Secondo il Guardian, le mascherine, pubblicizzate come misura per proteggere la salute umana, hanno lasciato dietro di sé una bomba chimica a orologeria con rischi che potrebbero durare per generazioni.

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«Questo studio ha sottolineato l’urgente necessità di ripensare il modo in cui produciamo, utilizziamo e smaltiamo le mascherine», ha affermato in un comunicato stampa l’autrice principale Anna Bogush, Ph.D., del Centro di ricerca per l’agroecologia, l’acqua e la resilienza dell’Università di Coventry.   Da decenni la presenza di microplastiche nell’acqua, nell’aria, nel cibo e nel suolo è in costante aumento e è direttamente collegata alla crescente produzione globale di plastica.   Durante la pandemia, le agenzie sanitarie governative di tutto il mondo, tra cui i Centers for Disease Control and Prevention (CDC), hanno promosso l’uso delle mascherine per fermare la diffusione del COVID-19, nonostante la ricerca condotta dai CDC stessi avesse rilevato che le mascherine non avevano alcun effetto sostanziale nel fermare la trasmissione dei virus respiratori.   Di conseguenza, secondo lo studio, ogni mese nel mondo vengono utilizzate oltre 129 miliardi di mascherine monouso.   La maggior parte delle mascherine era realizzata in polipropilene, sebbene venissero utilizzati anche altri tipi di plastica. Alcune contenevano piccoli pezzi di metallo per le clip nasali.   Le mascherine non erano riciclabili e spesso non venivano gettate nella spazzatura. Ancora oggi, sono disseminate lungo strade, marciapiedi, sentieri, parcheggi, grondaie, corsi d’acqua, parchi e spiagge.   Gli autori hanno stimato che in un solo anno le mascherine hanno generato circa 4,3 milioni di tonnellate di «rifiuti di plastica contaminati non riciclabili», rilasciando microplastiche nell’ambiente provenienti da discariche e rifiuti.   Le mascherine possono anche contenere additivi plastici, tra cui sostanze chimiche organiche, coloranti e metalli pesanti, che si infiltrano nel terreno e nell’acqua. Gli additivi possono rilasciare e diffondere agenti patogeni, tra cui batteri, virus, parassiti e funghi.

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Misurazione delle microplastiche e dei prodotti chimici industriali

I ricercatori hanno progettato il loro studio per testare le tossine e le microplastiche rilasciate da diversi tipi di mascherine facciali inutilizzate, tra cui maschere respiratorie, mascherine chirurgiche e vari «dispositivi facciali filtranti».   Hanno immerso le nuove mascherine in acqua purificata per 24 ore, quindi hanno analizzato il liquido per determinare cosa fosse fuoriuscito. Anche senza usura, le mascherine rilasciavano microplastiche e inquinanti utilizzati durante il processo di produzione.   Tutte le mascherine analizzate rilasciavano microplastiche e la maggior parte delle particelle era molto piccola, molte delle quali avevano dimensioni inferiori a 100 micrometri, ovvero circa la larghezza di un capello umano.   Hanno scoperto che le mascherine FFP2 e FFP3 (una certificazione europea che designa le mascherine di tipo respiratorio commercializzate come quelle che offrono la massima protezione) rilasciavano da tre a quattro volte più microplastiche rispetto alle mascherine chirurgiche.   Le mascherine rilasciavano anche additivi chimici, tra cui il bisfenolo B, un noto interferente endocrino utilizzato per produrre plastica e altri composti necessari alla produzione delle mascherine.   Il bisfenolo B agisce come un estrogeno nell’organismo, interferendo con i sistemi ormonali. È stato associato a una ridotta produzione di sperma e ad alterazioni degli organi riproduttivi.   Lo studio afferma che anche la plastica e le sostanze chimiche rilasciate dai milioni di tonnellate di mascherine dismesse danneggiano la vita acquatica. Microplastiche e tossine, entrando nella catena alimentare, inquinando l’acqua e accumulandosi nell’ambiente, possono mettere ulteriormente in pericolo le persone.   «Mentre andiamo avanti, è fondamentale sensibilizzare l’opinione pubblica su questi rischi, sostenere lo sviluppo di alternative più sostenibili e fare scelte consapevoli per proteggere la nostra salute e l’ambiente», ha affermato Bogush.   Brenda Baletti Ph.D.   © 25 settembre 2025, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD.   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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