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Tucker Carlson afferma che l’Ucraina vende armi statunitensi ai cartelli della droga messicani

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Una parte significativa delle armi che Washington ha fornito a Kiev come aiuto militare nel conflitto con la Russia finisce nelle mani dei «veri nemici» dell’America, tra cui i cartelli della droga messicani. Lo ha affermato nel corso del suo podcast il giornalista statunitense Tucker Carlson.

 

Fino a metà delle armi inviate dagli Stati Uniti all’Ucraina finiscono sui mercati neri internazionali, ha affermato il Carlson durante un’intervista con il tenente colonnello in pensione dell’esercito americano e veterano dell’Iraq e dell’Afghanistan Daniel Davis, noto per le sue critiche al Pentagono, in particolare a partire dalla campagna di Afghanistan. L’intervista ha toccato vari temi riguardanti la guerra in Ucraina, con i due che hanno concordato riguardo alle menzogne raccontate dalla stampa e dai governi occidentali sulle possibilità di vittoria di Kiev e sull’estremo livello di autolesione che il conflitto rappresenta per USA ed Europa.

 

Ad un certo punto, Tucker è entrato in un tema noto ai lettori di Renovatio 21.

 

«L’esercito ucraino sta vendendo una percentuale enorme, fino alla metà, delle armi che gli inviamo. Lo so per certo», ha affermato Carlson, senza rivelare le sue fonti o fornire prove specifiche.

 

Carlson ha detto che Washington sta fornendo a Kiev armi per un valore di «centinaia di miliardi di dollari», una parte significativa delle quali viene «rubata e venduta ai nostri veri nemici», compresi «i cartelli della droga al nostro confine», dichiarando che le armi dall’Ucraina possono essere facilmente acquistate online, descrivendo la situazione come un «crimine» e un «incubo».

 

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Come riportato da Renovatio 21, ancora due anni fa era emerso come armi fornite dagli USA all’Ucraina fossero finite ai cartelli dei narcos messicani.

 

Un militante che indossa le insegne del famigerato cartello del Golfo del Messico (Cartel Del Golfo, o CDG) era stato filmato nello Stato del Tamaulipas mentre trasportava un lanciamissili anticarro di fabbricazione statunitense.

 


Carlson, che paventa la diffusione di questi dispositivi a «gruppi separatisti, estremisti islamici, cartelli», sostiene che con armi terra-aria in circolazione, «in grado di tirar giù tranquillamente un aereo passeggeri», nonè «possibile avere la civiltà, o mantenere il traffico aereo mondiale».

 

Dal 2022, il Congresso degli Stati Uniti ha autorizzato circa 175 miliardi di dollari in aiuti per l’Ucraina. Tuttavia, una larga parte di quei finanziamenti è stata assegnata a industrie americane e ad altre attività del governo statunitense legate al conflitto.

 

A gennaio, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva affermato che Washington aveva speso «200 miliardi di dollari in più dell’UE» per gli aiuti a Kiev. Il leader ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha poi dichiarato che Kiev aveva ricevuto poco più di 75 miliardi di dollari in assistenza militare e di altro tipo da Washington, aggiungendo di non avere idea da dove provenisse la stima di Trump di 200 miliardi di dollari o dove potesse essere sparita.

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Mosca ha avvertito che la fornitura incontrollata di armi occidentali all’Ucraina ha fatto sì che un gran numero di armi finisse nelle mani di gruppi criminali organizzati ed estremisti in tutto il mondo.

 

Anche i media e i funzionari occidentali hanno riconosciuto che le armi fornite a Kiev sono finite in mani criminali. Ad aprile 2022, l’Europol ha riferito che le sue indagini indicavano che le armi venivano trafficate fuori dall’Ucraina e dentro l’UE per rifornire gruppi criminali organizzati.

 

Un’indagine del sito governativo russo RT nel luglio 2022 ha trovato una varietà di armi fornite dall’Occidente, inclusi razzi anticarro, in vendita sul «dark web». Gli USA hanno ammesso il problema e tentato timidamente di porvi rimedio, significando di aver inviato personale militare in Ucraina con l’unico compito di rendicontare le armi inviate a Kiev.

 

Nell’ottobre 2022, le autorità finlandesi hanno dichiarato che le armi originariamente inviate a Kiev erano emerse nel Paese ed erano state acquisite da criminali locali. All’epoca, segnalazioni simili erano emerse da Svezia, Danimarca e Paesi Bassi.

 

Nel giugno 2023, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che armi anticarro occidentali destinate all’Ucraina erano state trovate al confine con Israele, per essere utilizzate contro lo Stato Ebraico. Speculazioni sull’uso di armi occidentali destinate a Kiev da parte di Hamas sono state avanzate ancora un anno fa.

 

Nel giugno 2024, i media spagnoli hanno riferito che narcobande criminali nel Sud della Spagna avevano ottenuto armi moderne di tipo militare, presumibilmente contrabbandate dall’Ucraina.

 

Secondo calcoli di un reportage del canale TV USA CBS (poi cancellato dal palinsesto…), solo il 30% delle armi inviate in Ucraine giungerebbe al fronte. Il resto sparirebbe sul mercato nero, alimentando criminalità organizzata internazionale e terrorismo, come dimostra il ritrovamento di armi «ucraine» anche nella zona siriana di Idlib, dove abbondano le milizie islamiste, che peraltro secondo il presidente Assad vengono addestrate dagli USA. Il servizio di Intelligence estero russo, l’SVR, a maggio dello scorso anno aveva accusato gli Stati Uniti di portare militanti dell’ISIS dalla Siria in Ucraina per svolgere operazioni di sabotaggio.

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Lo stesso Pentagono due anni fa aveva ammesso di non avere idea di che fine facessero le armi una volta varcato il confine, con la certezza che in parte finiscano al mercato nero. Il ramo arabo della testata russa Sputnik aveva in seguito scoperto che grandi quantità di armi americane regalate a Kiev sono ora sul Dark Web, spedite a chiunque le possa pagare con sofisticati sistemi di container cargo.

 

Il presidente nigeriano Muhammadu Buhari ha lamentato di come le armi occidentali pro-Kiev stiano ora filtrando nella regione dell’Africa Occidentale.

 

Il veterano giornalista investigativo Seymour Hersh ha affermato che l’Occidente sarebbe pienamente consapevole che le sue armi stavano finendo sul mercato nero, ma che alla maggior parte dei governi non importava perché armare l’Ucraina contro la Russia, per il decisore atlantico, conta di più.

 

Nel 2022 l’Europol aveva dichiarato che le armi spedite in Ucraina come «aiuti» saranno da gruppi criminali nel prossimo futuro.

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Droni

Soldati francesi attaccano droni attorno ad una base di sottomarini nucleari

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Venerdì è emersa una seria violazione della sicurezza aerea presso un’installazione militare francese, mentre i rappresentanti europei stanno mettendo in evidenza i pericoli della «guerra ibrida» orchestrata dalla Russia, che di recente ha puntato su numerose incursioni «misteriose» di droni nello spazio aereo dell’UE, soprattutto vicino a obiettivi critici come gli scali aeroportuali.   I fanti di marina francesi hanno ingaggiato cinque droni sconosciuti che avevano forzato la zona proibita sopra una fondamentale base per sottomarini nucleari giovedì sera, secondo fonti militari riportate da EuroNews. Un alto funzionario ha tuttavia precisato che si è trattato di un «jammer» attivo, non di proiettili veri e propri.   Intorno alle 19:30 ora locale, i sensori radar presso la base navale di Île Longue, in Bretagna – quartier generale della flotta transalpina di sottomarini balistici armati di testate atomiche –, hanno captato l’ingresso di apparecchi non autorizzati nell’area ad altissima sicurezza.   Il reggimento di fanteria marittima deputato alla difesa del complesso ha prontamente attivato i protocolli anti-droni, aprendo il fuoco con più raffiche contro gli intrusi per neutralizzarli e abbatterli.

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Poiché non è dato sapere se gli UAV siano stati realmente centrati, le unità di sicurezza hanno dispiegato un’ampia perlustrazione sul terreno. Le autorità non hanno ancora verificato se i droni siano stati abbattuti o recuperati.   Sulla base di allusioni generiche da parte di alti gradi francesi, gli apparecchi potrebbero essere stati neutralizzati o deviati mediante interferenze elettroniche, ma i dettagli forniti sono stati scarsi:   La ministra della Difesa Catherine Vautrin ha confermato l’intercettazione di un sorvolo, senza chiarire se siano stati impiegati spari, jammer elettronici o altre contromisure contro gli intrusi aerei. L’identità dei responsabili resta ignota.   «Qualsiasi sorvolo di un sito militare è vietato nel nostro Paese», ha affermato Vautrin. «Voglio elogiare l’intercettazione effettuata dal nostro personale militare presso la base di Île Longue».   Secondo la stampa francese, l’impianto sorge nei pressi di Brest, nella Francia nord-occidentale, ed è custodito da oltre 120 militari marittimi, oltre al contingente di sicurezza della Marina.   Ospita quattro sottomarini balistici nucleari – Le Triomphant, Le Téméraire, Le Vigilant e Le Terrible – e si occupa della manutenzione delle unità che garantiscono il deterrente atomico nazionale. In base alla dottrina ufficiale, almeno un battello nucleare è sempre in missione di ronda.   «Non è stato stabilito alcun collegamento con interferenze straniere», ha dichiarato Frédéric Teillet, procuratore generale di Rennes, citato dall’agenzia AFP, precisandoo che nessun pilota o operatore dei droni è stato fermato o identificato.

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Militaria

Il disegno di legge sulla coscrizione avanza nel Parlamento tedesco

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Il Parlamento tedesco ha presentato un disegno di legge per passare in Germania a un modello di coscrizione volontaria e iniziare i controlli fisici obbligatori per tutti i cittadini maschi che raggiungono la maggiore età. Lo riporta Defense News.

 

In base alla nuova legislazione, le forze armate della Bundeswehr saranno legalmente vincolate al loro obiettivo di aumentare il numero di personale attivo e riservisti fino a un totale di 470.000 soldati, di cui 270.000 in servizio attivo entro il 2035

 

Il 5 dicembre, la Bundeswehr ha dichiarato di avere circa 184.330 effettivi attivi, con un aumento dell’1,5%, ovvero 2.750 soldati, rispetto all’anno precedente.

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Attualmente non ci sono piani per la coscrizione obbligatoria, ha dichiarato la Bundeswehr in una dichiarazione dopo l’approvazione del disegno di legge. «Se ciò non bastasse, non avremo altra scelta che introdurre la coscrizione parziale», ha dichiarato il ministro della Difesa Boris Pistorius a margine del voto parlamentare.

 

Il disegno di legge include una disposizione per il servizio militare obbligatorio in base alle necessità, ma richiederebbe un ulteriore voto parlamentare per l’attivazione. Mentre i legislatori votavano, si sono verificate proteste contro la nuova misura in diverse città tedesche, tra cui la capitale Berlino.

 

Contemporaneamente, si è verificato uno sciopero parziale degli studenti contro la coscrizione obbligatoria. L’ampliamento della Bundeswehr è diventato una necessità, a causa «della situazione di minaccia e dei piani della NATO», hanno affermato i militari. «In caso di una situazione di difesa, che vogliamo prevenire a tutti i costi, lo Stato deve sapere chi è pronto ad agire», ha affermato Pistorius. «Questo Paese, questa democrazia, se lo merita».

 

Come riportato da Renovatio 21, il cancelliere Friedrich Merz ha dichiarato due mesi fa che la Germania «è già in conflitto» con la Russia. Secondo stime del capo del servizio medico della Bundeswehr, in caso di conflitto con la Russia si prevede la cifra di 1000 feriti al giorno.

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Come riportato da Renovatio 21, mentre la polizei reprime e picchia quanti protestano contro la rimilitarizzazione, la leva militare obbligatoria sta tornando in Germania sotto forme grottesche come la lotteria della naja (definita dalla deputata Sajra Wagenknecht come il «casinò della guerra»), con strategie per utilizzare gli adolescenti per colmare la mancanze di reclute.

 

Molti altri Paesi europei stanno tornando alla naja più o meno obbligatoria. Negli ultimi giorni il presidente francese Emmanuel Macron si appresta a lanciare un nuovo programma di servizio militare volontario. Come riportato da Renovatio 21, il generale Fabien Mandon negli scorsi giorni ha destato scalpore dichiarando che il popolo francese dovrebbe essere pronto a «perdere i propri figli».

 

La Polonia ha introdotto un servizio base volontario e retribuito; la Germania ha approvato un modello che potrebbe evolvere in coscrizione selettiva se i volontari calassero (con una grottesca lotteria annessa); i Paesi Bassi dibattono sul ritorno della leva obbligatoria. Lettonia e Croazia l’hanno già ripristinata, mentre la Danimarca l’ha estesa alle donne. Il Belgio ha invitato due settimane fa 149.000 adolescenti al servizio volontario. La Svezia vuole innalzare l’età minima per il richiamo militare a 70 anni.

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Militaria

Giappone e Cina si scambiano le accuse dopo lo scontro tra jet sul Pacifico

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Tokyo e Pechino si sono lanciate reciproche recriminazioni in seguito a due episodi ravvicinati in cui i loro caccia militari hanno rischiato di scontrarsi durante manovre navali cinesi.   È stato il Giappone a denunciare per primo l’episodio, spiegando che sabato i jet cinesi J-15 hanno puntato i loro radar di tiro su aerei da combattimento giapponesi F-15J in almeno due circostanze. L’incidente si è verificato in acque internazionali a sud-est di Okinawa, secondo il dicastero degli Esteri nipponico.   «Queste illuminazioni radar sono un atto pericoloso che va oltre quanto necessario per la sicurezza del volo degli aerei», ha dichiarato domenica ai giornalisti il primo ministro giapponese Sanae Takaichi, precisando che Tokyo aveva già sporto un formale reclamo per quelle che ha definito azioni «estremamente deplorevoli».   Pechino ha rigettato le imputazioni, sostenendo che gli apparecchi giapponesi si sono accostati in più riprese e hanno importunato la flotta cinese mentre questa svolgeva addestramenti con la portaerei nella zona, debitamente preavvisati.

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«Chiediamo solennemente alla parte giapponese di cessare immediatamente di diffamare e infangare e di limitare rigorosamente le azioni in prima linea», ha affermato il colonnello Wang Xuemeng, portavoce della marina di Pechino, ammonedo che la Cina «prenderà le misure necessarie… per salvaguardare con risolutezza la propria sicurezza e i propri legittimi diritti e interessi».   I rapporti tra Pechino e Tokyo hanno intrapreso una traiettoria discendente da quando la Takaichi – prima donna a guidare il governo nipponico e nota per il suo conservatorismo rigido – ha assunto la carica alla fine di ottobre.   La premier nipponica ha dichiarato che qualsivoglia ricorso alla forza da parte di Pechino per la riunificazione con Taiwan, entità autonoma, potrebbe configurarsi come una «situazione di minaccia alla sopravvivenza», che autorizzerebbe una reazione armata in base alla legislazione giapponese. Tali parole hanno provocato da parte cinese accuse di intromissione negli affari sovrani.   Pechino ha inoltre stigmatizzato le sue affermazioni come «estremamente malevole» e «palesemente provocatorie», asserendo che calpestano il principio della «Una sola Cina», che considera Taiwan come porzione inscindibile del territorio nazionale. La questione taiwanese rappresenta una faccenda interna alla Cina e qualsiasi velleità di intervento nipponico equivarrebbe a «un atto di aggressione» con conseguenti ritorsioni feroci, ha avvertito Pechino.   Taiwan esercita di fatto un autogoverno dal 1949, pur senza aver mai proclamato l’indipendenza formale. La Cina ha reiterato che il suo fine ultimo è la «riunificazione pacifica», ma ha chiarito che non esiterebbe a impiegare la forza nel caso in cui l’isola optasse per una separazione ufficiale.   Come riportato da Renovatio 21, due settimane fa il Giappone ha censurato la Cina per aver evocato una clausola della Carta ONU che autorizza azioni contro le ex potenze dell’Asse senza il consenso del Consiglio di Sicurezza, ribadendo che tale disposizione è superata e priva di attualità.  

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