Politica
Trump: Israele aveva il «controllo totale» sul Congresso USA
In precedenza Israele aveva il «controllo totale» sul Congresso degli Stati Uniti, ed era impossibile per qualcuno che parlava «male» dello Stato Ebraico fare politica, ha affermato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
L’inedita ammissione è stata fatta da Trump durante un’intervista esclusiva alla testata internet Daily Caller pubblicata lunedì scorso, con il presidente a ripetere che Israele aveva «la lobby più forte che abbia mai visto» negli Stati Uniti.
«Se torniamo indietro di 20 anni, voglio dire, ti dirò che Israele aveva la lobby più forte al Congresso, tra qualsiasi ente, azienda, corporazione o stato, che abbia mai visto. Israele era il più forte. Oggi non ha una lobby così forte. È incredibile», ha spiegato Trump.
«C’era un tempo in cui non si poteva parlare male, se volevi fare il politico, non potevi parlare male» di Israele, ha spiegato The Donald.
I tempi sono cambiati e la politica statunitense ora si riempie di ogni sorta di critici di Israele, in particolare «AOC più tre» e «tutti questi lunatici», ha aggiunto Trump. Qui il 45° e 47° presidente degli Stati Uniti ha fatto riferimento alla cosiddetta «Squad», una fazione informale progressista di sinistra del Caucus Democratico alla Camera dei Rappresentanti, originariamente composta da Alexandria Ocasio-Cortez, Ilhan Omar, Ayanna Pressley e Rashida Tlaib, note per le loro forti posizioni anti-israeliane.
La catastrofe di Gaza ha ulteriormente eroso l’influenza dello Stato degli Ebrei negli Stati Uniti, ha suggerito Trump. «Potrebbero anche vincere la guerra, ma non stanno vincendo il mondo delle pubbliche relazioni, e questo li danneggia», ha affermato.
Allo stesso tempo, Trump si è autocelebrato per quanto fatto per Israele, affermando che «nessuno ha fatto di più» per lo Stato Giudaico. Il presidente degli Stati Uniti ha definito Israele «straordinario» poiché anche lui ha ricevuto un «ottimo sostegno» da parte loro.
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Come riportato da Renovatio 21, in passato Trump aveva attaccato Netanyahu arrivando a chiederne la sostituzione e ad ipotizzare tagli agli aiuti ad Israele.
Nel contesto di questi commenti aveva rivelato anche dettagli sull’assassinio del generale dei servizi iraniani Qassem Soleimani, suggerendo che fu indotto ad ordinarne la morte dagli israeliani, che poi però si tirarono indietro.
Come riportato da Renovatio 21, un livello grottesco del rapporto tra Netanyahu e Trump è stato raggiunto a febbraio quando il primo ha fatto dono a quest’ultimo di un cercapersone come quelli fatti esplodere in Libano. Più che un dono diplomatico, a qualcuno può essere sembrata una minaccia vera e propria.
Come riportato da Renovatio 21, a gennaio Netanyahu ha annullato il viaggio per la cerimonia di insediamento di Trump. Prima dell’insediamento l’inviato di Trump Steve Witkoff, in Israele per chiedere la tregua, aveva avuto con Netanyahu un incontro riportato come «molto teso».
Trump pochi giorni fa ha definito Netanyahu «eroe di guerra», ma si dice che il mese scorso abbia urlato al telefono con il premier israeliano con minimizzava la Carestia a Gaza.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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Sia il presidente che il rivale rivendicano la vittoria elettorale in Guinea-Bissau
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Politica
Sahra Wagenknecht: UE in «isolamento diplomatico»
L’Unione Europea dovrebbe proporre la revoca delle sanzioni alla Russia per superare il suo «isolamento diplomatico» e riacquisire peso nel negoziato per la pace in Ucraina: lo ha dichiarato la politica tedesca di lunga data Sahra Wagenknecht.
In un post su X pubblicato giovedì, ha osservato che il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul non era neppure al corrente dell’elaborazione, da parte degli Stati Uniti, di un piano per risolvere il conflitto ucraino. Venerdì il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa ha aggiunto che «non ha senso» commentare la proposta americana, poiché non è stata condivisa con Bruxelles.
«È una vergogna che gli europei si siano cacciati in un tale isolamento diplomatico», ha commentato Wagenknecht riguardo all’esclusione dell’UE dal processo negoziale.
La leader, che ha lasciato la guida del suo partito Alleanza Sahra Wagenknecht all’inizio di questo mese, ha aspramente criticato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen per la presunta sollecitazione rivolta agli Stati membri affinché coprano i bisogni finanziari e militari di Kiev per il 2026 e il 2027, stimati in 135,7 miliardi di euro. Si tratta di un «oltraggio ai contribuenti tedeschi ed europei», ha tuonato.
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La Wagenknecht ha ribadito che il conflitto ucraino è «impossibile da vincere» e che, anziché continuare a finanziarlo, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, von der Leyen e gli altri vertici del blocco «dovrebbero finalmente appoggiare i negoziati di pace».
«Per riottenere influenza sui colloqui, gli europei occidentali dovrebbero offrire la fine delle sanzioni e la ripresa delle relazioni energetiche con la Russia», ha suggerito.
Venerdì Wadephul ha precisato di ritenere la proposta USA non un «piano definitivo», ma piuttosto «un elenco di temi da discutere con urgenza tra Ucraina e Russia». L’Alto rappresentante UE per la politica estera Kaja Kallas ha invece insistito sul fatto che qualsiasi intesa «deve coinvolgere l’Ucraina e gli europei».
Interpellato sulla bozza americana, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha replicato: «Ci sono alcune idee da parte statunitense [per risolvere il conflitto ucraino], ma al momento non si discute nulla di specifico». Ha tuttavia ribadito che Mosca resta desiderosa di una soluzione diplomatica alla crisi.
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Immagine di Fernar Cornellà via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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