Storia
Trump candidato al Nobel per la pace
L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump è stato candidato al Premio Nobel per la pace per il suo ruolo nella firma di un trattato che ha contribuito a normalizzare le relazioni tra Israele e diversi stati arabi.
La proposta è stata avanzata dalla deputata repubblicana Claudia Tenney, che martedì ha detto a Fox News che Trump è stato «determinante» nel facilitare gli “storici” accordi di Abraham, che secondo lei sono stati «i primi accordi di pace in Medio Oriente in quasi 30 anni».
La parlamentare ha elogiato l’ex presidente affermando che Trump ha dimostrato che molti esperti di politica estera si sbagliavano, i quali hanno sostenuto per decenni che ulteriori accordi di pace in Medio Oriente erano impossibili senza una risoluzione del conflitto israelo-palestinese.
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«I coraggiosi sforzi del presidente Trump nel creare gli Accordi di Abraham non hanno precedenti e continuano a non essere riconosciuti dal Comitato del Premio Nobel per la Pace, sottolineando la necessità della sua nomina oggi», ha affermato Tenney, aggiungendo che la mossa arriva in un momento in cui il presidente Joe Biden dimostra una «leadership debole» sulla scena globale ha messo a rischio la sicurezza nazionale.
Durante il fine settimana, tre militari statunitensi sono stati uccisi e decine sono rimasti feriti in un attacco di droni contro un avamposto militare in Giordania. Biden si è impegnato a rispondere, incolpando dell’incidente le milizie appoggiate dall’Iran. Teheran ha negato qualsiasi coinvolgimento nell’attacco.
Gli accordi di Abramo sono stati una serie di accordi bilaterali mediati dagli Stati Uniti firmati alla fine del 2020 tra Israele, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Marocco, contribuendo ad avvicinare lo Stato Ebraico e le nazioni arabe, con il riconoscimento della sovranità di Israele da parte degli Emirati Arabi Uniti e del Bahrein.
Tuttavia, il trattato è stato criticato per aver incoraggiato Israele a ignorare i diritti dei palestinesi, poiché ha portato gli stati arabi ad abbandonare la richiesta di riconoscere lo Stato di Palestina. Alcuni esperti sostengono che la mossa abbia aperto la strada alla recente ondata di violenza.
L’Arabia Saudita, che avrebbe dovuto aggiungersi al gruppo di Paesi islamici degli accordi, sta invece riconsiderando la questione dopo il massacro dei palestinesi di questi mesi sospendendo i piani di accordo con Israele.
Trump era già stato nominato più volte per il Premio Nobel per la pace. Nel 2020, era stato candidato al premio dal deputato norvegese Christian Tybring-Gjedde, che ha elogiato l’ex presidente per quelli che ha descritto come i suoi sforzi di pacificazione in Medio Oriente.
Nello stesso anno, Trump era stato nominato dal deputato svedese Magnus Jacobsson, che ha citato il suo ruolo nella mediazione di un accordo tra la Serbia e la sua regione separatista del Kosovo.
La nomina di Trump è considerata valida poiché è stata presentata da un membro di un’assemblea nazionale o di un governo nazionale. Il Premio Nobel per la Pace 2024 sarà annunciato a Oslo, in Norvegia, ad ottobre e assegnato a dicembre.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Intelligence
Harvey contro Philby, storie di spie e lotte intestine agli albori della CIA
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Intelligence
Conflitti nell’Intelligence americana: la storia dell’OSS contro l’FBI e la creazione della CIA
Con la fine della guerra e il profilarsi della futura suddivisione del pianeta in due mondi, la questione di chi avrebbe dovuto prendersi in carico la gestione dell’Intelligence nel dopoguerra prese il sopravvento negli alti piani dirigenziali americani. Nell’estate del 1947 la cosiddetta Red Scare, paura dei rossi comunisti, aveva preso piede negli States.
Secondo Joseph J. Trento nel suo The Secret History of the CIA l’America si stava chiedendo quale fosse la direzione intrapresa dal governo a stelle e strisce. In Cina i Nazionalisti di Chiang Kai-shek, sostenuti dall’intelligence americana, stavano perdendo terreno a favore dei comunisti di Mao, i sovietici non dimostravano nessuna intenzione a lasciare la Germania ed era di pubblico dominio come Mosca fosse riuscita a sottrarre documenti segreti del Progetto Manhattan. Voci di corridoio dicevano che Hoover, direttore dell’FBI, non fosse contento.
J. Edgar Hoover fu uno degli uomini più potenti d’America per un lungo periodo di tempo. A ventiquattro anni nel 1919 gli venne assegnata la carica di capo della nuova General Intelligence Division del BOI (Bureau of Investigation), la cosiddetta Radical Division perché aveva come obiettivo principale quello di ricercare e distruggere le cellule di radicali presenti nell’intera repubblica federale nord-americana. Era entrato a far parte del BOI già nel 1921, nel 1924 ne era diventato il direttore.
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Nel 1935 il BOI divenne FBI e fino all’inizio della guerra rappresentò il più importante servizio di intelligence nel suolo americano. Famoso il suo lavoro sulla banca dati di impronte digitali e l’implementazione di laboratori per studiare le prove dei diversi casi. Notissimi anche i suoi rapporti con la malavita americana e i metodi affini alle sue frequentazioni sotterranee.
Con l’inizio della guerra, il capo della sezione dei servizi inglesi negli Stati Uniti, BSC (British Security Coordination), William Stephenson, aveva ricevuto l’ordine da Stewart Menzies, direttore del MI6, di connettersi al più alto livello possibile dei servizi americani, in quel momento rappresentati dall’FBI di Hoover.
La ricercatrice Whitney Webb raconta nel suo One Nation Under Blackmail come la BSC avesse consegnato a Hoover oltre centomila rapporti confidenziali in cambio di resoconti sui movimenti marittimi tedeschi. I rapporti tra i due però si ruppero definitivamente nel 1941 all’alba dell’entrata in guerra, da quel momento in avanti Stephenson cominciò a coltivare William «Wild Bill» Donovan.
Donovan era un famoso avvocato della grande mela, veterano della Grande guerra, il classico e consumato membro della «Eastern Establishment», la classe dirigenziale della costa levantina americana che comprendeva soggetti come Thomas E. Dewey o i fratelli Allen e John Foster Dulles. Venne nominato da Roosevelt a capo della COI (Office of the Coordinator of the Information) l’embrione da cui scaturì in seguito l’OSS, Office of Strategic Service, che Donovan diresse fino alla fine del conflitto.
Sempre secondo varie fonti citate nel testo della Webb, quando «Wild Bill» venne nominato a capo della COI, nacque una forte tensione con l’altra faccia della medaglia del controllo americano, Hoover e i suoi alleati. Questa lotta intestina portò Donovan a utilizzare i suoi contatti con la malavita, come Meyer Lansky, per colpire Hoover. Donovan lo ricattò grazie a delle foto recuperate da Lansky mentre si trovava in atteggiamenti intimi con l’FBI deputy director Clyde Tolson.
La Webb descrive l’OSS come un associazione vista spesso e volentieri come un club. Nonostante nelle sue fila operassero un elevato numero di ufficiali militari provenienti da varie agenzie governative, il comando era saldamente in mano ai figli delle più facoltose famiglie americane. I migliori ruoli degli uffici di Londra, Madrid, Parigi o Ginevra erano tenuti dai rampolli dei Mellon, dei Morgan, dei Du Pont o dei Vanderbilt.
Una volta terminata la guerra, negli Stati Uniti, una rete di spie comuniste sembrava operare indisturbata. Hoover, nel pieno di questa fobia rossa, cercava un colpo sensazionale per guadagnarsi il merito nei confronti del presidente Truman e depennare l’OSS dalla lista dei suoi nemici. L’agente William King Harvey, considerato il migliore da Hoover, aveva raccolto ventisette nomi dalle interrogazioni con Elizabeth Bentley, che aveva confessato di essere un corriere sovietico. Secondo la Bentley, tutti loro lavoravano per il governo e ben 5 facevano parte dell’OSS.
Hoover, intravedendo il colpo gobbo contro Dulles e Donovan inviò un messaggio segreto e personale al presidente Truman. Nonostante appena un anno prima avesse assolutamente negato ogni possibilità che vi potesse essere una rete comunista nel suolo americano, non resistette e si giocò tutto sulla questione dei rossi.
Harvey lavorò incessantemente sul caso per i successivi due anni senza riuscire a cavarne fuori una singola prova che potesse convincere un giudice a formulare un arresto.
La fiducia di Truman versò Hoover terminò in quel momento assieme a qualsiasi possibilità di diventare il nuovo gestore dei futuri servizi segreti americani. A quel punto Truman prese tempo e decise di lasciare la futura nascita dell’apparato nelle mani del dipartimento di stato e dei militari. Fu in questo momento che la figura di Allen Dulles fece capolino nella storia.
Come racconta Douglas Waller in Disciples, Allen Dulles coltivava il sogno di diventare segretario di Stato proprio come suo nonno e suo zio. Entrò a far parte del Council on Foreign Relations (CFR), scrivendo pezzi per il suo giornale Foreign Affairs. Frequentava il circolo chiamato amichevolmente dai suoi habitué «The Room», un appartamento dove si incontravano per una chiacchiera informale i finanzieri di New York di ritorno dai loro viaggi in giro per il mondo. Venne assunto dal Dipartimento di Stato nel 1927 come consulente legale, situazione che sarebbe impossibile oggi per via del palese conflitto di interessi con il suo lavoro.
Dulles non voleva lasciare il futuro dei servizi in mano al Congresso o al presidente e decise di crearne uno privato. Voleva creare la struttura e al momento opportuno presentarla al presidente che a quel punto l’avrebbe riconosciuta come fatto compiuto e assorbita all’interno degli apparati statali. Utilizzando il CFR come sua base aveva organizzato un strategia in tre parti, formare un agenzia privata e nascosta, piazzare nel governo suoi uomini fedeli alla causa, plasmare l’opinione pubblica attraverso il potere che esercitava sui media. Non soddisfatto concorse a esasperare il terrore dell’avanzamento dei sovietici in Europa e in Cina.
Truman soverchiato dalla situazione non vide altra soluzione che agire in fretta e furia e si adagiò comodamente nel solco creato da Dulles. Secondo Trento nel suo The Secret History of the CIA, la combinazione tra la spinta della propaganda organizzata da Dulles e la reale situazione mondiale accelerò l’approvazione della struttura da parte del presidente.
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Nel gennaio 1946 Truman creò temporaneamente la CIG Central Intelligence Group, che non avendo il permesso di portare avanti operazioni coperte però non aveva ancora ereditato il grosso dell’OSS. Fu Dulles che con la sua organizzazione ereditò il controllo del segmento nascosto.
Nel 1947 Truman con il National Security Act diede vita alla CIA (Central Intelligence Agency) e al NSC (National Security Council). Micheal H. Hunt nella sua opera The American Ascendancy descrive l’obiettivo della nascita del NSC come corpo centrale di coordinamento sotto il controllo del presidente dedito alla formulazione della politica nazionale e al supporto delle decisioni presidenziali.
Il presidente non volendo partecipare pubblicamente alle operazioni clandestine, adottò in toto lo schema proposto da Dulles, dando la possibilità di operare con istituzioni private di carità e fondazioni. Dulles divenne inizialmente l’uomo ombra dei servizi americani per poi assurgere a direttore della CIA nel 1953 sotto Eisenhower.
Di fatto fu l’uomo che gestì i servizi segreti americani dal dopoguerra in avanti fino all’arrivo di JFK e del disastro della Baia dei Porci nel 1961 dove venne costretto a rassegnare le dimissioni.
Marco Dolcetta Capuzzo
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Immagine: Il capo dell’FBI Edgar J. Hoover consegna i diplomi ai diplomati della National Police Academy. Washington, 2 aprile 1938.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Intelligence
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