Politica
Steve Bannon: «Ben Shapiro è un cancro». E il conservatorismo esiste per mantenerti filoisraeliano e stupido
L’attivista populista ex stratega elettorale del campagna Trump 2020 Steve Bannon è salito sul palco dell’Amfest di Turning Point, l’organizzazione del fu Charie Kirk, e si è scagliato contro l’attivista e podcaster ebreo Ben Shapiro, descrivendolo come «un cancro», dopo chequesti dallo stesso palco aveva attaccato la popolare giornalista televisiva conservatrice Megyn Kelly, il celeberrimo Tucker Carlson (che ha appena vinto il titolo di «antisemita dell’anno») e lo stesso Bannon.
L’apparizione di Bannon è avvenuta un giorno dopo quella di Shapiro, che ha usato il suo discorso per accusare i conservatori di «codardia» per essersi rifiutati di condannare la podcaster Candace Owens e le sue teorie sull’omicidio di Charlie Kirk, del quale era stata stretta collaboratrice ed amica intima.
Lo Shapiro ha criticato in particolare Megyn Kelly, Tucker Carlson e Steve Bannon, accusando quest’ultimo di essere stato un «addetto stampa per Jeffrey Epstein».
Sia la Kelly che il Carlson avevano risposto a tono prima che Bannon avesse la possibilità di farlo lui stesso. La Kelly è stata intervistata da Jack Posobiec durante l’evento e ha affermato: «ho trovato piuttosto divertente che Ben pensi di avere il potere di decidere chi viene scomunicato dal movimento conservatore, il che dimostra una cecità volontaria riguardo alla sua posizione al suo interno».
«Ora, Benji Shapiro era qui ieri sera e diceva, sapete, “È tutta una questione di verità”» ha attaccato Bannon..
STEVE BANNON: Ben Shapiro is like a cancer, and that cancer spreads. It’s a cancer and it metastasizes. He tried to take over Breitbart and I ran him out of there. He tried to take over David Horowitz, who was his mentor.
Mark my word. He will make a move on Turning Point… pic.twitter.com/qyvbPYr9p8
— Bannon’s WarRoom (@Bannons_WarRoom) December 20, 2025
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«Ben, ti conosco da tanto tempo, fratello. Non riesci a gestire la verità. Diciamolo chiaramente, Ben Shapiro è la cosa più lontana dal MAGA. Siamo schietti. È un fervente sostenitore di Trump. È un fervente sostenitore di Trump. Nella primavera del 2016, ha cercato di mettere in difficoltà Breitbart. Ha abbandonato il lavoro, ha fatto un gran parlare di un incidente a Mar-a-Lago con Corey Lewandowski [ex direttore della campagna Trump 2016, ndr]».
«Ha cercato di stornare Donald Trump da Ted Cruz perché odiava Donald Trump. Alle elezioni generali, ha a malapena sostenuto Donald Trump.
«Il primo segnale di quando il presidente Trump verrà rimandato a Mar-a-Lago è che la prima persona a salire sul treno di Ron DeSantis, il treno Israel First, sarà Ben Shapiro» ha accusato il Bannon.
«Shapiro ha definito Breitbart [rivista online determinante per le elezioni 2016, diretta all’epoca da Bannon e dove lo Shapiro lavorava, ndr] “Trump Pravda'”. Quando se n’è andato, l’ha chiamata Trump Pravda, e aveva ragione. Dovevamo esserlo. Non c’era nessun altro sito di notizie che sostenesse il presidente Trump».
«Quando la povera Megyn Kelly si è presentata in quel primo dibattito e ha fatto quelle che ora sembrano domande innocue sulla pagina Facebook di Trump o sul suo feed Twitter riguardo a Rosie O’Donnell e altri, fate in modo che Jack Posobiec le chiedesse come è andata a finire. Abbiamo scatenato i cani. Eravamo dei maniaci. Perché? Il presidente Trump non aveva alcun appoggio. Non aveva alcun appoggio alla Fox. Non aveva alcun appoggio alla National Review [storica rivista del conservatorismo USA, ndr]. E nel 2016, questo lo avrebbe escluso dalla corsa. Quindi dovevamo esserci».
Il Bannon ha quindi accusato lo Shapiro di essere un «cancro» del conservatorismo, prevedendo anche che Shapiro avrebbe tentato di prendere il controllo o eliminare Turning Point USA.
«Ma Ben Shapiro è come un cancro, e quel cancro si diffonde. È un cancro, e metastatizza. Ha cercato di prendere il controllo di Breitbart, e io l’ho cacciato via. Ha cercato di prendere il controllo di David Horowitz, che era il suo mentore. Non chiedetelo a me, chiedete al tizio che è associato a David Horowitz cosa ci facesse lì. Ha cercato di prenderne il controllo» ha tuonato il Bannone.
«E ricordate quanto vi dico: farà una mossa su Turning Point, perché è sempre stato geloso di Charlie Kirk. Invidioso di Charlie Kirk».
«Non si tratta di libertà di parola. Non si tratta di deplatforming. Si tratta di politica di potere e di ciò in cui Charlie Kirk credeva profondamente: che l’America prende decisioni per l’America, e che gli americani prendono decisioni per l’America. Questo era Charlie Kirk» ha concluso Bannon.
Lo Shapiro, ebreo con perenne kippah sul capo, uscì da Breitbart per mettere in piedi un enorme conglomerato mediatico sedicente conservatore, il Daily Wire, ingaggiando a suon di diecine di milioni di dollari star come la stessa Owens e i cattolici Michael Knowles e Matt Walsh. Non ci è mai stato chiaro da dove provenisse l’improvvisa grande disponibilità economica per l’impresa dello Shapiro, ma alcuni sospettano che in campo ci fossero le forze economiche filoisraeliani che stiamo vedendo ora all’opera con l’acquisto di TikTok, CBS, CNN e Warner Bros da parte della ultramiliardaria famiglia filosionista degli Ellisoni.
Certo fu di particolare persuasione vedere un altro idolo dei conservatori degli ultimi anni, il fragile psicologo canadese Jordan Peterson, riemergere dopo un anno di assenza (era, ovviamente all’insaputa dei fan adoranti, divenuto dipendente degli psicofarmaci, facendo il giro del mondo in cerca di una cura) ad un pranzo in Israele con Shapiro – di cui divenne dipendente al Daily Wire – e il premier israeliano Benjamino Netanyahu, un pasto filmato in un ristorante dove alla faccia della naturalezza delle immagini, è facile sospettare, le persone nei tavoli sullo sfondo sono parte di un grande set cinematografico fatto per portare ancora una volta i conservatori americani verso l’appoggio indiscriminato di Israele.
Il Peterson, campione online di una nuova generazione di conservatori, disse a Netanyahu salutandolo alla fine dell’incontro «give’em hell», «dagli l’inferno». Giudicando quanto accaduto poco dopo a Gaza, non si può dire che Netanyahu non lo abbia ascoltato, come peraltro notato dallo storico italoisraeliano Ariele Toaff, che in un sentito messaggio postato sui social descriveva la tragedia palestinese parlando proprio dell’inferno.
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Di fatto, lo Shapiro, come altri prima di lui, ha la funzione semplice di tenere il conservatorismo americano attaccato alla causa israeliana, accecando l’opinione pubblica rispetto a tanti temi che potrebbero compromettere il rapporto con lo Stato Ebraico: la storia della nave USS Liberty (attaccata sanguinariamente nel 1967 dagli israeliani in quello che pareva un false flag organizzato perché gli USA dichiarassero guerra all’Egitto), il trattamento dei cristiani in Israele, l’influenza della lobby ebraica su politica e media americani.
Il sionismo e il conservatorismo americano sono da dirsi inestricabilmente legati, e categorie fittizie sino al ridicolo come quella di «giudeocristianesimo», «valori giudaico-cristiani», di cui abbiamo sentito riempersi la bocca solo una ventina di anni fa da filosofi presidenti del Senato italiano così come dalle alte sfere del papato, sono state create solo per mantenere in piedi questo inganno.
Come riassume lo studioso americano E. Michael Jones: «il conservatorismo esiste per tenerti stupido». Il lavoro di Ben Shapiro è tutto qui.
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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Politica
Trump manda gli auguri di Natale alla «feccia della sinistra radicale»
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President Trump just posted this on Truth Social today in response to the No Kings protests. 😅
He’s dropping crap on the protestors from a fighter jet. pic.twitter.com/7uBornAOBE — Laura Loomer (@LauraLoomer) October 19, 2025
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Politica
Il capo dell’opposizione in Bangladesh torna dopo 17 anni di esilio
Tarique Rahman, presidente ad interim del Partito Nazionalista del Bangladesh (BNP), che si trovava all’opposizione durante il governo dell’ex primo ministro Sheikh Hasina, è rientrato a Dhaka dopo quasi 17 anni di esilio.
Giovedì mattina Rahman è atterrato nella capitale bangladese, dove è stato accolto da una folla imponente; le misure di sicurezza sono state portate a livelli mai visti prima, vista la recente ondata di violenza e l’illegalità diffusa nel Paese.
Dal palco, il sessantunenne Rahman ha invitato all’unità tra le diverse comunità e forze politiche, ribadendo l’obiettivo di costruire un Bangladesh sicuro.
Entrambi i suoi genitori hanno ricoperto ruoli di vertice nel governo del Paese. Sua madre, l’ex primo ministro Khaleda Zia, è attualmente ricoverata in un ospedale di Dhaka.
Il padre di Tarique, Ziaur Rahman, sesto presidente del Bangladesh, venne assassinato da militari del Paese il 30 maggio 1981. Rahman aveva lasciato la patria nel 2008, definendo la propria fuga una conseguenza di persecuzioni a sfondo politico, e si era stabilito a Londra.
Ora ci si attende che Rahman sia il candidato principale alle prossime elezioni. Il governo ad interim, insediatosi dopo la cacciata dell’ex primo ministro Hasina nell’agosto 2024, ha rinviato per mesi l’annuncio della data elettorale e, sotto la pressione di varie forze politiche, ha infine fissato le urne per il 12 febbraio. Il governo provvisorio è guidato dal premio Nobel Muhammad Yunus.
Leaders Coming 🇧🇩 Tarique Rahman Zaima Rahman #BNP #Bangladesh #BNPMediaCell
. pic.twitter.com/K48LilviEQ— সাখাওয়াত হোসেন is in USA 🇺🇸 (@Shakhaw96379350) December 24, 2025
Millions gather in Dhaka to welcome Tarique Rahman, when he returns to Bangladesh after 17 years of exile. Sheikh Hasina, who had forced him to go on exile is herself on exile in India. NEVER BE VINDICTIVE IN POLITICS! pic.twitter.com/hJ5l6WCA1t
— Ashok Swain (@ashoswai) December 26, 2025
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Alla Lega Awami, il partito di Hasina, è stato vietato di partecipare alle elezioni.
Nelle ultime giornate il Bangladesh è stato teatro di un’ondata di violenza seguita alla morte di Sharif Osman Hadi, uno dei principali leader della rivolta del 2024, ucciso a colpi d’arma da fuoco da aggressori mascherati a Dhaka all’inizio del mese.
In seguito al suo assassinio, manifestanti sono scesi in piazza in tutto il Paese chiedendo l’arresto dei responsabili, intonando slogan anti-indiani e dando vita a sommosse. I dimostranti hanno attaccato e dato alle fiamme le sedi di due importanti quotidiani bengalesi, The Daily Star e Prothom Alo.
Le proteste si sono ulteriormente inasprite quando un operaio di fede indù è stato linciato da una folla e successivamente bruciato a Mymensingh. L’episodio ha acuito le tensioni diplomatiche tra Nuova Delhi e Dhaka, portando entrambi i Paesi a convocare i rispettivi ambasciatori. Mercoledì, a Dhaka, un passante è rimasto ucciso quando una bomba artigianale lanciata da un cavalcavia è esplosa.
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Immagine screenshot da YouTube
Politica
Trump definisce il New York Times una «minaccia alla sicurezza nazionale»
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