Spirito
Spedizione studia il monastero sommerso di San Paisij

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews.
Inondato nel Volga dai sovietici per costruire una grande stazione idroelettrica. Ha una storia gloriosa. Il grande ruolo di padre Paisij nella ricostruzione della Russia. Un eventuale ritrovamento visto come segno della nuova rinascita ortodossa nel Paese.
Spedizioni subacquee sono in corso per verificare le condizioni del monastero della Protezione della Madre di Dio di San Paisij, un antico santuario sommerso 100 anni fa dai sovietici nel fiume Volga per costruire una grande stazione idroelettrica.
L’esplorazione è organizzata dal Dipartimento regionale dello sviluppo economico della regione di Jaroslavl, nel nord della Russia europea, con la benedizione di Feoktist (Igumnov), vescovo locale di Pereslavl e Uglič.
Iniziate il 15 novembre, le ricerche sono condotte da sommozzatori professionisti, membri della protezione civile e un gruppo di storici.
I sovietici hanno terminato la centrale idroelettrica alla fine degli anni ’30 sotto Stalin, che aveva fatto della distruzione di antiche chiese un programma di «ateizzazione dimostrativa»
I sovietici hanno terminato la centrale idroelettrica alla fine degli anni ’30 sotto Stalin, che aveva fatto della distruzione di antiche chiese un programma di «ateizzazione dimostrativa».
Per costruire il complesso, le autorità hanno utilizzato parti degli stessi edifici del monastero, smontando alcune pareti. Per la prima volta da quando è stato creato il bacino idrico di Uglič si vuole scoprire ciò che è rimasto sott’acqua per tutto questo tempo.
Il monastero ha una storia gloriosa, che risale alla sua fondazione a metà del ‘400 da parte del monaco Paisij, inviato dallo zio e padre spirituale Makarij di Kaljazin, il cui monastero è stato anch’esso affondato dai sovietici (il campanile emerge ancora dalle acque).
Il convento di Paisij è stato uno dei primi edifici in pietra della città di Uglič, uno dei centri spirituali più importanti della Russia che rinasceva dopo il «giogo tartaro» di due secoli proprio grazie all’evangelizzazione monastica del nord. La sua chiesa centrale poteva ospitare oltre 2mila fedeli, e sulle pareti si trovavano diversi affreschi del famoso iconografo Andrej Rublev.
Il monastero del Pokrov (Protezione) era finito in mezzo alle guerre dei «Torbidi» di inizio ‘600, con le invasioni dei polacchi e dei «finti-zar» nel vuoto di potere dopo il periodo di Ivan il Terribile. La sua ricostruzione dopo gli scontri, in cui hanno perso la vita oltre 60 monaci, ha segnato di nuovo una rinascita della Russia ortodossa, durante il primo secolo patriarcale. Era uno dei santuari più importanti e ricchi di vocazioni monastiche, con un grande impulso alla formazione non solo dei monaci, ma anche all’istruzione del popolo.
Il direttore della spedizione, Dmitrij Širgaev, è noto per aver organizzato nella zona dell’Alto Volga un grande eco-parco chiamato «Leggende del bosco». Egli ha sottolineato che l’idea di studiare il monastero sommerso è nata dopo uno studio collettivo sulla storia del territorio di Uglič, allo scopo di tramandare la memoria alle future generazioni. A suo parere «l’influsso spirituale del monastero era enorme, e non si può dimenticare il grande ruolo di padre Paisij nella ricostruzione dell’intero Paese».
Sulla effettiva conservazione dei resti del monastero corrono da tempo molte leggende. Alcuni ritengono che non si sia salvato nulla; per altri vi sono ancora le pareti della chiesa principale.
«Speriamo di rinvenire una delle splendide croci dorate, sarebbe un segno della nuova rinascita della fede ortodossa nel nostro Paese»
Altri ancora sostengono che ogni tanto ancora si sentono i suoni dell’antico campanile, in origine alto 30 metri. Il mistero avvolge anche le reliquie di San Paisij, che potrebbero essersi conservate nei ruderi subacquei del monastero.
Uno dei più anziani esperti di storia del territorio, Viktor Erokhin, residente a Uglič, ha messo a disposizione molte carte topografiche con i piani del monastero prima della distruzione, insieme a fotografie e altri documenti.
A suo parere si dovrebbero ritrovare almeno le fondamenta e diversi elementi architettonici: «Speriamo di rinvenire una delle splendide croci dorate, sarebbe un segno della nuova rinascita della fede ortodossa nel nostro Paese».
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Immagine di Luciano via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Spirito
La chiesa africana respinge l’«arcivescova» di Canterbury

La Chiesa anglicana della Nigeria ha ufficialmente rigettato la nomina della prima «arcivescova» di Canterbury. La reazione era stata pienamente anticipata.
L’arcivescovo nigeriano, metropolita e primate della Chiesa nigeriana, Henry Ndukuba, ha definito l’elezione di Sarah Mullally un «doppio rischio»: in primo luogo, perché impone una leadership femminile a chi non può accettarla, e in secondo luogo, perché promuove «una forte sostenitrice del matrimonio tra persone dello stesso sesso».
In una dichiarazione pubblicata lunedì su Facebook, Ndukuba si è chiesto come Mullally «speri di ricucire il tessuto già lacerato della Comunione anglicana», considerando i dibattiti in corso sul matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Lo Ndukuba ha sottolineato che la Nigeria, parte della Global Fellowship of Confessing Anglicans (GAFCON), «riafferma la sua precedente posizione di sostenere l’autorità delle Scritture» e rifiuta quella che ha chiamato «l’agenda revisionista» presente in alcune sezioni della Comunione.
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«Questa elezione è un’ulteriore conferma che il mondo anglicano globale non può più accettare la guida della Chiesa d’Inghilterra e quella dell’arcivescovo di Canterbury», ha dichiarato Ndukuba.
La GAFCON ha espresso «dispiacere» per la nomina di Mullally, sostenendo che la Chiesa d’Inghilterra ha «abbandonato gli anglicani nel mondo» e ha perso la sua autorità morale. La Chiesa d’Inghilterra non ha ancora risposto alla dichiarazione nigeriana.
Sarah Mullally, 63 anni, è stata nominata venerdì come 106° Arcivescovo di Canterbury, dopo l’approvazione della sua candidatura da parte di Re Carlo III. Assumerà l’incarico a gennaio, dopo la conferma definitiva dei vertici della Chiesa d’Inghilterra, diventando la prima donna a ricoprire questo ruolo.
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In gran parte dell’Africa subsahariana, la Chiesa anglicana e altre denominazioni cristiane mantengono una visione tradizionale su matrimonio e genere. La Chiesa della Nigeria, una delle più grandi province anglicane, definisce il matrimonio esclusivamente come l’unione tra un uomo e una donna e non ordina donne come sacerdoti o vescovi.
In Kenya, nonostante la consacrazione del vescovo Rose Okeno abbia rappresentato una svolta storica, le donne in ruoli episcopali rimangono rare e le unioni tra persone dello stesso sesso sono fermamente respinte. Posizioni conservatrici simili predominano in Uganda e in gran parte dell’Africa orientale e occidentale. L’eccezione principale è la Chiesa anglicana dell’Africa meridionale, che ammette donne vescovo ma continua a sostenere l’insegnamento tradizionale sul matrimonio.
Come riportato da Renovatio 21, la comunione anglicana ha già visto a causa dell’elezione di una donna ad arcivescovo del Galles una rottura nelle sue pendici africane. In una conferenza a Kigali di due mesi fa, a seguito della nomina della «vescova» Cherry Wann ad arcivescovo del Galles, è stato concluso che «Poiché il Signore non benedice le unioni tra persone dello stesso sesso, è pastoralmente fuorviante e blasfemo formulare preghiere che invocano la benedizione nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».
«La decisione della Chiesa in Galles di eleggere la Reverenda Cherry Vann come Arcivescovo e Primate è un altro doloroso chiodo nella bara dell’ortodossia anglicana. Celebrando questa elezione e la sua immorale relazione omosessuale, la Comunione di Canterbury ha ceduto ancora una volta alle pressioni mondane che sovvertono la buona parola di Dio» aveva commentato Laurent Mbanda, Presidente del Consiglio dei Primati della Global Anglican Future Conference (GAFCON).
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Immagine screenshot da YouTube
Gender
Il cardinale Zen condanna il «pellegrinaggio» LGBT nella Basilica di San Pietro: «offesa a Dio»

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Misteri
Candace Owens pubblica i presunti messaggi di Charlie Kirk: «vedo il cattolicesimo in maniera sempre migliore»

Candace Owens ha pubblicato presunti messaggi personali del defunto Charlie Kirk che dimostrano un crescente interesse per la Chiesa cattolica. Lo riporta LifeSite.
In uno dei messaggi, Kirk affermava che «vedo il cattolicesimo in maniera sempre migliore». Owens ha affermato che Kirk le ha inviato il messaggio nel febbraio 2024 durante conversazioni private sulla teologia e sull’uso politico del termine «giudeo-cristiano».
Candace ha descritto l’osservazione come parte di uno scambio continuo tra amici, aggiungendo di non aver mai affermato che Kirk si fosse convertito o si stesse preparando a farlo. «Charlie stava attraversando alcuni cambiamenti spirituali verso la fine», ha detto l’attivista, affermando che Kirk «non frequentava la chiesa del pastore Rob McCoy», ma piuttosto andava a messa ogni settimana e a volte anche più spesso.
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Owens ha anche attirato l’attenzione sul ciondolo di San Michele che Kirk indossava al momento della morte, aggiungendo che la sua vedova, Erika, aveva portato un vescovo a pregare sul suo corpo in seguito, e in precedenza aveva portato un prete a casa loro per pregare dopo una «fattura» comminatagli pubblicamente da giornalisti di sinistra.
Aveva anche parlato positivamente dell’importanza della Madonna, presentandola come la «soluzione al femminismo tossico» e invitando gli evangelici a venerarla di più.
.@charliekirk11: Mary is the SOLUTION to radical feminism in America! pic.twitter.com/75KsdXtS2s
— LifeSiteNews (@LifeSite) July 17, 2025
Tuttavia, pur notando che i cattolici «speravano che avrebbe fatto il passo successivo perché stava pregando il Rosario», Owens ha insistito sul fatto che Kirk non aveva deciso di convertirsi e che lei non aveva mai affermato il contrario.
La rivelazione arriva nel mezzo di controversie in corso sulla vita spirituale e l’eredità di Kirk, seguite al suo assassinio a settembre. Alex Clark e Andrew Kolvette della TPUSA avevano recentemente discusso dell’interesse di Kirk per il cattolicesimo, definendolo più estetico che teologico.
«Stava diventando cattolico? No», ha detto Kolvet, produttore e caro amico di Kirk. «Ma amava molto la Messa cattolica. Amava il suo rituale. Amava la bellezza delle antiche chiese cattoliche e le vetrate. E lui ed Erika ci andavano ogni tanto».
«Mi è sembrata una specie di insabbiamento», ha detto la Owens a proposito di questa conversazione, chiedendosi perché personaggi vicini a Kirk si fossero affrettati ad affermare che non si stava avvicinando al cattolicesimo.
«Sono rimasto un po’ stupita», ha detto Candace, definendo il modo in cui hanno parlato dell’argomento un «tentativo inautentico di dissuadere l’idea che Charlie si stesse ammorbidendo nei confronti del cattolicesimo».
Le opinioni religiose di Kirk sono diventate un punto focale nella più ampia lotta sulla sua eredità, con personalità interne a Turning Point, e commentatori come la Owens che offrono resoconti divergenti delle sue posizioni private su questioni di fede.
Il giornalista della testata d’inchista di sinistra Grayzone Max Bluementhal ha sottolineato che un’eventuale conversione al cattolicesimo di Charlie lo avrebbe reso forse più distante dall’influenza israeliana, che abbonda tra gli evangelici americani da cui il ragazzo proveniva.
Bluementhal aveva pubblicato uno scoop che raccontava come Kirk avesse rifiutato 160 milioni offerti dal primo ministro israeliano Netanyahu a Turning Point USA (per portarlo «al prossimo livello») e come fosse stato invitato ad un ritrovo nella prestigiosa magione del miliardario hedge fund sionista Bill Ackman, dove gli sarebbe stata fatta pressione al punto che una lobbista israeliana britannica gli avrebbe pure urlato.
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Parimenti, è stato detto che amici avessero rivelato come Charlie avesse «paura» delle forze di Israele, di cui pure era stato un accanito sostenitore. L’insofferenza di Kirk per le pressioni che gli stavano mettendo – specie dopo che aveva fatto parlare ad un evento estivo il giornalista Tucker Carlson e il comico Dave Smith, considerati ora come anti-Israele – erano state rese pubbliche durante una trasmissione con la celebre giornalista Megyn Kelly.
Tutti coloro che si sono interessati del caso ci tengono a ricordare, tuttavia che non vi sono prove che Israele sia implicato nell’omicidio di Kirk.
Come riportato da Renovatio 21, a ribadire l’estraneità dello Stato Ebraico è stato più volte, alla TV americana e in videomessaggi pubblici sui social, il premier israeliano Beniamino Netanyahu, il quale per qualche ragione ha negato simultaneamente anche le accuse sugli assassinii rituali ebraici medievali con vittime i bambini cristiani, come San Simonino.
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Immagine di Gage Skidmore via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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