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Spagna, La laboriosa nomina del nuovo nunzio

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In un contesto politico segnato da scandali di corruzione e controverse riforme sociali, i rapporti tra la Chiesa cattolica spagnola e il governo di Pedro Sanchez, al potere dal 2018, si sono seriamente deteriorati, come dimostra la nomina estremamente laboriosa di un nuovo nunzio apostolico per il regno.

 

Non è solo il parto a essere doloroso: il 16 settembre 2025, la Santa Sede ha annunciato la nomina dell’arcivescovo Piero Pioppo a nunzio apostolico in Spagna, carica vacante dallo scorso febbraio. Questa decisione giunge in un momento di crisi aperta, in cui il governo socialista è accusato di aver ritardato l’approvazione del rappresentante del Vaticano nel regno per esprimere il proprio malcontento nei confronti della gerarchia ecclesiastica.

 

Un altro episodio che illustra la profonda tensione tra la Conferenza Episcopale Spagnola (CEE) e l’esecutivo nelle mani del leader del Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE). Oltre a questa nomina, le tensioni permangono su questioni storiche e sociali, esacerbate dalla posizione progressista dell’attuale primo ministro.

 

Quest’ultimo, un ateo autoproclamato proveniente da una famiglia repubblicana antifranchista, guida una coalizione eterogenea che include partiti di sinistra radicale come Sumar e Unidas Podemos. Da quando è salito al potere, il capo del governo ha introdotto una serie di riforme progressiste: la legalizzazione dell’eutanasia nel 2021, l’estensione del diritto all’aborto e il riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso e delle «identità di genere fluide«. Queste misure si sono scontrate direttamente con la Chiesa cattolica.

 

L’episcopato, guidato dall’arcivescovo di Valladolid, monsignor Luis Argüello, si è affrettato a denunciare «un’ideologia di genere che emargina la famiglia tradizionale e la libertà di coscienza». Nel marzo 2023, il capo dei vescovi spagnoli ha addirittura parlato di un «disaccordo preoccupante» sui piani del governo di limitare l’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche, accusando l’esecutivo di voler «emarginare» la religione in nome di un laicismo aggressivo.

 

Queste differenze ideologiche si sono cristallizzate attorno a delicate questioni sociali. Sull’aborto, ad esempio, i vescovi – più coraggiosi che altrove nel Vecchio Continente – hanno lanciato una campagna nazionale nel marzo 2025 contro quello che chiamano «l’inverno demografico» causato dai 2,5 milioni di aborti registrati dal 1985, di cui oltre 100.000 solo nel 2023.

 

Allo stesso modo, la legge sull’eutanasia, promulgata nel 2021, ha suscitato una forte opposizione da parte della CEE, che la considera una tendenza eugenetica contraria alla dignità umana. In risposta, il governo accusa la Chiesa di allearsi con la destra – in particolare con il Partito Popolare (PP) e Vox – per bloccare il progresso della società.

 

Gli scandali di corruzione che hanno colpito il governo hanno fornito all’episcopato una leva per influenzare il dibattito politico. Nel giugno 2025, l’arcivescovo Argüello ha pubblicamente esortato Pedro Sánchez a indire elezioni parlamentari anticipate, a causa di casi che coinvolgevano la moglie, il fratello ed ex membri del governo del primo ministro, sospettati di corruzione e traffico di influenze. Questa dichiarazione è stata interpretata come un «voto di sfiducia» dall’esecutivo.

 

Un altro simbolo cristallizza le tensioni: la Valle dei Caduti, un monumento franchista che ospita una basilica, una croce di 150 metri e un monastero benedettino. L’estrema sinistra vuole «risignificare» – ovvero «smantellare» – il complesso per trasformarlo in un luogo coerente con il suo fondamento ideologico. Nel maggio 2025, è stato negoziato un compromesso tra il governo spagnolo e la Santa Sede, che prevede la dismissione parziale del sito per 33 milioni di euro.

 

I vescovi, costretti ad accettare, espressero il loro disappunto. L’ex nunzio, monsignor Bernardito Auza, si era opposto a qualsiasi cambiamento, difendendo i benedettini dalle pressioni governative che avevano portato alle dimissioni del priore nel marzo 2025. I cattolici criticarono i vescovi per aver capitolato a un «governo anticlericale». L’arcivescovo di Oviedo, monsignor Jesus Sanz Montes, denunciò la vicenda come un'”arma di distrazione di massa” per mascherare le malefatte dell’esecutivo.

 

La dolorosa nomina a nunzio di mons. Pioppo, diplomatico esperto che ha prestato servizio in Ecuador, Camerun e Indonesia, riassume perfettamente il contesto di tesi rapporti tra il governo spagnolo e l’episcopato.

 

Il processo, che avrebbe dovuto iniziare a luglio 2025, è stato bloccato dal governo fino a settembre: impantanato in scandali di corruzione, superato a sinistra dai suoi attuali alleati politici che lo accusano di non essere sufficientemente impegnato contro Israele e a favore della Palestina, il primo ministro indebolito ha probabilmente voluto placare la Chiesa confermando il nuovo nunzio, per concedersi un po’ di tregua. Ma fino a quando?

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Immagine di Medelam via Wikimedia pubblicata su licenza  Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International; immagine tagliata

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Spirito

Costantinopoli, prima volta in 500 anni senza nuovi iscritti alla scuola simbolo greco-ortodossa

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.   Per l’anno 2025/26 si era presentato un solo nuovo alunno, dirottato in un altro istituto cristiano. Il numero di studenti alla Greek High School nel quartiere del Phanar sceso da 730 a 30 in poco meno di 150 anni. L’appello del preside Dimitri Zotos: «chiedo a tutti di dare una mano» per il futuro dell’istituzione e dell’istruzione cristiana in Turchia.   La storica scuola greca di Istanbul, simbolo della presenza secolare della comunità nel cuore economico e commerciale della Turchia, non ha registrato nuove iscrizioni di per l’anno scolastico 2025/26 da poco iniziato, potendo contare solo sulla presenza di poche decine di studenti. La Greek High School del quartiere del Phanar (Fener Rum Lisesi), istituzione presente da 571 anni nel Paese, ha infatti annunciato in questi giorni in via ufficiale che non accoglierà nuovi alunni per quest’anno accademico ed è a rischio il futuro stesso.   Ufficialmente conosciuta oggi come Private Phanar Greek Middle and High School, l’istituzione si trova nel quartiere del Phanar di Istanbul, affacciato sul Corno d’Oro. Tra i greci e le comunità greco-ortodosse è conosciuta come la «Grande Scuola della Nazione» [Megáli tou Génous Scholí, in greco] ed è stata fondata nel 1454 nel novero di un accordo tra il patriarca Gennadios e il sultano ottomano Mehmed II. Durante il periodo ottomano, essa formava numerosi funzionari di alto rango, capi interpreti, patriarchi e clero.

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Sino ad oggi l’istituzione – conosciuta anche col nome turco di «Özel Fener Rum Lisesi», che riflette l’eredità romano-orientale – ha proposto un’istruzione completa sia in lingua turca, che in greco. In particolare, l’edificio situato in via Sancaklar Yokuşu si trova su un terreno che un tempo apparteneva a Dimitri Kantemir, un principe moldavo e alunno della scuola stesso. È stato progettato dall’architetto Konstantinos Dimadis e, grazie anche alla sua grandezza architettonica e alla vicinanza al Patriarcato Ecumenico, è considerato uno dei punti di riferimento più importanti di Istanbul, oltre a essere indicato occasionalmente come «il quinto castello più grande d’Europa».   Fra le realtà più importanti e storiche legate al patriarcato, sta anch’essa subendo le conseguenze di una popolazione cristiana in continua diminuzione in Medio oriente, dalla Turchia alla Siria, fino all’Iraq e alla Terra Santa. Un calo che riguarda anche la popolazione greca di Istanbul e che impatta non solo sull’istituto collegato al Fanar (pur essendo fra i più colpiti), ma che coinvolge tutte le scuole della minoranza greca.   Interpellato dal quotidiano Agos, il preside Dimitri Zotos ha dichiarato che attualmente vi sono circa 300 studenti iscritti alle scuole della minoranza greca in tutta la Turchia, di cui solo 30 frequentano il liceo Fener. «Ad essere onesti, durante il periodo di iscrizione – ha spiegato – si è presentato uno studente, ma abbiamo convinto la famiglia a scegliere un’altra scuola greca, perché semplicemente non è fattibile tenere aperta una classe con un solo alunno». «Non è salutare né dal punto di vista psicologico, né pedagogico, né educativo. La famiglia – aggiunge – ha capito e ha accettato. Se nei prossimi anni arriveranno altri studenti, le nostre porte saranno sempre aperte».   «È ovvio – avverte il massimo dirigente dell’istituto – che stiamo affrontando serie sfide demografiche. Sarebbe un errore affermare il contrario». Ciononostante, prosegue – «è triste e fa riflettere che il numero di studenti in questo edificio sia sceso da 730 a 30 in 140 anni. Si tratta di sfide che sfuggono al nostro controllo e per le quali occorre trovare delle soluzioni». «Vogliamo che queste istituzioni sopravvivano. Sono preziose non solo per la nostra comunità, ma anche per la società in cui viviamo. Ecco perché – conclude Dimitri Zotos – chiedo a tutti di dare una mano».   Durante un incontro nel novembre 2023 tra i rappresentanti delle scuole delle minoranze e il ministro turco dell’Istruzione Yusuf Tekin, il preside ha sollevato la questione alle massime autorità del Paese, pur senza ricevere riscontri adeguati nel tempo. Nell’occasione Zotos ha affermato che l’abolizione della politica degli studenti ospiti, che in precedenza aveva contribuito ad aumentare le iscrizioni alle scuole greche, ha determinato al calo del numero di allievi negli ultimi anni.   Invitiamo i lettori di Renovatio 21 a sostenere con una donazione AsiaNews e le sue campagne. Renovatio 21 offre questo articolo per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Spirito

«Lo spingeremo allo scisma!»

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Come la Rivoluzione, il post-Concilio ridefinisce il buon cittadino della Chiesa.

 

In una testimonianza pubblicata nel 2009, poco prima della sua morte, il vescovo Jacques Masson (1) (1937-2010) ha riferito che il suo vescovo, il vescovo Jacques Ménager, furioso per la sua collaborazione con l’opera di monsignor Lefebvre, aveva esclamato durante un’accesa intervista con lui nel 1971: «Monsignor Lefebvre è un integralista, ha fatto di tutto per sabotare il Concilio».

 

«Dice di essere fedele al Papa, ma disobbedisce a Paolo VI: si rifiuta di celebrare la Nuova Messa. Bene! Vedremo fin dove arriverà la sua fedeltà al Papa: faremo in modo che Papa Paolo VI proibisca la Messa di San Pio V: o obbedirà al Papa celebrando la Nuova Messa, o lo spingeremo allo scisma!»(2)

 

Monsignor Ménager fu vescovo ausiliare di Versailles, vescovo di Meaux, poi arcivescovo di Reims, presidente della Commissione francese «Giustizia e Pace» (!) dell’episcopato francese al momento della sua creazione nel 1967. L’aneddoto ha il merito di dimostrare che più si predica l’apertura e il dialogo, più si aprono le ostilità.

 

Soprattutto, illustra la tendenza post-conciliare a ridefinire il buon cattolico come qualcuno che è in linea con il progressismo rivoluzionario, proprio come i teorici della Rivoluzione del 1789 ridefinirono il cittadino (3) .

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Così, monsignor Daniel Pézeril, vescovo ausiliare di Parigi, ha trovato il modo di dire al professor Jérôme Lejeune, venuto a chiedere ai vescovi sostegno nella sua lotta contro l’aborto, che era un «cattivo cristiano».

 

A proposito della Messa tradizionale, il celebre professore Andrea Grillo si è distinto di recente affermando che «Quelli che voi chiamate “tradizionalisti fedeli a Roma” sono in realtà persone che, per vari motivi, sono in rottura con Roma, e non in un rapporto di fedeltà» (4).

 

Questa esclusione dal campo dei cittadini ufficiali della Chiesa non ha nulla a che fare con la legalità. Avremo notato la contraddizione di Mons. Ménager che accusa Mons. Lefebvre di «disobbedire a Paolo VI» perché non celebra la nuova Messa, prima di rendersi conto che dovrà essere vietata… il che presuppone che sia autorizzata.

 

Ancor meno si preoccupa dello scopo della Chiesa, vale a dire la fede salvifica espressa nella predicazione della dottrina rivelata e nel culto liturgico vero e degno. Preoccuparsi delle accuse di scisma mosse dai «patrioti» della Nuova Messa significherebbe dare troppo credito allo scandalo farisaico (5).

 

Abate Nicolas Cadiet

FSSPX

 

 

NOTE

1) Il vescovo Jacques Masson (1937-2010) fu il primo direttore del seminario di Ecône, prima di dissociarsi dalla Fraternità nel 1974, deplorando un indurimento dei toni nei confronti di Roma.

2) La testimonianza completa (14 parti) di Mons. Masson è ancora disponibile su questo sito .

3) Vedi ad esempio Philippe Pichot-Bravard, La Rivoluzione francese , Via Romana, 2015.

4) https://blog.messainlatino.it/2024/06/intervista-al-prof-andrea-grillo-on.html

5) IIa IIae q.43 a.7.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Arte

Mons. Viganò offre la sua preghiera per il pittore Gasparro

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L’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha scritto su X un messaggio di solidarietà per l’artista Giovanni Gasparro, che ora rischia sei mesi di carcere per aver dipinto un quadro che ritrae il martirio di San Simonino, il bambino secondo la tradizione cattolica (che, fino al Concilio Vaticano II, lo venerava come beato) trucidato dagli ebrei di Trento in un atto di omicidio rituale.   «La rappresentazione del martirio di San Simone di Trento risponde alla narrazione riportata negli atti processuali ed è confermata dagli studi di Ariele Toaff, in particolare da “Pasque di sangue”, pubblicato nel 2007» scrive monsignor Viganò, ricordando il famoso caso editoriale che oramai quasi due decenni fa sconvolse l’Italia e il mondo.   «Quanti accusano di antisemitismo i Cattolici che venerano come Martire il piccolo Simonino sono più preoccupati dei carnefici che della vittima, verso cui continuano a vomitare il loro odio».  

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  «Questa narrazione non incanta più nessuno» dichiara l’arcivescovo, che offre «Tutta la mia preghiera e solidarietà per Giovanni Gasparro».   Simonino di Trento, noto da tutti come San Simonino (1472-1475), bambino di due anni e mezzo, fu trovato morto durante la Pasqua del 1475, venerato come beato dalla Chiesa cattolica sino al Concilio Vaticano II. A seguito del ritrovamento in una roggia del corpo (che, secondo voci, da qualche parte ancora dovrebbe esserci…), quindici ebrei di Trento furono interrogati con la tortura, e confessarono. Furono messi a morte. Il culto di Simonino divenne nei secoli, e non solo per il mondo cattolico, la prova dell’esistenza dell’omicidio rituale ebraico.   Lo studio storico Pasque di Sangue, edito per i tipi prodiani de Il Mulino esamina il contesto storico e culturale dell’ebraismo ashkenazita medievale in diaspora, dove nacque l’accusa agli ebrei di compiere omicidi rituali di bambini cristiani durante la Pasqua, utilizzando il loro sangue per presunti riti anticristiani.   Nel saggio, da un lato Toaff rigetta l’idea di omicidi rituali come mito cristiano, in linea con la storiografia tradizionale che considera tali accuse una montatura delle autorità cristiane, dall’altro suggerisce che, pur mancando prove dell’uso magico o superstizioso del sangue, non si può escludere che singoli individui, forse legati a gruppi estremisti ashkenaziti, possano aver compiuto tali pratiche. In particolare, vi sarebbero elementi che farebbero pensare a collegamenti con culti cabalistici dell’ebraismo dell’Europa orientale.   Il libro fu precipitosamente ritirato dalle librerie poche ore dopo l’uscita, mentre sui giornali impazzava la polemica.   Toaff, va ricordato, è figlio del già rabbino capo di Roma Elio Toaff, la cui «amicizia» con Giovanni Paolo II è stata spesso raccontata ai media. Ariel, professore universitario che insegna storia medievale ad Haifa, ha recentemente pubblicato un post in lingua italiana sui social in cui condanna senza appello quanto Israele sta facendo a donne e bambini palestinesi.   Una smentita alle storie sull’omicidio di bambini è giunta la scorsa settimana per bocca dello stesso premier israeliano Beniamino Netanyahu in un suo intervento alla TV americana per negare che Israele abbia ucciso Charlie Kirk.     «Nei secoli, specialmente nel Medio Evo, sono state dette le peggiori cose che si potevano dire riguardo agli ebrei: avvelenavamo i pozzi, noi bevevamo il sangue dei bambini cristiani… di tutto e di più… ciò è continuato sino all’Olocausto, i nazisti hanno detto le stesse cose» ha spiegato Netanyahu al canale della destra americana Newsmax, raccontando che ogni volta che queste cose sono state creduto ciò a portato a massacri, «culminando con il più grande massacro di tutti, l’Olocausto».   Nel frattempo, nel mondo impazzano le accuse per l’uccisione di migliaia di bambini, per bombe o per fame, nella campagna militare israeliana a Gaza.

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