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Sondaggio: le donne svedesi sono più inclini a credenze superstiziose

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La credenza nelle capacità soprannaturali è sorprendentemente diffusa tra le donne svedesi, ha rivelato il sondaggio nazionale SOM.

 

Tali risultati si sono rivelati una sorpresa anche per i ricercatori stessi, dal momento che gli svedesi sono generalmente visti come fautori di un razionalismo estremo con una forte base scientifica. In Svezia, dove il danaro contante è stato praticamente fatto sparire, per battezzarsi non si va in chiesa, ma all’anagrafe, dove si compila un documento. A farlo, si capisce, non sono tantissimi cittadini.

 

L’indagine si è concentrata generalmente su tre aree – società, opinione e mass media – ed era composta di diversi studi paralleli. La ricerca SOM è stata lanciata nel 1986 per mappare l’ evoluzione della società e il modo in cui influenza gli atteggiamenti e il comportamento degli svedesi.

 

Il sondaggio di quest’anno ha affrontato per la prima volta le abilità paranormali. Lo scopo della ricerca è quello di avere un quadro di quanto siano diffuse le credenze esoteriche tra la popolazione e quali gruppi tendano ad essere rispettivamente credenti e scettici.

 

Sorprendentemente, il sondaggio ha rivelato un marcato divario tra i sessi su questioni soprannaturali, con le donne due o più probabilità di credervi.

 

Il questionario è stato deliberatamente strutturato in modo sì o no, con la speranza di convincere gli intervistati a prendere posizione ed evitare risposte diplomatiche su cose che non sono scientificamente stabilite.

 

Ad esempio, quasi la metà di tutte le donne svedesi – il 44% – ha affermato che ci sono persone che possono percepire le cose attraverso un «sesto senso», contro il 21% degli uomini.

 

Inoltre, il 30% delle donne svedesi crede che esistano persone in grado di parlare con i morti, contro l’11% degli uomini. Allo stesso modo, il 29% delle donne svedesi crede che ci siano persone che possono ricordare cosa è successo nelle vite precedenti, contro l’11% degli uomini.

 

La stessa dinamica si applica a questioni come la previsione del futuro, l’uso di tarocchi, rune, movimenti delle stelle o la guarigione trasferendo energia dalle proprie mani.

 

Il ricercatore del SOM Institute Sebastian Lundmark, responsabile dello studio, ha azzardato che le percentuali possono sembrare «sorprendentemente alte» per molti. «Anche se la maggior parte degli svedesi è scettica, è chiaro che ci sono ancora gruppi relativamente grandi di cui stiamo parlando che differiscono dalla maggioranza nella loro visione di dove risiedano i limiti delle capacità delle persone».

 

I risultati possono davvero sembrare strani a molti, poiché lo stereotipo comune colloca gli svedesi nella categoria meno religiosa e più pragmatica e orientata alla scienza. Tra gli altri, lo scrittore e sociologo Hans Zetterberg ha definito i suoi compatrioti come «umanitari razionali».

 

Ci tocca quindi di citare Chesterton (e non vorremmo farlo, visto quanto è abusato dagli inutili cattolici conservatori): «Chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente perché comincia a credere a tutto. Quando la gente smette di credere in Dio, non è vero che non crede in niente, perché crede in tutto».

 

Si dice che tale citazione sia inesatta, una bufala, attribuita al grande scrittore cattolico inglese senza che l’abbia mai detta. Tuttavia il senso è giustissimo: sparisce la credenza in Dio, comincia quella negli spiriti – e cioè nei demoni.

 

La realtà controintuitiva della Svezia, rispetto alle apparenze, è stata raccontata dal cinema del cineasta svedese Ingmar Bergman, con capolavori in cui l’emotività dei personaggi (con le loro passioni, gelosie, contraddizioni) andava contro lo stereotipo dello svedese freddo e razionale. Il suo lavoro sui primi piani degli attori, e sul mondo interiore dei personaggi, è impareggiabile.

 

Parimenti, in questo articolo non possiamo non citare l’ultimo film del genio russo Andrej Tarkovskij, Sacrificio (Offret), girato proprio in Svezia con una troupe messa a disposizione al cineasta moscovita espatriato in Italia dallo stesso Bergman. Nella storia un uomo, agli albori di una possibile guerra mondiale, si rivolge ad una strega che abita gli infiniti boschi della Svezia.

 

 

 

Per chi vuole vedere invece lo stereotipo, e qualche dettaglio magari fatturale, rimane il documentario Svezia inferno e paradiso (1968), con musiche di Piero Umiliani. Il film portò il regista Luigi Scattini a non mettere piede in Isvezia per anni.

 

 

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Trump trolla tutti con un video AI in cui bombarda di escrementi i manifestanti «No Kings»

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Il presidente statunitense Donald Trump ha ridicolizzato le proteste «No Kings», diffondendo su Truth Social vari video generati dall’intelligenza artificiale, tra cui uno in cui rovescia sulla folla quella che appare come una massa di escrementi.

 

Sabato gli Stati Uniti sono stati teatro di un’ondata di dimostrazioni contro l’amministrazione Trump, con grandi raduni organizzati in oltre 2.500 luoghi in tutto il territorio nazionale.

 

I partecipanti accusano il presidente di abuso di potere e di erosione della democrazia, criticando inoltre la sua politica repressiva verso gli immigrati irregolari e l’impiego di truppe nelle città con la motivazione di contrastare la criminalità diffusa.

 

In risposta, Trump ha postato sui social media clip create con l’IA, inclusi filmati inizialmente caricati da Xerias, un account X pro-Trump noto per produrre meme digitali.

 

Una delle sequenze mostra Trump ai comandi di un jet da combattimento battezzato «King Trump», che scarica enormi masse di materia fecale su una folla di manifestanti – con in sottofondo la canzone di Kenny Loggins Danger Zone, irrimediabilmente associata alla celeberrima pellicola aeronautica Top Gun (1986), che la utilizza ben tre volte nella storia con protagonista il Tom Cruise.

 

Il video AI rilanciato dal presidente include anche un’immagine condivisa durante la protesta di New York dall’influencer progressista Harry Sisson, che nel video finisce sommerso, come tutta la serqua di manifestanti «No Kinghi» da una poderosa quantità di materia escrementizia.

 

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Il Sisson, idolo tiktoker progressista, l’ha presa male. Domenica mattina, Sisson ha replicato su X al video che lo ritraeva: «un giornalista può domandare a Trump il motivo per cui ha postato un filmato generato dall’IA in cui mi fa cadere la cacca addosso da un caccia?».

 

Il ragazzo ha quindi proceduto ad insultare Trump dicendo che nella realtà l’aereo non sarebbe potuto decollare a causa del «fat ass» («culo grasso») del presidente. Per fare ciò, il Sissone rimanda in onda per intero l’irresistibile video, di fatto ampliandone la portata.

 

 

In un’altra clip, originariamente diffusa dal vicepresidente JD Vance e condivisa da Trump, il presidente indossa una corona e un mantello, estrae una spada e si erge trionfante sugli avversari democrat.

 

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Il montaggio condiviso dal Vance termina con figure di spicco del Partito Democratico, come l’ex speaker della Camera Nancy Pelosi e il leader dell’opposizione al Senato Chuck Schumer, in ginocchio ai suoi piedi. Si tratta qui di un’allusione esplicita a una sessione fotografica del 2020 in onore di George Floyd.

 

I contenuti di Trump hanno suscitato risposte polarizzate: i suoi sostenitori li hanno rilanciati con entusiasmo, mentre detrattori come il senatore democratico Brian Schatz li hanno aspramente censurati. «Perché il Presidente dovrebbe diffondere online un’immagine in cui scarica feci sulle città americane?», ha twittato Schatz su X.

 

I progressisti americani non hanno ancora capito veramente che per la prima volta alla Casa Bianca c’è un presidente troll, e di capacità di trollaggio eccelse, o meglio quello che l’antropologia dell’internetto oggi definisce uno shitposter. Parola assai adeguata anche al caso presente.

 

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Immagine screenshot da Twitter

 

 

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Trump contro la trionfale copertina di TIME: «mi hanno fatto sparire i capelli»

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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha criticato l’ultima copertina della rivista Time, che accompagna un articolo che loda il suo ruolo nel negoziato di un cessate il fuoco tra Israele e il gruppo militante palestinese Hamas.   L’edizione di lunedì della rivista ha definito la tregua di Gaza come il «trionfo» di Trump, presentando un suo ritratto scattato dal basso. Sebbene abbia riconosciuto che l’articolo in sé fosse «relativamente buono», Trump ha duramente contestato l’immagine su Truth Social martedì mattina, definendola «forse la peggiore di sempre».   «Mi hanno fatto “scomparire” i capelli e poi hanno messo sopra la mia testa qualcosa che sembrava una corona fluttuante, ma estremamente piccola. Davvero strano!» ha scritto.   Trump ha frequentemente accusato i media americani di parzialità, sostenendo che la maggior parte della copertura mediatica evidenzi ingiustamente le critiche alla sua presidenza.  

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Non si tratta della prima volte che il Trump si preoccupa della sua criniera, a lungo oggetto di speculazioni sulla sua autenticità. Per provare di avere i capelli veri, si fece tirare i capelli in diretta dalla giornalista televisiva Mika Brzezinski (figlia del geostratega Zbigniew), che col marito co-conduttore Joe Scarborough divenne poi acerrima avversaria del presidente (con reductio ad Hitlerum ad abundatiam) e parossistica apologeta di Biden.     Il figlio primogenito Don jr. ha raccontato durante un incontro pubblico con Charlie Kirk che, raggiunto al telefono dai figli dopo l’attentato subito a Butler in Virginia durante la campagna elettorale, Trump ha chiesto loro come in TV, in quel momento, fossero i suoi capelli. «I capelli vanno bene… c’è molto sangue, ma vanno bene» ha risposto il figlio.     È lecito pensare che vi sia nel presidente statunitense una cifra sansonica, per cui il suo potere – a questo punto indiscutibile – è tratto proprio dalle sue bionde, inconfondibili, escrescenze tricologiche – che sono, lo sanno gli esperti, uno strumento di branding perfino superiore al baffetto dello Hitler, al baffone dello Stalin, alla pelata mussoliniana.  

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Ai nordcoreani è stato ordinato di identificare le donne con tette «antisocialiste»

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La Corea del Nord ha lanciato una severa campagna contro le donne sospettate di aver utilizzato protesi mammarie considerate «capitaliste», classificando tali interventi estetici come «antisocialisti» e «borghesi». Lo riporta il giornale britannico Telegraph.

 

Le forze di sicurezza del regime starebbero effettuando ispezioni invasive, con i responsabili dei comitati di quartiere incaricati di individuare donne che mostrano evidenti modifiche fisiche e di segnalarle per ulteriori accertamenti.

 

Nel regime guidato da Kim Jong-un, interventi come l’aumento del seno e la chirurgia delle palpebre sono ritenuti «atti non socialisti» e sono vietati. Chi viola queste norme rischia gravi conseguenze.

 

La notizia è emersa in concomitanza con un processo pubblico tenutosi nella sala culturale di Sariwon, dove un medico e due giovani donne sono stati processati per aver praticato e subito interventi al seno non autorizzati. Il medico, con scarsa esperienza, aveva abbandonato gli studi di medicina prima di completare la formazione chirurgica.

 

«A metà settembre, un processo pubblico si è svolto in un centro culturale nel cuore di Sariwon contro un medico che ha eseguito un’operazione illegale di mastoplastica additiva e due donne che si sono sottoposte all’intervento», ha riferito una fonte della provincia di North Hwanghae al quotidiano sudcoreano Daily NK.

 

I pubblici ministeri hanno accusato le donne di essere state «contaminate dalle usanze borghesi» e di aver adottato un «comportamento capitalista corrotto». Le imputate hanno dichiarato di voler «migliorare il loro aspetto», ma sono state definite una minaccia per il sistema socialista.

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Il giudice ha promesso «punizioni severe», mostrando come prove strumenti medici, silicone di contrabbando e denaro contante. Secondo quanto riferito, il giudice ha dichiarato che una delle imputate «non aveva alcuna intenzione di essere leale all’organizzazione e al collettivo, ma era ossessionata dalla vanità, diventando un’erba velenosa che minava il sistema socialista».

 

Una fonte ha inoltre riferito al Daily NK «che tra i residenti presenti al processo, si sono sentite critiche come “i medici fanno di tutto per denaro”, ma anche commenti di solidarietà, come “Non lo fa forse perché non ha altri mezzi per vivere?”»

 

Molte donne di Sariwon vivono nel timore di essere sottoposte a controlli se sospettate di aver effettuato interventi di chirurgia estetica.

 

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