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Geopolitica

Sicurezza, Tokyo vuole raddoppiare la spesa militare e dotarsi di missili

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

 

Il partito Liberaldemocratico ha presentato al premier e al ministro della Difesa raccomandazioni sulla revisione della politica di sicurezza nazionale. Due gli obiettivi: alzare il budget al 2% del PIL entro cinque anni; dotarsi di «capacità di contrattacco». Una proposta controversa che contraddice la Costituzione pacifista post-guerra

 

 

Il Partito Liberaldemocratico (LDP) ha presentato nei giorni scorsi al primo ministro Kishida Fumio e al ministro della difesa Kishi Nobuo le proprie raccomandazioni su come rivedere la politica di sicurezza nazionale.

 

Il contenuto delle proposte redatte dal gruppo di ricerca del LDP  non contiene grosse sorprese rispetto a quanto dibattuto negli ultimi mesi, ma servirà da fondamento per la scrittura del nuovo documento sulla Strategia di sicurezza nazionale, che dovrebbe essere discusso dal governo verso la fine di quest’anno.

 

Le raccomandazioni prendono atto di un ambiente esterno sempre più ostile a partire dall’aggressione russa all’Ucraina, senza dimenticare lo sviluppo del programma missilistico e nucleare della Corea del Nord o le crescenti manovre militari cinesi attorno a Taiwan.

 

«Vogliamo che il nostro Paese sia in grado di rispondere all’aumento delle capacità [militari] degli altri Stati» ha detto Onodera Itsunori, che ha presieduto il gruppo di ricerca.

 

Nel testo vi sono due raccomandazioni chiave. La prima è l’innalzamento del budget per la difesa al 2% del PIL in cinque anni. È una regola non scritta della politica giapponese che queste spese non superino l’1%, alla quale il governo di Tokyo si è attenuto dal dopoguerra. Secondo alcuni parlamentari LDP la soglia del 2% non è da considerarsi come obiettivo, bensì come un indicatore: raddoppiare il budget per la difesa infatti permetterebbe al Giappone di allinearsi agli impegni di spesa militare dei paesi Nato e, di conseguenza, potersi sedere al tavolo degli alleati da pari.

 

La seconda raccomandazione è quelle più controversa, perché prevede che Tokyo si doti di «capacità di contrattacco», cioè di forze missilistiche tali da poter colpire basi e assetti militari nemici al di fuori del proprio territorio.

 

Fino ad oggi il Sol Levante ha mantenuto nel proprio arsenale solo dispositivi difensivi per intercettare missili in arrivo. Tuttavia, il documento suggerisce che gli sviluppi della tecnologia di lancio hanno reso insufficienti questi dispositivi per la difesa del Paese e che Tokyo dovrebbe dotarsi di missili propri in grado di neutralizzare le forze nemiche quando queste, in mancanza di qualsiasi altra soluzione, appaiano sul punto di lanciare un attacco contro il Giappone.

 

La proposta tuttavia è vista come in contraddizione con la politica di sicurezza esclusivamente difensiva che caratterizza la strategia giapponese, nonché con la costituzione pacifista il cui articolo 9 prevede la rinuncia a qualsiasi forma di belligeranza. Proprio per placare i timori che si tratti di dispositivi offensivi, il gruppo di ricerca ha modificato la propria terminologia cambiando «capacità di attacco delle basi nemiche» in «capacità di contrattacco».

 

Il pubblico giapponese era infatti profondamente diviso sulla precedente terminologia, che sembrava implicare la possibilità che attacchi preventivi venissero contemplati, con 46% contrari e 46% favorevoli.

 

Il raddoppio della spesa per la difesa gode invece di un maggior consenso: secondo un sondaggio del Nikkei, il 55% degli intervistati sarebbe favorevole, mentre il 33% contrario.

 

Il governo Kishida si prepara quindi a rivedere la propria strategia sulla sicurezza, dovendo affrontare scelte difficili per dare risposte ai quei 9 giapponesi su 10 che ritengono che l’Asia orientale sia diventata più insicura negli ultimi anni.

 

Oltre a vincere le resistenze del Komeito, partito d’ispirazione buddhista che governa in coalizione con l’LDP, Kishida dovrà bilanciare le pressioni dei falchi della destra guidata da Abe Shinzo e le aspettative della popolazione, restando all’interno di un quadro normativo che comprime lo spazio di manovra della politica di difesa.

 

 

 

 

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Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

 

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Geopolitica

La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco

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Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha dovuto cancellare un viaggio previsto in Cina dopo che Pechino si sarebbe rifiutata di organizzare incontri di alto livello con lui, secondo quanto riportato venerdì da diversi organi di stampa.

 

Il Wadephul sarebbe dovuto partire per Pechino domenica per discutere delle restrizioni cinesi sull’esportazione di terre rare e semiconduttori, oltre che del conflitto in Ucraina.

 

«Il viaggio non può essere effettuato al momento e sarà posticipato a data da destinarsi», ha dichiarato un portavoce del Ministero degli Esteri tedesco, citato da Politico. Il Wadephullo avrebbe dovuto incontrare il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’agenda prevedeva troppo pochi incontri di rilievo.

 

Secondo il tabloide germanico Bild, i due diplomatici terranno presto una conversazione telefonica.

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Questo intoppo diplomatico si inserisce in un contesto di crescenti tensioni commerciali tra Cina e Unione Europea. Nell’ultimo anno, Bruxelles e Pechino si sono scontrate sulla presunta sovrapproduzione industriale cinese, mentre la Cina accusa l’UE di protezionismo.

 

All’inizio di questo mese, Pechino ha rafforzato le restrizioni sull’esportazione di minerali strategici con applicazioni militari, una mossa che potrebbe aggravare le difficoltà del settore automobilistico europeo.

 

La Germania è stata particolarmente colpita dal deterioramento del clima commerciale.

 

Come riportato da Renovatio 21, la Volkswagen sospenderà la produzione in alcuni stabilimenti chiave la prossima settimana a causa della carenza di semiconduttori, dovuta al sequestro da parte dei Paesi Bassi del produttore cinese di chip Nexperia, motivato da rischi per la sicurezza tecnologica dell’UE. In risposta, Pechino ha bloccato le esportazioni di chip Nexperia dalla Cina, causando una riduzione delle scorte che potrebbe portare a ulteriori chiusure temporanee di stabilimenti Volkswagen e colpire altre case automobilistiche, secondo il quotidiano.

 

Venerdì, il ministro dell’economia Katherina Reiche ha annunciato che Berlino presenterà una protesta diplomatica contro Pechino per il blocco delle spedizioni di semiconduttori, sottolineando la forte dipendenza della Germania dai componenti cinesi.

 

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Immagine di UK Government via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

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Geopolitica

Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset

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La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.   Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.   Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».   Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.

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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».   «Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.   Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.   Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».   «La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.   Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.   Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».  

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Geopolitica

Trump minaccia di togliere i fondi a Israele se annette la Cisgiordania

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Israele «perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti» in caso di annessione della Giudea e della Samaria, nome con cui lo Stato Ebraico chiama la Cisgiordania, ha detto il presidente USA Donald Trump.

 

Trump ha replicato a un disegno di legge controverso presentato da esponenti dell’opposizione di destra alla Knesset, il parlamento israeliano, che prevede l’annessione del territorio conteso come reazione al terrorismo palestinese.

 

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, sostenitore degli insediamenti ebraici in quell’area, si oppone al provvedimento, poiché rischierebbe di allontanare gli Stati arabi e musulmani aderenti agli Accordi di Abramo e al cessate il fuoco di Gaza.

 

Netanyahu ha criticato aspramente il disegno di legge, accusando i promotori di opposizione di una «provocazione» deliberata in concomitanza con la visita del vicepresidente statunitense J.D. Vance. (Lo stesso Vance ha qualificato il disegno di legge come un «insulto» personale)

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«I commenti pubblicati giovedì dalla rivista TIME sono stati espressi da Trump durante un’intervista del 15 ottobre, prima dell’approvazione preliminare alla Knesset di mercoledì – contro il volere del primo ministro – di un disegno di legge che estenderebbe la sovranità israeliana a tutti gli insediamenti della Cisgiordania» ha scritto il quotidiano israeliano Times of Israel.

 

Evidenziando l’impazienza dell’amministrazione verso tali iniziative, il vicepresidente di Trump, J.D. Vance, ha dichiarato giovedì, lasciando Israele, che il voto del giorno precedente lo aveva «offeso» ed era stato «molto stupido».

 

«Non accadrà. Non accadrà», ha affermato Trump a TIME, in riferimento all’annessione. «Non accadrà perché ho dato la mia parola ai Paesi arabi. E non potete farlo ora. Abbiamo avuto un grande sostegno arabo. Non accadrà perché ho dato la mia parola ai paesi arabi. Non accadrà. Israele perderebbe tutto il sostegno degli Stati Uniti se ciò accadesse».

 

Vance ha precisato che gli era stato descritto come una «trovata politica» e «puramente simbolica», ma ha aggiunto: «Si tratta di una trovata politica molto stupida, e personalmente la considero un insulto».

 

Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno guidato i Paesi arabi e musulmani negli Accordi di Abramo, si oppongono da tempo all’annessione della Cisgiordania, sostenendo che renderebbe vani i futuri negoziati di pace nella regione.

 

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