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Cina

Scienziato nucleare cinese si suicida gettandosi nel vuoto

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Il 14 giugno, la centrale nucleare cinese di Taishan, vicino a Hong Kong, ha subito danni alle barre di combustibile che hanno innescato un accumulo di gas radioattivi.

 

La società francese Framatome, comproprietaria dell’impianto, aveva richiesto assistenza al Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti poiché una «minaccia radiologica imminente» sembrava inevitabile.

 

Sono stati rilasciati gas radioattivi ma i funzionari statunitensi  avevano detto che la situazione nella centrale nucleare non «rappresentava una grave minaccia per la sicurezza dei lavoratori dell’impianto o del pubblico cinese».

Il 14 giugno, la centrale nucleare cinese di Taishan, vicino a Hong Kong, ha subito danni alle barre di combustibile che hanno innescato un accumulo di gas radioattivi

 

Tuttavia tre giorni dopo, Zhang Zhijian, uno dei migliori scienziati nucleari cinesi e vicepresidente dell’Università di ingegneria di Harbin, si sarebbe suicidato dopo essersi gettato da un edificio.

 

Il quotidiano di Hong Kong South China Morning Post ha affermato che la polizia nella capitale dell’Heilongjiang ha escluso l’omicidio come causa della morte.

 

«La Harbin Engineering University annuncia con profondo dolore che il professor Zhang Zhijian purtroppo è caduto da un edificio ed è morto alle 9:34 del mattino del 17 giugno 2021», ha scritto in una nota il resoconto ufficiale dell’università su Weibo, un social cinese.

 

«L’università esprime profondo dolore per la scomparsa del compagno Zhang Zhijian e profonde condoglianze alla sua famiglia». La lingua di legno del Partito Comunista Cinese è inconfondibile

«L’università esprime profondo dolore per la scomparsa del compagno Zhang Zhijian e profonde condoglianze alla sua famiglia». La lingua di legno del Partito Comunista Cinese è inconfondibile.

 

Zhang era professore alla Facoltà di Scienza e Tecnologia Nucleare presso l’Università di ingegneria di Harbin ed era anche il vicepresidente della società nucleare cinese.

 

Nella provincia settentrionale dell’Heilongjiang, in Cina, l’Università tecnica di Harbin è una delle due università cinesi che hanno stretti rapporti con l’Esercito di Liberazione del Popolo, ossia le forze armate della Repubblica Popolare Cinese controllate dal Partito Comunista

Nella provincia settentrionale dell’Heilongjiang, in Cina, l’Università tecnica di Harbin è una delle due università cinesi che hanno stretti rapporti con l’Esercito di Liberazione del Popolo, ossia le forze armate della Repubblica Popolare Cinese controllate dal Partito Comunista.

 

Lo scorso giugno, all’università è stato vietato l’utilizzo di un software per computer sviluppato dagli Stati Uniti a causa delle inasprite relazioni con l’Occidente.

 

Jennifer Zeng, una blogger dissidente di stanza negli USA, afferma che il professor Zhang Zhijian potrebbe aver avuto rapporti con i proprietari dell’impianto andato in avaria nelle scorse settimane:

 

«Una cosa interessante è che, già nel 2005, il proprietario cinese della centrale nucleare di Taishan , China Guangdong Nuclear Power Group, ha firmato un accordo di cooperazione con la Harbin Engineering University. Secondo l’accordo, la Harbin Engineering University da un lato formerebbe più talenti nel campo dell’energia nucleare per il China Guangdong Nuclear Power Group e, dall’altro, svolgerebbe ricerca».

 

«Diversi mesi dopo la firma dell’accordo, nel dicembre 2005, l’Università di Ingegneria di Harbin ha istituito il suo College of Nuclear Science and Technology, e Zhang Zhijian era il capo di questo college. Poi, due anni dopo, nel 2007, Cina e Francia hanno firmato un accordo per la co-costruzione della centrale nucleare di Taishan. La costruzione dell’Unità 1 e dell’Unità 2 della centrale nucleare di Tashan è iniziata nel 2009 e l’Unità 1 è entrata in esercizio commerciale il 13 dicembre 2018. Quindi, se controlli la biografia di Zhang Zhijian, scoprirai che è stato a capo del College of Nuclear Science and Technology per dieci anni, dal 2005 al 2015.  Questo si è sovrapposto al periodo di progettazione e costruzione della centrale nucleare di Taishan».

La notizia della morte del tecnico nucleare cinese, di cui gira in rete anche un agghiacciante video, pare non appassionare i giornali occidentali, che del resto ci hanno messo più di un anno per interessarsi agli scienziati della Chernobyl biologica di Wuhan

 

«Durante questo periodo di tempo, è molto probabile che Zhang Zhijian abbia formato un’enorme rete con il China Guangdong Nuclear Power Group e forse altre società, istituzioni e funzionari coinvolti nell’energia nucleare. Quindi, il commentatore cinese Zhou Xiaohui ha detto nel suo articolo che sospettava fortemente che il suicidio di Zhang Zhijian avesse qualcosa a che fare con la fuga della centrale nucleare di Taishan, dato che si era ucciso subito dopo che il Partito Comunista Cinese aveva risposto pubblicamente alla fuga di notizie, e dati i suoi stretti legami con China Guangdong Nuclear Power Group, così come l’intera industria nucleare in Cina».

 

Sono spiegazioni tutte da confermare, tuttavia nessuno sembra averne voglia di parlarne, né in Cina (ovviamente), né da noi.

 

La notizia della morte del tecnico nucleare cinese, di cui gira in rete anche un agghiacciante video, pare non appassionare i giornali occidentali, che del resto ci hanno messo più di un anno per interessarsi agli scienziati della Chernobyl biologica di Wuhan

 

 

 

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Cina

Giovani cinesi, cresce rischio obesità (e tumori): verso il 40% entro il 2030

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

Un recente studio ha scoperto che quasi la metà dei tumori diagnosticati tra il 2007 e il 2021 è legato al sovrappeso. A causa dei cambiamenti socio-culturali, sono sempre di più i giovani obesi. Il governo di Pechino ha lanciato un piano strategico per evitare un’esorbitante spesa economica.

 

Circa due giovani cinesi su cinque rischiano di essere in sovrappeso o affetti da obesità entro il 2030, con una maggiore probabilità di incorrere in malattie gravi come il cancro.

 

È questo l’allarme lanciato da un gruppo di scienziati cinesi attraverso uno studio pubblicato di recente sulla rivista americana Med. «Se non modifichiamo radicalmente la tendenza dell’obesità, l’incidenza dei tumori ad essa correlati continuerà inevitabilmente a crescere. Ciò costituirà un enorme fardello per l’economia e il sistema sanitario cinese», ha dichiarato al Global Times Yang Jinkui, tra gli autori del report ed endocrinologo presso la Capital Medical University di Pechino.

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Il team di ricercatori ha analizzato più di 651mila nuovi casi di cancro diagnosticati in Cina tra il 2007 e il 2021, scoprendo che circa il 48% rientrava tra i 12 tipi di tumore che secondo l’Organizzazione mondiale della sanità sono legati all’obesità.

 

Dallo studio emerge anche che, nello stesso intervallo di tempo, l’incidenza di tumori in Cina è aumentata del 3,6%, con un tasso di giovani dai 25 ai 29 anni gravemente malati superiore al 15% annuo. In altre parole, i giovani nati tra il 1997 e il 2001 hanno una probabilità di sviluppare tumori legati all’obesità 25 volte superiore rispetto alle persone nate tra il 1962 e il 1966.

 

E se non verranno intraprese misure tempestive per contrastare questo trend – avvisano gli scienziati – la percentuale di tumori associati all’obesità nei giovani cinesi è destinata a raddoppiare nel prossimo decennio. Previsioni che hanno buone probabilità di avverarsi: al momento la Cina è uno tra i Paesi con il più alto numero di giovani in sovrappeso o affetti da obesità, e la percentuale potrebbe raggiungere il 40% entro il 2030.

 

Le cause di questo fenomeno sono legate al rapido sviluppo dell’economia cinese e ai cambiamenti socio-culturali che hanno interessato il Dragone negli ultimi decenni. Con il miglioramento degli standard di vita della popolazione cinese, infatti, le abitudini alimentari delle persone sono cambiate, privilegiando il consumo di cibi di origine animale, di cereali raffinati e di alimenti altamente trasformati.

 

I ritmi quotidiani, inoltre, hanno indotto sempre più famiglie a risparmiare tempo mangiando al ristorante, dove spesso sono serviti piatti ricchi di grassi, zuccheri e calorie.

 

Anche la possibilità di poter ordinare prodotti alimentari a domicilio tramite le app online ha contribuito all’aumento dell’obesità tra gli adolescenti, facilitando la possibilità di reperire in qualsiasi momento cibo spazzatura.

 

Altrettanto influente è la tendenza all’inattività fisica e alla sedentarietà, dovuto all’incremento di tempo trascorso davanti agli apparecchi elettronici e all’eccessivo carico di studio, che a sua volta provoca stress, altro fattore che favorisce l’obesità.

 

Un ulteriore aspetto da non sottovalutare è l’eredità genetica: la probabilità che un bambino diventi obeso è fino a 15 volte maggiore se entrambi i genitori lo sono. Considerato che la percentuale di adulti cinesi in sovrappeso è in continuo aumento (anche se ancora tra le più basse al mondo) la situazione è alquanto preoccupante.

 

Ad avere un notevole impatto sul fenomeno è stata anche la pandemia di Covid-19 e il conseguente lockdown nazionale che ha limitato le possibilità di svolgere attività fisica all’aperto.

 

Diversamente dal passato, tuttavia, il sovrappeso in età infantile o adolescenziale non sembra essere più un problema in prevalenza urbano. Uno studio pubblicato a maggio di quest’anno sulla rivista Chinese Medical Journal rivela che il numero di bambini e ragazzi affetti da obesità nelle zone rurali cinesi è in crescita e potrebbe addirittura superare quello dei loro coetanei nelle città entro il 2027.

 

Le ragioni di questa inversione di tendenza sono ancora una volta da attribuire al generale sviluppo socio-economico del Paese e alla conseguente riduzione del gap tra le zone rurali e urbane, che ha fatto sì che i giovani nelle campagne siano esposti agli stessi rischi di sviluppare l’obesità, ma con minori possibilità di accesso a una dieta diversificata, ad adeguati servizi sanitari e a una corretta educazione alimentare. Anche le misure nazionali di prevenzione sanitaria sembrano avere uno scarso effetto nei villaggi rurali.

 

Se la situazione finora descritta non migliorerà, tra il 2025 e il 209 la Cina dovrà affrontare, secondo le stime, una spesa economica intorno ai 218 mila miliardi di yuan (28,5 trilioni di euro). Per scongiurare questo epilogo, nell’ottobre 2020 il governo cinese ha lanciato un piano strategico per controllare e prevenire l’obesità nelle giovani generazioni, con l’obiettivo di ridurne il tasso di crescita annuale del 70% entro il 2030.

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Tale programma, che coinvolge le famiglie, le scuole e le istituzioni mediche, promuove lo svolgimento di almeno tre ore di attività fisica ad alta intensità a settimana e sottolinea l’importanza di seguire una dieta sana ed equilibrata. Tra gli interventi implementati in questo senso ricordiamo il progetto noto come «Happy 10 minutes», per incentivare l’esercizio fisico, e i cosiddetti «Student Health Education Action» e «Healthy Children Action Plan», per sensibilizzare i giovani su una corretta alimentazione.

 

Alcuni esperti ritengono, tuttavia, che per ottenere risultati più efficaci sarebbe opportuno imporre una tassa del 20% sulle bevande zuccherate e limitare la vendita di cibi processati ai bambini.

 

In occasione della Terza conferenza sull’obesità in Cina (COC2024), tenutasi a Pechino a metà agosto, il professore Zhang Zhongtao ha ribadito che, nonostante i numerosi sforzi già compiuti, restano ancora molti obiettivi da raggiungere, come l’ampliamento dei canali di comunicazione per la prevenzione e il rafforzamento dei meccanismi di cooperazione ambulatoriale interdisciplinare negli ospedali.

 

«Di fronte a queste sfide», ha dichiarato Zhang, «abbiamo urgentemente bisogno di collaborare con una rete di prevenzione e cura dell’obesità guidata da professionisti e che coinvolga l’intera società».

 

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Cina

Anche il Sudan firma con la Cina patti per il nucleare

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Il 4 settembre, il Sudan e la Cina hanno firmato accordi per «sostenere gli obiettivi del Sudan di sviluppare l’energia nucleare pacifica, migliorare i porti marittimi e modernizzare gli aeroporti». Lo riporta il giornale sudanese Sudan Tribune.   Gli accordi sono stati firmati a margine del vertice 2024 del Forum sulla cooperazione Cina-Africa (FOCAC) a Pechino, che si svolge ogni tre anni in una delle capitali delle nazioni. I dettagli sugli orari e sui finanziamenti non sono stati resi pubblici.   «Il Sudan’s Energy and Mining Group, parte del complesso dell’industria della difesa del Paese, ha siglato accordi con China Energy Engineering Group, una società statale specializzata in progetti energetici e infrastrutturali», ha scritto il Sudan Tribune.   Sono stati inoltre firmati accordi tra il gruppo statale «Giad Engineering» e tre importanti società cinesi: Dongfeng Motors, Dongfeng Automobile e Zhenghou Annaide. Questa partnership si concentra sulla produzione di auto elettriche, camion e vari tipi di macchinari».

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Il Gruppo Giad Engineering è specializzato in prodotti nei settori dei trasporti, dell’agricoltura e dell’energia, produce camion, trattori, automobili, oli speciali per automobili, etc., Oltre alla formazione del personale dei quadri e dispone anche di centri di ricerca e sviluppo. Il presidente del Consiglio di sovranità del Sudan, Abdel Fattah Al-Burhan, ha partecipato all’evento, ha incontrato il presidente cinese Xi Jinping e ha supervisionato la firma degli accordi.   Il Sudan ha lottato per molti decenni per un sano sviluppo economico a causa della destabilizzazione causata da interessi nefasti in Inghilterra e da altre fonti, e questi accordi rappresentano una prospettiva ottimistica sul suo potenziale economico e sulla sua stabilità.   L’agenzia di stampa statale cinese Xinhua ha riferito: «Xi ha osservato che la Cina sostiene il Sudan nella salvaguardia della sovranità nazionale, dell’indipendenza e dell’integrità territoriale, e spera che il Sudan ripristinerà la pace e la stabilità in tempi brevi». La Cina continuerà a sostenere la giustizia per il Sudan in occasioni multilaterali e si batterà per un solido ambiente esterno per la soluzione politica della questione sudanese, ha affermato Xi.   «Al-Burhan ha affermato che la Cina ha realizzato molti progetti di costruzione di infrastrutture in Sudan, apportando importanti contributi allo sviluppo economico del Sudan e al miglioramento della vita delle persone. Al-Burhan ha parlato molto bene delle 10 azioni di partenariato proposte dal presidente Xi al vertice e ritiene che le azioni aiuteranno notevolmente il Sudan a liberarsi dalle sofferenze della guerra e a raggiungere la pace e lo sviluppo».   «Il Sudan è disposto a implementare attivamente i risultati del vertice insieme alla Cina e a continuare a rafforzare il partenariato strategico tra i due Paesi», ha affermato.   Come riportato da Renovatio 21, anche la Nigeria pochi giorni fa ha firmato per l’assistenza cinese nello sviluppo dell’industria nucleare.

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Cina

Mar Cinese meridionale: Pechino chiede a Kuala Lumpur di fermare le attività estrattive

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

La compagnia statale della Malaysia opera in aree che sono sotto la sovranità nazionale. In una nota inviata all’ambasciata malese, la Cina ha espresso il proprio disappunto, anche se il premier Anwar Ibrahim in passato aveva accennato alla possibilità di negoziati per risolvere la questione delle rivendicazioni cinesi.

 

La Cina ha chiesto alla Malaysia di interrompere tutte le attività di estrazione di petrolio al largo delle coste dello Stato di Sarawak, dove opera la compagnia Petronas.

 

Una richiesta avanzata tramite una nota di protesta inviata all’ambasciata malese in Cina la settimana scorsa, secondo quanto scritto dal quotidiano Philippine Daily Inquirer, che ha pubblicato il documento. «La parte cinese, ancora una volta, esorta la parte malese a rispettare realmente la sovranità territoriale e gli interessi marittimi della Cina e a interrompere immediatamente l’attività di esplorazione», si legge nella nota.

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La Cina accusa la Malaysia di invadere le aree delimitate nel Mar Cinese meridionale dalla cosiddetta linea dei nove tratti, su cui Pechino rivendica la propria sovranità, anche se si tratta di una zona a soli 100 km da Sarawak e a quasi 2mila chilometri di distanza dalla Cina continentale. E anche se nel 2016 la Corte permanente di arbitrato dell’Aia ha dichiarato nulle e illecite le rivendicazioni cinesi.

 

Il documento esprime anche un certo disappunto per le attività di esplorazione di gas e petrolio vicino alla barriera corallina di Luconia, un’area che i malesi chiamano «Gugusan Beting Raja Jarum», e la Cina conosce come «Nankang Ansha» e «Beikang Ansha». La zona si trova a circa 150 chilometri a nord del Borneo malese, all’interno della zona economica esclusiva di 200 miglia nautiche dalla Malaysia.

 

Negli ultimi anni la Cina ha aumentato il numero di attività militari nel Mar Cinese meridionale nel tentativo di far valere le proprie rivendicazioni territoriali, entrando in collisione con Taiwan e i Paesi del Sud-Est asiatico.

 

Al contrario, il primo ministro malese Anwar Ibrahim, nel tentativo di calmare le tensioni, ha finora usato toni diplomatici concilianti. Solo tre mesi fa il premier aveva definito la Cina un «vero amico».

 

«La gente dice: la Malaysia è un’economia in crescita. Non permettete alla Cina di abusare del suo privilegio e di estorcere denaro al Paese. Io ho risposto di no. Al contrario, vogliamo trarre vantaggio l’uno dall’altro, vogliamo imparare l’uno dall’altro e vogliamo trarre profitto da questo impegno», aveva affermato Anwar Ibrahim durante la visita del primo ministro cinese Li Qiang il 20 giugno.

 

L’anno scorso, Anwar aveva suscitato una certa indignazione per aver suggerito che il governo era pronto a negoziare le rivendicazioni territoriali della Cina nel Mar Cinese meridionale. «Ho sottolineato che la Malesia considera l’area come territorio malese, quindi Petronas continuerà le sue attività di esplorazione», aveva detto il premier, informando il Parlamento. «Ma se la Cina ritiene che questo sia un suo diritto, la Malaysia è aperta ai negoziati».

 

Dichiarazioni che avevano attirato l’immediata condanna dell’opposizione malese, rappresentata dalla coalizione del Perikatan Nasional. L’ex primo ministro Muhyiddin Yassin aveva commentato dicendo che i diritti territoriali della Malaysia non sono disponibili alla negoziazione «anche se sono rivendicati dalla Cina».

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In un secondo momento il governo aveva chiarito che il commento del premier segnalava la volontà che tutte le questioni relative al Mar Cinese Meridionale fossero risolte pacificamente.

 

La Malaysia esercita la sovranità sugli atolli e la barriera corallina di Luconia dal 1963 e nel 1974 il governo ha incorporato la compagnia energetica Petronas, conferendole i diritti di esplorazione.

 

Come sottolineato dall’Energy Information Administration statunitense, nel Mar Cinese meridionale si trovano quasi 3,6 miliardi di barili di petrolio e oltre 40mila miliardi di piedi cubi di gas naturale tra giacimenti certi e probabili.

 

Secondo i dati della Rystad Energy di Oslo, la maggior parte di queste risorse si trova all’interno di acque cinesi (1,4 miliardi di barili di petrolio e 5,7 trilioni di piedi cubi di gas naturale) e della Malaysia (1,3 miliardi di barili di petrolio e 29 trilioni di piedi cubi di gas naturale).

 

Secondo i dati della Malaysian Investment Development Authority, l’industria del petrolio e del gas contribuisce per circa il 20% al PIL malese. Come affermato dall’Istituto Yusof Ishak di Singapore, il settore «è stato sfruttato in modo molto efficace per lo sviluppo economico a lungo termine» grazie alla promozione dell’imprenditorialità nazionale.

 

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