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Geopolitica

Sarkozy: gli Stati Uniti usano l’Ucraina per indebolire l’UE

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L’ex presidente francese Nicolas Sarkozy si è espresso contro l’adesione dell’Ucraina all’UE e alla NATO, sostenendo che la mossa non porterebbe la pace in Europa e minerebbe l’indipendenza del continente.

 

La scorsa settimana, parlando all’emittente televisiva France 5, Sarkozy ha ribadito le sue richieste per un compromesso tra Mosca e Kiev, sottolineando che il conflitto ha già causato la morte di circa mezzo milione di persone, la maggior parte delle quali ucraine.

 

«Ma continuiamo perché nel Boulevard Saint-Germain sono molto coraggiosi nel mandare a morire i giovani ucraini», ha aggiunto, riferendosi alla strada che si è guadagnata la reputazione di sede dei dibattiti politici tra gli intellettuali francesi.

 

Pur denunciando la Russia come «aggressore» nel conflitto, Sarkozy ha affermato di ritenere che l’adesione dell’Ucraina alla NATO e all’UE – perseguita da Kiev per molti anni – non porterà alla pace. «Perché se porti l’Ucraina in Europa, rafforzerai l’Europa americana poiché i paesi dell’Europa orientale sono dominati dagli Stati Uniti», ha osservato.

 

Secondo Sarkozy, mentre l’Ucraina esprime essenzialmente i desideri dell’America perché dipende fortemente dall’assistenza militare di Washington, lo stesso non vale per i rapporti tra Washington e Parigi. «La Francia ha una voce unica… e non si allinea con gli interessi americani», ha dichiarato l’ex presidente.

 

Pur ribadendo che vuole che la Francia sostenga l’Ucraina, Sarkozy ha affermato di credere che l’Ucraina dovrebbe eventualmente ricevere garanzie di sicurezza dall’Occidente, ma deve rimanere neutrale e continuare a servire da «ponte tra il mondo slavo della Russia e noi (…) non possiamo continuare a fare la guerra dicendo semplicemente: “Più armi, più morti, più resistenza”. Come ne esci?».

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Sarkozy ha affermato che il conflitto in Ucraina avvantaggia solo la Cina, che secondo lui sta guadagnando influenza corteggiando i suoi partner nel gruppo economico BRICS, e gli Stati Uniti, che traggono profitto dalle vendite di armi e dai prezzi più alti del gas naturale liquefatto.

 

La settimana precedente, il politico gollista aveva suggerito che qualsiasi compromesso con Mosca comporterebbe il riconoscimento della Crimea come parte della Russia.

 

Tale dichiarazione che ha scatenato indignazione a Kiev, con l’immancabile Mikhailo Podoliak, aiutante del presidente ucraino Zelens’kyj, che ha definito la proposta «criminale» e ha accusato Sarkozy di complicità nell’organizzazione di «genocidio e guerra». L’alto funzionario ucraino su Twitter ha bollato la proposta di Sarkozy come «fantastica» e «criminale».

 

Al pari della proposta lanciata da Elon Musk nei mesi scorsi, l’ex presidente francese aveva ipotizzato di risolvere conflitto in corso ormai da un anno e mezzo, attraverso una serie di referendum sotto  stretto controllo internazionale nelle quattro nuove regioni russe e in Crimea, di modo, a suo dire, di portare a risoluzione definitiva le controversie territoriali tra i due vicini e aiuterebbe l’Europa a evitare di congelare il conflitto, aveva dichiarato Sarkozy all’inizio di questa settimana al quotidiano parigino Le Figaro.

 

Il Podolyak ha respinto questi suggerimenti affermando che Sarkozy non aveva il diritto di «scambiare i territori di altri». L’assistente presidenziale ha poi dichiarato la Crimea e il Donbass «territori incondizionati dell’Ucraina», aggiungendo che la Russia non ha il diritto di indire referendum lì e che non vi sono «particolarità culturali o linguistiche» in queste regioni.

 

Come riporta RT, Mosca ha più volte sottolineato la persecuzione della minoranza russofona in Ucraina, così come di altri gruppi non etnicamente ucraini, nonché le politiche nazionaliste di Kiev per l’insegnamento delle lingue minoritarie nelle scuole. «Secondo Podolyak, c’è solo un modo per porre fine al conflitto in corso ed è che la Russia “perda”» scrive il sito russo. Non bisogna dimenticare che Podolyak, fresco di attacchi al papa e financo al cristianesimo tout court, è quello che parla della «massima uccisione dei russi» come fine della guerra in corso.

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Il Sarkozy sarebbe stato complice di quello che Podolyak ha definito un «crimine durato anni», presumibilmente aiutando e favorendo Mosca nella conquista dei territori che Kiev considera suoi. In particolare, il funzionario ucraino ha accusato l’ex presidente francese di «incoraggiare» Mosca a «conquistare terre straniere» durante la breve guerra della Russia con la Georgia nel 2008 e dopo il colpo di Stato di Maidan in Ucraina nel 2014.

 

Le azioni di Sarkozy «hanno contribuito all’inizio di un’aggressione su vasta scala in Europa e allo sterminio di massa degli ucraini», ha affermato Podolyak, aggiungendo che l’ex leader francese avrebbe «partecipato deliberatamente a una cospirazione criminale per la conquista dei territori ucraini da parte della Russia e la successiva organizzazione di un genocidio e guerra su larga scala».

 

Nel 2008 Sarkozy ha mediato un accordo di pace tra Mosca e Tbilisi. Le truppe russe sono state costrette a intervenire dopo che la Georgia ha lanciato un attacco contro la regione separatista dell’Ossezia del Sud, sperando di sopraffare il battaglione russo di mantenimento della pace di stanza lì dagli anni ’90.

 

Nel 2015, un anno dopo che la Crimea aveva votato a favore dell’adesione alla Russia in un referendum sulla scia del colpo di stato di Maidan, Sarkozy aveva sostenuto che la Crimea non può essere incolpata per aver scelto Mosca invece di Kiev e ha chiesto la creazione di una forza di mantenimento della pace per proteggere i russofoni in Ucraina.

 

Nell’intervista di questa settimana con Le Figaro, Sarkozy ha invitato l’Europa a riconoscere che la Crimea probabilmente rimarrà russa e che qualsiasi passo indietro in questo senso «è illusorio». L’ex presidente francese anche affermato che la Russia rimarrà un vicino dell’Europa e che gli interessi europei nelle sue relazioni con Mosca «non sono allineati» con quelli di Washington.

 

Va ricordato come al marito di Carla Bruni vada accordato tutto il dubbio del caso: le sue manovre nel 2011 per defenestrare Berlusconi (le risatine con la Merkel nel mezzo dello psicodramma artificiale dello spread) e detronizzare Gheddafi, che si sospetta essere suo sostenitore elettorale ma è comunque finito linciato a morte nell’intervento preteso dall’asse Parigi-Londra Washington, non vanno dimenticate mai.

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Per gli USA ora la normalizzazione delle relazioni con la Russia è un «interesse fondamentale»

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Gli Stati Uniti hanno indicato il rilancio dei rapporti normali con la Russia e l’interruzione rapida della guerra in Ucraina come priorità assolute nella loro nuova Strategia per la sicurezza nazionale, diffusa venerdì dalla Casa Bianca, ponendoli tra gli obiettivi cardine per gli interessi americani.   Il documento di 33 pagine delinea la prospettiva di politica estera delineata dal presidente Donald Trump, affermando che «è un interesse essenziale degli Stati Uniti negoziare una rapida cessazione delle ostilità in Ucraina», al fine di «stabilizzare le economie europee, scongiurare un’escalation o un allargamento imprevisto del conflitto e ricostruire la stabilità strategica con la Russia».   Si evidenzia come il conflitto ucraino abbia «profondamente indebolito le relazioni europee con la Russia», minando l’equilibrio regionale.   Il testo rimprovera i dirigenti europei per le «aspettative irrealistiche» sull’evoluzione della guerra, precisando che «la maggioranza degli europei anela alla pace, ma tale aspirazione non si riflette nelle politiche adottate».

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Washington, prosegue il rapporto, è disposta a un «impegno diplomatico sostanziale» per «supportare l’Europa nel correggere la sua rotta attuale», reinstaurare l’equilibrio e «ridurre il pericolo di scontri tra la Russia e gli Stati europei».   A differenza della strategia del primo mandato di Trump, che accentuava la rivalità con Russia e Cina, la versione attuale sposta l’asse sull’emisfero occidentale e sulla tutela del suolo patrio, dei confini e delle priorità regionali. Esorta a riallocare le risorse dai fronti remoti verso minacce più immediate e invita la NATO e i Paesi europei a farsi carico in prima persona della propria sicurezza.   Il documento invoca inoltre l’arresto dell’espansione della NATO, una pretesa a lungo avanzata da Mosca, che la indica come una delle ragioni principali del conflitto ucraino, interpretato come una guerra per interposta persona orchestrata dall’Occidente.   In sintesi, la strategia segna un passaggio dall’interventismo universale a un approccio estero più pragmatico e contrattuale, sostenendo che gli Stati Uniti debbano intervenire oltre i propri confini solo quando gli interessi nazionali sono direttamente coinvolti.   Si tratta del primo di una sequenza di rilevanti atti su difesa e politica estera che l’amministrazione Trump si accinge a emanare, tra cui una Strategia di Difesa Nazionale rivista, la Revisione della Difesa Missilistica e la Revisione della Postura Nucleare, tutti attesi in linea con l’impostazione del documento. SOSTIENI RENOVATIO 21
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Geopolitica

Israele potrebbe iniziare a deportare gli ucraini

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Decine di migliaia di rifugiati ucraini in Israele rischiano la deportazione entro la fine del prossimo mese, a causa del protrarsi del ritardo governativo nel rinnovare il loro status legale. Lo riporta il quotidiano dello Stato Giudaico Haaretz.

 

La tutela collettiva offerta a circa 25.000 ucraini in seguito all’aggravarsi del conflitto in Ucraina nel 2022 necessita di un’estensione annuale, ma gli attuali permessi di soggiorno scadono a dicembre.

 

Tuttavia, Israele non si è dimostrato particolarmente ospitale verso molti di questi migranti, in particolare quelli non eleggibili alla «Legge del Ritorno», una legge fondamentale dello Stato di Israele implementata dal 1950che garantisce a ogni ebreo del mondo il diritto di immigrare in Israele e ottenere la cittadinanza, basandosi sul legame storico e religioso del popolo ebraico con la Terra Promessa. Secondo i resoconti dei media locali, gli ucraini non ebrei ottengono spesso solo una protezione provvisoria, devono fare i conti con norme d’ingresso stringenti e sono esclusi dalla residenza permanente o dagli aiuti sociali, finendo intrappolati in un limbo legale ed economico.

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In carenza di un ministro dell’Interno ad interim, la competenza su tale dossier è passata al premier Benjamino Netanyahu, ma una pronuncia non è ancora arrivata, ha precisato Haaretz.

 

L’Autorità israeliana per la Popolazione e l’Immigrazione ha indicato che la pratica è in esame e che una determinazione verrà comunicata a giorni, ha aggiunto il giornale.

 

Anche nell’Unione Europea, l’assistenza ai profughi ucraini è messa alla prova, con vari esecutivi che stanno tagliando i piani di supporto per via di vincoli di bilancio. Dati Eurostat mostrano un recente incremento degli arrivi di maschi ucraini in età da leva nell’UE, in scia alla scelta del presidente Volodymyr Zelens’kyj di allentare i divieti di espatrio per la fascia 18-22 anni. Tale emigrazione continua di uomini abili al reclutamento sta acutizzando le già critiche carenze di forza lavoro in Ucraina.

 

Germania e Polonia, i due Stati membri che accolgono il maggior numero di ucraini, hanno di recente varato restrizioni sui sussidi, malgrado un calo del consenso popolare.

 

Il presidente polacco Karol Nawrocki ha annunciato il mese scorso che non rinnoverà gli aiuti sociali per i rifugiati ucraini oltre il 2026. A quanto pare, l’opinione pubblica polacca sui profughi ucraini si è inasprita dal 2022, per via di frizioni sociali e del diffondersi dell’idea che rappresentino un peso o una minaccia criminale.

 

Quest’anno, i giovani ucraini hanno provocato quasi 1.000 interventi delle forze dell’ordine per scontri, intossicazione alcolica e possesso di armi non letali in un parco del centro di Varsavia, ha rivelato all’inizio della settimana Gazeta Wyborcza.

 

Una sorta di cecità selettiva, o di compiacenza, di Tel Aviv nei confronti del neonazismo ucraino pare emergere anche da dichiarazioni dell’ambasciatore dello Stato Ebraico a Kiev, che ha detto di non essere d’accordo con il fatto che Kiev onori autori dell’Olocausto della Seconda Guerra Mondiale come eroi nazionali, tuttavia rassicurando sul fatto che tale disputa non dovrebbe rappresentare una minaccia per il sostegno israeliano al governo ucraino.

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Secondo un articolo del Washington Post, circa la metà dei 300.000 ebrei ucraini sarebbero fuggiti dal Paese dall’inizio del conflitto con la Russia.

 

Come riportato da Renovatio 21le pressioni dell’amministrazione Biden su Tel Aviv per la fornitura di armi a Kiev risale ad inizio conflitto.

 

Tre anni fa l’ex presidente russo e attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitrij Medvedev aveva messo in guardia Israele dal fornire armi all’Ucraina in risposta alle affermazioni secondo cui l’Iran sta vendendo missili balistici e droni da combattimento alla Russia.

 

Israele a inizio 2022 aveva rifiutato la vendita di armi cibernetiche all’Ucraina o a Stati, come l’Estonia, che potrebbero poi rivenderle al regime Zelens’kyj.

 

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Quattro Stati UE boicotteranno l’Eurovision 2026 a causa della partecipazione di Israele

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Spagna, Irlanda, Slovenia e Paesi Bassi hanno annunciato il boicottaggio del prossimo Eurovision Song Contest in seguito alla conferma della partecipazione di Israele. All’inizio del 2025 diverse emittenti avevano chiesto all’Unione Europea di Radiodiffusione (EBU), organizzatrice dell’evento, di escludere Israele accusandolo di brogli nel voto e per il conflitto in corso a Gaza.   L’ultima tregua, mediata dagli Stati Uniti, avrebbe dovuto porre fine ai combattimenti e permettere l’arrivo di aiuti umanitari nell’enclave, ma da quando è entrata in vigore gli attacchi israeliani hanno causato 366 morti, secondo il ministero della Salute di Gaza.   Il tutto si inserisce in un anno di escalation iniziato con l’offensiva israeliana lanciata in risposta all’attacco di Hamas dell’ottobre 2023, che provocò 1.200 morti e il rapimento di 250 ostaggi. Da allora, secondo le autorità sanitarie locali, l’operazione militare israeliana ha ucciso oltre 70.000 palestinesi.

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Le decisioni di ritiro sono arrivate giovedì, subito dopo l’approvazione da parte dell’EBU di nuove regole di voto più rigide, varate in risposta alle accuse di diverse emittenti europee secondo cui l’edizione 2025 era stata manipolata a favore del concorrente israeliano.   Poche ore più tardi l’emittente olandese AVROTROS ha comunicato l’addio al concorso: «La violazione di valori universali come l’umanità, la libertà di stampa e l’interferenza politica registrata nella precedente edizione dell’Eurovision Song Contest ha oltrepassato un limite per noi».   L’emittente irlandese RTÉ ha giustificato la propria scelta con «la terribile perdita di vite umane a Gaza», la crisi umanitaria in corso e la repressione della libertà di stampa da parte di Israele, annunciando anche che non trasmetterà l’evento.   Anche la televisione pubblica slovena RTVSLO ha confermato il ritiro: «Non possiamo condividere il palco con il rappresentante di un Paese che ha causato il genocidio dei palestinesi a Gaza», ha dichiarato la direttrice Ksenija Horvat.   Successivamente è arrivata la decisione della spagnola RTVE, che insieme ad altre sette emittenti aveva chiesto un voto segreto sull’ammissione di Israele. Respinta la proposta dall’EBU, RTVE ha commentato: «Questa decisione accresce la nostra sfiducia nell’organizzazione del concorso e conferma la pressione politica che lo circonda».

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Per far fronte alle polemiche, gli organizzatori dell’Eurovision hanno introdotto nuove misure anti-interferenza: limiti al televoto del pubblico, regole più severe sulla promozione dei brani, rafforzamento della sicurezza e ripristino delle giurie nazionali già nelle semifinali.   Come riportato da Renovatio 21, due anni fa arrivò in finale all’Eurovisione una sedicente «strega» non binaria che dichiarò di aver come scopo il «far aderire tutti alla stregoneria».   Vi furono polemiche quattro anni fa quando la Romania accusò che l’organizzazione ha cambiato il voto per far vincere l’Ucraina.   Due anni fa un’altra vincitrice ucraina dell’Eurovision fu inserita nella lista dei ricercati di Mosca.   Come riportato da Renovatio 21, la Russia ha lanciato un’«alternativa morale» all’Eurovision, che secondo il ministro degli Esteri di Mosca Sergej Lavrov sarà «senza perversioni».

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