Geopolitica
Russia e Ucraina potrebbero non firmare mai un trattato di pace
Russia e Ucraina potrebbero non firmare mai un trattato di pace formale che ponga fine all’attuale conflitto, ha scritto Kirill Budanov, capo dell’Intelligence militare ucraina, in un editoriale, di cui sono stati pubblicati alcuni estratti lunedì.
Budanov ha fatto riferimento a Russia e Giappone, che non hanno mai firmato un trattato di pace globale dopo la seconda guerra mondiale a causa delle rivendicazioni di Tokyo su diverse Isole Curili russe.
«Ci sono casi nella storia in cui vecchie guerre tra stati non sono state concluse legalmente. Un esempio ovvio è la Russia e il Giappone. Non firmarono un accordo di pace dopo il 1945 a causa [della disputa] sulle Isole del Nord, conosciute anche come Isole Curili in Russia. Questo problema territoriale esiste ormai da più di 70 anni», ha scritto Budanov in un editoriale per la rivista NV.
«Ecco perché uno scenario del genere è molto probabile nel nostro caso, considerando che la Russia ha un notevole appetito territoriale nei confronti dell’Ucraina, e non solo riguardo alla Crimea».
Il vertice del servizio militare GUR in un’intervista a Yahoo News di mesi fa aveva promesso che «continueremo a uccidere russi ovunque sulla faccia di questo mondo fino alla completa vittoria dell’Ucraina». Come riportato da Renovatio 21, il comitato investigativo russo il mese scorso aveva individuato in Budanov e in altri tre alti ufficiali militari ucraini le menti di oltre 100 «attacchi terroristici» che hanno coinvolto droni contro infrastrutture civili a Mosca e in altre città russe.
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I commenti del capo del servizio militare russo arrivano mentre la tanto attesa controffensiva di Kiev, lanciata in estate, si è in gran parte esaurita senza ottenere vittorie significative sul campo, scrive RT. Le truppe ucraine hanno lottato per sfondare le linee di difesa fortificate e attraversare fitti campi minati, perdendo nel processo molti carri armati forniti dalla NATO e altri veicoli corazzati. Parlando all’Economist questo mese, Valery Zaluzhny, il massimo generale dell’Ucraina, ha descritto la situazione sul campo di battaglia come «una situazione di stallo».
Le prospettive per un trattato di pace tra Mosca e Kiev rimangono desolanti. Il presidente Vladimir Zelenskyj e altri alti funzionari ucraini hanno escluso negoziati a meno che la Russia non rinunci ai territori recentemente acquisiti. Mosca ha ripetutamente affermato che ciò sarebbe impossibile.
La Crimea ha votato per lasciare l’Ucraina e unirsi alla Russia nel 2014, a seguito di un colpo di stato sostenuto dall’Occidente a Kiev quell’anno. Altri quattro territori – le Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, nonché le regioni di Kherson e Zaporozhye – hanno fatto lo stesso dopo aver tenuto i referendum nel settembre 2022.
Il mese scorso, il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha dichiarato che la Russia non mira ad acquisire nuove terre, ma a proteggere la popolazione del Donbass e mantenere la propria sicurezza, sottolineando che Kiev era vicina a firmare un patto di neutralità nel marzo 2022, ma da allora ha scartato gli accordi.
Come riportato da Renovatio 21, la prossimità della firma dopo nemmeno un mese di guerra fu testimoniata da due eventi: la ritirata della colonna di 50 chilometri di carrarmati russi arrivati praticamente a Kiev, e l’arrivo a Kiev di Boris Johnson, che convinse Zelens’kyj a non firmare gli accordi con Mosca facendo saltare una pace che avrebbe risparmiato più di mezzo milione di vite umane.
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Geopolitica
Birmania, ancora scontri al confine, il ministro degli Esteri tailandese annulla la visita al confine
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Il primo ministro Sretta Thavisin ha rinunciato alla visita, ma ha annunciato la creazione di un comitato ad hoc per gestire la situazione. Nel fine settimana, infatti, si sono verificati ulteriori combattimenti lungo la frontiera tra Myanmar e Thailandia e migliaia di rifugiati continuano a spostarsi da una parte all’altra del confine. Per evitare una nuova umiliazione l’esercito birmano ha intensificato i bombardamenti.
Il primo ministro della Thailandia Sretta Thavisin questa mattina ha cancellato la visita che aveva in programma a Mae Sot, città al confine con il Myanmar, e ha invece mandato al suo posto il ministro degli Esteri e vicepremier Parnpree Bahidda Nukara.
Nei giorni scorsi era stata annunciata la creazione di «un comitato ad hoc per gestire la situazione derivante dai disordini in Myanmar», ha aggiunto il premier. «Sarà un meccanismo di monitoraggio e valutazione» che avrà come scopo quello di «analizzare la situazione complessiva» e «dare pareri e suggerimenti per gestire in modo efficace la situazione».
La Thailandia, dopo i ripetuti fallimenti da parte dell’ASEAN (Associazione delle nazioni del sud-est asiatico) di far rispettare l’accordo di pace in Myanmar, sta cercando di evitare che un esodo di rifugiati in fuga dalla guerra civile si riversi sui propri confini proponendosi come mediatore. «Il ruolo della Thailandia è quello di fare tutto il possibile per aiutare a risolvere il conflitto nel Paese vicino, e un ruolo simile è atteso anche dalla comunità internazionale», ha dichiarato ieri il segretario generale del primo ministro Prommin Lertsuridej.
Durante il fine settimana si sono verificati ulteriori scontri a Myawaddy (la città birmana dirimpettaia di Mae Sot), nello Stato Karen, tra le truppe dell’esercito golpista e le forze della resistenza, che hanno strappato il controllo della città ai soldati, grazie anche al cambio di bandiera della Border Guard Force, che, trasformatasi nell’Esercito di liberazione Karen (KLA), è passata a sostenere la resistenza e sta combattendo per la creazione di uno Stato Karen autonomo.
Giovedì scorso, l’Esercito di Liberazione Nazionale Karen (KNLA, una milizia etnica da non confondere con il KNA) aveva annunciato di aver intercettato l’ultimo gruppo di militari rimasto, il battaglione di fanteria 275. Alla notizia, l’esercito ha risposto con pesanti bombardamenti, lanciando l’Operazione Aung Zeya (dal nome del fondatore della dinastia Konbaung che regnò in Birmania nel XVIII secolo), nel tentativo di riconquistare Myawaddy ed evitare così un’altra umiliante sconfitta.
The Irrawaddy scrive che l’aviazione birmana ha sganciato nei pressi del Secondo ponte dell’amicizia (uno dei collegamenti tra Mae Sot e Myawaddy) circa 150 bombe, di cui almeno sette sono cadute vicino al confine thailandese dove sono di stanza le guardie di frontiera. Si tratta di una tattica a cui l’esercito birmano sta facendo ricorso sempre più frequentemente a causa delle sconfitte registrate sul campo a partire da ottobre, quando le milizie etniche e le Forze di Difesa del Popolo (PDF, che fanno capo al Governo di unità nazionale in esilio, composto dai deputati che appartenevano al precedente esecutivo, spodestato con il colpo di Stato militare) hanno lanciato un’offensiva congiunta. Una tattica realizzabile, però, solo grazie al continuo sostegno da parte della Russia. Fonti locali hanno infatti dichiarato che gli aerei e gli elicotteri «utilizzati per bombardare i villaggi e per consegnare rifornimenti e munizioni» a «circa 10 chilometri dal confine tra Thailandia e Myanmar» erano «tutti russi».
Bangkok è stata presa alla sprovvista dalla situazione. Sabato un proiettile vagante ha colpito il retro di una casa sulla parte thailandese del confine, senza ferire nessuno, ma l’episodio ha costretto il Paese a rafforzare le proprie difese di confine, aumentando i controlli su coloro che attraversano i due ponti che collegano Myawaddy e Mae Sot, al momento ancora aperti.
La polizia thai ha anche arrestato 15 birmani e due thailandesi che stavano cercando di fuggire in Malaysia in cerca di migliori opportunità di lavoro. Il gruppo ha raccontato di aver valicato il confine a Mae Sot grazie all’aiuto di intermediari. Viaggi di questo tipo rischiano di diventare sempre più frequenti con l’esacerbarsi della violenza in Myanmar, sostengono gli esperti, i quali si aspettano un prosieguo dei combattimenti, almeno finché non comincerà la stagione delle piogge, che ogni anno pone un freno agli scontri.
Ma la Thailandia ha anche inviato aiuti in Myanmar (sebbene tramite enti gestiti dai generali) e attivato una risposta umanitaria a Mae Sot. Il Governo di unità nazionale in esilio ha ringraziato Bangkok per aver fornito riparo e assistenza ai rifugiati, prevedendo tuttavia ulteriori sfollamenti. Almeno 3mila persone – perlopiù anziani e bambini – hanno varcato il confine solo nel fine settimana, ha dichiarato due giorni fa il ministro degli Esteri Parnpree Bahidda Nukara, ma circa 2mila sono tornati a Myawaddy lunedì.
Il mese scorso Parnpree aveva annunciato che il Paese avrebbe potuto ospitare fino a 10mila rifugiati birmani a Mae Sot e dintorni.
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