Immigrazione
Robocani «assassini», ne parla il Washington Post

Il Washington Post, prestigiosa e potente testata liberal americana controllata da Jeff Bezos (Amazon), entra nella questione dei robocani, avvertendo che potrebbero aumentare le morti sul confine messicano.
Come riportato da Renovatio 21, l’agenzia doganale USA sta sperimentando la tecnologia dei robocani per controllare i tormentati confini tra i Messico e Stati Uniti. Questi «droni di terra» avrebbero il compito di cercare immigrati clandestini in un territorio di circa 66.8000 chilometri quadrati.
I robocani doganieri, scrivono gli accademici estensori dell’editoriale Geoffrey Boyce e Sam Chambers, «aumenterebbero un investimento di circa 30 anni che il Dipartimento per la sicurezza interna e i suoi predecessori hanno fatto in strumenti di sorveglianza ad alta tecnologia volti a catturare i migranti che attraversano il confine tra Stati Uniti e Messico e scoraggiare gli altri dal provarci».
La tesi degli autori è che essi indurrebbero gli immigrati verso punti di passaggio più pericolosi, e mortali.
«L’uso da parte della Border Patrol di sistemi di sorveglianza ad alta tecnologia nel deserto ha già contribuito direttamente a un allarmante aumento delle morti di migranti, il risultato di un piano di controllo delle frontiere che non è riuscito a frenare o scoraggiare in modo significativo la migrazione, ma ha attivamente incanalato i migranti verso terreno inospitale» scrivono Boyce e Chambers.
Secondo loro, l’implementazione di torri di controllo solarizzate per monitorare il confine «è corrisposto a un aumento di circa il 643% del tasso di mortalità tra il 2006 e il 2020».
«L’anno scorso ha stabilito un record per le morti al confine in Arizona, con il recupero di 226 set di resti umani».
«Per i migranti, evitare la sorveglianza spesso significa percorsi di viaggio più lunghi e difficili che accelerano la disidratazione ed estendono l’esposizione all’ambiente desertico estremo».
La tesi è quindi che i robocani non farebbero altro che spaventare i clandestini (la cui immigrazione, pare di capire dalle parole degli autori, è inevitabile), spesso affidati ai coyote (gli «scafisti» messicani del deserto confinante con Arizona e Texas) spostandone il percorso vero luoghi impervi, «sprofondando nelle montagne, accucciati negli arroyos e in altre fessure nel deserto per periodi di tempo più lunghi» con la «probabilità di collasso della capacità del corpo di regolare il calore».
I robocani ucciderebbero, quindi, solo con la paura – come fanno già, dicono, le torri di controllo.
Poniamo un’altra questione: quando invece i robocani verranno armati, come uccideranno?
Il lettore di Renovatio 21 sa che i robocani sono già stati armati.
E quando verranno impiegati, invece che ai confini, all’interno delle città, per cacciare una porzione della popolazione?
Il lettore di Renovatio 21 sa che i robocani, assieme ad altri sistemi robotici, sono già stati utilizzati in città in funzione pandemica.
Droni terrestri per piegare il nemico: la dissidenza, o perfino il genere umano tutto, colpevole di crimini imperdonabili contro Gaia.
Preparatevi ad un futuro che potrà essere identico all’episodio Metal Head di Black Mirror.
Immagine screenshot da YouTube
Immigrazione
La Gran Bretagna ha perso il controllo dei suoi confini, afferma il ministro degli Interni

Il ministro degli Interni britannico Shabana Mahmood ha dichiarato che le autorità del Regno Unito stanno perdendo il controllo dei confini nazionali a causa di un drastico aumento dell’immigrazione illegale.
Si prevede che il ministro lancerà questo monito durante un vertice a Londra con i ministri degli Interni dei Balcani mercoledì, incentrato sulla riduzione dei flussi migratori verso la Gran Bretagna.
Secondo anticipazioni del suo discorso, riportate da diversi media britannici, Mahmood evidenzierà che «l’opinione pubblica si aspetta giustamente che il governo sia in grado di decidere chi può entrare nel Paese e chi deve lasciarlo». «Oggi, nel nostro Paese, questo non avviene», ammette nel discorso preparato. «L’incapacità di ristabilire l’ordine ai nostri confini sta minando la fiducia non solo nei confronti di noi leader politici, ma nella credibilità stessa dello Stato».
Tuttavia, il Mahmood sottolinea che la soluzione richiede una cooperazione internazionale, non un «ripiegamento su se stessi», proponendo, tra l’altro, la creazione di «centri di rimpatrio» per i migranti.
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Martedì ha annunciato che il governo innalzerà il requisito di conoscenza della lingua inglese per i migranti, passando dal livello del General Certificate of Secondary Education (GCSE) a quello di competenza A-level.
La Gran Bretagna affronta da anni una crisi migratoria, con dati ufficiali che registrano 49.000 arrivi irregolari nell’anno conclusosi a giugno 2025, un aumento del 27% rispetto all’anno precedente. Le traversate su piccole imbarcazioni hanno rappresentato l’88% di questi arrivi, con un incremento del 38% su base annua.
In un clima percepito da molti come un fallimento del governo laburista nel gestire la crisi, il mese scorso si sono svolte in tutto il Regno Unito grandi proteste nell’ambito dell’«Operazione Raise the Colours», con manifestanti che sventolavano bandiere di San Giorgio e Union Jack.
Nel frattempo, un sondaggio di BMG pubblicato il mese scorso ha rivelato che il sostegno al partito riformista anti-immigrazione e scettico sull’UE, guidato da Nigel Farage, è salito al 35%, superando laburisti e conservatori, fermi rispettivamente al 20% e al 17%.
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Immigrazione
Il Belgio valuta l’invio dell’esercito sulle strade di Bruxelles

Il ministro della Difesa belga Theo Francken ha annunciato che potrebbe dispiegare truppe a Bruxelles entro la fine dell’anno per pattugliare la città, in risposta alle crescenti pressioni sul governo per contrastare la criminalità violenta e ristabilire l’ordine nella capitale, oramai totalmente sconvolta dall’immigrazione che ne ha cambiato i connotati.
Secondo i media locali, quest’anno Bruxelles ha registrato circa 60 episodi di sparatorie, di cui circa un terzo durante l’estate, con un bilancio di due morti.
Il mese scorso, il ministro della Sicurezza e degli Affari Interni Bernard Quentin ha definito la situazione «una catastrofe», sottolineando che le bande criminali sono diventate «sempre più audaci». Ha proposto l’impiego di squadre miste di polizia e militari per pattugliare «i punti critici della criminalità a Bruxelles», con l’obiettivo di generare un «effetto shock».
In un’intervista a Le Soir, pubblicata sabato, Francken, esponente del partito nazionalista fiammingo N-VA, ha dichiarato di non essere contrario all’invio di soldati, ma ha chiarito che tale misura deve essere legalmente giustificata e limitata a compiti essenziali di sicurezza.
«Sono sempre disponibile a rafforzare la sicurezza a Bruxelles», ha detto Francken, noto per la sua linea dura sull’immigrazione. «La situazione è diventata disastrosa, non solo dal punto di vista della sicurezza, ma anche a livello politico e sociale». Ha aggiunto che i disordini nella capitale «hanno ripercussioni sulle regioni circostanti».
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«La sicurezza è compito della polizia, non dell’esercito. Tuttavia, quando il ministro dell’Interno lo richiede, diventa una responsabilità della Difesa, che ha il dovere di proteggere la nazione», ha proseguito. «È possibile inviare soldati in strada entro la fine dell’anno? Non ho detto sì, ma nemmeno no».
Il procuratore di Bruxelles Julien Moinil ha recentemente riferito che, entro metà agosto, la città aveva registrato 57 sparatorie, di cui 20 in estate, chiedendo un’azione coordinata contro le gang. Moinil ha avvertito che «chiunque, ogni residente di Bruxelles e ogni cittadino, rischia di essere colpito da un proiettile vagante», evidenziando il crescente pericolo della criminalità violenta nella capitale.
Un recente rapporto di Euronews ha descritto Bruxelles come la «capitale europea dei crimini legati alle armi da fuoco», sottolineando che molti incidenti si sono verificati in quartieri come Anderlecht e Molenbeek, noti per le attività delle gang e il traffico di droga.
Secondo Statbel, l’ufficio nazionale di statistica belga, il 46% dei residenti di Bruxelles è nato all’estero, rispetto al 18% a livello nazionale, un cambiamento demografico che, secondo le autorità, ha intensificato le sfide sociali e di sicurezza della città.
Come riportato da Renovatio 21, Bruxelles fu oggetta, come tante altre città d’Europpa (Berlino, Milano, etc.) di momenti di pura barbarie durante anche l’ultimo capodanno, quando i facinorosi sono arrivati a tirare molotov sulle ambulanze.
Il quartiere di Moleenbek è risaputamente una delle no-go zone islamiche europee, ossia un luogo dove di fatto lo Stato moderno ha ceduto il potere agli immigrati.
Brusselle è stata oggetto di una brutale sequela di attentati il 16 marzo 2016.
Rimane tuttavia impressa la reazione delle forze dell’ordine della capitale del Belgio e dell’Europa, pochi mesi prima, agli eventi terroristici di Parigi: secondo quanto riportato, in una stazione di polizia presso Ganshoren, alcuni agenti di polizia e alcuni soldati avrebbero partecipato ad una clamorosa orgia organizzata in commissariato proprio durante l’allerta anti-terrorismo dei giorni del Bataclan.
La caserma protagonista degli atti orgiastici delle forze dell’ordine belghe si trova peraltro vicino al quartiere di Molenbeek, dove in quei giorni erano stati pure effettuati alcuni raid.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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