Essere genitori
Quel bambino in Palestina
Il naufragio morale e culturale, politico e religioso del cosiddetto Occidente non è un mero fenomeno ambientale. Scava nelle viscere dei naufraghi come un parassita asintomatico, ma mortale.
«La società è diventata una macchina per comprimere il cuore», diceva già Simon Weil di fronte agli orrori del Novecento. La verità è che questi orrori non sono finiti col secolo breve, ma proseguono immutati anche oltre il suo epilogo catartico (fatto di carte, costituzioni e proclami), ben mascherati sotto lo scintillante programma di diffusione planetaria dei cosiddetti «valori occidentali»; quelli esportati, con le buone o con le cattive, dagli autocertificati monopolisti della democrazia e dei diritti umani – coloro che hanno tratto dal proprio titolo usurpato la legittimazione ad assumere la guida esclusiva del mondo.
Questi pseudo valori (sarebbe meglio dire dogmi), raccolti in libri sacri chiamati «agende», si sono annidati dentro i corpi e – nel nome di tutte le libertà, ma sotto il segno sinistro dell’inversione – hanno lavorato nel tempo come tenie, non solo erodendo pian piano la fisionomia di una civiltà costruita lungo millenni di storia, di arte e di pensiero, ma anche aggredendo dall’interno ogni singolo individuo.
L’attacco all’uomo, in transito inesorabile verso la nuova non-identità di «cittadino globale e digitale», ha già alterato i suoi tratti costitutivi, almeno quanto basta a rendergli difficile individuare, e autodiagnosticare, la deformazione indotta.
Quanto profonda essa sia, risalta da una verifica elementare: dal riflettere sul come il «bravo cittadino collettivo» in formazione permanente guarda i bambini, ovvero i suoi cuccioli. Il modo in cui una società considera e tratta i suoi figli più piccoli rappresenta infatti lo specchio del suo stato di salute o, per dirla all’incontrario, il termometro della sua degenerazione.
Una rapida rassegna di cosa stiamo facendo ai nostri bambini, iperaccessoriati ma al contempo spogliati senza scrupoli della loro anima e del loro intrinseco valore assoluto, consegna una immagine mostruosa dell’adulto rieducato secondo il nuovo prontuario assiologico.
Li stiamo infatti ammazzando nel corpo: li eliminiamo (negli spazi asettici e puliti delle strutture sanitarie) se non rispondono a imprecisati standard di qualità; li sacrifichiamo come cavie di esperimenti farmacologici, psicologici e sociali; li robotizziamo e li zombifichiamo, li manipoliamo e li mutiliamo in omaggio a ideologie perverse.
Li annientiamo serialmente anche nello spirito, sfregiando ciò che allo spirito appartiene, a partire dall’innocenza, che è la dote con cui ogni bambino viene a questo mondo. E tutto si svolge senza traumi, perché al riparo delle istituzioni e delle loro leggi inique capaci di coccolare le coscienze, tacitandole.
Per il nostro mondo malsano e depravato, il bambino è ormai un oggetto come un altro, eventualmente un oggetto del desiderio (o di concupiscenza). L’adulto che si crede onnipotente allunga le sue mani su di lui per appropriarsene come fosse un giocattolo, da fabbricare e modellare a piacimento e magari, poi, da distruggere e buttare via.
Il lavaggio dei cervelli è giunto fino ad alterare lo stesso dato istintuale, quello atavico e «animale» (nel senso che anche gli animali lo rispettano, con meravigliosa magia), come i connotati materni, proverbialmente legati all’istinto per legge di natura. Sono offuscati pure quelli, se una madre riesce con agghiacciante disinvoltura a non tenere più tra le sue braccia il figlio malato (ma a rinchiuderlo in un bunker quando lo consideri infetto); se non lo protegge dall’uomo nero, ma glielo consegna senza fiatare; se lo affida a una macchina senza fondo; se lo lascia morire di solitudine.
Mi sono passati per la testa pensieri così, e tante immagini in sovraimpressione, quando stamane sono incappata in un breve video, stupendo, che immortala – è proprio il caso di dirlo – il salvataggio di un neonato estratto vivo dalle macerie di una «guerra» che guerra non è – perché chiamarla così è un’offesa alla guerra e ai suoi codici antichi.
Child, few weeks old, rescued from under the rubble after 37 days being stuck as a result of bombing by israel on Palestine.#miracle #news #tuesday #video #viral#Palestine #gaza #hamas pic.twitter.com/bLSCtS7DJ7
— Niche Universe (@Every_Niche) November 28, 2023
Questi fotogrammi alzano un inno alla vita laddove programmaticamente – cioè in applicazione del programma egemonico e suprematista di cui si diceva più sopra – vengono inflitte morte e rovina alla popolazione inerme e innocente.
Paradossalmente, però, il soggetto che colpisce di più e più nel profondo l’osservatore nostrano, che si percepisce ontologicamente superiore per privilegio congenito, non è nemmeno il piccolino riportato miracolosamente alla luce.
Sono i suoi salvatori per caso, e per destino. Gli occhi di quei ragazzi che si trovano tra le mani un bambino tiepido del tepore della vita, la grazia con cui se lo passano, lo baciano, lo sfiorano piano per ripulirlo dalla polvere – in una parola, lo adorano – è una sberla di verità tirata in faccia all’ominide inerte coltivato nel laboratorio del mondo nuovo.
Quanto appare come oscenamente dissonante nella scala dei falsi valori – ossia uno sguardo pulito, e incantato – è ciò che, nella sua disarmante semplicità, brilla come stupendamente vero nel cuore di chi ancora ce l’ha, e lo commuove.
I volti di quei soccorritori sono il volto dell’uomo che, rimasto uomo, guarda a un bambino con tenerezza infinita.
Avviene dalle parti di Betlemme. E tra poco è Natale.
Elisabetta Frezza
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Immagine screenshot da Twitter
Animali
Scoperto in India un serpente lungo quanto uno scuolabus. Probabilmente pure molto meno letale
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Essere genitori
Il 25% dei bambini di età compresa tra 3 e 4 anni possiede uno smartphone: studio
Uno studio condotto dall’autorità governativa di regolamentazione delle comunicazioni nel Regno Unito ha rilevato che un quarto dei bambini di soli 3-4 anni possiede uno smartphone. Lo riporta il giornale britannico Telegraph.
Dallo studio di Ofcom è infatti emerso che un quarto di tutti i bambini sotto i 7 anni possiede un dispositivo intelligente, con un aumento di circa il 5% in un anno.
I dati per i bambini di età inferiore a 7 anni sono stati forniti dai genitori, quindi il numero reale potrebbe essere molto più alto se alcuni genitori scegliessero di essere liberali riguardo alla verità.
Lo studio ha rilevato che quasi il 60% dei bambini di età compresa tra gli 8 e gli 11 anni possiede un telefono e, quando si arriva ai 12-17 anni, essenzialmente tutti i bambini possiedono uno smartphone.
Ofcom ha osservato che «i bambini delle scuole materne sono sempre più online e godono di una maggiore indipendenza digitale da parte dei genitori».
Lo studio ha anche scoperto che i bambini riescono ad aggirare i controlli sull’età per accedere alle app dei social media, semplicemente inventando la loro data di nascita.
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Più della metà (51%) di età inferiore ai 13 anni utilizza un’app di social media di qualche tipo sui propri telefoni, nonostante il fatto che la maggior parte delle app di social media richieda che gli utenti abbiano più di 13 anni.
Un totale del 40% dei bambini di età compresa tra 8 e 17 anni ha dichiarato a Ofcom di aver mentito sulla propria età per accedere a un’app.
Nella fascia di età 5-7 anni, un terzo dei genitori ha affermato che i propri figli utilizzano le app completamente senza supervisione e un terzo ha affermato di consentire ai propri figli di utilizzare le app prima che raggiungano l’età minima consigliata.
Il commissario governativo per l’infanzia britannico, Rachel de Souza, ha commentato che «l’uso dei social media e delle piattaforme di messaggistica da parte dei minorenni è molto diffuso. Le tutele previste dall’Online Safety Act devono essere implementate in modo rapido e deciso, con efficaci garanzie sull’età».
I risultati arrivano mentre il governo di Londra sta valutando la possibilità di attuare un divieto totale per i minori di 16 anni di acquistare smartphone, scrive Modernity News.
Tuttavia, tale legge non impedirebbe ai genitori di acquistare i dispositivi e di darli ai bambini, come avviene nella stragrande maggioranza delle case. Il governo sta anche valutando una legge che richiederebbe l’approvazione dei genitori quando i bambini di età inferiore ai 16 anni si iscrivono ad account sui social media.
Richard Collard della National Society for the Prevention of Cruelty to Children ha sottolineato che «il numero di bambini molto piccoli che utilizzano i social media indica un fallimento sistemico da parte delle aziende tecnologiche nel far rispettare i limiti di età da loro stabiliti”.
Gli studi hanno dimostrato che esistono ampie prove che l’uso dei social media è collegato ad un aumento dell’ansia, della depressione e ad un declino del benessere mentale tra i giovani. Le connessioni tra telefonino e l’aumento del cortisolo – l’ormone dello stress – sono discusse da diversi anni.
Come riportato da Renovatio 21, una curiosa circolare del ministero dell’Istruzione italiano dell’anno scorso descriveva lo smartphone come una droga «non diversa dalla cocaina».
Negli anni è emerso che le app degli smartphone spiano i bambini su «una scala scioccante», hanno rivelato esperti a Children’s Health Defense.
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Essere genitori
«Influencer» per genitori condannata per abusi su minori
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