Gender
Putin ordina lo studio dei gay
La Russia è pronta a creare un nuovo istituto psichiatrico dedicato allo studio, tra le altre cose, del comportamento delle persone LGBT e delle questioni relative ai ruoli e all’identità di genere, ha rivelato giovedì il ministro della Salute Mikhail Murashko durante una discussione alla Duma di Stato, cioè il Parlamento russo.
Nel corso di una discussione parlamentare su un disegno di legge che vieterebbe le operazioni di cambio di sesso in Russia, a Murashko è stato chiesto dal deputato Anatoly Wasserman fino a che punto il ministero della Salute prestasse attenzione agli studi sui metodi psicologici e, se necessario, psichiatrici per portare idee sbagliate sul genere tornare in linea con la realtà, riporta RT.
Il ministro ha risposto sottolineando che ci sono diversi centri di ricerca medica in Russia che stanno già studiando questo problema. Ha aggiunto che il presidente Vladimir Putin ha anche ordinato la creazione di «un istituto aggiuntivo sulla base del nostro centro federale di psichiatria per studiare non solo questi, ma anche una serie di aree comportamentali, compreso il comportamento sociale».
Secondo il Ministero della Salute, questo nuovo istituto sarà formato sulla base del Centro scientifico statale di psichiatria sociale e forense Serbsky.
Murashko ha osservato che la ricerca LGBTQ sarà ulteriormente ampliata e inclusa negli studi scientifici obbligatori oltre a quanto già fatto oggi.
I gruppi LGBTQ in Russia hanno criticato la dichiarazione di Murashko, suggerendo che tale ricerca è simile alla cosiddetta «terapia di conversione», che è un insieme di metodi fisici e psicologici volti a trattare gli orientamenti non eterosessuali e l’identità di genere. Tali metodi sono stati condannati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalle Nazioni Unite, che li hanno definiti pseudoscientifici e li hanno paragonati alla tortura.
Va notato che né Murashko né altri rappresentanti del Ministero della Salute hanno menzionato esplicitamente la terapia di conversione nelle loro dichiarazioni e non è chiaro se i legislatori abbiano intenzione di introdurre tali metodi o leggi.
Avversione istituzionale verso le terapie di conversione, che oggi sono costituite per lo più da «terapie della parola», cioè sedute psicoterapiche, è emersa anche in Italia, e percolata ovunque anche in rete e fra i privati.
Di fatto qualche anno fa è stato notato che dalla ricerca di Amazon erano spariti i libri in italiano dello psicanalista pioniere della cosiddetta «terapia riparativa» Joseph Nicolosi, editi da SugarCo e San Paolo edizioni. Tuttavia, sui siti dei competitor Internet Bookshop essi sono ancora segnati con «disponibilità immediata».
Come riportato da Renovatio 21, questo tipo di censura si è abbattuta, in Italia e in ogni altro Paese, compresi gli USA, per i libri del filosofo russo Aleksandr Dugin, la cui figlia Darja è stata assassinata con un’autobomba l’anno scorso a Mosca.
Lo scorso mercoledì, il legislatore russo ha adottato un disegno di legge in prima lettura che metterebbe fuori legge quasi tutti gli interventi chirurgici di riassegnazione del sesso e i cambiamenti di genere sui documenti ufficiali in Russia.
La normativa, se approvata, consentirebbe solo interventi chirurgici limitati volti a porre rimedio alle «anomalie congenite» nei bambini. Il presidente della Duma Vyacheslav Volodin ha sottolineato che l’obiettivo principale del nuovo disegno di legge è proteggere i bambini e ha indicato le statistiche negli Stati Uniti, dove ha affermato che la percentuale di persone transgender tra gli adolescenti è già tre volte superiore a quella tra gli adulti grazie alla propaganda LGBT, che è fortemente regolata in Russia.
Si tratta di una legge non dissimile da quelle che stanno attuando vari Stati americani, con reazioni di protesta parossistiche da parte dei gruppi transessualisti, che arrivano ad occupare – in grottesche «insurrezioni» transgender – i campidogli e lanciare messaggi di minaccia notevoli come l’annunciato «giorno della vendetta trans», il cui eco, dopo la strage di Nashville, hanno un eco assai sinistro.
Si sta assistendo in USA all’ascesa di gruppi di transessuali armati, celebrati dagli stessi media che chiedono il controllo della vendita delle armi per il resto della popolazione.
Nel frattempo, anche le forze armate americane si sono date al transessualismo spinto, usato perfino – per lo meno nelle intenzioni – come strumento di reclutamento.
La Russia, come percepibile nei discorsi al Club Valdai del presidente Putin (che ha paragonato, ad esempio, il gender al coronavirus), sta offrendo una certa resistenza al processo di omotransessualizzazione del pianeta, e con essa anche vari Paesi africani – gli stessi divenuti teatro, in questi giorni, da improvvisi, sanguinari attacchi terroristici che non si vedevano da decenni.
Immagine di Anntinomy via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)
Gender
Le femministe britanniche espungono i membri transgender (nel senso, agli affiliati transessuali)
Due tra le più importanti organizzazioni britanniche riservate a donne e ragazze, il Girlguiding (l’equivalente delle Girl Scout) e il Women’s Institute, hanno deciso di chiudere le porte ai membri transgender, nel senso degli affiliati transessuali.
Martedì il Girlguiding ha reso noto che «le ragazze e le giovani donne trans non potranno più iscriversi» come nuove socie. Il giorno successivo, mercoledì, il Women’s Institute, fondato oltre 110 anni fa, ha annunciato che «l’iscrizione sarà riservata esclusivamente alle persone di sesso femminile alla nascita».
Entrambe le associazioni hanno sottolineato che la scelta non era quella auspicata, ma è diventata inevitabile per evitare possibili contenziosi legali dopo la sentenza emessa ad aprile dalla Corte Suprema del Regno Unito. I giudici hanno stabilito che, ai sensi dell’Equality Act 2010, i termini «donna» e «sesso» si riferiscono esclusivamente al sesso biologico e non all’identità di genere.
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La pronuncia era arrivata al termine di un ricorso presentato da For Women Scotland contro una norma del governo scozzese che includeva i transgenderri (munite di certificato di riconoscimento del genere) nel calcolo delle quote femminili nei consigli di amministrazione pubblici.
Un sondaggio realizzato subito dopo la sentenza ha mostrato che il 59% dei britannici concorda sul fatto che una persona transgender non sia legalmente una donna (dati Electoral Calculus). Tra chi ha accolto favorevolmente la decisione c’è anche J.K. Rowling, da tempo sostenitrice di For Women Scotland.
Sempre quest’anno, la Federazione calcistica inglese (FA) e British Rowing (l’ente per il canottaggio) hanno adottato politiche analoghe: dal 1º giugno 2025 i transgender non potranno più competere nelle categorie femminili del calcio in Inghilterra, mentre nel canottaggio britannico l’accesso alla gara femminile è limitato a chi è «assegnato di sesso femminile alla nascita»; per tutti gli altri resta aperta la categoria Open.
Secondo le ultime indiscrezioni, anche il Comitato Olimpico Internazionale starebbe valutando di escludere i transessuali dalle competizioni femminili olimpiche.
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La battaglia tra femministe e transessuali va avanti oramai da un pezzo, al punto che il mondo transessualista ha trovato un acronimo per definire le femministe che non accettano il dogma transgenderro imposto ora all’intera società occidentale: le chiamano TERF, trans-exclusionary radical feminists ossia femministe radicalo trans-escludenti.
Il caso più celebre di persona definita TERF per aver espresso dubbi sul fatto che maschi biologici possano essere definiti «donne» è stata la scrittrice di Harry Potter JK Rowling, che è peraltro la donna più ricca del Regno Unito.
In Europa si era avuto il caso della norvegese Christina Ellingsen, dell’organizzazione femminista globale Women’s Declaration International (WDI), è sotto indagine della polizia per aver fatto la denuncia in un tweet in cui ha criticato il gruppo di attivismo trans FRI. «Perché insegna ai giovani che i maschi possono essere lesbiche? Non è una terapia di conversione?» avrebbe twittato la Ellingsen.
Il caso si replicò in Norvegia con l’attrice e cineasta Tonje Gjevjon, una lesbica nota nella cultura popolare del Paese, che osò scrivere su Facebook che «è semplicemente impossibile per gli uomini diventare lesbiche quanto lo è per gli uomini rimanere incinti. Gli uomini sono uomini indipendentemente dai loro feticci sessuali». L’attrice fu quindi informata di essere sotto indagine e di rischiare tre anni di carcere per l’espressione delle sue opinioni.
Come riportato da Renovatio 21, a fine 2020 la Norvegia ha adottato una nuova legge penale che punisce le persone per aver detto qualcosa di considerabile come incitamento all’odio nei confronti di persone transgender anche nel contesto della propria casa o conversazioni private.
Più recente il caso dell’attivista brasiliana per i diritti delle donne Isabella Cepa, la quale ha ottenuto lo status di rifugiata in un Paese europeo non specificato, dopo essere stata accusata di reati penali in Brasile per aver definito un politico transgender da uomo a donna come un uomo.
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Immagine: The Girl Guides Association in Britain 1914-1918; un gruppo di Guide posa per una fotografia nel Regno Unito durante la Prima Guerra Mondiale.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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La donna più forte del mondo in realtà era un uomo
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La Corte UE ordina alla Polonia di riconoscere il matrimonio gay
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha stabilito martedì che la Polonia è obbligata a riconoscere i matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati in altri Paesi membri, pur se tali unioni sono vietate dalla legge nazionale.
In una sentenza emessa martedì, la CGUE ha condannato Varsavia per aver violato il diritto comunitario nel rifiutare di trascrivere nel registro civile polacco il matrimonio contratto nel 2018 in Germania da due cittadini polacchi. Al rientro in Polonia, le autorità avevano respinto la loro istanza, motivandola con il divieto nazionale sulle unioni omosessuali.
La Polonia, a forte maggioranza cattolica, equipara i matrimoni civili e religiosi, ma esclude le coppie dello stesso sesso nonostante le reiterate sollecitazioni di Bruxelles. La Costituzione polacca, non diversamente da quella italiana, definisce il matrimonio come «unione tra uomo e donna».
La Corte ha ritenuto che tale rifiuto infranga le norme UE sulla libera circolazione e sul rispetto della vita privata e familiare. Concedere la trascrizione alle coppie eterosessuali ma negarla a quelle omosessuali configura discriminazione, si legge nel comunicato. I giudici hanno però precisato che gli Stati membri conservano la competenza esclusiva su autorizzazioni o divieti di nozze same-sex nel proprio ordinamento interno.
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La decisione vincolante è arrivata all’indomani delle critiche del presidente polacco Karol Nawrocki all’UE, accusata di «follia ideologica» e di spingere verso una centralizzazione eccessiva. Nawrocki ha ricordato che l’adesione all’Unione prometteva opportunità economiche e mobilità, non ingerenze nella politica interna o nelle norme familiari.
Eletto a giugno su una piattaforma di valori cattolici e sovranità nazionale rafforzata, Nawrocki ha annunciato il mese scorso che non apporrà la firma a leggi che minino lo status costituzionale del matrimonio.
Il governo di coalizione europeista del premier Donald Tusk ha depositato nell’ottobre 2024 un disegno di legge per introdurre unioni civili anche per coppie omosessuali, ma i lavori procedono a rilento per le resistenze del partner conservatore, il Partito Popolare Polacco (PSL), che ha espresso dubbi e ostacolato un’intesa definitiva.
Come riportato da Renovatio 21, la strada verso il matrimonio omofilo in Polonia è stata battuta persistentemente negli ultimi anni.
La Polonia è tra i cinque Stati UE che non riconoscono legalmente le relazioni omosessuate, unitamente a Bulgaria, Lituania, Romania e Slovacchia. Nel frattempo, un altro Paese che era dietro la Cortina di ferro sovietica, il Kazakistan, due settimane fa ha votato per vietare la «propaganda LGBT».
Come riportato da Renovatio 21, l’anno passato la CGUE aveva stabilito che la Romania doveva accettare la nuova identità di genere di una donna che ha fatto la «transizione» e ora si considera un uomo.
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Immagine di Lan Pham via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC 2.0
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