Persecuzioni
Pastore protestante assassinato e crocefisso

Un uomo accusato di aver ucciso e poi crocifisso un pastore dell’Arizona ha ammesso l’omicidio, confessando anche di aver avuto intenzione di uccidere altri 13 leader religiosi in tutto il Paese. Lo riporta LifeSiteNews.
Adam Sheafe, 51 anni, ha descritto nei minimi dettagli le sue azioni barbariche a True Crime Arizona e Fox 10 Phoenix.
Lo Sheafe ha affermato di voler prendere di mira i pastori cristiani perché, a suo dire, violano il Primo Comandamento proclamando Gesù Cristo come Dio.
«Solo Yahavah (YHWH) è Dio», dichiarò. «È il Primo Comandamento. È il comandamento più importante di tutti».
Sul collo dell’uomo sono tatuate le lettere ebraiche «YHWH».
PASTOR KILLER JAILHOUSE INTERVIEW:
𝐏𝐚𝐫𝐭 𝟏: 𝐓𝐡𝐞 𝐂𝐫𝐮𝐜𝐢𝐟𝐢𝐜𝐭𝐢𝐨𝐧Adam Sheafe has confessed to killing Arizona pastor Bill Schonemann, and crucifying him after. He describes the lengths he went to carry this out, and I press him on how horrific this is.
His… pic.twitter.com/5Km1CAQBp4
— Briana Whitney (@BrianaWhitney) June 24, 2025
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Durante le interviste, Sheafe ha ripetutamente negato che Nostro Signore Gesù Cristo fosse il Figlio di Dio, sostenendo al contempo una filiazione non divina per sé e per Adamo, il primo uomo.
L’uomo ha inoltre affermato di aver seguito Schonemann a casa dopo la funzione della domenica di Pasqua e di aver notato che viveva da solo. Più tardi quella notte, l’assassino ha fatto irruzione in casa e lo ha soffocato.
Le prime notizie riportano che il 76enne Schonemann sia stato trovato morto nel suo letto, ma Sheafe. fornisce una versione più raccapricciante. Afferma di aver usato un trapano elettrico per fissare il corpo al muro in posizione cruciforme, di aver posto una corona di spine fatta a mano sul capo del pastore e di avergli appeso un laccio di cuoio all’orecchio.
Sul cinturino erano incise le parole ebraiche del Primo Comandamento e il nome «Beniamino», che voleva rappresentare una delle tribù di Israele.
Il presunto assassino ha fatto riferimento a questo come parte della sua Operazione Primo Comandamento, un piano nazionale per giustiziare 14 pastori in segno di protesta simbolica contro il cristianesimo trinitario, affermando quindi di aver scelto gli obiettivi seguendo la guida dello «spirito» e che le sue prossime vittime designate erano due preti cattolici di Sedona, località desertica sempre in Arizona.
Secondo lo Sheafe, è stato arrestato solo dopo aver attivato un allarme domestico mentre tentava di rubare un veicolo per riprendere i suoi attacchi. Ha affermato di essere entrato e uscito di prigione per anni e di essere fuggito dalla polizia «un centinaio di volte». Ha anche ammesso di aver fatto uso di droghe in passato, pur negando che ciò abbia compromesso la sua capacità di giudizio.
L’uomo, la cui famiglia è cristiana, ha spiegato che nove anni prima, in prigione, aveva avuto un’illuminazione che lo aveva portato a credere che Dio fosse il suo «papà».
«Una luce attraversò il soffitto della mia cella e mi entrò dentro», disse, «e da allora vedo la Stella di David».
Durante l’intervista, l’uomo ha insistito nel dire di aver agito da solo e senza un diretto comando divino, pur affermando che tali «esecuzioni» erano comunque necessarie «per liberare Israele dal male».
«Mi vedo più come un santo», ha detto. «Se qualcuno predica che qualcun altro che non sia [Dio] è Dio, dobbiamo giustiziarlo».
L’ufficio dello sceriffo della contea di Maricopa ha descritto l’omicidio come «motivato da motivi religiosi». Il padre del sospettato ha dichiarato ad Arizona’s Family che suo figlio era diventato «estremamente interessato all’Antico Testamento» e «lo leggeva ampiamente».
Lo Sheafe ha negato ogni rimorso e ha respinto le accuse di malattia mentale. «Ho intenzione di portare a termine ciò che ho iniziato», ha detto, «e se mio Padre mi metterà in una posizione autorevole su questa terra, giustizierò ogni singolo prete e brucerò ogni chiesa fino alle fondamenta».
«Se sostituisci quello che è mio padre» ha aggiunto, «ti inchioderò al muro».
Le autorità della contea di Maricopa non hanno ancora formalmente incriminato Sheafe per l’omicidio di Schonemann, ma hanno confermato che il caso è aperto.
La famiglia di Schonemann ha condannato la pubblicità che circonda lo Sheafe, sostenendo che lui «si sta godendo l’attenzione», e avvertendo che la sua visibilità in carcere rappresenta una minaccia continua per gli altri.
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Immagine da Twitter
Persecuzioni
Cristiani siriani in pericolo: l’ECLJ allerta l’ONU

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Le forze governative massacrano alawiti e drusi
Il caos non colpisce solo i cristiani. Nel marzo 2025, oltre 1.400 persone, la maggior parte delle quali civili alawiti, sono state uccise negli scontri nelle province di Latakia e Tartus. A luglio, la comunità drusa è stata presa di mira a Sweida, dove milizie beduine sunnite, supportate dalle forze governative, hanno attaccato e saccheggiato la città. Il bilancio delle vittime di questi scontri a Sweida supera le 1.000 vittime e sarebbe stato probabilmente molto più alto se Israele non fosse intervenuto con la forza per rassicurare i drusi che vivevano sul suo territorio. La chiesa greco-melchita di San Michele nel villaggio di Al-Sura è stata data alle fiamme e decine di case cristiane sono state saccheggiate e bruciate.La graduale islamizzazione della Siria
Ahmed al-Sharaa, presidente ad interim, cerca di imporre al Paese il modello di Idlib, governato dal 2017 dal gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham (HTS): governo centralizzato, rigorosa applicazione della Sharia, un’economia deregolamentata nelle mani di reti vicine al governo e tolleranza minima per le minoranze, mantenute in uno stato quasi di dhimmi. Così, le scuole cristiane sono costrette a insegnare la Sharia, ad assumere presidi con lauree in diritto islamico e a separare i ragazzi dalle ragazze. «Questo contraddice l’intera tradizione educativa cristiana siriana. È inaccettabile», protesta un vescovo siriano. La polizia religiosa confisca gli alcolici, chiude i negozi che li vendono e monitora le relazioni tra uomini e donne. Tutto ciò che non è arabo sunnita viene emarginato: cristiani, alawiti, drusi, curdi.Aiuta Renovatio 21
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Persecuzioni
Siria, uomini armati assaltano e derubano presule siro-cattolico

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Prelevati la croce d’oro, chiavi, telefono e altri effetti personali al vicario generale Naaman. Due uomini hanno detto di appartenere alla «sicurezza» e lo hanno colpito, ferendolo. Attivisti contro i nuovi leader del Paese, incapaci di tutelare le minoranze. A Idlib dopo 14 anni riapre la chiesa di Sant’Anna.
Un nuovo episodio di violenza anti-cristiana alimenta le preoccupazioni della comunità ancora scossa dalla strage alla chiesa di Damasco e che fatica a «guarire le ferite» provocate dagli anni di guerra, dalla bomba della povertà e dall’ascesa al potere di una fazione islamica radicale HTS.
Nella serata del 2 settembre scorso (ma le informazioni stanno emergendo solo in queste ore), il corepiscopo Michel Naaman, vicario generale dell’arcidiocesi siro-cattolica di Homs, Hama e Al-Nabek, è stato derubato con pistole puntate alla tempia all’esterno della propria abitazione. Il religioso vive nel villaggio a maggioranza cristiana di Zaidal, a circa 7 km dalla città di Homs, dove è avvenuto l’attacco che secondo alcune testimonianze «gli è quasi costato la vita».
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Fonti locali raccontano che due uomini «armati e mascherati» lo hanno sorpreso, bloccandolo, sostenendo di essere membri di una milizia che auto-proclama della «Sicurezza generale». Lo hanno minacciato «con armi», prosegue il racconto, derubato «della sua croce d’oro assieme ad altri effetti personali», per poi abbandonarlo e fuggendo indisturbati.
Lo stesso corepiscopo Naaman ha confermato la violenza, raccontando di essere stato «sorpreso da uomini armati al rientro a casa» che «mi hanno minacciato con una pistola» premendolo contro il muro dell’abitazione per poi «sfilargli la croce d’oro» che conservava da oltre 50 anni. Assieme al simbolo religioso lo hanno derubato «di altri effetti personali», per poi abbandonarlo «in preda al panico e al tremore, da solo e senza chiavi di casa e portando via anche il telefono». «Sono un uomo di Dio» ha detto loro «non porto armi e non farò resistenza. Ma uomini preposti alla sicurezza non agiscono in questo modo».
Riguardo l’assalto il sacerdote siro-cattolico, che ha riportato ferite alla spalla strattonata dagli assalitori, ha poi aggiunto «di non aver temuto per me stesso, perché il mio pensiero andava alle vittime di simili aggressioni» e la sopravvivenza «era nelle mani di Dio». Egli ha infine ringraziato gli abitanti del villaggio e i sacerdoti che lo hanno soccorso dopo l’assalto.
Fra i primi a rilanciare, condannandolo, l’ennesimo episodio di violenze anti-cristiane nella Siria di Ahmed al-Sharaa e di Hay’at Tahrir al-Sham (HTS), nuovi leader del Paese dopo il crollo repentino nei mesi scorsi del regime di Bashar al-Assad, vi è l’Assyrian Human Rights Monitor. «Questo doloroso incidente, che avrebbe potuto costargli la vita, non è semplicemente un crimine isolato, ma piuttosto» afferma il gruppo in una nota «un nuovo anello in una crescente catena di aggressioni contro cittadini innocenti, scuotendo la sicurezza e la stabilità della società». Padre Michel Naaman è stato «terrorizzato con il pretesto della “sicurezza”» che non risulta garantita a larghe fasce della popolazione siriana, a partire delle minoranze cristiana, alawita, fino ai drusi.
Il movimento attivista assiro punta il dito contro i nuovi leader legati ad HTS ritenendoli «direttamente responsabili» per due motivi: l’incapacità di garantire sicurezza e protezione ai cittadini, un compito che spetta allo Stato; la continua facilità con cui il personale preposto in linea teorica alla sicurezza ricorre a maschere e travestimenti per attaccare, colpire, incutere timore o coprire singoli o gruppi di malintenzionati. Invocando una «indagine immediata e trasparente» sull’incidente che ha coinvolto il corepiscopo, il gruppo invoca «misure rigorose ed efficaci per porre fine a tali pratiche criminali ricorrenti e ricostruire la fiducia tra cittadini e forze di sicurezza».
Infine, dalla Siria giungono anche notizie fonte di speranza per il futuro, in particolare nell’area dove a lungo hanno dominato gruppi jihadisti ed estremisti islamici anche quando nel resto del Paese era ancora presente il regime di Assad.
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Dal villaggio di al-Yaqoubiya, a ovest di Idlib, nella provincia settentrionale confinante con la Turchia e zona di origine degli attuali leader di HTS, arrivano immagini di festa per la riapertura della chiesa di sant’Anna. Nel fine settimana scorso l’arcivescovo armeno-ortodosso di Aleppo Makar Ashkarian ha celebrato la funzione che ha segnato l’inaugurazione del luogo di culto distrutto e abbandonato nel tempo.
La celebrazione di Sant’Anna si tiene tradizionalmente ogni anno nell’ultima settimana di agosto ed è una delle festività religiose più importanti per i membri della comunità ortodossa armena in Siria; dopo 14 anni si è potuta celebrare di nuovo una messa a Idlib, cui ha partecipato un consistente numero di pellegrini provenienti da Aleppo, Latakia, Hasakah, Damasco e altre ancora.
L’attuale chiesa è stata ricostruita nel 2020 dopo il terremoto che ha colpito la regione su iniziativa del monachesimo francescano, spiega una fonte cristiana locale, per essere un simbolo di fermezza, radicamento e fede.
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Immagine da AsiaNews
Persecuzioni
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